Protagonisti dell’incontro saranno Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, magistrato che insieme a Falcone fu vittima dell’attentato mafioso che più ha segnato la memoria di tutti gli italiani, don Claudio Burgio, fondatore dell’associazione Kairos, e, solo per il momento della sera, il magistrato Roberto di Bella, ideatore del progetto “Liberi di scegliere” e presidente del Tribunale per i Minorenni.
Una giustizia che ricrea. Intervista a Fiammetta Borsellino
Fiammetta, i due incontri qui a Rimini, tra i tanti in cui sei protagonista in tutta Italia, cosa ti hanno lasciato?
Per prima cosa ho trovato una comunità che vive un percorso molto intenso di vita. Lo dico per come sono stati preparati gli incontri ma anche per le esperienze sul territorio che ho avuto modo di conoscere, esperienze virtuose. E questo sicuramente il segreto dell’altissima partecipazione ed anche del livello degli interventi e delle domande durante i due incontri. Poi va detto che l’incontro con gli adulti ha permesso una riflessione più tecnica, sul tema della pena e del carcere, mentre con i ragazzi mi ha colpito la vivezza e la profondità delle domande, che volgevano più sugli aspetti umani implicati dal sacrificio di uomini come mio padre.
Eri insieme a don Claudio Burgio e al magistrato Roberto Di Bella. Mi pare ci sia stata una bella sintonia con gli altri relatori.
Sì. La magia di questi incontri è che a volte, pur non conoscendosi di persona ma perseguendo obiettivi comuni, quando ci si incontra è come se ci si conoscesse da sempre. C’è quell’essere veramente coordinati nel discorso che può sembrare preparato, ma non lo è. Nasce spontaneo, quando si va nella stessa direzione.
Fiammetta, la tua vicenda è stata al centro della storia italiana e ancora presenta dal punto di vista giudiziario molte macchie, molti vuoti. La tua battaglia per una ricerca della verità, cosa ha da dire oggi, per le vicende odierne, per le problematiche del nostro paese?
Purtroppo ciò che ha caratterizzato la strage di via D’Amelio, dove mio padre ha perso la vita insieme alla scorta, è molto simile a tanti eventi che sono caratterizzati dalle stesse oscurità, ovvero dall’impossibilità di raggiungere la verità sui mandanti. È un po’ come una storia che si ripete e tanti mi dicono “è successo sempre”. Ebbene, io questa cosa non l’accetto. Proprio perché si ripete, dobbiamo riflettere sul perché questo paese ha la memoria corta e soffre di amnesie. Proprio per i tanti depistaggi accaduti, si dovrebbe essere più attenti, ricordare, insistere. Non possiamo rinunciare al diritto alla verità. Rassegnarsi, per me sarebbe una sconfitta, sarebbe far morire mio padre una seconda volta. Il tema della ricerca della verità è un diritto irrinunciabile, che ci appartiene e che non può essere sepolto né dalle difficoltà, né dal tempo che passa.
Molti tra i ragazzi, i quali peraltro hanno fatto tantissime domande (ben 94 prima dell’incontro ed altre 40 durante l’incontro, inviate agli organizzatori grazie ad un Qrcode), sentono una profonda sfiducia nei confronti della possibilità di “ripartire”, sia per quel che riguarda i carnefici, ma anche per se stessi. Si può cambiare?
Gli assassini di suo padre potranno pentirsi? Certi cambiamenti avvengono, e avvengono indipendente dalla propria omertà. Non si è pentiti solo se si collabora fattivamente. Io credo nel cambiamento anche senza collaborazione. Tante volte uno non ce la fa a collaborare perché ha paura, paura per i figli, per se stesso, oppure perché non si libera da certi schemi. Ma questo non vuol dire che non ci sia in atto un percorso interiore. Questo percorso l’ho percepito in uno sguardo, in una compostezza di atteggiamento, da piccoli dettagli che vanno colti. I ragazzi fanno fatica a crederci, perché certe situazioni vanno sperimentate. Per questo l’impegno nel volontariato, confrontandosi con situazioni difficili, di disagio, aiuta moltissimo. Si comprende che il proprio darsi agli altri, ai fragili ai deboli a chi ha sbagliato, incide, è importante, opera il cambiamento che tutti desideriamo. Ma bisogno capirlo sul campo, non a parole. Capisco la loro fatica, dunque, e li invito all’impegno lì dove sono, nelle città, nelle scuole.
