Ancora un morto in cella, cresce l’indignazione: “Fermate questa strage”

Un cappio intorno al collo, l’allarme, i tentativi di rianimazione, le braccia che si allargano come a dire che è accaduto ancora, che non c’è più nulla da fare. Il numero dei detenuti che si tolgono la vita in cella continua ad aumentare. Ieri la notizia di un nuovo caso nel carcere di Ariano Irpino, nell’Avellinese. Il solito copione, l’allarme, il tentativo di strapparlo alla morte, la constatazione del decesso. Un quarantenne di Salerno si è stretto un lenzuolo attorno al collo e l’ha fatta finita. Era arrivato da una settimana nel carcere di Ariano Irpino e pare avesse problemi di tossicodipendenza. Il garante regionale Samuele Ciambriello aggiunge: «Il detenuto trascorreva un’ordinaria giornata, aveva fatto colazione, colloquiato con i compagni di cella fumando una sigaretta, nulla che lasciasse presagire quanto è accaduto. Certo ogni caso è un caso a sé, con diverse motivazioni, molte volte di solitudine e di angoscia. Ma i dati allarmanti accendono i riflettori sulle carceri italiane, istituzioni totali che non possono essere luoghi di isolamento dai territori, dalla società civile e dalla politica. Il carcere deve essere extrema ratio».

Invece ad oggi il carcere è un luogo dal quale si rischia di non uscire vivi o comunque di non uscire migliori. Gli atti di autolesionismo sono in preoccupante aumento, dall’inizio dell’anno sono stati sventati 491 tentativi di suicidio in cella (64 dei quali in Campania) e si sono verificati 77 suicidi (sei dei quali in Campania), inoltre aumenta anche il numero di agenti della polizia penitenziaria che si tolgono la vita (l’ultimo caso, il quindi dall’inizio dell’anno, risale a sabato scorso con la morte di un agente di Marcianise). Numeri che spingono a parlare di “strage silenziosa” perché si consuma nell’indifferenza di gran parte di politica e opinione pubblica. In carcere si vive e si lavora in condizioni sempre peggiori e insostenibili. Chi ferma questa strage? «Non vi è preoccupazione nel mondo politico per la quantità di persone che stanno morendo nelle carceri italiane. Centocinquantadue decessi, e tra questi settantasette suicidi, sono numeri mai raggiunti, pur nei momenti più difficili dell’amministrazione penitenziaria», commenta Riccardo Polidoro, avvocato penalista del foro di Napoli e responsabile dell’Osservatorio carcere dell’Unione Camere penali italiane.

«Come da protocollo – aggiunge -, anche il neo ministro della Giustizia Carlo Nordio ha, tra i primi suoi atti, visitato la casa circondariale di Poggioreale. Un film già visto e rivisto. Va, però, evidenziato che la pellicola non era drammatica come le altre, ma di fantascienza. Il protagonista ha, all’esito dell’ispezione, dichiarato che il carcere napoletano dovrebbe essere un modello da seguire in altri istituti. Mai nessuno era giunto a tanto. L’inferno diventato paradiso. Chissà cosa ne pensano i detenuti, i loro familiari e tutti coloro (dirigenti, polizia penitenziaria, i pochi educatori e assistenti sociali) che con enormi sacrifici vivono le fiamme di un disagio perenne da cui sanno che difficilmente potranno uscire. Ed oggi quelle minime speranze sono del tutto perse. Le parole di Nordio sono la definitiva condanna per un sistema penitenziario e, invero, per l’esecuzione penale tutta, ad avere una vita autonoma fuori dai principi costituzionali e in costante violazione di legge. Quanto tutto questo fa male al nostro Paese non è chiaro all’opinione pubblica, che grazie ad un’informazione silente in materia e a una politica che pensa solo all’immediato consenso elettorale, resta convinta che “buttare la chiave” sia la soluzione migliore. Ma quella chiave un giorno verrà presa e le porte si apriranno. Chi ne uscirà? Una persona migliore o incattivita per l’assoluto abbandono in cui ha vissuto la sua detenzione?».

