LE STRAGI 92-93 – Audizione generale SUBRANNI in Commissione Parlamentare Antimfia

INTERVENTI

 

Il 19 giugno 1992 ho segnalato delle minacce gravi nei confronti di inquirenti e di personalita` anche politiche, direttamente al Comando generale e per conoscenza alla Divisione, perche ́ erano fatti operativi e ur- genti. Vorrei anche ridurre il mio intervento, ma il 19 giugno 1992 significa esattamente un mese prima dell’uccisione di Borsellino. Al Comando generale scrivo:

«In Sicilia negli ultimi mesi sono stati compiuti eclatanti delitti di mafia non solo riconducibili ad una fisiologica evoluzione degli equilibri di cosa nostra, bens`ı significativi di una precisa strategia di con- trasto allo Stato» – la guerra allo Stato, la contrapposizione allo Stato, di- cevo nel giugno 1992 – «Tra questi delitti emergono nell’ordine, gli omicidi di Salvo Lima (12 marzo), maresciallo Giuliano Guazzelli (4 aprile), Giovanni Falcone (23 maggio). D’altro canto in questo ultimo anno gli organi dello Stato hanno esercitato un’indiscutibile pressione sulla crimina- lita` organizzata, perche ́ la mafia nel combattere una guerra senza quartiere agli altri ha lasciato molti spazi per le indagini e ha subito danni notevolissimi».

Posso anche citarne qualcuno per spiegare la strategia della mafia, che consisteva, per cominciare, nell’uccidere determinati elementi di scarso valore mafioso, poi, nell’intervenire per dei fatti in cui ci voleva la vendetta, che loro si prendevano, reagendo a determinati fatti, alcuni dei quali citero` per forza per farvi capire.
Era sproporzionata la reazione, cos`ı come lo erano il numero dei morti e l’uccisione di capi mafia. Una cosa incredibile, non voglio dimenticarmene.
Dicevo, un’indiscutibile pressione in termini sia di inasprimento normativo sia di positivi impegni investigativi – tutti, Polizia, Carabinieri, tutti quanti – concretizzatosi con operazioni compiute proprio in Sicilia nei confronti di esponenti di fami- glia mafiose di cosa nostra.
Queste attivita` sono state anche consentite dalla propalazione di numerosi collaboratori di giustizia che sono venuti fuori.

Ancora:

E` una causa che concorre, perche ́ la mafia trapanese era forte a Mazara del Vallo, a Trapani, a Castelvetrano. Era formidabile. Ha perso peso perche ́ e` stata attaccata da Borsellino e dai suoi uomini, da Ingroia e quei giovani magistrati, con risultati eccezionali. Paolo Borsellino ha pagato anche questo prezzo.

Scrivo ancora:

«Il capitano Umberto Sinico, mio ufficiale della sezione anticrimine di Palermo, attualmente in servizio» – l’ho chiamato in servizio provvisorio presso il ROS e poi ho chiesto e ottenuto il suo trasferimento definitivo a Roma – «correrebbe pericolo di vita per l’attivita` di contrasto condotta nei confronti di una delle maggiori famiglie mafiose palermitane, recentemente concretizzatasi in positive operazioni di servizio.

