Comuni commissariati per mafia, bilancio 2021: rispuntano i grandi centri, risposte del governo a rilento

 

Prosegue il monitoraggio di “Storie di mafia” sul fenomeno delle infiltrazioni della criminalità organizzata nei Comuni e negli altri enti locali. In questo report è effettuata un’analisi complessiva dell’andamento degli scioglimenti nel corso del 2021, in comparazione con gli anni precedenti.

Nell’ultimo anno 14 Comuni sono stati sciolti per infiltrazioni della criminalità organizzata. Nel 60% circa dei casi l’ente locale risultava già sciolto per le precedenti dimissioni del sindaco o della maggioranza dei consiglieri comunali: le inchieste della magistratura, infatti, hanno spesso investito i vertici dell’amministrazione (talora è stato il sindaco ad essere indagato oppure raggiunto da provvedimenti limitativi della libertà, come nel caso di Carovigno, Barrafranca, Foggia) dando origine alla crisi politica della maggioranza.

E’ interessante notare come gli scioglimenti per mafia del 2021 hanno coinvolto un importante capoluogo di provincia come Foggia ed altri enti locali di dimensioni molto rilevanti (ad esempio Marano di Napoli, Villaricca e Ostuni), in controtendenza con quanto è avvento negli anni passati, quando i commissariamenti hanno interessato prevalentemente Comuni con meno di 5.000 abitanti. Ha destato particolare preoccupazione il commissariamento del Comune di Foggia, in connessione con il sempre maggiore radicamento nel territorio pugliese della Sacra corona unita, che ha determinato negli ultimi anni numerosi casi di scioglimento di enti locali pugliesi. Le inchieste della magistratura su gravi episodi di corruzione hanno fatto emergere le frequentazioni con ambienti criminali di amministratori e dipendenti dell’amministrazione locale, caratterizzate da una forte continuità nel tempo, e il clima di intimidazione creato dalle organizzazioni mafiose. Il mancato rispetto della normativa antimafia e del codice degli appalti ha portato all’affidamento di servizi e lavori a ditte legate ai clan locali (alcune delle quali già colpite da interdittiva), come nel caso degli impianti della segnaletica stradale nonché del sistema di video sorveglianza cittadino, del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali e della manutenzione del verde pubblico.

Un altro caso molto rilevante è sicuramente quello di Marano di Napoli, giunto al quarto commissariamento per mafia dal 1991 ad oggi. I documenti allegati all’ultimo decreto del governo sottolineano le relazioni tra amministratori, dipendenti ed esponenti dei clan locali e la sostanziale continuità che caratterizza i consigli comunali (un quarto dei consiglieri era già presente nel consiglio sciolto nel 2016). Anche in questo caso sono poste in evidenza le carenze degli uffici comunali nello svolgimento degli accertamenti antimafia, nonostante la forte presenza della criminalità organizzata nell’economia (negli ultimi 18 mesi sono state adottate 32 interdittive di imprese locali) e segnalati numerosi atti critici in materia urbanistica (il fenomeno dell’abusivismo edilizio, già individuato nella relazione del 2016, è tuttora molto diffuso), nel settore del commercio e nell’affidamento di appalti di lavori e servizi pubblici.

La situazione attuale

All’inizio del 2021 gli enti locali commissariati per mafia erano 37 (tra cui l’azienda sanitaria locale di Catanzaro); con le elezioni amministrative di ottobre/novembre sono stati rinnovati i consigli comunali (ed eletti i nuovi sindaci) in 22 Comuni, mentre in 3 casi (San Cipirello, Scanzano Jonico e Mezzojuso) le elezioni non sono risultate valide ed è stato pertanto nominato un nuovo commissario (così come per l’azienda sanitaria di Catanzaro, analogamente a quanto disposto per altre aziende sanitarie calabresi). Pertanto, alla fine del 2021 gli enti locali sottoposti alla gestione commissariale straordinaria erano in totale 25, cui si è aggiunto ad inizio del 2022 il Comune di Castellammare di Stabia (Napoli).