Infine, con una battuta, cosa ti ha colpito di più durante i due incontri?
Conoscere Di Bella e don Claudio è stato importante. Ho intravisto in don Claudio un sacerdote e in Di Bella un giudice dotati di un valore umano che è la vera origine del successo delle loro opere. Ma è impagabile la sincerità dei ragazzi. Loro, in maniera semplice e diretta non chiedono altro se non conoscere, nel senso più vero del termine. Vogliono quella sincerità che poi ricevono e offrono in momenti come questi.
Una giustizia che ricrea. Vittima o colpevole, cosa permette all’uomo di ricominciare?
Non hanno avuto paura della fragilità, dell’umiltà di concedere la propria vita agli altri. Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato Paolo Borsellino ucciso dalla mafia, e don Claudio Burgio, fondatore della comunità di accoglienza per minori “Kairos”; si sono messi a nudo incontrando gli studenti delle scuole superiori di Rimini e raccontando la loro storia.
I due relatori sono stati affiancati al Palazzetto dello Sport “Flaminio” di Rimini dal presidente e vicepresidente della consulta studentesca di Rimini: Enrico Volpini e Carla Gonzalez, che hanno posto ai due ospiti tante domande emerse dagli studenti degli istituti scolastici di Rimini.
Presenti anche il vicesindaco Chiara Bellini, e Sabina Corsaro, referente e formatrice nei progetti sulla legalità della commissione didattica dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea della provincia di Rimini; collaborando al percorso “Educazione alla Memoria”, promosso dal comune.
Tramite le domande sono emerse le storie della famiglia Borsellino e le lotte che fino ad oggi si stanno portando avanti contro la mafia; Fiammetta afferma: “Per mio padre la morte è sempre stata una cosa ironica, questo pensiero è entrato in me”.
Don Claudio Burgio continua cosi: “Non è facile avere a che fare con questi ragazzi, hanno tutti dentro una rabbia fortissima. Il problema è avere uno sguardo che vada oltre a quello che commettono.”
Fiammetta Borsellino e don Claudio Burgio a fine conferenza hanno lanciato un invito agli studenti: creare delle comunità per fronteggiare queste battaglie.
Ulteriori approfondimenti sul prossimo numero in uscita de ilPonte. Martina Bacchetta 27 Aprile 2023 IL PONTE
27 aprile, dalle ore 10 alle ore 12:30, presso il Palasport Flaminio di Rimini, con
Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo Borsellino, magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992, la quale da tempo lotta per conoscere la verità sulle drammatiche vicende accadute al padre. Fiammetta ha incontrato in carcere i responsabili della strage, preoccupata che anche a loro potesse essere offerto un vero percorso di rieducazione e riabilitazione;
Dopo anni di silenzio, è impegnata in una lotta appassionata affinché la morte del padre, Paolo Borsellino, e dell’amico e collega Giovanni Falcone, non sia avvenuta invano. Reclama verità per se stessa, per la propria famiglia e per la collettività tutta e per questa ragione sta spendendo la vita nel tentativo di ottenere chiarezza sulle numerose e preoccupanti zone d’ombra che ancora circondano la strage di via D’Amelio. Allo stesso tempo, Fiammetta Borsellino ha anche deciso di incontrare due dei boss mafiosi responsabili della strage in cui ha perso la vita il padre, i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano, convinta della necessità di progettare e costruire percorsi di cambiamento che possano avvicinare i colpevoli di gravissimi delitti alle vittime o ai loro familiari: questo perché ha maturato la consapevolezza che vivere con pulsioni di vendetta è una cosa pesantissima che alimenta ulteriormente odio e violenza e che l’incontro tra vittima e colpevole possa essere scintilla di cambiamento per entrambi. Da questa sua esperienza personale è nato anche il giudizio sul valore della pena e del carcere e sulla necessità che questi strumenti abbiano come obiettivo un cambiamento positivo nella vita dei detenuti. Da qui nasce in particolar modo anche il desiderio di Fiammetta di incontrare i ragazzi delle scuole superiori, i primi a percepire il bisogno e l’esigenza di verità e giustizia e al contempo a capire con forza e drammaticità l’importanza di incontrare sul proprio cammino occasioni di rinascita e ripartenza.