Il maresciallo Carmelo Canale, sottufficiale addetto alla sezione anticrimine di Palermo, potrebbe correre pericolo per la sua incolumita` poiche ́ distintosi nelle recenti operazioni di servizio condotte dal Reparto e per aver in particolare contattato alcuni esponenti di spicco della criminalita` isolana, successivamente colpiti da provvedimenti restrittivi. Per i dipendenti Sinico e Canale ho provveduto nella competenza e ho adottato misure di tutela. Tali misure consistono nel trasferimento di Umberto Si nico a Roma presso il reparto operativo del ROS e nell’assegnazione a Canale di un’autovettura protetta per suoi spostamenti, attesa l’assoluta indi- sponibilita` del sottufficiale al trasferimento, posizione questa sostenuta dal procuratore Borsellino», che riteneva indispensabile la collaborazione del sottufficiale.
Mi fermo qui perche ́ la conferma di questo e` nella deposizione della signora Agnese Piraino Leto Borsellino del 23 marzo 1995, tre anni dopo l’uccisione del magistrato, alla corte di assise di Caltanissetta.
Le domande sono dei magistrati Palma e Petralia. In essa la signora parla del- l’incontro con Ando`, Liliana Ferraro, Borsellino e lei indicando Punta Raisi, ma ha sbagliato perche ́ era a Fiumicino.
Dice che Ando` e Borsellino hanno parlato di una bruttissima lettera di minacce al marito, di un rapporto del ROS dei carabinieri, che e` quello che io ho letto, e di una minaccia anche per Ando`.
Quindi hanno ricevuto in tempo rapido questa mia segnalazione; questo mi teneva in ansia.
Borsellino ne ha poi parlato con il procuratore e hanno avuto delle divergenze. La signora ha quindi dato atto che questo rapporto del ROS e` arrivato in tempi solleciti, immediati.
La signora Borsellino dice anche che suo marito si fidava del maresciallo Canale e di qualche magistrato e parlava bene dei Carabinieri e della Polizia, con i quali ha avuto sempre un ottimo rapporto.

Io l’ho conosciuto negli anni Settanta, non nel 1992. Ho lavorato con lui e gli ho dato anche un capitano, Emanuele Basile, per indagini importanti in Emilia-Romagna. Si fidava di qualche magistrato, tipo Antonio Ingroia.
Io vedo una scala di valori, prima Canale e poi Ingroia; si fidava anche di altri giovani magistrati che lavoravano con lui. Cio` che dico trova conferma, tre anni dopo la morte del dottor Borsellino, nelle parole della si- gnora Agnese, che parla di questi ottimi rapporti e del fatto che il primo collaboratore del marito – perche ́ sembrava un po’ sproporzionato che io gli avessi dato la macchina con la scorta – fosse Canale. Borsellino mi aveva detto che era importante che Canale rimanesse con lui e questo trova conferma nelle dichiarazioni della signora Borsellino presso la corte di assise di Caltanissetta.

 

 

LI GOTTI. Sappiamo per dati certi, in quanto riferiti dal generale Mori, che il 25 giugno 1992 l’interesse di Paolo Borsellino era molto piu` attuale, ossia aveva ad oggetto il rapporto mafia-appalti, tant’e` vero che aveva chiesto un incontro riservato con l’allora colonnello Mori e con il capitano De Donno nella caserma dei Carabinieri di Carini per non essere visto in procura.
L’oggetto di quell’incontro – come ha riferito il colonnello Mori – riguardava proprio una stretta collaborazione sul contenuto e sullo sviluppo che poteva avere il rapporto mafia-appalti, quindi, un rapporto preferenziale con il ROS.
Quando il 10 e l’11 luglio 1992 incontro` Borsellino, il giudice le manifesto` il suo interesse per il rapporto mafia-appalti e il fatto che aveva chiesto al ROS un rapporto segreto di collaborazione in ordine al contenuto di quel rapporto?
SUBRANNI. Ripeto la sua ultima domanda: Borsellino aveva chiesto al colonnello Mori un rapporto segreto di collaborazione con il ROS?
LI GOTTI. S`ı, una collaborazione riservatissima avente ad oggetto lo sviluppo del rapporto mafia-appalti fatto dai ROS.
SUBRANNI. No, per quello che ricordo, mandai De Caprio a Milano e De Donno a Palermo. De Donno fin`ı il lavoro sugli appalti e poi passo` a Napoli con i giudici Roberti e Mancuso, per analogo lavoro di anni.
Questi  rapporti hanno avuto un successo forse inferiore alle giuste aspettative. Il lavoro di Palermo fu un po’ frazionato, per cui i risultati furono molto meno di quelli che ci aspettavamo.
Sono lampi di memoria. Immediatamente inviai in servizio provvisorio a Palermo una sezione intera – gia` ce ne era un’altra – per mettere a punto e concludere il lavoro sugli ap- palti dei palermitani.
La mafia aveva allungato le mani avide e capaci sugli appalti nel modo piu` assoluto. Concluse quindi questo lavoro, che – ripeto – ha dato risultati un po’ inferiori a quelli attesi. E` stato frazionato. Ricordo che una parte l’aveva avuta il giudice Aliquo`. Forse la strategia era quella; io non potevo sindacare il procuratore.

