FIAMMETTA BORSELLINO – Rassegna stampa novembre 2022

28.11.2021 «Per amore della verità», Fiammetta Borsellino incontra gli studenti all’Arcimboldi

La figlia del magistrato ucciso dalla mafia porterà la sua testimonianza martedì 13 dicembre al Teatro Arcimboldi. All’iniziativa hanno già aderito 1400 giovani in presenza e altri 920 in streaming da tutta Italia

Martedì 13 dicembre  Fiammetta Borsellino incontrerà 2.300 studenti di tutta Italia, per testimoniare l’importanza di volgere la propria vita a favore del bene e della giustizia. Con lei, sul palco del Teatro Arcimboldi di Milano, Lucilla Andreucci, referente del coordinamento di Libera Milano, rete di associazioni contro le mafie.

19 luglio 1992, Palermo: sono passati 30 anni da quell’afosa domenica di luglio che passò alla storia come «la strage di via D’Amelio». Un’automobile imbottita di esplosivo provocò una strage, sei le vittime: il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta. Una tragica sorte purtroppo già decretata, anche con il tacito consenso di poteri forti vicini alle istituzioni.

In occasione del trentesimo anniversario della strage, Il Centro Asteria invita le scuole secondarie di I e di II grado di tutta Italia a partecipare all’incontro «Per amore della verità». Oltre 2000 studenti hanno accolto l’invito: presso il Teatro Arcimboldi alcuni arriveranno dalle regioni del nord Italia, altri collegandosi in diretta streaming dalla Toscana, dal Trentino-Alto Adige, dalla Liguria e dalla Sicilia.

Per il bene della comunità

A distanza di tanti anni sono ancora molti gli interrogativi rimasti aperti. All’epoca della strage Fiammetta Borsellino aveva solo 19 anni. Prima di quel momento non aveva mai realmente temuto per la sua vita e per quella dei suoi familiari. Conduceva una normale vita da adolescente. Dopo la morte del padre, colpita da un così grande dolore, desiderò soltanto di allontanare i riflettori dalla sua vita; iniziò a lavorare presso il Comune di Palermo con mansioni impiegatizie, smettendo di essere «la figlia del magistrato ucciso».
Tuttavia, dopo poco più di 15 anni, Fiammetta sentì forte l’urgenza di agire per il bene della comunità, dando il suo contributo di impegno e testimonianza: la sua storia, la tragica scomparsa del padre e le difficoltà vissute dalla sua famiglia potevano essere il propulsore di un cambiamento radicale all’interno della società italiana. Da allora ha deciso di dedicarsi totalmente alla lotta contro le mafie, battendosi per restituire giustizia alle vittime, affinché la verità venga alla luce e gli ideali di chi perse la vita «possano continuare a camminare sulle gambe di altri uomini». Attraverso la missione che fu anche del padre, parlare con i ragazzi, incontrarli nelle scuole, partecipando a eventi a loro dedicati per educarli alla scelta della legalità e del bene, ha deciso di dedicare la sua vita alle giovani generazioni, perché da loro dipende il futuro del nostro Paese. CHIESA DI MILANO 28.11.2022


16.11.2022 – FIAMMETTA BORSELLINO a Giarre: “E’ la scuola la migliore antimafia”

“La scuola è il miglior modo per combattere la mafia perché ci insegna lo spirito critico. La lotta alla mafia non si fa con le pistole ma con la cultura”. Lo ha detto oggi, la dirigente del’IIS “Leonardo”, Tiziana D’Anna, a margine dell’interessante incontro con Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo, il coraggioso magistrato che ha testimoniato a costo della sua vita la lotta contro il cancro della mafia in Sicilia. La Borsellino ha incontrato le studentesse e gli studenti, nell’ambito del progetto legalità d’istituto, la cui referente è la professoressa Pina Borzì, promosso e organizzato dalla professoressa Francesca Licosi.
L’incontro, molto partecipato, è stato condotto dalla dirigente D’Anna,che ha ricordato la figura di Paolo Borsellino, ha ringraziato gli intervenuti tra cui il sindaco di Giarre, Leo Cantarella, gli assessori Tania Spitaleri (Cultura) – Antonella Santonoceto (Pubblica istruzione), la presidente della Fidapa Anna Maria Patanè e i giovani studenti che hanno voluto rendere omaggio al Magistrato con brani musicali e cantati, con versi e messaggi a lui dedicati.
La nutrita platea, ampliata dalla diretta Facebook, ha quindi ascoltato la testimonianza di Fiammetta Borsellino che con spontaneità e determinazione ha raccontato momenti di vita, anche familiare, del padre, da cui traspare il rigore giuridico e civico di un uomo capace di dare la vita per la giustizia. 
Gli studenti, attenti e partecipi, hanno ascoltato e fatto molte domande. Al termine qualche foto ricordo e tante emozioni per le suggestive parole di Fiammetta Borsellino che ha portato un messaggio di speranza e di incoraggiamento per la libertà e il futuro della Sicilia e dei suoi giovani.