● don Claudio Burgio, fondatore dell’associazione Kairos, che offre percorsi alternativi al carcere a numerosi giovani tra cui diversi trapper, ben noti agli studenti
L’incontro, dal titolo “Una giustizia che ricrea”, propone dunque una riflessione incentrata sulla possibilità di ripartire sempre, dopo ogni errore e in ogni condizione, attraverso un approccio all’altro che miri a valorizzarne l’umanità. Una umanità che permane, anche se talvolta oscurata da errori, sofferenze, condizionamenti, ma mai annichilita. Una riflessione sulla legalità e il senso dello Stato, che non si fermi agli elementi legalistici, ma giunga a mettere a tema il valore e il senso della giustizia, cioè di una vita giusta, libera, positiva.
Il dialogo con i due ospiti è un’occasione per i giovani, affinché si possano suscitare spunti e riflessioni utili a incoraggiarli, a mostrar loro una possibilità e una speranza per superare le numerose fragilità, oggi più che mai presenti nel contesto giovanile.
Ad aprire percorsi di speranza per i giovani è impegnato particolarmente don Claudio Burgio, cappellano presso il carcere giovanile Beccaria di Milano. Qui don Claudio si è immedesimato profondamente con la solitudine dei ragazzi chiusi nelle celle, scoprendo che la mancanza di libertà e di speranza caratterizza proprio le periferie da cui questi giovani provengono. Per questo ha fondato l’associazione Kairos, che ha offerto e continua ad offrire percorsi alternativi al carcere a circa una cinquantina di ragazzi tra cui noti e famosi Trapper.
25.4.2023 FIAMMETTA BORSELLINO: “Il carcere è speranza e può far cambiare chi ha commesso errori”
UNA GIUSTIZIA CHE RICREA
L’Associazione culturale Il Portico del Vasaio propone un duplice incontro dal titolo “Una giustizia che ricrea”: alla città il 26 aprile 2023 alle ore 21 presso il teatro Galli a Rimini e per le scuole superiori il 27 aprile 2023 al mattino, presso il Palasport Flaminio.
Protagonisti dell’incontro saranno Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, magistrato che insieme a Falcone fu vittima dell’attentato mafioso che più ha segnato la memoria di tutti gli italiani, don Claudio Burgio, fondatore dell’associazione Kairos, e, solo per il momento della sera, il magistrato Roberto di Bella, ideatore del progetto “Liberi di scegliere” e presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania.
L’incontro del 26, aperto a tutti fino esaurimento posti, intende mettere a fuoco, attraverso punti di vista differenti, il tema della giustizia. I relatori, in ambiti e con ruoli diversi, hanno saputo non cedere al cinismo ed allo sconforto di fronte a situazione di enorme gravità (subita o incontrata), ma hanno trovato la forza e l’intelligenza di aprire nuove strade.
Fiammetta Borsellino combatte da anni per scoprire la verità sulla morte di suo padre, individuando nei silenzi e nelle contraddizioni dello Stato, elementi di grande sconcerto e, tuttavia, nell’incontro con i carnefici ha manifestato la preoccupazione di immaginare e costruire percorsi di cambiamento che possano avvicinare i colpevoli alle vittime o ai loro familiari.
Don Claudio Burgio, cappellano nel carcere minorile Beccaria di Milano, di fronte a giovani disillusi e spesso protagonisti di violenta efferata, afferma che “non esistono giovani cattivi”, immedesimandosi profondamente nella loro solitudine e nel disagio che si vive nelle periferie delle nostre metropoli.