PRESIDENTE. Mi scusi generale Subranni, ma la domanda era la seguente: in occasione dell’incontro che lei ha avuto l’11 luglio 1992 con il magistrato Borsellino, avete parlato del rapporto mafia-appalti, che tanto gli stava a cuore, come ci risulta da fonti diverse? Se ho inteso bene, e` questa la domanda del senatore Li Gotti.
SUBRANNI. Nel modo piu` assoluto. Non abbiamo parlato di qualcosa di importante, nel modo piu` assoluto. Il magistrato Borsellino era venuto per farmi visita.

PRESIDENTE. Basta cos`ı. Lei dice nel modo piu` assoluto no.
SUBRANNI. Vorrei aggiungere solo poche parole. Borsellino ha lavorato con i carabinieri, con il nucleo investigativo da me comandato, scoprendo i legami che c’erano tra la mafia di Palermo (quella forte, che poi ha vinto la guerra) e i Nuvoletta di Napoli. Grazie a delle fotografie lui li ha inchiodati con mandati di cattura perche ́ era giudice istruttore. Ha fatto un lavoro incredibile.

LI GOTTI. Generale Subranni, ritengo che lei non possa aver dimenticato una violenta polemica apparsa sulla stampa a proposito di questo rapporto mafia-appalti.
Nell’estate del 1991 i quotidiani «Corriere della sera», «La Sicilia» e «Il secolo XIX» di Genova avevano pubblicato degli estratti di questo rapporto, aventi – a dire il vero – dei contenuti un po’ diversi dal rapporto che era arrivato alla procura; si accusava la procura di Palermo di voler insabbiare le indagini.
Questo fatto ebbe una rilevanza nazionale, ne e` a conoscenza? Lo ricorda?
SUBRANNI. Sara` di rilevanza nazionale – non lo metto in dubbio perche ́ lo dice lei –, ma a quando risale questo rapporto sugli appalti?
LI GOTTI. Il rapporto sugli appalti e` del 16 febbraio 1991, pervenuto alla procura di Palermo il 20 febbraio 1991.
SUBRANNI. Allora e` quel rapporto che ha redatto l’allora capitano De Donno alla procura (il procuratore era Giammanco). Questo lavoro, come ho detto, e` stato un po’ spezzettato, pero` i risultati ci sono stati, anche se non quelli che noi speravamo. Questa rilevanza nazionale io non l’ho rilevata.
LI GOTTI. Generale Subranni, lei non puo` non ricordare che vi furono due edizioni di questo rapporto. Quella pervenuta alla procura di Pa- lermo il 20 febbraio 1991 (datata pero` 16 febbraio 1991) ometteva totalmente il riferimento ai politici nazionali, quali l’onorevole Gianni De Michelis, l’onorevole Calogero Mannino, l’onorevole Nicolosi, l’onorevole Salvo Lima e il politico siciliano Salvatore Turi Lombardo.
Sono tutti dati che erano in possesso del ROS e che pervennero alla procura di Palermo solo dopo la strage di via d’Amelio, ossia il 5 settembre del 1992.
Quindi il ROS aveva tutti questi dati che riguardavano i politici nazionali. Perche ́ e per ordine di chi venne omissato ed epurato il rapporto, tradendo e fuorviando il lavoro che Paolo Borsellino voleva sviluppare proprio su quel rapporto? E` possibile – questa e` la domanda – che Paolo Borsellino fosse venuto a conoscenza dell’effettivo contenuto del rapporto, ossia di quello non epurato?
SUBRANNI. Senatore Li Gotti, lei dice: non puo` non ricordare. Assolutamente. Due edizioni? Io so soltanto che nel 1990 – quindi c’e` poco da fare, non nel 1991 – ho mandato a Palermo, proprio per gli appalti, il capitano  De Donno con tutta una squadra (egli poteva avvalersi anche di quella di Palermo). Non so. De Michelis e Nicolosi, non li conosco; il quarto nome non ho fatto in tempo a scriverlo.