Ristretti Orizzonti ha lanciato una raccolta di firme a cui hanno già aderito giuristi, filosofi, garanti, esponenti della società civile. «Firmare per una detenzione legale, per il numero impressionante di morti, è un dovere civico, oggi più di ieri», conclude Polidoro che è tra i firmatari della petizione. Tra coloro che finora hanno aderito ci sono, tra gli altri, Fiammetta Borsellino,Francesca Scopelliti della Fondazione Tortora, l’ex magistrato Gherardo Colombo, la presidente di Nessuno Tocchi Caino Rita Bernardini, il giurista Giovanni Fiandaca, il presidente del Tribunale di Sorveglianza di Trieste Giovanni Maria Pavarin, i filosofi Massimo Cacciari e Tommaso Greco, e poi garanti, scrittori, giornalisti e come politici Walter Verini, commissione Giustizia Senato, Anna Rossomando e Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato. Hanno risposto all’appello di Ristretti Orizzoni per provare a fermare questo «record lugubre, terribile, inaccettabile. Mai prima d’ora era stato raggiunto questo abisso».

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews). 15.11.2022

 


Altro tentato suicidio nelle carceri calabresi, 3 in 5 giorni
L’ultimo episodio si è registrato nel penitenziario di Vibo. La denuncia del sindacato Osapp: «Poco personale». Ed il Garante Muglia firma l’appello

 

VIBO VALENTIA La Polizia Penitenziaria salva la vita ad un altro detenuto. In cinque giorni sono già tre gli eventi e le vite salvate in Calabria. A darne notizia Sandrino Scalzo, segretario provinciale Osapp. Stamani, un detenuto di origine siciliane di 34 anni, ha tentato il suicidio mediante impiccagione e solo l’intervento della polizia penitenziaria ha evitato il dramma. «La prontezza dimostrata da parte della Polizia penitenziaria e all’alta professionalità degli infermieri e medici del carcere di Vibo – afferma Scalzo – si e potuto scongiurare il peggio nelle circostanze citate si e evitato il peggio. A Vibo, a fronte di una pianta organica di 246 unita ne sono assegnate circa 180 e le ultime assegnazioni risultano insufficienti a coprire la grave carenza che determina un disagio e stress psico fisico degli uomini e donne della Polizia Penitenziaria che nonostante tutto e per gli effetti di una linea di comando e dell’amministrazione locale efficientissima tiene sotto controllo, per quanto possibile, i disagi derivanti dalle citate limitatezze».
«La Calabria – afferma il segretario regionale Maurizio Policaro – è la regione con il numero più alto di ristretti con patologie psichiatriche. Se poi si considera anche la modalità di assegnazioni non proprio confacenti alle esigenze e le difficoltà territoriali, conseguenzialmente ricadono negativamente sul sistema già gravemente penalizzato». La segreteria generale Osapp, per voce del segretario generale aggiunto Pasquale Montesano, evidenzia «la necessità di specifici interventi sia per quanto riguarda le assegnazioni di soggetti psichiatrici sia per un immediato attenzionamento per la regione Calabria e nella circostanza per Vibo Valentia. Allora, ribadiamo e chiediamo al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, e alla nuova compagine di Governo, di aprire immediatamente un tavolo di confronto permanente e dare consequenzialità agli annunci fatti per interventi immediati, pena maggiori e più gravi conseguenze».

Il garante dei diritti dei detenuti firma l’appello al ministro

Il Garante regionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale della Calabria, Luca Muglia, ha condiviso, firmato e rilanciato l’appello sottoscritto da diverse personalità relativamente all’esorbitante numero di suicidi registrati in carcere dall’inizio dell’anno: ben 75 in 10 mesi. È quanto si legge in una nota. L’appello, lanciato da Il Dubbio e rivolto alle istituzioni, è scritto nella nota, «alla politica e agli intellettuali, individua obiettivi precisi. Ricorrere al carcere come extrema ratio, garantire spazi e contesti umani che rispettino la dignità e i diritti, moltiplicare le pene alternative, garantire al cittadino detenuto la possibilità di iniziare un reale percorso di inclusione nella comunità. Tra i primi firmatari della petizione Roberto Saviano, Gherardo Colombo, Luigi Manconi, Giovanni Fiandaca, Massimo Cacciari, Fiammetta Borsellino, Mattia Feltri, Francesca Scopelliti, Rita Bernardini».
Nell’appello, prosegue la nota, «si suggeriscono cinque vie d’uscita: aumento delle telefonate per i detenuti, previa modifica del regolamento penitenziario del 2000 secondo cui ogni detenuto (esclusi quelli che non possono comunicare con l’esterno) ha diritto a una sola telefonata a settimana, per un massimo di dieci minuti; innalzamento a 75 giorni a semestre per la liberazione anticipata rispetto ai 45 attuali; creazione di spazi da dedicare ai familiari che vogliono rimanere in contatto con i propri cari reclusi per valorizzare l’affettività; aumento del personale per la salute psicofisica, attesa la grave carenza di psichiatri e psicologi in tutti gli istituti; attuazione immediata di quella parte della riforma Cartabia che contempla la valorizzazione della giustizia riparativa e, nel contempo, rivitalizza le sanzioni sostitutive delle pene detentive».
Il garante Luca Muglia, «nel lanciare l’allarme e ribadire la necessità di un intervento immediato, ha evidenziato che nell’ultima settimana all’interno delle carceri calabresi si sono verificati diversi episodi di autolesionismo, uno dei quali con un tragico epilogo».