Il magistrato Roberto di Bella, mentre era magistrato di sorveglianza in un carcere minorile in Calabria, non si è rassegnato a vedere i giovani figli delle famiglie della Ndrangheta intraprendere necessariamente la strada dei loro padri, ed ha inventato nuovi protocolli affinché possano essere “liberi di scegliere” (questo il nome del suo progetto e il titolo del film a lui dedicato).
Come si desume, tre visuali sulla giustizia del tutto nuove ed originali, tali da completare il sempre più forte impegno nella lotta contro tutte le mafie, lotta sempre più necessaria anche nelle nostre terre, non esenti da fenomeni di deterioramento sociale, foriero di dinamiche malavitose che rischiano di divenire endemiche.
E tuttavia, si tratta di una battaglia che non sarà vinta, se non si vincerà il “mafioso che è in noi” (Fiammetta Borsellino).
L’invito dunque è ad una serata di riflessione e di dialogo, ma anche a porre l’inizio di un percorso che possa aprire nuove possibilità e nuovi scenari per tutti.
Non solo il reo necessita di trovare nuovi percorsi, ma ognuno – insegnano i tre protagonisti – ha bisogno di costruire strade che aprano una speranza, così da vincere la “palude sociale” in cui sorgono tutte le negatività che poi assumono forme così radicate e gravi al punto da divenire fenomeni difficilmente controllabili. L’incontro è stato proposto al mattino a tutte le scuole superiori del riminese grazie alla collaborazione operativa dell’ Ufficio Scolastico Provinciale e della Consulta Provinciale degli Studenti ed è stato reso possibile grazie alla sponsorizzazione della “Fondazione Gigi Tadei” e da “RomagnaBanca Credito cooperativo”. L’iniziativa è promossa dal Portico del Vasaio, in collaborazione con il Comune di Rimini e il patrocinio dell’“Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata” e dell’ “Istituto Storico per la Resistenza”.
“Una giustizia che ricrea”: il 26 e 27 aprile al Teatro Galli duplice incontro del Portico del Vasaio
L’Associazione culturale Il Portico del Vasaio propone un duplice incontro dal titolo “Una giustizia che ricrea”: alla città il 26 aprile 2023 alle ore 21 presso il teatro Galli a Rimini e per le scuole superiori il 27 aprile 2023 al mattino, presso il Palasport Flaminio. Protagonisti dell’incontro saranno Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, magistrato che insieme a Falcone fu vittima dell’attentato mafioso che più ha segnato la memoria di tutti gli italiani, don Claudio Burgio, fondatore dell’associazione Kairos, e, solo per il momento della sera, il magistrato Roberto di Bella, ideatore del progetto “Liberi di scegliere” e presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania. L’incontro del 26, aperto a tutti fino esaurimento posti, intende mettere a fuoco, attraverso punti di vista differenti, il tema della giustizia. I relatori, in ambiti e con ruoli diversi, di fronte a situazioni di enorme gravità (subita o incontrata), hanno saputo non cedere al cinismo ed allo sconforto, ma hanno trovato la forza e l’intelligenza di aprire nuove strade.
Fiammetta Borsellino combatte da anni per scoprire la verità sulla morte di suo padre, individuando nei silenzi e nelle contraddizioni dello Stato, elementi di grande sconcerto e, tuttavia, nel desiderato incontro con i carnefici in carcere ha manifestato la preoccupazione di immaginare e costruire percorsi di cambiamento che possano avvicinare i colpevoli alle vittime o ai loro familiari.
Don Claudio Burgio, cappellano nel carcere minorile Beccaria di Milano, di fronte a giovani disillusi e spesso protagonisti di violenza efferata, afferma che “non esistono giovani cattivi”, immedesimandosi profondamente nella loro solitudine e nel disagio che si vive nelle periferie delle nostre metropoli e dando vita all’associazione Kayros, che offre percorsi di rieducazione alternativi al carcere.