LI GOTTI. Lei ha detto che aveva avuto un rapporto di conoscenza con l’onorevole Mannino e ignorava che negli atti del ROS c’era un rap- porto che faceva riferimento proprio a lui?
SUBRANNI. Puo` darsi, certamente.
LI GOTTI. Questo e` un fatto ufficiale, perche ́ questo rapporto poi venne fuori. I nomi vennero fuori il 5 settembre 1992, ma nel rapporto inviato alla procura di Palermo nel 1991 non erano contenuti i richiami ai politici, pur risalendo al 1990 attraverso un servizio di intercettazioni telefoniche curato dal ROS.
SUBRANNI. Non lo metto in dubbio, ma non lo so. So, per grandi linee, che questo lavoro fu fatto bene e in profondita` e che indagini volu- minose sono state consegnate dal capitano De Donno. Il capitano e` rima- sto l`ı con la squadra per mesi e mesi per questo lavoro. Questo io so, non so altro.
LI GOTTI. Se in quel momento non seppe che era stato epurato, negli anni successivi, quando il fatto fu reso evidente anche da alcuni accertamenti (parliamo delle dichiarazioni di Siino, della triste vicenda di Lombardo, dell’inquietante vicenda del maresciallo Canale, dei contatti extra autorizzazione del colonnello Meli con il collaboratore Siino, che avven- nero in una clinica romana non autorizzata), quando tutto questo venne fuori, e lei era a capo del ROS, si e` occupato di questa materia, sia pure in funzione di indagine e conoscenza retrospettiva, per capire cosa fosse successo?
SUBRANNI. No, assolutamente. So che Meli e Siino hanno avuto incontri riservati; mi pare di aver letto anche qualcosa a suo tempo.
Sugli appalti, so soltanto che ho disposto l’invio in servizio provvisorio di una massiccia sezione con il maggiore De Donno, il quale si serviva anche dell’altra … Hanno fatto un buonissimo lavoro e sono rimasti delusi dal fatto che i risultati non furono in correlazione con lo sforzo investigativo compiuto. Io ero dalla parte dei miei collaboratori. Di questo non stendevo un rapporto, era un fatto loro. Sopra De Donno c’era un comandante del Reparto operativo e al di sopra di lui c’era il comandante …
PRESIDENTE. Questo lo ha gia` spiegato poco fa. Andiamo avanti.
GRANATA. Vorrei porre tre domande, ma due si possono anche sintetizzare in un unico quesito.
Pochi giorni dopo la strage di via D’Amelio, il 22 luglio 1993, si costitu`ı Salvatore Cancemi, importante capo mafia della famiglia di Palermo centro, che lei ben ricorda, che era considerato il braccio destro di Salvatore Riina. Appena si costitu`ı, egli annuncio` la sua volonta` di collaborare. Come mai la collaborazione di Cancemi fu gestita dal ROS, e egli non fu assegnato invece, come era prassi, al Servizio centrale di protezione?
SUBRANNI. Che ne so io!
GRANATA. Lei comandava il ROS.
SUBRANNI. Cancemi e` stato un collaborante e ha fornito quello che ha fornito. E` rimasto a disposizione del ROS parecchio tempo.
PRESIDENTE. Un anno circa.
SUBRANNI. Puo` darsi. Dieci mesi, un anno, non ha importanza.
GRANATA. La domanda e` molto precisa: la prassi era l’assegnazione di chi dichiarava di voler collaborare direttamente al Servizio cen- trale di protezione; invece, per otto o dieci mesi, questo collaborante venne gestito dal ROS. Escludo che lei possa non saperlo.
SUBRANNI. No, lo so eccome!
GRANATA. E chi prese la decisione che fosse gestito dal ROS?
SUBRANNI. Sulla gestione di Cancemi, che veniva sentito ovviamente dai magistrati, nessuno ha eccepito nulla. Cancemi era a disposi- zione del ROS, ma al ROS io ospitavo anche i procuratori. Cancemi era un collaborante e il ROS non ha avuto altri collaboranti. Cancemi credo sia stato portato dal capitano Sinico, per cui poi l’ho chiamato …