Non si conoscono ancora i risultati del lavoro delle commissioni di accesso istituite in altri 10 Comuni, situati in 5 regioni centromeridionali (Calabria, Puglia, Campania, Basilicata, Lazio: le ultime commissioni riguardano i Comuni di Anzio e Nettuno, a seguito di un’inchiesta della magistratura che ha coinvolto sindaci e altri amministratori del litorale laziale), per verificare possibili infiltrazioni mafiose nella vita dell’amministrazione. Peraltro, 2 di tali commissioni risalgono addirittura al 2019, e non è stato mai emanato il decreto ministeriale di archiviazione (Paterno Calabro e Melfi). Ciò appare in contrasto con la normativa vigente, che stabilisce una precisa tempistica e prevede che la procedura di verifica si concluda in ogni caso con un provvedimento di scioglimento ovvero di archiviazione.

Nel caso di Melfi la relazione del governo per il 2020 sulle commissioni straordinarie di gestione dà notizia di provvedimenti di sospensione di dipendenti e di interventi correttivi proposti dal prefetto all’amministrazione comunale, senza peraltro che sia stato reso noto l’esito del procedimento di accesso; nel frattempo, si è comunque svolto il rinnovo del consiglio comunale (con l’elezione del nuovo sindaco) nel turno elettorale del 3 e 4 ottobre 2021.

Nel 2020 e 2021 il numero dei commissariamenti per mafia è stato leggermente inferiore a quello registratosi negli anni immediatamente precedenti, in relazione anche alla riduzione complessiva delle procedure di accesso avviate dal Ministero dell’Interno (nel 2021 – a differenza degli anni passati – non si registra alcun caso di archiviazione).

Anche nel corso del 2021 il tema delle infiltrazioni mafiose negli enti locali è stato affrontato in Parlamento attraverso la presentazione di numerosi atti di sindacato ispettivo da parte di deputati e senatori per chiedere all’esecutivo informazioni sui commissariamenti, gli accessi in corso, o su altri aspetti critici della vita delle amministrazioni locali.

Se in alcuni casi il governo ha escluso l’esistenza dei presupposti per il commissariamento dell’ente locale (come per Alimena e Anzio: per quest’ultimo Comune è stata peraltro istituita recentemente una commissione di accesso), in altri si è limitato ad affermare che era in corso una valutazione da parte delle prefetture; a molte interrogazioni non è stata ancora data risposta. Nel complesso la percentuale delle risposte del governo è molto bassa, mentre sarebbe essenziale che venisse sempre fornito un chiarimento tempestivo, a partire dai casi in cui viene prospettato da parte di più gruppi parlamentari un possibile condizionamento della criminalità organizzata sulla vita dell’amministrazione locale (come, ad esempio, è avvenuto nel 2021 per i Comuni di Salerno e di Brusciano).

Come già visto, i nuovi commissariamenti del 2021 si sono concentrati nelle quattro regioni a tradizionale insediamento mafioso: Sicilia, Calabria, Campania, Puglia. Desta come sempre una forte preoccupazione la situazione della Calabria: su 115 scioglimenti anticipati verificatesi nel quinquennio 2017-2021, sono stati ben 44 i commissariamenti per infiltrazioni della criminalità organizzata. Continua anche nel 2021 la crescita significativa dei commissariamenti per mafia in Puglia, dove il fenomeno si somma a quello di una fortissima instabilità delle maggioranze politiche a guida dei Comuni. Prendendo sempre in esame l’intero periodo 2017-2021, un terzo dei comuni pugliesi è stato sciolto anticipatamente (a gennaio 2022 sono stati sciolti anche i Comuni di Taranto, San Ferdinando di Puglia e Gravina di Puglia): e 14 sono stati i commissariamenti dovuti al condizionamento esercitato sull’amministrazione comunale da parte della Sacra corona unita, accertato dalle commissioni di accesso. Le decisioni dei giudici amministrativi

I ricorsi ai giudici amministrativi avverso i decreti di commissariamento per infiltrazioni mafiose, rappresentano un importante momento di verifica sull’esistenza delle condizioni previste dalla legge per giustificare la decisione di scioglimento. A tal fine il giudice amministrativo acquisisce tutta la documentazione, anche se secretata, che viene posta a disposizione dei ricorrenti, che possono così esercitare al meglio di diritto di difesa, presentando ad esempio motivi aggiunti (sui limiti al diritto di accesso a documenti “riservati” cfr. peraltro Consiglio di stato n. 5735/2021 e il parere dello stesso Consiglio di stato n. 545/2021).  