Roberto di Bella, mentre era giudice minorile in Calabria, non si è rassegnato a vedere i giovani figli delle famiglie della Ndrangheta intraprendere necessariamente la strada dei loro padri, ed ha inventato nuovi protocolli affinché possano essere “liberi di scegliere” (questo il nome del suo progetto e il titolo del film a lui dedicato). L’invito è ad una serata di riflessione e di dialogo, ma anche a porre l’inizio di un percorso che possa aprire nuove possibilità e nuovi scenari per tutti. L’incontro è stato proposto al mattino a tutte le scuole superiori del riminese grazie alla collaborazione operativa dell’ Ufficio Scolastico Provinciale e della Consulta Provinciale degli Studenti ed è stato reso possibile grazie alla sponsorizzazione della “Fondazione Gigi Tadei” e da “RomagnaBanca Credito cooperativo”. L’iniziativa è promossa dal Portico del Vasaio, in collaborazione con il Comune di Rimini e il patrocinio dell’“Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata” e dell’ “Istituto Storico per la Resistenza”. GERONIMO NEWS 22.4.2023
‘Una giustizia che ricrea’. A Rimini due incontri con Fiammetta Borsellino
L’Associazione culturale Il Portico del Vasaio propone un duplice incontro dal titolo “Una giustizia che ricrea”: alla città il 26 aprile alle ore 21 presso il teatro Galli a Rimini e per le scuole superiori il 27 aprile al mattino, presso il Palasport Flaminio.
Protagonisti dell’incontro saranno Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, magistrato che insieme a Falcone fu vittima dell’attentato mafioso che più ha segnato la memoria di tutti gli italiani, don Claudio Burgio, fondatore dell’associazione Kairos, e, solo per il momento della sera, il magistrato Roberto di Bella, ideatore del progetto “Liberi di scegliere” e presidente del Tribunale per i Minorenni di Catania.
L’incontro del 26, aperto a tutti fino esaurimento posti, intende mettere a fuoco, attraverso punti di vista differenti, il tema della giustizia. I relatori, in ambiti e con ruoli diversi, di fronte a situazioni di enorme gravità (subita o incontrata), hanno saputo non cedere al cinismo ed allo sconforto, ma hanno trovato la forza e l’intelligenza di aprire nuove strade.
Fiammetta Borsellino combatte da anni per scoprire la verità sulla morte di suo padre, individuando nei silenzi e nelle contraddizioni dello Stato, elementi di grande sconcerto e, tuttavia, nel desiderato incontro con i carnefici in carcere ha manifestato la preoccupazione di immaginare e costruire percorsi di cambiamento che possano avvicinare i colpevoli alle vittime o ai loro familiari.
Don Claudio Burgio, cappellano nel carcere minorile Beccaria di Milano, di fronte a giovani disillusi e spesso protagonisti di violenza efferata, afferma che “non esistono giovani cattivi”, immedesimandosi profondamente nella loro solitudine e nel disagio che si vive nelle periferie delle nostre metropoli e dando vita all’associazione Kayros, che offre percorsi di rieducazione alternativi al carcere.
Roberto di Bella, mentre era giudice minorile in Calabria, non si è rassegnato a vedere i giovani figli delle famiglie della Ndrangheta intraprendere necessariamente la strada dei loro padri, ed ha inventato nuovi protocolli affinché possano essere “liberi di scegliere” (questo il nome del suo progetto e il titolo del film a lui dedicato).
Tre visuali sulla giustizia del tutto nuove ed originali – spiegano i promotori – tali da completare il sempre più forte impegno nella lotta contro tutte le mafie, lotta sempre più necessaria anche nelle nostre terre, non esenti da fenomeni di deterioramento sociale foriero di dinamiche malavitose che rischiano di divenire endemiche. E tuttavia, si tratta di una battaglia che non sarà vinta, se non si vincerà il “mafioso che è in noi” (Fiammetta Borsellino).
L’invito dunque è ad una serata di riflessione e di dialogo, ma anche a porre l’inizio di un percorso che possa aprire nuove possibilità e nuovi scenari per tutti. Non solo il reo necessita di trovare nuovi percorsi, ma ognuno – insegnano i tre protagonisti – ha bisogno di costruire strade che aprano una speranza, così da vincere la “palude sociale” in cui sorgono tutte le negatività che poi assumono forme così radicate e gravi al punto da divenire fenomeni difficilmente controllabili.