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LAURO. Generale Subranni, sono convinto che le questioni che ruotano intorno al dossier appalti del ROS siano state determinanti anche per la strage di via D’Amelio, per l’uccisione del magistrato Borsellino. Per questo motivo, mi permetto di rivolgerle alcune domande specifiche su questo dossier.
Da comandante del ROS dal 1990 al 1993, ricorda come origino` questa indagine a vasto spettro sulla quale lei ha affermato che furono indi- rizzate ingenti risorse, addirittura con delle sezioni appositamente dedicate e indagini approfondite anche sulla piazza di Milano?
La notizia preziosa che lei puo` dare a questa Commissione e` indicare perche ́ il ROS (questo organismo straordinario specializzato di investiga- zione che era allora di recente costituzione, visto che la prima stesura del rapporto viene pubblicata o, perlomeno, consegnata alla magistratura, come detto dal senatore Li Gotti, nel febbraio del 1991), in un solo anno abbia dedicato tanto spazio e tante risorse, umane e operative, a que- sta indagine. Le chiedo pertanto se puo` spiegare come origino` questa in- dagine e perche ́ il ROS, nei suoi vertici, vi dedico` tutto questo insieme di risorse. Vorrei che ci spiegasse poi se tali indagini riguardarono anche la piazza di Milano, come mi sembra di avere colto.
Ancora, ricorda se, oltre ai politici, vi era nel rapporto mafia-appalti, nell’una e nell’altra stesura, un’analisi delle grandi societa` appaltatrici e dei sistemi attraverso i quali queste societa` si spartivano a tavolino con la mafia, in Sicilia e nelle altre aree, gli appalti? Questa non e` una questione di poco conto perche ́, da questa premessa, si potrebbe cogliere il perche ́ del frazionamento e dei risultati limitati, da lei lamentati come co- mandante del ROS e anche perche ́ Paolo Borsellino, in continuita` con Falcone, ritenne di dover prendere in mano quello che era (e che rimane, a mio giudizio) il nodo strategico per capire le alleanze che si formarono per eliminare questi due eroici magistrati.