Corriere della Calabria 12.11.2022

Il RAPPORTO


Mai così tanti suicidi in carcere come quest’anno. Il 2022 si preannuncia l’anno con il numero più alto di persone che si sono tolte la vita dal 2009, quando i suicidi hanno raggiunto quota 72. Da gennaio a oggi, invece, se ne contano già 66 a cui si sommano altre 60 morti per cause diverse, alcune ancora da accertare.

«Basta morti in carcere», hanno detto a gran voce gli attivisti di Antigone che ieri, 4 ottobre, hanno tenuto un sit-in davanti al tribunale di Palermo a cui hanno preso parte anche i famigliari di Samuele Bua e Roberto Pasquale Vitale, morti suicidi nel carcere Pagliarelli di Palermo, e la madre di Francesco Paolo Chiofalo, detenuto nel penitenziario palermitano e deceduto per cause da accertare. Alle istituzioni si chiede di intervenire su una situazione che, dal 2000 a oggi, conta 3.500 decessi di cui 1.240 suicidi. A questi numeri, poi, si aggiungono circa mille atti di autolesionismo all’anno, spiega il presidente di Antigone Sicilia Pino Apprendi. «Sono numeri che dovrebbero far riflettere chi si occupa di giustizia», dice Apprendi: «E invece si è fatta una campagna elettorale nel silenzio perché nessuno dei leader nazionali ha toccato questo tasto, nonostante fosse un periodo molto caldo per i suicidi in carcere». Tra i corridoi degli istituti penitenziari italiani si incrociano storie di vite diverse, molte interrotte troppo presto. Secondo un rapporto di Antigone, infatti, l’età media delle persone che si sono suicidate è di soli 37 anni. La maggior parte dei suicidi si consuma nella fascia d’età tra i 30 e i 39 anni, seguita da quella tra i 20 e i 29 anni.

«Ci sono stati casi di suicidio pochi mesi prima dell’uscita dal carcere», rivela Michele Miravalle, componente dell’osservatorio nazionale di Antigone. Stando al report dell’associazione, inoltre, molte persone che si sono tolte la vita erano ancora in attesa di giudizio. Dodici suicidi avvenuti quest’anno, poi, sono avvenuti dopo brevi permanenze in carcere e “nella maggior parte di questi casi le persone erano affette da patologie psichiatriche”. Quello della salute mentale in carcere può definirsi un’emergenza. «Il problema della salute mentale forse è la grande emergenza del carcere di oggi in Italia», evidenzia Miravalle spiegando che «il 40% delle persone detenute fanno uso sistematico di psicofarmaci». Il carcere, aggiunge «non ha strumenti per affrontare molte di queste situazioni perché c’è un’emorragia di personale professionale sanitario e di operatori di salute mentale che sistematicamente mancano e quindi, spesso, si ricorre allo psicofarmaco senza poter fare null’altro».