L’incontro è stato proposto al mattino a tutte le scuole superiori del riminese grazie alla collaborazione operativa dell’ Ufficio Scolastico Provinciale e della Consulta Provinciale degli Studenti ed è stato reso possibile grazie alla sponsorizzazione della “Fondazione Gigi Tadei” e da “RomagnaBanca Credito cooperativo”.
L’iniziativa è promossa dal Portico del Vasaio, in collaborazione con il Comune di Rimini e il patrocinio dell’“Osservatorio provinciale sulla criminalità organizzata” e dell’ “Istituto Storico per la Resistenza”. RIMINI NEWS 23.4.2023
[Storie] Ricominciare si può. Intervista a don Burgio, cappellano nel carcere minorile di Milano
«Non esistono ragazzi cattivi». La scritta campeggia all’ingresso della Comunità Kayros, ed è ripresa dal titolo del libro del suo fondatore, don Claudio Burgio, da diciassette anni cappellano al carcere minorile Beccaria di Milano. «L’idea che esprime questo slogan – spiega a BuongiornoRimini – è che la cattiveria non è innata nelle persone, tantomeno nei ragazzi che incontriamo. La cattiveria è una maschera, con cui questi ragazzi cercano di nascondere le proprie fragilità, le proprie debolezze, le proprie storie difficili. Però quando ritrovano l’impronta originaria che c’è in loro, la vita cambia, diventa molto più attrattiva».
Don Claudio Burgio sarà mercoledì 26 aprile al Teatro Galli di Rimini, ospite dell’incontro organizzato dal centro culturale Il Portico del Vasaio. Insieme a Fiammetta Borsellino, figlia del magistrato ucciso dalla mafia, e a Roberto Di Bella, presidente del Tribunale dei Minori di Catania, dialogherà sul tema Una giustizia che ricrea. Vittima o colpevole, cosa permette all’uomo di ricominciare?
Senta Burgio, ma dire che i ragazzi non sono cattivi non è buonismo, il solito modo di negare le responsabilità personali e di attribuire ogni colpa all’ambiente, alla società?
È un’obiezione che spesso sento dire. In genere è sulla bocca di chi ha un senso di giustizialismo molto forte. Per me la giustizia non ha a che fare con la vendetta, con la retribuzione. Noi crediamo molto nella giustizia riparativa che vuol dire, contro a ogni buonismo, che i fatti vanno riconosciuti, che i reati vanno condannati. Però ciò non significa che la persona non possa cambiare, che non possa riconciliarsi, anche con le vittime, che non possa fare un cammino di cambiamento. Noi lavoriamo per questo, sosteniamo questo tipo di speranza. Il buonismo lo consideriamo una forma di violenza, non è certo un modo per educare i ragazzi. Non sarebbe serio omettere le loro responsabilità. Crediamo però che ogni ragazzo non coincide con il proprio male, con le proprie azioni malvage. C’è sempre la possibilità di una redenzione, di un cammino.
C’è sempre la possibilità di ricominciare, lei dice. Alcuni seguono un percorso di recupero ma poi ricascano nella violenza, nella delinquenza. E con questi cosa fa?
C’è chi cambia al primo colpo, ci sono molti ragazzi che attraverso vari itinerari di giustizia riparativa, di messa alla prova, cambiano subito, capiscono il disvalore di certe azioni. Ci sono altri che fanno fatica a cambiare subito, hanno bisogno di più momenti. Quindi una ricaduta non significa che un ragazzo non possa crescere, non possa riabilitarsi. Vuol dire he ha bisogno di qualche input in più.
Nella sua comunità i cancelli sono sempre aperti. L’ educazione è dunque un rischio che rispetta la libertà?
Sì, non abbiamo l’idea che la legge, le regole siano sufficienti a cambiare un ragazzo, a renderlo più consapevole. Servono le regole, ma ci vuole anche una presa in carico della libertà di questi ragazzi. Finché non arrivano a interiorizzare la regola, finché non arrivano a prendere coscienza della loro vita, non riusciranno a cambiare. La libertà è quello spazio, quel margine che permette a questi ragazzi di interiorizzare, di entrare dentro una scelta, una decisione. Tenere i cancelli aperti giorno e notte è una sfida, un modo per dire a questi ragazzi: questo non è un carcere, qui c’è di mezzo la tua coscienza, la tua libertà, scegli e decidi se rimanerci o no.