PRESIDENTE. La prima domanda del senatore Lauro e` la piu` importante di quelle che le sono state formulate, con rispetto per le altre: come ha avuto origine l’indagine sul rapporto mafia-appalti e per quali ragioni il ROS le ha dato tanta importanza assegnandole risorse eccezionali non solo in Sicilia, ma mobilitando energie persino a Milano?
SUBRANNI. Premetto che quando e` stato costituito il ROS, il 3 dicembre 1990, uno degli ordini perentori dell’atto costitutivo era quello di lasciare tutto il personale nelle stesse sedi in cui era. Non potevano ve- nire a Roma; venivano a Roma soltanto coloro i quali facevano parte delle sezioni criminalita` divisionale, un reparto un po’ piu` forte e consistente. Quindi, quando mi sono visto arrivare De Caprio e De Donno, ho dovuto smistarli subito perche ́ inizialmente mi erano stati assegnati tre locali dal Comando generale per alloggiare il ROS; poi ho avuto dal mio vecchio comandante la cessione di 25 locali al battaglione e li ho sfruttati subito. Ho quindi mandato De Caprio a Milano e De Donno a Palermo, perche ́ doveva continuare il lavoro degli appalti. De Caprio ando` a Milano non per gli appalti, ma per costituire una struttura tecnica, perche ́ e` molto bravo.
Si esalta troppo questa questione degli appalti; capisco che e` importante, certamente perche ́ – l’ho detto prima io – c’erano l’interesse della mafia, la corruzione e anche le collaborazioni con il mondo politico, industriale e imprenditoriale. Per uno come me era altrettanto, volevo accennarlo ma poi giustamente non potevo farne a meno.
C’erano dei fatti che rivelano l’attacco allo Stato in un modo incredibile. Ad esempio, c’e` stato un sequestro della moglie di un costruttore di Monreale e la mafia e` intervenuta. Vorrei accennare la tecnica: al marito – che avevano sequestrato notte tempo a Monreale – hanno detto di andare dal gioielliere Ganci e di chiedergli piagnucolando di aiutarlo perche ́ gli avevano portato via la moglie a mezzanotte; il compito gli era stato dato dai corleonesi.
Lui va allora dal gioielliere Ganci, che aveva una ore- ficeria sotto i portici, lo chiama e gli chiede di aiutarlo a ritrovare sua mo- glie. Quello si e` spaventato e gli ha chiesto cosa c’entrasse. Ha immedia- tamente chiamato i suoi collaboratori del sequestro e gli ha detto che entro la notte l’avrebbero dovuta rimettere in liberta`. Dalle poche parole dette dal marito capii la grande tragedia. Mi arrivo` una telefonata al nucleo in- vestigativo, che comandavo. Rispose un altro al posto mio, il mio segre- tario, che sent`ı dire, da una voce veramente arrabbiata, che in un certo punto, dove c’era la raccolta dell’immondizia, ci sarebbe stata una cosa interessante. Ho mandato qualcuno a vedere ma e` tornato senza novita`. Hanno telefonato di nuovo e, con parolacce, hanno detto di ritornare sul punto. C’era un sacco dell’immondizia con dentro un mafioso, Renta Salvatore: la prima di 11 persone uccise per questo sequestro, quando poteva essere messa in liberta` lo stesso giorno. La mafia voleva distruggere quella cosa per causare proteste anche importanti; ha fatto delle stragi: 11 morti. Dopo sei giorni e` stata rimessa in liberta`. Quando e` stata rilasciata, il marito e` andato un’altra volta da Ganci e lo ha ringraziato. Un’altra tragedia: va via, si allontana dalla piazza, dai portici, dove c’era la gioielleria, passa una macchina e freddano Ganci.
Il giorno dopo nel mercato ortofrutticolo di Palermo arrivano i killer e ammazzano tre fratelli di Ganci che avevano un banco. Ne ammazzano subito due, il terzo non c’era, dicono si sia salvato perche ́ era andato a prendere un caffe`. Io ho altre idee. Quindi ne ammazzano tre. Poi, una strage: 11 morti. Due sol- tanto sono stati portati via e sono spariti (Orofino). Una strage che se ne poteva fare a meno, ma l’hanno voluto fare. Ma ne ho tante di queste be- nedette cose.
PRESIDENTE. Ma come e` nato, chiede il senatore Lauro, questo rapporto? Perche ́ gli avete dato importanza? Questi dettagli sono importantissimi, ma non ci aiutano a trovare una risposta alle domande del senatore Lauro.
SUBRANNI. Chiedo scusa, e` giusto, ma volevo dire all’onorevole Lauro che si e` esaltato il giusto quella attivita` contro gli appalti. Sono state impiegate due sezioni. Ma bisogna ricordare anche gli altri sistemi di attacco allo Stato, quelli di cui ho parlato prima io.

