Mafia: Procura chiede 20 anni per ex deputato Pd Ruggirello

 

Processo su scambio voto per regionali con clan di Trapani

(ANSA) – TRAPANI, 03 MAR – La Procura di Palermo ha chiesto al Tribunale di Trapani la condanna a 20 anni di reclusione dell’ex deputato regionale del Pd Paolo Ruggirello, imputato di associazione mafiosa.

L’accusa in aula era rappresentata dal pm Gianluca De Leo.

L’inchiesta che ha condotto al processo è stata coordinata dall’aggiunto Paolo Guido e portò in carcere 28 persone, fra luogotenenti e gregari del boss Matteo Messina Denaro.
Cresciuto all’ombra del padre che negli anni ’60 e ’70 fu protagonista di scalata imprenditoriale nel campo dell’edilizia diventando proprietario della Banca Industriale e patron del Trapani calcio, Paolo Ruggirello a metà degli anni Novanta scelse la politica. Passato dal movimento autonomista dell’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo al centrodestra, nel 2015 prese la tessera del Pd. Si candidò aL Senato, ma non fu eletto. Accusato di aver cercato il sostegno elettorale della “famiglia mafiosa” di Trapani, di essere stato punto di riferimento delle cosche nella politica regionale, di aver fatto vincere appalti ai clan e di avere incontrato il capomafia Virga in diverse occasioni, Ruggirello ha ammesso che il boss gli chiese, prima delle regionali del 2017, 50mila euro in cambio di 1.000 voti e di aver accettato soltanto per poter interrompere prima possibile la discussione e andarsene.
    Queste le altre condanne chieste per i coimputati: 21 anni per Antonino Buzzitta, 20 anni e sei mesi per Vito D’Angelo, due anni per Giuseppa Grignani, 17 anni per Vito Gucciardi, otto anni per Vito Mannina, otto per Alessandro Manuguerra e 20 per Marcello Pollara. (ANSA).   


Il sindaco del paese-covo di Messina Denaro fu appoggiato dal deputato poi arrestato per mafia. L’intercettazione: “La massoneria è con lui”

 

Abbasso la mafia, diciamolo tutti”. Alzava le mani Giuseppe Castiglione, il sindaco di Campobello di Mazara, mentre incitava i suoi concittadini a scandire con lui quella sorta di coro. Erano i giorni successivi all’arresto di Matteo Messina Denaro e il piccolo comune in provincia di Trapani era finito, suo malgrado, al centro dei riflettori. Dopo alcuni giorni di silenzio, i cittadini si erano dati appuntamento in una chiesa sconsacrata. C’erano le telecamere della Rai e quelle della tv francese, quando Castiglione aveva preso la parola: “La mafia fa schifo, Campobello libera”. Parole molto diverse da quelle utilizzate da alcuni suoi supporter alle elezioni del 2014. Personaggi poi finiti a processo per mafia che spiegavano come a sostenere il sindaco di Campobello fosse pure la massoneria. E in provincia di Trapani, dicevano, se la massoneria appoggia un candidato quello poi vince. D’altra parte sulla latitanza di Messina Denaro si sono spesso proiettate le ombre scure dei cappucci e dei grembiulini. Ma andiamo con ordine.

Il processo a Ruggirello e l’ombra della massoneria – Il nome di Castiglioneè citato più volte nella memoria conclusiva depositata dalla procura di Palermo agli atti di un processo in corso davanti al tribunale di Trapani. Tra gli imputati c’è Paolo Ruggirello, ex deputato regionale che aveva cominciato a fare politica nel centrodestra prima di aderire al Pd ai tempi della segreteria di Matteo Renzi. Candidato senza successo al Senato nel 2018, l’anno dopo è stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa insieme ad altre 27 persone, tutti luogotenenti e gregari di Messina Denaro. Alla fine di un processo lungo tre anni, i pm Gianluca De Leo e Luisa Bettiol, coordinati dall’aggiunto Paolo Guido, hanno chiesto vent’anni di carcere per il politico, che oggi è ai domiciliari. Secondo le accuse della procura Ruggirello ha cercato il sostegno elettorale della famiglia mafiosa di Trapani, di cui è stato punto di riferimento politico a livello regionale, lavorando anche per far vincere appalti ai clan. La sentenza è attesa per la fine dei marzo, mentre nei giorni scorsi i pm hanno finito d’illustrare la requisitoria. Un atto d’accusa riassunto in 570 pagine di memoria conclusiva, che ricostruiscono anche le dinamiche politiche di Campobello. In quel documento il nome di Castiglione compare più volte, come pure i riferimenti alla massoneria, spesso fatti da personaggi vicini a Cosa nostra: un’atmosfera inquietante quella tratteggiata dai pm.