Mario Pafumi

SICILIA NETWORK 16.11.2022


15.11.2022 Ancora un morto in cella, cresce l’indignazione: “Fermate questa strage”

Un cappio intorno al collo, l’allarme, i tentativi di rianimazione, le braccia che si allargano come a dire che è accaduto ancora, che non c’è più nulla da fare. Il numero dei detenuti che si tolgono la vita in cella continua ad aumentare. Ieri la notizia di un nuovo caso nel carcere di Ariano Irpino, nell’Avellinese. Il solito copione, l’allarme, il tentativo di strapparlo alla morte, la constatazione del decesso. Un quarantenne di Salerno si è stretto un lenzuolo attorno al collo e l’ha fatta finita. Era arrivato da una settimana nel carcere di Ariano Irpino e pare avesse problemi di tossicodipendenza. Il garante regionale Samuele Ciambrielloaggiunge: «Il detenuto trascorreva un’ordinaria giornata, aveva fatto colazione, colloquiato con i compagni di cella fumando una sigaretta, nulla che lasciasse presagire quanto è accaduto. Certo ogni caso è un caso a sé, con diverse motivazioni, molte volte di solitudine e di angoscia. Ma i dati allarmanti accendono i riflettori sulle carceri italiane, istituzioni totali che non possono essere luoghi di isolamento dai territori, dalla società civile e dalla politica. Il carcere deve essere extrema ratio».

Invece ad oggi il carcere è un luogo dal quale si rischia di non uscire vivi o comunque di non uscire migliori. Gli atti di autolesionismo sono in preoccupante aumento, dall’inizio dell’anno sono stati sventati 491 tentativi di suicidio in cella (64 dei quali in Campania) e si sono verificati 77 suicidi (sei dei quali in Campania), inoltre aumenta anche il numero di agenti della polizia penitenziaria che si tolgono la vita (l’ultimo caso, il quindi dall’inizio dell’anno, risale a sabato scorso con la morte di un agente di Marcianise). Numeri che spingono a parlare di “strage silenziosa” perché si consuma nell’indifferenza di gran parte di politica e opinione pubblica. In carcere si vive e si lavora in condizioni sempre peggiori e insostenibili. Chi ferma questa strage? «Non vi è preoccupazione nel mondo politico per la quantità di persone che stanno morendo nelle carceri italiane. Centocinquantadue decessi, e tra questi settantasette suicidi, sono numeri mai raggiunti, pur nei momenti più difficili dell’amministrazione penitenziaria», commenta Riccardo Polidoro, avvocato penalista del foro di Napoli e responsabile dell’Osservatorio carcere dell’Unione Camere penali italiane.

«Come da protocollo – aggiunge -, anche il neo ministro della Giustizia Carlo Nordio ha, tra i primi suoi atti, visitato la casa circondariale di Poggioreale. Un film già visto e rivisto. Va, però, evidenziato che la pellicola non era drammatica come le altre, ma di fantascienza. Il protagonista ha, all’esito dell’ispezione, dichiarato che il carcere napoletano dovrebbe essere un modello da seguire in altri istituti. Mai nessuno era giunto a tanto. L’inferno diventato paradiso. Chissà cosa ne pensano i detenuti, i loro familiari e tutti coloro (dirigenti, polizia penitenziaria, i pochi educatori e assistenti sociali) che con enormi sacrifici vivono le fiamme di un disagio perenne da cui sanno che difficilmente potranno uscire. Ed oggi quelle minime speranze sono del tutto perse. Le parole di Nordiosono la definitiva condanna per un sistema penitenziario e, invero, per l’esecuzione penale tutta, ad avere una vita autonoma fuori dai principi costituzionali e in costante violazione di legge. Quanto tutto questo fa male al nostro Paese non è chiaro all’opinione pubblica, che grazie ad un’informazione silente in materia e a una politica che pensa solo all’immediato consenso elettorale, resta convinta che “buttare la chiave” sia la soluzione migliore. Ma quella chiave un giorno verrà presa e le porte si apriranno. Chi ne uscirà? Una persona migliore o incattivita per l’assoluto abbandono in cui ha vissuto la sua detenzione?».