Le richieste alle istituzioni

Proprio il tema della salute mentale rientra tra quelli sottoposti all’attenzione delle istituzioni dopo il sit-in di ieri a Palermo. «Chiediamo di evitare la detenzione per i soggetti fragili, identificati come malati psichiatrici o con gravi problemi psicologici», spiega Pino Apprendi. Ma le richieste al prossimo esecutivo non si esauriscono qui: «Chiediamo di creare le condizioni affinché i detenuti in attesa di giudizio possano scontare a casa il periodo che li vede lontani dalla condanna». E ancora: «Un intervento svuotacarceri che metta fuori i ragazzi dai 20 ai 30 anni che sono negli istituti penitenziari per reati minori». Sono persone che, secondo i dati di Antigone, rappresentano la seconda fascia d’età nei casi di suicidi.

In carcere ci si toglie la vita 16 volte più di fuori

Ogni suicidio cela dietro di sé una storia che meriterebbe di essere analizzata senza trasformarla in un numero. Ma i numeri ci sono e vanno interpretati. Secondo il citato rapporto di Antigone, infatti, “un importante indicatore del fenomeno – oltre ai numeri assoluti – è il tasso di suicidi, ossia la relazione tra il numero di decessi e le persone detenute”. Sebbene l’anno non si sia ancora concluso, il tasso di suicidi nel 2022 “sembra destinato a crescere rispetto al biennio precedente”: nel 2020 il tasso di suicidi era pari a 11 casi ogni 10mila persone detenute, mentre nel 2021 il valore è stato di 10,6 suicidi ogni 10mila persone detenute. E se questo non bastasse, Antigone ha confrontato il fenomeno suicidario all’interno del carcere con quello fuori dove si registrano 0,67 suicidi ogni 10mila persone. Negli istituti penitenziari, invece, “ci si leva la vita ben 16 volte in più rispetto alla società esterna”. Ma perché il 2022 rischia di passare alla storia come l’anno con il numero di suicidi più alti dell’ultimo ventennio? «Le risposte possono essere molte – commenta Miravalle –. Non è banale che questo sia stato il primo anno post pandemico e che questa sia l’onda lunga di una pandemia che ha trasformato molto non solo la società, ma anche il carcere.

Il carcere si sta riprendendo dalla pandemia molto più lentamente della società: molti progetti, anche nel mondo del volontariato, sono andati avanti a singhiozzo e alcuni si sono fermati e non hanno più ripreso. E quindi è chiaro che il carcere si trova in una situazione di abbandono, di solitudine».

Un primo passo: più telefonate per i detenuti

«Monitoriamo la situazione dei suicidi da molti mesi», spiega Miravalle. «Ad agosto 2022 – ricorda – abbiamo avuto praticamente un suicidio ogni due giorni. Ormai siamo ben oltre il numero di suicidi degli ultimi anni». Proprio quest’estate Antigone ha lanciato la campagna “Una telefonata allunga la vita” per sollecitare un allargamento delle maglie in materia di colloqui telefonici dei detenuti. «Ovviamente le telefonate non sono risolutive del problema, ma sono un importante strumento di prevenzione», spiega Miravalle.

Solo pochi giorni fa il Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) ha diramato una circolare che affida discrezionalità ai direttori del carcere nell’autorizzare i colloqui telefonici o le videochiamate (introdotte in pandemia), anche oltre i limiti stabiliti dal regolamento di esecuzione dell’ordinamento penitenziario. Ma l’intervento dovrà essere stabilizzato dal legislatore e, quindi, dal Parlamento che sta per insediarsi. «Il Dap – commenta Miravalle – ha scelto una strada abbastanza prudente suggerendo ai direttori di avere un’applicazione meno restrittiva del regime delle telefonate che era stato allargato durante il Covid e che noi auspicavamo diventasse legge. Non siamo ancora a quel punto, ma è un primo risultato di percezione di un disagio che va affrontato».

AVVENIRE Giuseppe Pastore 11.11.2022


Suicidi in cella, 75 nel 2022: l’allarme del garante regionale dei detenuti Muglia

