Borsellino, Viminale si costituisce parte civile al processo: chiesti 60 milioni ai tre poliziotti accusati del depistaggio

5 Novembre 2018

Borsellino, Viminale si costituisce parte civile al processo: chiesti 60 milioni ai tre poliziotti accusati del depistaggio

Il dibattimento si è aperto oggi e vede imputati i poliziotti Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Appartenevano al pool investigativo che indagò sull’attentato e adesso rispondono di calunnia aggravata. Secondo l’accusa avrebbero creato a tavolino falsi pentiti – come Vincenzo Scarantino – che diedero una ricostruzione non veritiera delle fasi esecutive dell’attentato, facendo così condannare sette innocenti

di F. Q.

Sessanta milioni di euro di risarcimento ai poliziotti accusati del depistaggio delle prime indagini sulla strage di via d’Amelio. Sono i soldi chiesti dal Viminale nella richiesta di costituzione di parte civile presentata oggi al tribunale di Caltanissetta, che celebra l’ultimo processo legato all’assassinio di Paolo Borsellino e di cinque uomini della scorta.

Il dibattimento si è aperto oggi e vede imputati i poliziotti Mario BoFabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Appartenevano al pool investigativo che indagò sull’attentato e adesso rispondono di calunnia aggravata. Secondo l’accusa avrebbero creato a tavolino falsi pentiti – come Vincenzo Scarantino – che diedero una ricostruzione non veritiera delle fasi esecutive dell’attentato, facendo così condannare sette innocenti.  Nell’atto si sostiene che la condotta degli investigatori avrebbe provocato al ministero un danno all’immagine milionario.

Al processo ha chiesto di costituirsi parte civile anche il ministero della Giustizia. Altre richieste di costituzione sono state avanzata daii figli di Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso, dai figli degli agenti di scorta assassinati, dai familiari del boss Salvatore Profeta (nel frattempo deceduto, tra i condannati poi assolti nel processo di revisione), da Antonino Vullo, poliziotto sopravvissuto alla strage, e dal comune di Palermo. Il comune e i familiari di Borsellino avevano già presentato la richiesta all’udienza preliminare, ma il gup l’aveva ritenuta intempestiva. Sulle questioni preliminari – l’avvocato Giuseppe Seminara che difende Mattei ha chiesto di spostare il processo a Firenze in quanto sede territorialmente competente – il tribunale si pronuncerà il 26 novembre.

Presente in aula – oltre ai tre imputati – anche la figlia di Borsellino, Fiammetta, già costituitasi parte civile all’udienza preliminare insieme ai fratelli Manfredi e Lucia e allo zio Salvatore. Parti civili anche i figli dell’altra sorella di Borsellino, Adele, e i boss Cosimo Vernengo, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana, Gaetano Scotto e Natale Gambino, alcuni dei mafiosi accusati ingiustamente. Dopo la riapertura delle indagini sulla strage e grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza vennero assolti nel corso del processo di revisione. I loro legali, gli avvocati Rosalba Di Gregorio e Giuseppe Scozzola, hanno citato in giudizio come responsabile civile la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell’Interno, chiedendo un risarcimento del danno per 50 milioni di euro per l’ingiusta condanna subita. Una singolare doppia veste, dunque, per il Viminale, difeso dall’avvocatura dello Stato, che oggi ha chiesto l’estromissione dall’elenco dei responsabili civili della presidenza del Consiglio dei ministri, altro organo citato. Il Fatto Quotidiano


2 ottobre  2018 Via d’Amelio, Fiammetta Borsellino a Salvini: ‘Incredibile che il Viminale non sia parte civile al processo su depistaggio’

La figlia del magistrato ucciso il 19 luglio del 1992 fa notare come il ministero dell’Interno non si sia costituito al processo ai tre poliziotti accusati di calunnia aggravata: “Il ministro non dovrebbe avere bisogno del mio appello per capire che si dovrebbero prendere delle posizioni chiare e precise anche nei confronti di dipendenti dello Stato”

