L’ ASINARA. ERA AGOSTO DEL 1985.

 
Nei giorni immediatamente successivi all’omicido di Cassarà e Antiochia, ebbe inizio quella che qlcn chiamò “la deportazione di Falcone e Borsellino”. I due Giudici, in poco tempo, furono prelevati da Palermo e trasferiti in Sardegna con un volo riservato dei servizi segreti.
In quell’agosto del 1985 la notizia doveva restare segreta,o per lo meno si cercò di farla rimanere segreta. Quando trapelò si disse ai giornalisti che erano stati inviati lì per lavorare tranquilli, per preparare l’ordinanza del maxi..invece non avevano nulla di nulla. La storia completa la racconterà Caponnetto dopo la morte del Dott.Falcone in un’intervista al settimanale Suddovest riportata da La Repubblica il 17 Giugno del 1992.
Antonino Caponetto,in quegli anni era consigliere istruttore a Palermo,considerava Falcone e Borsellino come dei figli, dirà in seguito,e lo dimostrò proteggendoli come dei figli..
Fu sua la decisione di inviare i due giudici al “soggiorno obbligato” all’ Asinara per sottrarli ad un “grave ed incombente pericolo segnalato da una persona di assoluta fiducia e credibilità”. Quella persona era un alto ufficiale dei carabinieri che, nell’ estate dell’ 85, si precipitò nell’ ufficio del consigliere istruttore: “Abbiamo intercettato una cartolina in partenza dall’ Ucciardone – gli disse -. C’ è un piano della mafia per uccidere prima il giudice Borsellino, poi Giovanni Falcone”. Caponnetto non ci pensò due volte e ordinò che i due magistrati e le loro famiglie fossero immediatamente trasferiti al sicuro, all’ isola dell’ Asinara. “Per lungo tempo quest’ episodio rimase sconosciuto ai più e quando la notizia trapelò riuscimmo a mantenere il segreto sulla drammatica motivazione di quell’ improvviso trasferimento che la stampa ha sempre attribuito alla decisione dei due colleghi di appartarsi in un luogo sicuro ed isolato per meglio dedicarsi alla stesura della sentenza-ordinanza. In realtà avendo lasciato Palermo con la massima urgenza a poche ore dalla segnalazione ricevuta, Falcone e Borsellino non avevano alcuna possibilità di portare con sé alcuna parte dell’ immenso materiale raccolto con la conseguenza che, per quindici giorni, dovettero sospendere il loro lavoro. Ogni giorno insistevano per poter tornare al lavoro, ma glielo consentimmo solo quando fummo tranquilli sul cessato pericolo”. Per quel “soggiorno obbligato” sull’ isola dell’ Asinara, Falcone e Borsellino dovettero persino pagare le spese di soggiorno per loro e le loro famiglie allo Stato. Questo raccontò il Giudice Caponnetto.
Appena arrivati furono ricevuti dall’allora Direttore del carcere Franco Massida,fatto rientrare dalle ferie precipitosamente, poi alloggiati nella foresteria del carcere, alla Cala Oliva.
Una prigionia che si ripercuoterà notevolmente sulle famiglie,specie per una delle figlie del Dott Borsellino. Ragazzi dell’età di 16/12/ 14 anni venivano catapultati in un posto desolato in cui c’ erano solo mare e natura, straordinari sì ma solo mare e natura..
Lucia,la maggiore, ne risentì così tanto che si ammalò..E per Lucia il Dott Borsellino rientrò in gran segreto a Palermo, con lei per salvarla da ciò che le stava accadendo. La storia la racconterà la signora Agnese Borsellino nel suo libro,. Quella delicatissima, e allo stesso tempo difficile, storia,di amore tra padre e figlia..
<<Lucia si sente soffocare, non mangia, non ride, se ne sta rinchiusa nella sua stanza per intere giornate .L’unico che sembra perfettamente a suo agio è Manfredi, che continua a fare delle incursioni gioiose, e soprattutto rumorose, con un motorino sgangherato, che non ho mai saputo da dove fosse arrivato. Manfredi si divertiva soprattutto a prendere di mira Falcone. Quando ancora nessuno sapeva del motorino, quel ragazzino discolo correva fin sotto la camera di Giovanni Per giorni, la vittima di quello scherzo si chiese da dove arrivasse una moto tanto rumorosa nell’isola più silenziosa e deserta d’Italia. Avviò anche indagini discrete. Fino a quando una mattina, Manfredi si alzò e non trovò più il suo cavallo di battaglia.
Che risate,Giovanni e Paolo. Credo che in quei mesi caldissimi Giovanni realizzò anche un piccolo sogno: Manfredi diventò il figlio che non aveva mai avuto. Giocavano spesso, a pranzo si davano persino i calci sotto il tavolo. Sembravano due fratellini monelli. Manfredi non rinunciò comunque a fare le sue indagini per ritrovare il motorino. Convocò addirittura gli agenti della scorta e quelli della polizia penitenziaria che stavano a guardia dell’isola, chiese ai familiari. Ma niente. Sospettò persino che la moto fosse finita in mare. Quasi sento le sue voci di protesta. E sento Giovanni che lo prende in giro, mentre Paolo sorride. Ma dentro soffre, perché i suoi pensieri sono tutti per Lucia. La situazione non migliora. . Allora un giorno Paolo decide di correre un bel rischio, ma la salute di nostra figlia è più importante di qualsiasi altra cosa. Accompagna le ragazze a Palermo, con un volo in elicottero, e le affida ai miei genitori, che abitano nella casa di Villagrazia. Lucia e Fiammetta le rivedo a ottobre, quando torniamo a casa…
L’emergenza sembra passata.Lucia inizia a risalire la china perché si rende conto che il padre è pronto a lasciare qualsiasi impegno di lavoro pur di stare con lei.Paolo aveva fatto una scelta importante.Perché era rimasto molto colpito dalle parole che la figlia gli aveva detto qualche tempo prima. Parole severe, arrivate dopo un litigio. Lucia lo aveva accusato di sottovalutarla. Suo padre le aveva risposto in maniera chiara: “Non so cosa debba fare o dirti per dimostrarti quanto ritengo te e i tuoi fratelli dei ragazzi in gamba”>>
Fonti:
“Ti racconterò tutte le storie che potrò” A.Borsellino, S.Palazzolo.