Il boss Belnome confessa: “Mi sono pentito per non rovinare altri giovani”

 

Inverigo, 11 novembre 2012 – Abitava e lavorava a Inverigo Antonino Belnome, “padrino” dell’organizzazione e principale pentito dell’operazione Infinito contro le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia. Quarantenne, famiglia originaria di Guardavalle in Calabria, ma nato a Giussano, aveva creato piccole imprese edili che lavoravano in proprio “su terreni miei”, ha precisato parlando sotto protezione, in collegamento da un luogo non identificato per motivi di sicurezza, durante il processo per i tre omicidi di ‘ndrangheta, in corso nell’aula bunker di San Vittore a Milano.

Arrestato il 13 luglio 2010, ha deciso di iniziare a collaborare con la Dda di Milano a ottobre successivo, aprendo una finestra dettagliata non solo sui tre delitti oggetto del processo, ma anche sulla strutturazione delle locali, e sulle dinamiche che reggevano gli equilibri delle struttura criminali calabresi nel Comasco. I delitti sono innanzi tutto quello di Antonio Tedesco, detto l’americano, ucciso il 27 aprile 2009, all’interno del maneggio La masseria di via Carcano, a Bregnano. Il suo corpo sarà ritrovato solo grazie alle rivelazioni di Belnome.

A questo si aggiunge Carmelo Novella, capo della Lombardia e della locale ‘ndranghetista di Guardavalle, ucciso il 14 luglio 2008 a San Vittore Olona, e il presunto omicidio di Rocco Stagno, che sarebbe avvenuto il 29 marzo 2012 a Bernate Ticino, ma il cui corpo non è mai stato trovato. Nella sua deposizione al processo, Belnome ha spiegato come nel Comasco fossero radicati alcuni tra i rappresentanti della criminalità calabrese, tenuti in maggiore considerazione: quelli con le “doti” più importanti.

Li indica, con nome e cognome: Rocco Cristello e Claudio Formica. Status che era stato riconosciuto anche a lui: “Dopo l’uccisione di Novella – spiega — fui federalizzato in Calabria, e successivamente ebbi anche la dote di vangelo. Quindi ho fatto una scalata vertiginosa, nel giro di pochi anni ho raggiunto la dote di padrino”. Non era solo: “Mi recai in Calabria, e con me c’erano anche Claudio Formica e Rocco Cristello… gli feci dare il tre quartino”.

Quest’ultimo, 50 anni di Cabiate, cugino e omonimo del Rocco Cristello ucciso a Verano Brianza nel marzo 2008, è a processo in concorso con Formica – 47 anni di Mariano Comense – con l’accusa di aver ucciso Rocco Stagno per vendicare il cugino. Belnome rivela riti e dinamiche delle affiliazioni, degli affari, e soprattutto spiega i motivi della sua decisione: “Non volevo essere la causa della rovina della mia famiglia, e di tutti quei ragazzi che pensano di aver un futuro e ricchezze con la ‘ndrangheta o le altre mafie”.

di Paola Pioppi. IL GIORNO 2012