Il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile al processo per il depistaggio delle prime indagini sulla strage di via d’Amelio. E a farlo a notare a Matteo Salvini è direttamente Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso il 19 luglio del 1992. “Ritengo assolutamente incredibile che il Viminale non sia parte civile di questo processo. Una cosa che ha rilevato anche lo stesso pubblico ministero è che questi funzionari dello Stato non solo hanno anche fatto delle carriere, ma attualmente ricoprono comunque il loro posto di lavoro”, ha detto la figlia Paolo Borsellino, a ‘Uno nessuno 100Milan’ in onda su Radio 24.

Venerdì scorso il giudice per l’udienza preliminare, Graziella Luparello, ha rinviato a giudizio per calunnia aggravata tre poliziotti: Mario BoMichele Ribaudo e Fabrizio Mattei. “Il ministro Salvini – continua Fiammetta Borsellino – non dovrebbe avere bisogno del mio appello per capire che si dovrebbero prendere delle posizioni chiare e precise anche nei confronti di dipendenti dello Stato, perché non ci possono essere dipendenti di serie A o di serie B. Io penso, e tutti noi lo sappiamo, che chiunque sbaglia in questo ordinamento è oggetto comunque di provvedimenti, anche di sospensione, e in questo caso secondo me sarebbe lecita una cosa del genere”.

Per l’accusa i poliziotti – Bo era stato già indagato e archiviato – avrebbero confezionato una verità di comodo sulla fase preparatoria dell’attentato e costretto il falso pentito Vincenzo Scarantino a fare nomi e cognomi di persone innocenti. Un piano dal movente non definito, con un regista ormai morto: l‘ex capo della task force investigativa Arnaldo La Barbera, comprimari come Bo e “esecutori” come Ribaudo e Mattei. Un piano costato la condanna all’ergastolo a sette innocenti scagionati, una volta smascherate le menzogne, dal processo di revisione che si è celebrato e consluo a Catania il 13 luglio 2017.  La svolta nell’inchiesta della Procura di Caltanissetta, che dopo anni di inchieste e grazie alle rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, è riuscita ad individuare i veri artefici della fase preparatoria della strage, era arrivata a ridosso dal deposito della sentenza emessa nel corso dell’ultimo processo per l’eccidio di Via D’Amelio e le cui motivazioni sono state depositate il 1 luglio scorso. 

Nel provvedimento di chiusura indagine, sette pagine, la procura nissena aveva ricostruito il presunto ruolo di Bo, Mattei e Ribaudo nel depistaggio. Bo, prima che Scarantino mostrasse la volontà di collaborare con la giustizia, seguita poi da mille ritrattazioni, gli avrebbe suggerito, anche mostrando le foto dei personaggi da accusare, cosa riferire all’autorità giudiziaria. E avrebbe fatto pressioni imbeccando Scarantino in modo che riconoscesse alcuni indagati, istruendolo sulla verità da fornire e facendogli superare le contraddizioni con le  versioni rese da altri due pentiti: Salvatore Candura e Francesco Andriotta. Un piano che, nonostante la palese inattendibilità di  Scarantino protagonista di mille ritrattazioni anche in sedi giudiziarie, aveva retto fino alla Cassazione e aveva  portato alla condanna ingiusta al carcere a vita di Salvatore Profeta, Gaetano Scotto, Cosimo Vernengo, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Gaetano Murana  e Giuseppe Urso. Poi tutti scagionati. A Mattei e Ribaudo che curavano la sicurezza di Scarantino dopo il falso pentimento i pm contestano di averlo imbeccato “studiando” insieme a lui le dichiarazioni che avrebbe dovuto rendere nel primo dei processi sulla strage per evitargli incongruenze e di averlo indotto a non ritrattare le menzogne già affermate. Bo avrebbe “diretto” le operazioni  di condizionamento del pentito. di F. Q.