Il rapper Baby gang ha detto di lei: lui guarda la persona non le carte. Ha capito bene il suo metodo?
Certo, lui non sa cosa siano le carte perché non ha mai avuto un’educazione alla legalità. Per lui lo Stato con le sue leggi è qualcosa di sconosciuto. Per affrontare questi ragazzi bisogna saper anche interagire, guardare negli occhi, sospendere il giudizio, provare ad aiutarli nella fiducia. Molti nostri ragazzi non conoscono e non riconoscono l’autorità perché ritengono il mondo adulto, il mondo delle istituzioni, come irrilevante. Quindi bisogna aiutarli a comprendere che si parte da un rapporto umano, da una fiducia, da un ascolto, guardando la persona per quello che è, non solo per quello che fa.
Di cosa hanno bisogno questi ragazzi, al fondo?
Hanno bisogno di adulti credibili, hanno bisogno di avere un rapporto serio con persone che sappiano in qualche modo incuriosire la loro coscienza. Sappiano anche farla nascere, in alcuni casi. Hanno bisogno di adulti vicini credibili, che tendenzialmente siano coerenti, e non adulti che diventano come amici: questo è il vero dramma, una età adulta che si è liquefatta, non ha più autorevolezza, non sa più essere diversa dalla generazione dei figli.
Hanno bisogno di un padre?
Spesso sì, magari c’è il padre ma è assente, insignificante. I ragazzi cercano una paternità di altro tipo, che abbia a che fare con la testimonianza di una vita credibile. Qualche anno fa i ragazzi mi hanno regalato un quadretto per la festa del papà. Accanto alle foto hanno inserito questa frase: non ci hai mai detto come vivere, ti sei i lasciato guardare e noi abbiamo capito. Quindi non sono sufficienti le parole, tanti paternalismi. Tanto maternage non serve, hanno bisogno di vedere persone convinte dalla vita.
Come si fa a vedere una possibilità positiva in chi le ha combinate tutte?
Anche guardando alla storia propria, e a quella dell’umanità. Sono cristiano e scopro nel Vangelo che anche Gesù è stato messo in croce e quindi è stato vittima di un’ingiustizia clamorosa. E quindi da quella croce, da quell’ingiustizia è nato qualcosa di grande, è nata una resurrezione, è nata una possibilità nuova. Soprattutto guardando al Vangelo riesco a capire questo dinamismo. Però qualcuno anche laicamente può capire che non tutto finisce a quindici sedici anni. Quanti cammini di liberazione ho potuto vedere in carcere! Basterebbero questi per convincere che è possibile.
Come devono porsi gli adulti davanti ai ragazzi ‘cattivi’? Può essere un alunno a scuola, un vicino di casa, un amico del figlio o magari un figlio…
Bisogna incontrare questi ragazzi senza averne paura, senza avere pregiudizi. Bisogna sapere che arrivano da storie drammatiche, in cui il bullismo è la reazione a qualcosa che hanno subito in precedenza. Sono ragazzi molto fragili, bisogna saperli prendere. Loro tendono a nascondere la debolezza, ma sono ragazzi che spesso mi raccontano che hanno subito violenze; quindi, sono stati vittime di bullismo nell’infanzia. Occorre affiancare, accompagnare, camminare con questi ragazzi fino a quella confidenza, a quella fiducia che permette loro di verbalizzare le proprie emozioni , le proprie rabbie.
Cosa è cambiato nella sua vita dopo aver varcato i cancelli del Beccaria?
Un ministero più gioioso, meno convenzionale, meno abituato a certi riti scontati che si ripetono. Un ministero molto vivo perché ogni giorno sono chiamato a capire se questo Vangelo è reale o no, se regge l’urto anche del male. Questo apre molte domande, mi ha portato a vivere con più realismo la mia fede. Valeriok Lessi 24 Aprile 2023 BUONGIORNO RIMINI