“Se la massoneria vota uno, quello vince” – È l’autunno del 2014 quando Ruggirello decide di sostenere la candidatura di Castiglione, schierando al suo fianco la lista di Articolo 4, un movimento regionale che all’epoca era alleato del centrosinistra. “Ruggirello aveva deciso di appoggiare la candidatura di Castiglione grazie all’indispensabile sostegno di un altro ‘attore‘ della scena politica, la massoneria, che La Cascia indicava come la chiave di volta per poter guadagnare consensi ed avviare percorsi elettorali vincenti“, ricostruisce la procura di Palermo, citando i dialoghi Vincenzo La Cascia, anziano boss da sempre vicinissimo alla famiglia Messina Denaro. Agli atti dell’inchiesta anche i dialoghi di Vincenzo Giambalvo, ex consigliere comunale di Castelvetrano diventato famoso perché era stato intercettato mentre sosteneva di essere pronto a “rischiare trent’anni di galera” per nascondere il boss delle stragi. “La mafia con Felice fù! E dove si mettono loro, la massoneria, dove… se i voti della massoneria vanno ad un Sindaco candidato il Sindaco candidato viene eletto! Mettitelo nel cervello tu, te lo devi mettere nel cervello”, diceva Giambalvo, che in passato è stato processato e assolto per fatti di mafia. L’ex consigliere, spiegano i pm, “ribadiva che era di importanza fondamentale per l’esito delle elezioni, come era accaduto per l’elezione del Sindaco di Castelvetrano Errante, che vi fosse unitamente all’appoggio di Cosa Nostra, il sostegno della massoneria, ancora una volta indicata come forza trainante del consenso elettorale“.

“La massoneria sta con lui” – A Campobello è la vigilia delle elezioni comunali del novembre 2014 e secondo Giambalvo “ora la massoneria in questo minuto, la massoneria è con Peppe Castiglione, il popolino è con Gianvito Greco(altro candidato sindaco ndr), il popolino, ma la massoneria è con Peppe Castiglione perciò di norma come la penso io, di norma lui è Sindaco“. La previsione di Giambalvo si rivelerà esatta: Greco arriverà secondo, mentre Castiglione riuscirà a diventare sindaco con l’appoggio di una lista civica, della lista del Pd e di quella di Ruggirello. “l sindaco è salito il nostro“, si vanta l’ex deputato regionale la sera delle elezioni, “contattando telefonicamente l’amico mafioso Salerno Carmelo“, già condannato in via definitiva per mafia. “Per suggellare il patto illecito, Ruggirello, che in quel frangente si trovava insieme proprio a Sammartano Filippo (un altro condannato per associazione mafiosa ndr), consentiva a quest’ultimo di parlare telefonicamente con l’amico e sodale Salerno Carmelo”. Dopo la vittoria delle elezioni Ruggirello otterrà anche un suo uomo nella giunta di Castiglione. Che cinque anni dopo sarà rieletto, sempre con l’appoggio del Pd, battendo l’ex pm Antonio Ingroia.]≠

