Alcuni comuni, tra il 2004 e il 2005, hanno fatto ricorso al Tar o al Consiglio di Stato per impugnare il provvedimento di scioglimento e per 5 di essi il ricorso è stato accolto. Si tratta dei comuni di Santo Andrea Apostolo sullo Ionio, Botricello, Cosoleto, Monasterace, Africo e Strongoli.

Osservando le dimensioni dei comuni sciolti, Lamezia Terme, con i suoi 70 mila abitanti, è l’unico di dimensioni elevate e dopo due scioglimenti (30 settembre 1991 e 5 novembre 2002) ha intrapreso la strada di una difficile ricostruzione del tessuto democratico. Seguono altri 2 comuni con una popolazione inferiore ai 20 mila abitanti, Melito Porto Salvo (30 settembre 1991 e 28 febbraio 1996) e Roccaforte del Greco (10 febbraio 1996 e 27 ottobre 2003), tutti in provincia di Reggio Calabria. Gli altri scioglimenti hanno riguardato comuni non superiori a 5 mila abitanti quando non di piccolissime dimensioni come Marcedusa, Calanna e Camini, inferiori ai mille abitanti. A conferma della gravissima situazione esistente in alcune realtà il Procuratore Nazionale antimafia Piero Grasso, nell’audizione del 7 febbraio 2007, ha affermato: «In certi paesi come Africo, Platì e San Luca, è lo Stato che deve cercare di infiltrarsi», sottolineando così la sottrazione di intere aree del territorio calabrese al governo e al controllo delle istituzioni repubblicane.

Quanto ciò incida non solo sul sistema dei diritti e sul bene comune ma anche sulla qualità della vita quotidiana dei cittadini ha «segni evidenti e tipici del governo del territorio da parte di amministratori organici alla mafia o collusi e dunque caratteristiche comuni alle amministrazioni sotto il controllo mafioso sono costituiti inoltre dall’assenza di piani regolatori, dell’assoluta inefficienza dei servizi di polizia municipali, da gravi disservizi nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti, dal dilagante e distruttivo abusivismo edilizio, da gravi carenze nella manutenzione di infrastrutture primarie (strade, scuole, asili), da assunzioni clientelari di personale, da anomalie nell’affidamento di appalti e servizi pubblici, ma, soprattutto, dalle drammatiche condizioni di dissesto finanziario».