 

 

 

GRANATA.. Sono storicamente note ormai le polemiche sulla cosiddetta perquisizione del covo di Toto` Riina, dopo la sua cattura. Lei cosa ricorda in merito? Chi perquis`ı quel covo? Come mai fu tenuta nascosta quella perquisizione alla procura di Palermo?
SUBRANNI. Sul covo di Riina so tutto.
GRANATA. Anche noi vorremmo saperlo.
SUBRANNI. Sul covo di Riina e la mancata perquisizione le dico tutto dalla a alla zeta, soltanto …
GRANATA. Diciamolo, allora!
PRESIDENTE. Non puo` dirci tutto quello che sa, ma risponda a quello che ha chiesto l’onorevole Granata.
SUBRANNI. Allora, la domanda era …
GRANATA. Come mai questa perquisizione e la gestione del covo del piu` importante capomafia catturato era tenuta nascosta alla procura della Repubblica di Palermo?
SUBRANNI. Mi scusi ma certe volte mi inceppo. Mi fa piacere parlare di questa mancata perquisizione.
Il 15 gennaio e` stato arrestato Toto` Riina; il 7 o l’8 febbraio del 1993, quindi dopo 24-25 giorni l’arresto di Riina, il procuratore Caselli invio` a me personalmente un’informativa di 6-7 pagine, contenente una cronistoria di quanto era accaduto, momento per momento, dall’arresto fino alla mancata perquisizione, tanto che io ho appreso i vari passaggi della vicenda, minuto per minuto, proprio attraverso il rapporto che Ca- selli mi ha mandato, perche ́ fornissi gli elementi di risposta, perche ́ accertassi, perche ́ rispondessi.

MARITATI. Presidente, forse abbiamo capito male: Caselli mando` un rapporto al generale?

SUBRANNI. S`ı, Caselli mi mando` un’informativa, una richiesta di chiarimenti, di accertamenti. Caselli mando` a me come comandante del ROS una lettera dettagliata …
MARITATI. Adesso e` chiaro, prima aveva parlato di un rapporto.
PRESIDENTE. Era una circostanziata richiesta di chiarimenti.
SUBRANNI. Da quella informativa, come ho detto, ho appreso tutto cio` che e` avvenuto. A quella richiesta, Caselli aggiunse un foglietto di carta scritto a penna verde indirizzato a me, in cui era scritto: caro comandante, i suoi collaboratori sono di mia piena fiducia. Uno di essi era il colonnello Mori, che era stato su al Nord, quando anche lui era l`ı. Da quel rapporto che mi ha mandato Caselli ho capito veramente tutti i passaggi e allora ho risposto. Caselli mi ha fatto pervenire questo foglio il 7 o l’8 febbraio, 24-25 giorni dopo l’arresto di Riina. Dovevo rispondere, dare chiarimenti. C’era anche quel foglietto scritto con inchiostro verde e da l`ı ho capito come stavano le cose, che cosa era successo.
Il 15 gennaio del 1993, Caselli e` arrivato all’aeroporto. Riina stava da noi alla caserma del comando di legione. Abbiamo aspettato Caselli e c’e` stata la conferenza stampa. Io non ero alla conferenza stampa, stavo lavorando nell’ufficio del comandante della brigata. Quest’ultimo non aveva fatto niente: anche lui stava l`ı con un santino in mano riguardante Riina, con Caselli e gli altri. Antonio Subranni non c’era perche ́ doveva scrivere immediatamente a tutti i comandi, al Comando generale, al Ministero, a tutto il resto. Volevano sapere giustamente di Riina arrestato. Dopo di allora hanno fatto una riunione operativa, mi pare lo stesso giorno, alla quale erano presenti Mori, De Caprio e tutti gli altri. Siccome vi erano delle indagini sui Ganci in quella parte alta di Palermo e i risultati erano buoni, tant’e` vero che poi ne sono stati arrestati diversi, si discusse, si penso` e convennero tutti, da Caselli al sostituto Prestipino (molto bravo), di soprassedere alla perquisizione per fare apparire l’arresto di Riina come occasionale.
SERRA. Caselli disse di soprassedere?
SUBRANNI. Glielo do per certo e ne rispondo in prima persona.
Quindi, lo stesso giorno, mi sembra nel pomeriggio, Prestipino – che si serv`ı della collaborazione di un capitano dei Carabinieri che non era del ROS – voleva partire per la perquisizione, alla quale si opposero, se ricordo bene, De Caprio, Mori e Caselli. Caselli ha sospeso questa operazione, perche ́ veniva meno l’accordo, preso in precedenza, di soprassedere.