La deposizione in tribunale – Poi, dopo l’arresto di Messina Denaro, il sindaco di Campobello si farà segnalare per le dichiarazioni roboanti contro la mafia. Ma pure per alcune critiche ai magistrati. “Sorprende e ferisce leggere di assordante silenzio dell’intera comunità campobellese. Se la presenza del superlatitante a Campobello era così palese ed evidente a tutti, mi chiedo come mai non sia stato trovato prima?”, aveva detto il sindaco, riferendosi alle parole scritte dai pm nella richiesta di arresto di Alfonso Tumbarello, il medico-massone che ha curato Messina Denaro. “Sono profondamente amareggiato e, al contempo, incredulo nell’apprendere di questi nuovi arresti a Campobello di Mazara e della ricaduta che questi avvenimenti sta avendo sulla parte onesta della comunità campobellese, che sta subendo ingiustamente l’onta di comportamenti criminali di cui non è responsabile e che fortemente rinnega”, aveva assicurato il primo cittadino. Che pochi giorni dopo è comparso in tribunale, a Trapani, durante il processo a Ruggirello, citato come teste della difesa dell’ex deputato regionale. “All’epoca era davvero un insospettabile, mai avuto dubbi su di lui. Se avessi visto persone di dubbia moralità non avrei certo accettato il suo sostegno politico”, ha assicurato in aula. È il caso di sottolineare che Castiglione non è indagato ed è estraneo a ogni contestazione giudiziaria. Il contesto emerso dal processo in corso a Trapani, però, ha spinto il Pd alla riflessione: i dem ragionano sull’ipotesi di togliere il sostegno al primo cittadino del paese-covo di Messina Denaro. Un posto dove se la massoneria appoggia un candidato quello poi vince.


Mafia a Trapani, il gip: “Su Ruggirello confluivano i voti dei boss”

Paolo Ruggirello, ex deputato Pd all’Ars, arrestato oggi per mafia, secondo l’accusa, strumentalizzando il proprio ruolo istituzionale, avrebbe “contribuito al raggiungimento di uno degli scopi dell’associazione mafiosa: il controllo del voto democratico e l’influenza sulla gestione della cosa pubblica”.

Lo scrive il gip di Palermo nel provvedimento che dispone l’arresto di Ruggirello e altri 24 tra boss e gregari trapanesi. Per il giudice, l’ex deputato, “destinatario delle preferenze elettorali fatte confluire da esponenti di detta associazione nel corso di varie consultazioni elettorali, fornendo un concreto e specifico contributo per garantire gli interessi del sodalizio mafioso, a cui metteva a disposizione – per il tramite di singoli affiliati, con i quali intratteneva rapporti continuativi ed ai quali si rivolgeva anche per questioni personali – l’influenza e il potere derivanti anche dalla sua posizione di deputato regionale dell’Assemblea Regionale Siciliana”.

Per gli inquirenti Ruggirello, che avrebbe incontrato più volte mafiosi, avrebbe avuto il sostegno dei boss di Trapani, nelle più recenti competizioni elettorali, ossia quelle per il rinnovo della Assemblea regionale siciliana del 2017 e quella per la Camera e il Senato del 2018.

L’ex parlamentare avrebbe tutelato gli interessi della famiglia mafiosa di Mazara del Vallo, anche facendo avere finanziamenti pubblici, avrebbe fatto assumere all’ospedale di Trapani la figlia di un mafioso di Campobello di Mazara, promesso posti di lavoro, fatto avere appalti a imprese mafiose. Per gli inquirenti provate le sue richieste di aiuto elettorale a mafiosi del calibro di Salvatore Crimi e dei Virga di Trapani a cui avrebbe dato denaro per il sostegno elettorale.

“Mi sto giocando tutte le carte per questi politici, vedi che mi devi dare una mano ah! Una mano buona!…… Dobbiamo raccogliere voti… tu… lo sai che se le cose vanno bene a me… vanno bene a tutti, mi pare che è stato sempre così qua…” Così il boss trapanese Pietro Virga spiegava agli amici perché era fondamentale garantire l’appoggio elettorale ai suoi candidati.

“Deve salire a dritta il marito è uno che ha amicizie forti là a Roma. E se noi arriviamo a questa a portarla là, qualche cosa possiamo concludere è giusto?”, diceva Virga riferendosi a un’altra candidata, Ivana Inferrera, dell’Udc anche lei arrestata. “A tutti questi già quando gli da 50 euro, 20 euro per fare la spesa…”, spiegava.
Le elezioni finite sotto inchiesta sono le Comunali di Trapani ed Erice del 2016 dove la mafia avrebbe sostenuto Vito Mammina e la figlia Simona, e le regionali e politiche. Alle regionali Cosa nostra trapanese si sarebbe spesa, in cambio di soldi, per la Inferrera e per Ruggirello, candidato nella lista del PD per Micari, mentre per le politiche il solo candidato era Ruggirello.

