‘BONTADE FU ELIMINATO PERCHE’ SI DISSOCIO’ PER QUEL BIMBO UCCISO’

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07 dicembre 1989

PALERMO Quando Giovanni Bontade, detto l’ avvocato, si avvicina al microfono della sua gabbia, nell’ aula bunker scende il gelo. L’ otto ottobre di due anni fa, una giornata drammatica: con un colpo solo in mezzo agli occhi è stato appena ammazzato un bambino di 9 anni. Si chiamava Claudio Domino. Bontade ha chiesto alla Corte del maxi processo di parlare, legge poche righe: Noi con questo barbaro omicidio non c’ entriamo. Anche per quel comunicato di dissociazione dal delitto Domino, l’ avvocato sarà ucciso un anno dopo. Lo racconta il pentito Marino Mannoia, è una delle cento tragiche storie che ha tirato fuori dall’ antologia di sangue della mafia, e che probabilmente già da stamane ricostruirà in aula anche davanti ai giudici del processone. Il boss, al procuratore Falcone, ha detto di non saper nulla sui killer che massacrarono il piccolo Claudio ma ne ha svelato alcuni contraccolpi all’ interno di Cosa nostra, come quel giallo del comunicato letto dalle gabbie: L’ iniziativa di Bontade venne da noi aspramente criticata. Così facendo, infatti, ha ammesso l’ esistenza di Cosa nostra, contrariamente alle regole. E i codici non scritti della mafia sono inviolabili, chi sbaglia paga con la vita. Bontade viene messo sotto processo dall’ organizzazione, si difende dall’ accusa di non aver avuto alcuna autorizzazione a far da portavoce della mafia chiamando in causa Pippo Calò e Luciano Liggio: Sono stati loro a chiedermi il comunicato contro il delitto Domino. Ma la sentenza è stata ormai pronunciata, anche se precisa il pentito non è stata quella la causa principale della sua eliminazione. Giovanni Bontade aveva tradito il fratello Stefano ed era una mina vagante anche per i suoi nuovi alleati corleonesi. Nei dieci anni di piombo che Francesco Marino Mannoia ripercorre c’ è un filo unico: la spietata guerra fra le cosche per il controllo dei territori, e in particolare del feudo fra Santa Maria del Gesù, Ciaculli e Croceverde Giardini, che dopo l’ uscita di scena di Michele Greco passa da un capocosca all’ altro. Pino Greco Scarpuzzedda viene fatto fuori da Vincenzo Puccio, a sua volta assassinato in carcere, e lo scettro finisce nelle mani del nuovo superkiller Giuseppe Lucchese. Una catena di tradimenti e di delitti, con i cadaveri sepolti in quei cimiteri della mafia che gli investigatori cercano. Anche ieri mattina una battuta nella zona del fiume Oreto, finora senza esito, pare indicata dal pentito come fossa comune delle vittime; i magistrati, intanto, hanno iniziato gli interrogatori dei mafiosi arrestati nel blitz di lunedì scorso. L’ imprenditore Benedetto D’ Agostino, accusato dal pentito di aver ospitato alcuni latitanti fra i quali Michele Greco, ha nel frattempo replicato: Quella villa indicata è abbandonata da dieci anni. Inoltre, non possiedo alcuna baracca nella zona della Acquasanta, ma vi è un mio cantiere che peraltro si trova a due passi dalla stazione dei carabinieri. Non ho ricevuto alcuna comunicazione giudiziaria dagli inquirenti, sarò in ogni caso ben felice di fornire risposte. LA MAFIA DEGLI ANNI NOVANTA Nelle sue confessioni, ricostruendo la spaccatura all’ interno dei corleonesi e il tentato golpe contro il capo assoluto Totò Riina, il pentito ha offerto ai giudici una preziosa chiave di lettura per decifrare la nuova struttura di Cosa nostra. I colpi sferrati contro l’ organizzazione hanno lasciato il segno, ed ecco che la piovra si dà una struttura a compartimenti stagni. Dopo la repressione giudiziaria si sono serrate le file all’ interno di Cosa nostra, il numero degli uomini d’ onore si è molto ridotto e il personale adesso viene accuratamente selezionato. Faccio un esempio: eravamo in centoventi nella mia famiglia, adesso sicuramente sono meno di cinquanta. Agli ordini del superboss Riina c’ è sempre una precisa pattuglia di sicari, giovani, spietati e veloci con la pistola. Decine di delitti commessi dall’ identico gruppo di fuoco: con Lucchese e Agostino Marino Mannoia (il fratello del pentito, poi ucciso) personaggi finora semisconosciuti come Antonino Tinnirello, Pietro Aglieri, Giovanni Drago. Quando diventano troppo potenti e spavaldi, come Pino Greco, che prendeva a pesci in faccia Riina e non partecipava più alle riunioni della commissione, un colpo di lupara dagli stessi uomini della pattuglia della morte. IL DELITTO DI ANTONINO SAETTA Il pentito racconta: la giuria presieduta dal magistrato, che poi condannò i tre killer del capitano Basile, venne avvicinata da emissari di Cosa nostra. Il magistrato ha pagato con la vita il suo no alla mafia? Il movente del delitto è top secret, gli omissis nei verbali coprono indagini ancora in corso. Ma, parlando in un altro processo, Marino Mannoia racconta che Bonura, raggiante, mi disse che la sua salvezza era stata la giuria popolare perché quel presidente Maurici voleva condannarlo a tutti i costi. IL DELITTO DEL POLIZIOTTO ANTONINO AGOSTINO Cosa nostra, dice Marino Mannoia, può uccidere per mille diverse ragioni. E per l’ omicidio dell’ agente massacrato, nell’ agosto scorso insieme alla moglie, il pentito afferma: Si era innamorato di una ragazza, figlia di un cristiano buono, cioè di un uomo di rispetto, e pur di raggiungere il suo scopo era pronto a dimettersi dalla polizia. Non so se ciò fosse avvenuto prima o dopo il suo matrimonio. LE VENDETTE TRASVERSALI Una lunga strage quella contro i parenti di Contorno e Buscetta, punizioni terribili per gli infami. Pagine agghiaccianti raccontate nei minimi dettagli dal nuovo pentito, come nel caso del massacro dei cognati di Contorno. Prima viene giustiziato Giuseppe, poi cade il fratello Sebastiano: Un onesto lavoratore, ucciso da mio fratello Agostino e da Giuseppe Lucchese che gli disse: sono un cornuto se lascio vivi i parenti di Contorno. LA REPUBBLICA