CARUSO. Chi fece poi questa perquisizione?

SUBRANNI. Come ho detto, ci siamo arrivati poi il 7 o l’8 febbraio 1993, piano piano. Ricordo benissimo che un pomeriggio di quattro o cinque giorni dopo l’arresto si svolse una riunione alla procura, che sembrava piuttosto un incontro per un cocktail. In quella sede il capitano Aliquo`, che non era del ROS, fece notare che non era stata fatta ancora la perqui- sizione. Insomma, onorevole Granata, siamo arrivati al 7-8 febbraio senza fare questa perquisizione. Infine, quando la perquisizione e` stata fatta, non c’era piu` nulla da fare. Ma si e` deciso di soprassedere d’accordo con la procura, con Caselli e con tutto il resto.
Questo mio rapporto e` stato poi discusso nell’aula del tribunale di Palermo alla presenza del pubblico ministero Ingroia, il quale mi mostro` la mia lettera di trasmissione del rapporto al procuratore Caselli che grosso modo diceva: le trasmetto il rapporto con la richiesta fatta per gli accertamenti e per la mancata perquisizione; mi hanno risposto in questo modo. Ho quindi allegato per Caselli la risposta a firma di Mario Mori e degli altri, dicendo che quegli accordi presi avevano determinato nei miei uo- mini, nei miei collaboratori, la convinzione di soprassedere.
GRANATA. Presidente, mi scusi ma questo e` un punto importante. Generale Subranni, lei dice che Caselli era a conoscenza dei fatti e che si decise di soprassedere alla perquisizione. Ma il covo, che era stato localizzato, era comunque sorvegliato o era stato lasciato incustodito?
SUBRANNI. No, erano andati tutti via per evitare che fossero appari-scenti, come ho dichiarato al procuratore Caselli. Caselli ha accettato, e` andata male. I risultati con i Ganci furono piu` modesti, furono arrestati. Comunque, esiste un rapporto di coloro i quali non hanno provveduto alla perquisizione; c’e` una mia lettera di trasmissione dove dico: avevate convenuto una cosa del genere, quindi avete dato l’impressione, avete in- fuso la certezza che quella era la cosa da scegliere. Onorevole Granata, la invito ad acquisire tali dati, anche per la correttezza storica.
PRESIDENTE. Quindi, la sospensione della perquisizione fu disposta da Caselli e, contemporaneamente, fu sospesa ogni forma di sorveglianza sul covo.
SUBRANNI. Non fu disposta da Caselli. Nel corso di una riunione presso l’ufficio di Caselli, tra i Carabinieri che avevano proceduto all’ar- resto e i magistrati, emerse l’accordo di soprassedere alla perquisizione per raggiungere i gangli vitali dell’organizzazione. La mancata perquisi- zione fu concordata con Caselli.
PRESIDENTE. Quindi fu concordata. SUBRANNI. Fu concordata con Caselli.

LUMIA. Questa e` la sua versione.

SUBRANNI. Come e` la mia versione? Acquisite agli atti la mia lettera di trasmissione del rapporto redatto da Mori, Obinu, De Caprio, mandata a Caselli in risposta alla sua richiesta per iscritto.