“La particolarità che emerge, contrariamente a fatti simili già processualmente accertati, – scrive il gip – è data dal fatto che sono proprio i rappresentanti locali della politica che si offrono ai mafiosi, proponendosi come loro punti di riferimento, arrivando, in alcuni casi, addirittura ad affidare loro la gestione, seppur parziale, della propria campagna elettorale”.


Ruggirello, oltre 10 anni di rapporti con Cosa Nostra Favori, voti e appalti. «Lui è il santo della provincia»

«Il ponte per far entrare la criminalità mafiosa dentro le istituzioni». Non è cosa comune che una Procura contesti a un politico il reato di associazione mafiosa. Per Paolo Ruggirello pm e giudice hanno pochi dubbi: «Ci sono gravi indizi di colpevolezza per avere ricoperto per anni il ruolo di referente politico degli interessi di Cosa Nostra nei territori di Trapani, Mazara del Vallo, Paceco, Campobello di Mazara, mettendo stabilmente a disposizione degli affiliati l’influenza e il potere derivanti anche dalla sua posizione di deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana e ricevendone in cambio sostegno elettorale e favori personali». 

Ruggirello è figlio di una delle famiglie più facoltose di Trapani, suo padre Giuseppe fa incetta di appalti pubblici negli anni ’60 e poi compra la Banca industriale trapanese diventando pure presidente del Trapani calcio e, dopo qualche vicissitudine giudiziaria, decide di lanciarsi in politica. Ma prima di potersi spendere in prima persona, muore improvvisamente. È il 1995 e a portare avanti i suoi progetti sono i figli Bice, che cura l’aspetto imprenditoriale, e Paolo, che inizia una folgorante carriera politica. «È il Santo della provincia di Trapani, il più serio politico che abbiamo», lo benedice Filippo Sammartano, mafioso di Campobello di Mazara, in un incontro con Ruggirello datato 2014. 

Consigliere comunale e assessore in diversi paesi del Trapanese, nel 2006 Ruggirello fa il salto alla Regione con il Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo. Da lì in poi la sua carriera si sviluppa sempre tra i corridoi dell’Ars, ma con casacche diverse. Nel 2012 viene eletto con la lista di Nello Musumeci,ma nel corso di quella legislatura subisce l’attrazione fatale del presidente Rosario Crocetta e finisce per sostenere la sua maggioranza, dopo essere transitato prima nel movimento Articolo 4, poi nel Pd. Quello che invece, secondo gli inquirenti, rimane una costante è l’appoggio di Cosa Nostra trapanese nelle varie competizioni elettorali. Agli atti dell’ordinanza che motiva il suo arresto, i primi contatti e intercettazioni con soggetti affiliati o vicini alla mafia risalgono al 2001

«Ruggirello – scrivono i pm – ha cercato e ottenuto sistematicamente il consenso elettorale fornito da autorevoli esponenti dell’associazione mafiosa trapanese»: Michele Accomando (per le Regionali 2006, soggetto successivamente condannato per aver fatto parte della famiglia di Mazara del Vallo), Giovanni Buracci (per le Regionali 2008, accusato di essere affiliato alla famiglia di Campobello di Mazara, morì prima del processo. Secondo le indagini, Ruggirello avrebbe fatto assumere la figlia a tempo indeterminato all’ospedale di Trapani), Filippo Sammartano (altro affiliato di Campobello, ritenuto fedelissimo di Messina Denaro), i fratelli Pietro e Francesco Virga (per le Regionali del 2017 e le Politiche 2018, ritenuti gli attuali reggenti del mandamento di Trapani e figli dello storico boss ergastolano Vincenzo),Francesco Orlando (per le Regionali 2017 e le Politiche 2018, pure lui già condannato e ritenuto ai vertici della famiglia di Trapani). 