 
Il Garante regionale dei diritti dei detenuti e delle persone private della libertà personale, Luca Muglia, ha condiviso, firmato e rilanciato l’appello sottoscritto da diverse personalità relativamente all’esorbitante numero di suicidi registrati in carcere dall’inizio dell’anno: ben 75 in 10 mesi. L’appello, lanciato da “Il Dubbio” e rivolto alle istituzioni, alla politica e agli intellettuali, individua obiettivi precisi. Ricorrere al carcere come extrema ratio, garantire spazi e contesti umani che rispettino la dignità e i diritti, moltiplicare le pene alternative, garantire al cittadino detenuto la possibilità di iniziare un reale percorso di inclusione nella comunità.
Tra i primi firmatari della petizione Roberto Saviano, Gherardo Colombo, Luigi Manconi, Giovanni Fiandaca, Massimo Cacciari, #FiammettaBorsellino, Mattia Feltri, Francesca Scopelliti, Rita Bernardini. Nell’appello si suggeriscono cinque vie d’uscita: aumento delle telefonate per i detenuti, previa modifica del regolamento penitenziario del 2000 secondo cui ogni detenuto (esclusi quelli che non possono comunicare con l’esterno) ha diritto a una sola telefonata a settimana, per un massimo di dieci minuti; innalzamento a 75 giorni a semestre per la liberazione anticipata rispetto ai 45 attuali; creazione di spazi da dedicare ai familiari che vogliono rimanere in contatto con i propri cari reclusi per valorizzare l’affettività; aumento del personale per la salute psicofisica, attesa la grave carenza di psichiatri e psicologi in tutti gli istituti; attuazione immediata di quella parte della riforma Cartabia che contempla la valorizzazione della giustizia riparativa e, nel contempo, rivitalizza le sanzioni sostitutive delle pene detentive.
Il Garante regionale, Luca Muglia, nel lanciare l’allarme e ribadire la necessità di un intervento immediato, ha evidenziato che nell’ultima settimana all’interno delle carceri calabresi si sono verificati diversi episodi di autolesionismo, uno dei quali con un tragico epilogo.
LA NUOVA CALABRIA

 

 

Obiettivi del dossier

Presentazione di “Morire di carcere”

L’informazione giornalistica sulle morti in carcere

I suicidi in ambito penitenziario

L’assistenza sanitaria disastrata

Le morti per cause non chiare e per overdose

Proposte per mantenere alto il livello d’attenzione sulle morti in carcere

Fonti indipendenti

– Antigone: “Suicidi. Persone, vite, storie. Non solo numeri. Dossier sui suicidi in carcere nel 2022”

“Suicidi in carcere nel 2021”, dalla Relazione al Parlamento del Garante nazionale dei detenuti

– Serie storica dei suicidi tra gli appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, dal 1997 al 2018 (pdf)

Suicidi, tentati suicidi e atti di autolesionismo nelle carceri: serie storica 1990-2014 (pdf)

Suicidi anno 2013: confronto tra i dati rilevati dal Ministero e il nostro dossier (pdf)

Suicidi in carcere: quando la “conservazione del principio di legalità” è venuta meno (pdf)

Il suicidio tra i detenuti sottoposti al regime di 41-bis, cd. “carcere duro” (pdf)

Dossier “Morire di Carcere”: numero speciale sull’ergastolo e il 41-bis (pdf)

Suicidi “presunti innocenti” e quelli che in carcere non dovevano stare (pdf)

Suicidi in carcere: confronto statistico tra Italia, Europa e Stati Uniti (pdf)

Troppi detenuti suicidi, quando il problema è l’invivibilità delle carceri (pdf)

Confronto tra i suicidi in carcere nei decenni 1960-1969 e 2000-2009 (pdf)

Ministero Giustizia-DAP

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Serie storica 1992-2019 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2018 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2017 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2016 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2015 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2014 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2013 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2012 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2011 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2010 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2009 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2008 (pdf)

Eventi Critici negli Istituti Penitenziari. Anno 2007 (pdf)

– Quaderni I.S.S.P.: “La prevenzione del suicidio in carcere”. Dicembre 2011 (pdf)

Altri documenti

– “Quelle strane morti dietro le sbarre”, di Alberto Custodero per Repubblica.it (pdf)

Morire di carcere in Toscana: time-line a cura de “Altracittà” e “perUnaltracittà

– Comitato Bioetica: “Il suicidio in carcere. Orientamenti bioetici”. Giugno 2010 (pdf) 

Regione Toscana: linee indirizzo gestione casi a rischio suicidario. Settembre 2009 (pdf)

World Health Organization: “La prevenzione del suicidio nelle carceri”. Anno 2007 (pdf)

Consiglio d’Europa: statistiche sui detenuti suicidi nelle carceri europee, dal 1998 al 2006 (pdf)

FONTE Ristrettì Orizzonte