Fiammetta Borsellino, la figlia del magistrato

Una vita, quella della figlia del magistrato, trascorsa a sensibilizzare e a educare gli altri sul valore della legalità cercare la verità e la giustizia per la morte di suo padre

Parlare di Paolo Borsellino e della strage di via D’Amelio è qualcosa destinato a fare male, oggi come ieri. Una ferita che sanguina nel cuore della nostra terra e che è impressa nella memoria storica di un Paese che non può dimenticare.

Perché farlo è impossibile. Perché Paolo Borsellino, così come Giovanni Falcone, era il volto di un Italia buona e coraggiosa, di una terra che non si piegava al volere della mafia, ma che anzi la combatteva. Perché “Era il papà silenzioso di tanti”, come lo ha definito sua figlia Fiammetta in un’intervista concessa a Repubblica.

Ed è proprio lei, la più piccola di casa Borsellino, che non smette di parlare di suo padre. Che non smette di cercare giustizia nei luoghi in cui questa non è stata mai fatta.

Fiammetta Borsellino ha trascorso la sua intera esistenza a sensibilizzare ed educare gli altri, e probabilmente continuerà a farlo per il resto dei suoi giorni. Ma al fianco del suo impegno c’è anche una lotta continua che non cesserà mai di esistere, quella relativa alla ricerca della verità e della giustizia per la morte di suo padre, di Giovanni Falcone e delle altre vittime delle stragi insanguinate per mano della mafia.

Ultima di tre fratelli, e figlia di Paolo Borsellino e Agnese Piraino Leto, Fiammetta viene al mondo nel 1972. Nasce e cresce a Palermo, e qui decide di continuare a vivere anche dopo la morte del papà, così come hanno fatto anche i suoi fratelli.

Aveva solo 19 anni quando la strage di via D’Amelio si è consumata. Per tantissimi anni, ancora scossa dal dolore, ha scelto di non parlare e poi di allontanarsi da quella città alla quale era legatissima. Ma poi,  dopo gli studi di giurisprudenza all’Università di Pavia ha scelto di tornare e di mettere radici nel centro storico di Palermo e dedicarsi a tutte quelle attività di sensibilizzazione rispetto alla cultura della legalità.

Dopo aver lavorato 17 anni per il Comune di Palermo, nel Dipartimento Servizi Sociali, ha continuato a occuparsi degli altri, diffondendo il valore della legalitàtra i più giovani attraverso la sua esperienza diretta.

È nata e cresciuta a Palermo, Fiammetta, e in questa terra ha deciso di restare, anche se a questa sono legati i ricordi più dolori di una vita intera. “Non è questa città che ha ucciso mio padre e Giovanni Falcone” – ha raccontato la figlia del magistrato a Repubblica “Sono passati 30 anni e ormai ci siamo rassegnati all’idea che noi familiari di tutte le vittime delle stragi non avremo mai una verità giudiziaria. Perché nessuno ha voluto guardare dove si doveva guardare da subito: a quel palazzo di giustizia covo di vipere, come lo chiamava mio padre”.

“Io oggi da figlia sono consapevole che mio padre è morto perché abbandonato dai suoi colleghi”, ha poi aggiunto.

La sua lotta, quella che conduce alla ricerca della verità e di giustizia,  è fatta di parole, di interviste e dichiarazioni che puntano il dito. E non lo fanno solo nei confronti della Mafia e di Cosa Nostra, ma anche contro chi ha lasciato i magistrati da soli, chi ha permesso di perpetuare questa scia di sangue.

Le sue sono dichiarazioni dure, crude e forti, che non lasciano indifferenti e che pesano come un macigno, perché parlano di complicità, di abbandono e di silenzi da parte degli altri, da parte di chi avrebbe dovuto supportare e proteggere suo padre e Giovanni Falcone.

Ma ormai, il passato non si può cambiare. Quello che possiamo fare, però, è non dimenticarlo mai per riscrivere la storia del futuro così come continua a fare Fiammetta Borsellino: «L’eredità di mio padre è la faccia pulita dell’Italia, io oggi mi sento ricca, non sola, per la grandissima relazione che ho con tantissima gente onesta, vera».