Ristretti Orizzonti ha lanciato una raccolta di firme a cui hanno già aderito giuristi, filosofi, garanti, esponenti della società civile. «Firmare per una detenzione legale, per il numero impressionante di morti, è un dovere civico, oggi più di ieri», conclude Polidoro che è tra i firmatari della petizione. Tra coloro che finora hanno aderito ci sono, tra gli altri, Fiammetta Borsellino,Francesca Scopelliti della Fondazione Tortora, l’ex magistrato Gherardo Colombo, la presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini, il giurista Giovanni Fiandaca, il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Trieste Giovanni Maria Pavarin, i filosofi Massimo Cacciari e Tommaso Greco, e poi garanti, scrittori, giornalisti e come politici Walter Verini, commissione Giustizia Senato, Anna Rossomando e Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato. Hanno risposto all’appello di Ristretti Orizzoni per provare a fermare questo «record lugubre, terribile, inaccettabile. Mai prima d’ora era stato raggiunto questo abisso».

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa . il riformista 15.11.2022

 


12.11.2022 Altro tentato suicidio nelle carceri calabresi, 3 in 5 giorni
L’ultimo episodio si è registrato nel penitenziario di Vibo. La denuncia del sindacato Osapp: «Poco personale». Ed il Garante Muglia firma l’appello

VIBO VALENTIA La Polizia Penitenziaria salva la vita ad un altro detenuto. In cinque giorni sono già tre gli eventi e le vite salvate in Calabria. A darne notizia Sandrino Scalzo, segretario provinciale Osapp. Stamani, un detenuto di origine siciliane di 34 anni, ha tentato il suicidio mediante impiccagione e solo l’intervento della polizia penitenziaria ha evitato il dramma. «La prontezza dimostrata da parte della Polizia penitenziaria e all’alta professionalità degli infermieri e medici del carcere di Vibo – afferma Scalzo – si e potuto scongiurare il peggio nelle circostanze citate si e evitato il peggio. A Vibo, a fronte di una pianta organica di 246 unita ne sono assegnate circa 180 e le ultime assegnazioni risultano insufficienti a coprire la grave carenza che determina un disagio e stress psico fisico degli uomini e donne della Polizia Penitenziaria che nonostante tutto e per gli effetti di una linea di comando e dell’amministrazione locale efficientissima tiene sotto controllo, per quanto possibile, i disagi derivanti dalle citate limitatezze». 

«La Calabria – afferma il segretario regionale Maurizio Policaro – è la regione con il numero più alto di ristretti con patologie psichiatriche. Se poi si considera anche la modalità di assegnazioni non proprio confacenti alle esigenze e le difficoltà territoriali, conseguenzialmente ricadono negativamente sul sistema già gravemente penalizzato». La segreteria generale Osapp, per voce del segretario generale aggiunto Pasquale Montesano, evidenzia «la necessità di specifici interventi sia per quanto riguarda le assegnazioni di soggetti psichiatrici sia per un immediato attenzionamento per la regione Calabria e nella circostanza per Vibo Valentia. Allora, ribadiamo e chiediamo al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, e alla nuova compagine di Governo, di aprire immediatamente un tavolo di confronto permanente e dare consequenzialità agli annunci fatti per interventi immediati, pena maggiori e più gravi conseguenze».