Nel corso del 2021 i giudici amministrativi si sono pronunciati in merito ai decreti di commissariamento di 16 Comuni (tre dei quali riguardano comuni sciolti nel 2021: si tratta di Guardavalle, Rosarno e Marano di Napoli): in nessun caso i ricorsi sono stati accolti, a conferma della solidità degli elementi di prova raccolti dalle commissioni di accesso.

Quattro sentenze definitive sono state emanate dal Consiglio di Stato con riferimento a Camastra (Agrigento), San Cataldo (Caltanissetta), Arzano(Napoli) e Scanzano Ionico (Matera). Negli altri casi si è pronunciato solo il Tar Lazio con riguardo a Pratola Serra (Avellino), Mezzojuso (Palermo), San Cipirello (Palermo), Maniace (Catania), Sant’Antimo (Napoli), Misterbianco (Catania), Orta di Atella (Caserta), San Giorgio Morgeto (Reggio Calabria), Africo (Reggio Calabria), Guardavalle (Catanzaro), Scorrano (Lecce), Pizzo(Vibo Valentia).

Le sentenze del 2021 confermano i principi elaborati nel corso degli anni dalla giurisprudenza dei giudici amministrativi in materia di infiltrazioni mafiose negli enti locali, con riferimento in particolare alla necessità di verificare sia l’esistenza di collegamenti tra amministratori ed esponenti della criminalità organizzata sia i concreti provvedimenti adottati dall’ente locale per favorire gli interessi dei clan mafiosi.

Un aspetto innovativo è rappresentato dalla decisione di ammettere il ricorso da parte degli amministratori dell’ente locale anche nel caso in cui il Comune fosse già stato sciolto in precedenza (ai sensi dall’art. 141 del testo unico sugli enti locali); se infatti è comunque preclusa la possibilità di fa “rivivere” il disciolto consiglio comunale, rimane l’interesse, quanto meno morale, del sindaco e degli altri amministratori, a contestare nel corso del giudizio l’erroneità delle ragioni che hanno condotto al commissariamento per infiltrazioni mafiose, al fine di tutelare la propria immagine (vedi Consiglio di stato n. 2793/2021).

Le dichiarazioni di incandidabilità

Sulla base dei dati forniti in commissione Antimafia dal capo del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’Interno (seduta del 14 dicembre 2021) nell’anno 2021 sono state 25 le dichiarazioni di incandidabilità di sindaci e consiglieri comunali conseguenti al commissariamento per mafia dell’ente locale, di cui 8 definitivamente accertate dalla Cassazione.

La dichiarazione di incandidabilità (deliberata dal giudice ordinario, su proposta del Ministero dell’Interno) non costituisce l’effetto automatico del commissariamento per mafia di un Comune, inquanto devono essere accertate le specifiche responsabilità personali di ciascun amministratore, diverse da quelle penali (che possono riguardare la sua partecipazione all’organizzazione mafiosa o il concorso esterno o l’agevolazione del sodalizio criminale). Sono infatti sufficienti le condotte (incluso il mancato controllo e vigilanza sugli atti dell’amministrazione) che abbiano determinato la cattiva gestione dell’ente locale e il grave stato di degrado amministrativo, e favorito così l’asservimento alle associazioni criminali operanti sul territorio. L’incandidabilità temporanea è una misura di carattere preventivo volta a evitare che coloro che hanno causato un grave dissesto dell’amministrazione comunale possano aspirare a ricoprire cariche identiche o simili a quelle rivestite.

Tra le recenti decisioni della Corte di Cassazione si segnalano, in particolare, quelle riguardanti gli amministratori dei Comuni di Pachino (Siracusa), Mongiana (Vibo Valentia), Cassano allo Ionio (Cosenza), Gioia Tauro (Reggio Calabria), Palizzi (Reggio Calabria) e Crucoli (Crotone).

LA REPUBBLICA 27.2.2022