«Mi sto giocando tutte le carte per questi politici – diceva Pietro Virga a un suo sodale – vedi che mi devi dare una mano ah! Una mano buona! Dobbiamo raccogliere voti, tu lo sai che se le cose vanno bene a me vanno bene a tutti, mi pare che è stato sempre così qua». Siamo alla vigilia delle Regionali 2017 e i politici a cui fa riferimento Virga sarebbero due: oltre a Ruggirello, in lista col Pd, c’è pure l’archeologa Ivana Inferrera, ex assessora del Comune di Trapani e candidata nella lista dell’Udc. Alla fine nessuno dei due viene eletto. «I Virga scrive il pm – avevano stretto accordi con più candidati, ma solo uno di essi era stato sollecito rispetto a quanto concordato. I propositi di ripartizione dei voti non saranno di fatto del tutto attuati, poiché quasi tutti i voti raccolti saranno concentrati su un solo candidato (Ivana Inferrera), a discapito dell’altro (Paolo Ruggirello) al quale, comunque, verrà avanzata la richiesta di un’ulteriore somma di denaro anche in virtù del fatto che, stante a quanto riferito da Pietro Virga nel corso del dialogo, sino a quel momento aveva dato solo un terzo della somma concordata». «Così non va più bene – dice Virga intercettato – io quando poi, dopo una settimana, si è presentato con un terzo, ho preso e mi sono dato da fare». 

Ben altro entusiasmo si riscontra tra gli affiliati nell’appoggio a Inferrera. «Deve salire a dritta – dice sempre Virga – il marito è uno che ha amicizie forti là a Roma. E se noi arriviamo a questa a portarla là, qualche cosa possiamo concludere è giusto?». Il marito, anche lui arrestato con l’accusa di voto di scambio politico mafioso, è Antonino D’Aguanno, presidente delle piccole e medie imprese con diversi interessi nella provincia di Messina. Riferimento che torna nelle conversazioni dei fratelli Virga. «A quello lo buttiamo a mare e portiamo a questo. La mannara (ndr: ovile – lavoro) a Messina è». 

L’esito del voto delle Regionali, però, si rivela negativo. E Ruggirello lo stesso giorno dello scrutinio si lamenta con Carmelo Salerno (figura chiave, già condannato per mafia, fedelissimo del deputato e tramite con i Virga). «Poi ringraziali gli amici nostri – dice il politico rieferendosi, secondo la Procura ai Virga – Quindi poi mi dici tutti questi aiuti, da dove sono venuti e chi è che ci doveva aiutare». Gettando Salerno nello sconforto: «Io ho perso pure l’amico ci ho perso», dice a un sodale. E poco dopo: «Qua a lui noi avevamo, a chi ci aggrappiamo ora, alla minchia?». 

Ma il rapporto tra i due è solido. Tanto che spinge Ruggirello a indirizzare un appalto da 12mla per arredamenti da ufficio nei palazzi della Regione proprio a una ditta vicina a Salerno, la Gulotta Design, perché di fatto gestita dalla sua amante (il titolare non è indagato). Il deputato del Pd chiede a un funzionario dell’Ars (che non risulta indagato) di incontrare il titolare dell’impresa. «Mi raccomando», scrive Ruggirello in un sms al funzionario. «Tutto risolto», gli risponde lui dopo l’incontro. E in effetti l’appalto viene assegnato alla Gulotta Design. Salerno è in sostanza un factotum, non solo in ambito politico, ma anche per vicende personali, come quando, scontento della relazione della figlia 15enne con un panettiere molto più grande di lei,Ruggirello gli chiede di intervenire per fare desistere il giovane. 

Dopo la batosta delle Regionali, Ruggirello non deve attendere molto per riprovarci: alle Politiche del 2018 si ripresenta con il centrosinistra nel collegio uninominale di Marsala, ma con i 32.334 voti raccolti si piazza terzo e non viene eletto. In quei mesi però si registra di nuovo il dinamismo degli uomini di Cosa Nostra alla ricerca di voti. Anzi, stavolta c’è pure meno concorrenza, perché, annota il pm, «gli interessi di Cosa Nostra si concentreranno solo su di lui».