Il garante dei diritti dei detenuti firma l’appello al ministro

Il Garante regionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale della Calabria, Luca Muglia, ha condiviso, firmato e rilanciato l’appello sottoscritto da diverse personalità relativamente all’esorbitante numero di suicidi registrati in carcere dall’inizio dell’anno: ben 75 in 10 mesi. È quanto si legge in una nota. L’appello, lanciato da Il Dubbio e rivolto alle istituzioni, è scritto nella nota, «alla politica e agli intellettuali, individua obiettivi precisi. Ricorrere al carcere come extrema ratio, garantire spazi e contesti umani che rispettino la dignità e i diritti, moltiplicare le pene alternative, garantire al cittadino detenuto la possibilità di iniziare un reale percorso di inclusione nella comunità. Tra i primi firmatari della petizione Roberto Saviano, Gherardo Colombo, Luigi Manconi, Giovanni Fiandaca, Massimo Cacciari, Fiammetta Borsellino, Mattia Feltri, Francesca Scopelliti, Rita Bernardini».
Nell’appello, prosegue la nota, «si suggeriscono cinque vie d’uscita: aumento delle telefonate per i detenuti, previa modifica del regolamento penitenziario del 2000 secondo cui ogni detenuto (esclusi quelli che non possono comunicare con l’esterno) ha diritto a una sola telefonata a settimana, per un massimo di dieci minuti; innalzamento a 75 giorni a semestre per la liberazione anticipata rispetto ai 45 attuali; creazione di spazi da dedicare ai familiari che vogliono rimanere in contatto con i propri cari reclusi per valorizzare l’affettività; aumento del personale per la salute psicofisica, attesa la grave carenza di psichiatri e psicologi in tutti gli istituti; attuazione immediata di quella parte della riforma Cartabia che contempla la valorizzazione della giustizia riparativa e, nel contempo, rivitalizza le sanzioni sostitutive delle pene detentive».
Il garante Luca Muglia, «nel lanciare l’allarme e ribadire la necessità di un intervento immediato, ha evidenziato che nell’ultima settimana all’interno delle carceri calabresi si sono verificati diversi episodi di autolesionismo, uno dei quali con un tragico epilogo».

Corriere della Calabria 12.11.2022

13.11.2022 FIAMMETTA BORSELLINO a TARQUINIA con gli studenti di agraria

dTarquinia, studenti raccolgono olive su un terreno confiscato alla mafia La scuola ospiterà il 12 dicembre prossimo Fiammetta Borsellino, figlia del celebre giudice antimafia, che condividerà con i ragazzi le proprie esperienze e il messaggio propositivo di un’Italia e un mondo migliori”. Il corso di Agraria dell’istituto Cardarelli di Tarquinia in campo contro le mafie. Gli studenti hanno infatti raccolto le olive su di un terreno confiscato alla criminalità organizzata nella località San Giorgio.

L’idea di coinvolgere il Cardarelli è arrivata dal Comune di Tarquinia e la dirigente scolastica Laura Piroli ingrazia “il sindaco Giulivi e l’assessore Zacchei per averci coinvolti, perché è attraverso il fare che si costruisce con maggior forza e profondità. Lasciare un segno del nostro passaggio per modificare il passato e migliorare il futuro: questa la missione che gli studenti del corso di Agraria hanno voluto mandare quando, nel corso dei giorni scorsi, hanno inteso prendere parte all’iniziativa. La sfida è arguta e non solo simbolica: da proprietà associata al mondo malavitoso, il territorio è trasformato in occasione di riscatto, che pone al centro come principale attore e autore la scuola di Tarquinia, che da anni combatte in prima linea a favore della giustizia e della legalità, educando i propri allievi a una cittadinanza consapevole. Il Cardarelli, nel 2016, ha infatti promosso la formazione di una Rete per la Legalità che è stata inaugurata ufficialmente nel 2017, arrivando a raccogliere, al momento, sedici scuole superiori tra la provincia di Viterbo e il comune di Civitavecchia. Questo ruolo guida è stato sancito dalla possibilità di aver conservato, per un anno all’interno della scuola di Tarquinia, il codice d’udienza del magistrato Giovanni Falcone, al quale la Rete è intitolata.

CORRIERE DI VITERBO 13.11.2022


12.11.2022 Suicidi in cella, 75 nel 2022: l’allarme del garante regionale dei detenuti Muglia

Il Garante regionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale, Luca Muglia, ha condiviso, firmato e rilanciato l’appello sottoscritto da diverse personalità relativamente all’esorbitante numero di suicidi registrati in carcere dall’inizio dell’anno: ben 75 in 10 mesi. L’appello, lanciato da “Il Dubbio” e rivolto alle istituzioni, alla politica e agli intellettuali, individua obiettivi precisi. Ricorrere al carcere come extrema ratio, garantire spazi e contesti umani che rispettino la dignità e i diritti, moltiplicare le pene alternative, garantire al cittadino detenuto la possibilità di iniziare un reale percorso di inclusione nella comunità.
Tra i primi firmatari della petizione Roberto Saviano, Gherardo Colombo, Luigi Manconi, Giovanni Fiandaca, Massimo Cacciari, #FiammettaBorsellino, Mattia Feltri, Francesca Scopelliti, Rita Bernardini. Nell’appello si suggeriscono cinque vie d’uscita: aumento delle telefonate per i detenuti, previa modifica del regolamento penitenziario del 2000 secondo cui ogni detenuto (esclusi quelli che non possono comunicare con l’esterno) ha diritto a una
sola telefonata a settimana, per un massimo di dieci minuti; innalzamento a 75 giorni a semestre per la liberazione anticipata rispetto ai 45 attuali; creazione di spazi da dedicare ai familiari che vogliono rimanere in contatto con i propri cari reclusi per valorizzare l’affettività; aumento del personale per la salute psicofisica, attesa la grave carenza di psichiatri e psicologi in tutti gli istituti; attuazione immediata di quella parte della riforma Cartabia che contempla la valorizzazione della giustizia riparativa e, nel contempo, rivitalizza le sanzioni sostitutive delle pene detentive.
Il Garante regionale, Luca Muglia, nel lanciare l’allarme e ribadire la necessità di un intervento immediato, ha evidenziato che nell’ultima settimana all’interno delle carceri calabresi si sono verificati diversi episodi di autolesionismo, uno dei quali con un tragico epilogo.
LA NUOVA CALABRIA

 


10.11.2022 Monaco di Baviera: incontro su Falcone e Borsellino con il Comites.

MONACO DI BAVIERA\ aise\ – In un incontro pubblico organizzato dal Comites di Monaco di Baviera, che si terrà presso la scuola Maria-Theresia-Gymnasium di Augsburg, domani, venerdì 11 novembre, alle ore 19.00, il giudice del tribunale di Karlsruhe e professore universitario, Alessandro Bellardita, affronterà il tema dell’educazione alla legalità e della giustizia, nonché del lavoro svolto da parte dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nella lotta alle associazioni mafiose. 

Come i due incontri con le scolaresche bavaresi e con l’intera cittadinanza già avvenuti alla fine di ottobre, che hanno visto la partecipazione anche di Fiammetta Borsellino (La denuncia di Fiammetta Borsellino), anche questa preziosa occasione di confronto fa parte del progetto “Giovanni Falcone – Paolo Borsellino: Le vostre idee camminano sulle nostre gambe” ed è organizzata dal Comites di Monaco di Baviera con la collaborazione del Circolo Cento Fiori e.V., dell’Istituto Italiano di Cultura di Monaco di Baviera, della Ludwig-Maximilians-Universität München, della Società Dante Alighieri Augsburg e della Kulturverein La Paranza e.V. 

10.11.2022


7.11.2022 FIAMMETTA BORSELLINO a Bari al corso di formazione “Sono Stato io – La Storia italiana della seconda metà del 900” Mercoledì 9 Novembre 2022 il quindicesimo incontro

 

Evento dal 09/11/2022 al 10/11/2022

Mercoledì 9 novembre 2022 alle ore 16 si terrà il quindicesimo incontro del Corso di formazione biennale “Sono Stato io – La Storia italiana della seconda metà del ‘900”, dal titolo “La storia di mio padre: il Magistrato Paolo Borsellino”, organizzato dall’Istituto Tecnico Economico Tecnologico “de Viti de Marco” di Triggiano (BA) e dal Consiglio Regionale della Puglia – Sezione Biblioteca e Comunicazione Istituzionale.

Introdurranno l’incontro Gero Grassi, cui è affidata la direzione del corso e Michelino Valente, Dirigente Scolastico dell’ITET “de Viti de Marco”.

Seguirà la relazione di FIAMMETTA BORSELLINO.

L’incontro si svolgerà presso il Palazzo del Consiglio regionale della Puglia, in via Gentile 52, alle ore 16,00.

Il progetto formativo, rivolto ai docenti di Lettere, Storia, Filosofia, Diritto ed Economia degli Istituti di istruzione secondaria di I e II grado della Regione Puglia è volto all’approfondimento degli eventi e fatti che nell’ultimo secolo hanno inferto un trauma alla storia repubblicana italiana e alla storia europea, quali stragismo, terrorismo e criminalità organizzata.

Il corso vede la partecipazione di relatori di fama nazionale quali: Gianremo Armeni, Fiammetta Borsellino, Rosa Maria Villecco Calipari, Sergio D’Antoni, Giuseppe De Tomaso, Gianfranco Donadio, Giovanni Fasanella, Giuseppe Fioroni, Franco Giordano, Stefania Limiti, Enzo Magistà, Andrea Martella, Giovanni Pellegrino, Franco Roberti, Guido Salvini, Claudio Signorile, Francesco Paolo Sisto, Giuliano Turone.


Al corso di formazione “Sono Stato io – La Storia italiana della seconda metà del 900”, mercoledì 9 novembre il quindicesimo incontro


4.11.2022 – Su mafia-appalti basta falsità .Nella sentenza d’appello trattativa un punto contro i carabinieri Mori e De Donno

In questi giorni i soliti “giornali di disinformazione”, magari per distrarre dagli argomenti messi in evidenza dal senatore Roberto Scarpinato nel suo discorso in Parlamento, sono tornati a mistificare i fatti accusando l’ex Procuratore generale di Palermo di essere stato protagonista nel luglio 1992, assieme ad altri magistrati, della richiesta di archiviazione su uno stralcio di indagine del famoso dossier mafia-appalti addirittura affermando che “le mancate indagini su quel dossier sono state un danno probabilmente irreparabile al lavoro di chi tentava in quegli anni di colpire la mafia”. Affermazioni simili, sostenute di fatto anche dagli avvocati difensori degli ufficiali del Ros nel processo trattativa Stato-mafia, dall’avvocato dei figli di Borsellino Fabio Trizzino e ripetutamente dalla stessa Fiammetta Borsellino, nella sostanza non corrispondono alla realtà.
A confermarlo, una volta per tutte, ci sono le motivazioni della sentenza d’appello sulla trattativa Stato-mafia con i giudici della Corte d’Assise d’Appello (Presidente Angelo Pellino ed il giudice a latere Vittorio Anania) che sono stati particolarmente impegnati nella disamina con l’acquisizione di numerosi atti.
E viene totalmente smentita l’impostazione che fu data con il decreto di archiviazione del Gup di Caltanissetta Gilda Lo Forti, in particolare laddove si afferma che non vi fu una doppia informativa del rapporto, di fatto evidenziando che non solo la doppia refertazione c’è stata, ma viene anche confermato il sospetto di omissioni non accidentali, ma intenzionali.
Una durissima reprimenda proprio per l’operato di quegli ufficiali del Ros (Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno), che nel processo d’Appello sono stati assolti assieme a Marcello Dell’Utri.
Per questo motivo secondo la Corte d’assise d’appello “a dir poco frettolosa e sommaria appare dunque la conclusione cui ritenne di pervenire il gip di Caltanissetta con la sua ordinanza del 15 marzo 2000 quando afferma che già nella primavera-estate del 1990 i magistrati della procura di Palermo erano a conoscenza degli elementi investigativi da cui poteva evincersi il coinvolgimento degli esponenti politici in questione. In realtà, le informative trasmesse ai predetti magistrati prima che venisse depositato il rapporto mafia e appalti del febbraio 1991 non contengono riferimenti agli esponenti politici sunnominati. E nella certosina opera del gip di Caltanissetta di ricostruzione e di acquisizione di materiali e documentazione varia proveniente dagli incartamenti relativi ai vari procedimenti i cui atti sono stati compulsati per ricavarne elementi utili alla propria indagine non v’è alcuna traccia di altre informative o annotazioni di p.g. che possano essere state trasmesse agli stessi magistrati, magari in epoca successiva all’agosto 1990, per sollecitare proroghe delle attività d’intercettazione in corso e nelle quali figurino specifici o espressi riferimenti ai personaggi politici in questione o alle quali siano allegate le intercettazioni che saranno invece allegate alle Informative Sirap e Caronte”.
Ecco quella verità che avvocati (di mafiosi e non) e (speriamo in buona fede) e di certi familiari vittime di mafia, nella migliore delle ipotesi, fanno finta di non vedere.
Nella peggiore ci troveremmo a pensare che diffondendo informazioni così false si stia scientemente cercando di delegittimare quei magistrati che hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro i sistemi criminali alla ricerca dei mandanti esterni delle stragi.
E’ una storia che si ripete, così come l’ossessiva convinzione (totalmente errata) dell’avvocato Trizzino e dei figli di Borsellino che a partecipare al depistaggio fu il magistrato Nino Di Matteo.
Alla luce dei fatti che vengono dimostrati, anche da parte nostra in continuazione, speriamo che finalmente l’intelligenza di lorsignori possa prevalere sull’arroganza.