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Quando anni fa, ancora in grado di porre domande impertinenti, chiesi ad un teologo agostiniano perché Dio, nel suo disegno salvifico, avesse dovuto sacrificare il proprio figlio sulla croce, mi sentii rispondere: “Cristo ha semplicemente amato fino in fondo, senza porsi alcun limite né calcolo. E quando si ama così, può accadere di andare anche incontro alle estreme conseguenze”.
Sono tornato a questo lontano ricordo, in questi giorni dedicati a Como a Paolo Borsellino e, più in generale, a tutte le vittime della mafia e ai testimoni di legalità. Non per paragoni fuori luogo e senza alcun senso, ovviamente.
Non starò qui neanche a raccontare gli eventi, né gli squarci di verità storica e personale che i vari protagonisti, a partire da Fiammetta Borsellino, hanno voluto condividere con i partecipanti durante la cerimonia di intitolazione della Biblioteca di Como al magistrato assassinato.
Non starò qui neanche a raccontare gli eventi, né gli squarci di verità storica e personale che i vari protagonisti, a partire da Fiammetta Borsellino, hanno voluto condividere con i partecipanti durante la cerimonia di intitolazione della Biblioteca di Como al magistrato assassinato.
Mi viene più caro, nelle immagini e nelle parole di questi giorni, tornare a quello che sarebbe stato l’ultimo discorso pubblico del magistrato palermitano, un mese prima del suo eccidio e di quello della scorta.
L’ultimo omaggio al suo grande amico di una vita, Giovanni Falcone. Non ci furono parole di rancore, di accuse sulle vicende che avevano accompagnato il sistematico indebolimento dell’attività investigativa e giudiziaria del pool antimafia e l’isolamento dei suoi protagonisti. Utilizzò invece parole che segnavano il confine tra un fraterno riconoscimento all’amico Giovanni e la volontà di tracciare la strada di un’eredità all’interno del loro viaggio professionale e umano.
Non poteva esserci altra motivazione per superare il rischio, la paura, la “perfetta coscienza” dell’incombente morte in agguato. Non trovava, Borsellino, altra risposta alla scelta delle loro esistenze se non “un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra”. Un gesto d’amore, purtroppo rivelatosi estremo nelle conseguenze, che potesse segnare “un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni”. Fino a “la bellezza del fresco profumo di libertà” che rappresenta la sana incoscienza dell’utopia, la riscoperta dell’invisibile essenziale, direbbe Saint-Exupery.
L’ultimo omaggio al suo grande amico di una vita, Giovanni Falcone. Non ci furono parole di rancore, di accuse sulle vicende che avevano accompagnato il sistematico indebolimento dell’attività investigativa e giudiziaria del pool antimafia e l’isolamento dei suoi protagonisti. Utilizzò invece parole che segnavano il confine tra un fraterno riconoscimento all’amico Giovanni e la volontà di tracciare la strada di un’eredità all’interno del loro viaggio professionale e umano.
Non poteva esserci altra motivazione per superare il rischio, la paura, la “perfetta coscienza” dell’incombente morte in agguato. Non trovava, Borsellino, altra risposta alla scelta delle loro esistenze se non “un atto d’amore verso questa sua città, verso questa terra”. Un gesto d’amore, purtroppo rivelatosi estremo nelle conseguenze, che potesse segnare “un movimento culturale e morale, che coinvolgesse tutti, specialmente le giovani generazioni”. Fino a “la bellezza del fresco profumo di libertà” che rappresenta la sana incoscienza dell’utopia, la riscoperta dell’invisibile essenziale, direbbe Saint-Exupery.
Non avevamo e non abbiamo bisogno di eroi, nessuno pensava di poterlo diventare neanche in quella tragica estate. È invece sempre stata viva l’esigenza di esempi e testimonianze, di scelte autentiche. Credo sia anche e soprattutto questo l’impegno costante di Fiammetta, dentro i tantissimi chilometri percorsi lungo la nostra penisola.
Un racconto di quell’amore per il proprio paese, il pacato ma fermo richiamo alla ricerca della verità dei fatti, sempre per lo stesso identico amore, certamente non per un risentimento verso uno stato che, spesso, ha ostacolato se non addirittura negato quella stessa verità. Quella di Falcone e Borsellino, come delle altre vittime, non è stata una storia sbagliata, è stata una scelta d’amore. Questo il messaggio della “civis” Fiammetta, ancor prima e oltre l’essere figlia di un magistrato assassinato. Molto del proprio tempo donato alle “giovani generazioni” indicate dentro quelle stesse parole di Borsellino, in cambio di un tempo del futuro da (ri)costruire. La memoria come attività del cuore.
Un racconto di quell’amore per il proprio paese, il pacato ma fermo richiamo alla ricerca della verità dei fatti, sempre per lo stesso identico amore, certamente non per un risentimento verso uno stato che, spesso, ha ostacolato se non addirittura negato quella stessa verità. Quella di Falcone e Borsellino, come delle altre vittime, non è stata una storia sbagliata, è stata una scelta d’amore. Questo il messaggio della “civis” Fiammetta, ancor prima e oltre l’essere figlia di un magistrato assassinato. Molto del proprio tempo donato alle “giovani generazioni” indicate dentro quelle stesse parole di Borsellino, in cambio di un tempo del futuro da (ri)costruire. La memoria come attività del cuore.
P.S. Le mie riflessioni, che ho cercato di sintetizzare in poche righe, non sarebbero state possibili senza che, qualcuno, dentro un’altra passione civica e morale non avesse costruito questa emozione, un evento così straordinario per intensità e partecipazione.
Quando, qualche mese prima, l’amico Claudio Ramaccini mi incontrò e, con il suo solito entusiasmo, mi chiese di “tenermi libero per l’8 aprile” non avevo colto immediatamente la diversità del messaggio.
Pensai a una delle tante volte che mi aveva chiesto di assisterlo per il mio “ruolo” fotografico.
Poi, man mano che si avvicinava l’evento e cresceva persino la tensione, ho colto come stavolta fosse la ricercata e talvolta commossa finalizzazione di un viaggio personale, di un impegno e un amore che andava oltre la professione.
Tutto dentro quell’“incontro bellissimo” che gli ha dedicato Fiammetta in questi mesi. Grazie di tutto.
Quando, qualche mese prima, l’amico Claudio Ramaccini mi incontrò e, con il suo solito entusiasmo, mi chiese di “tenermi libero per l’8 aprile” non avevo colto immediatamente la diversità del messaggio.
Pensai a una delle tante volte che mi aveva chiesto di assisterlo per il mio “ruolo” fotografico.
Poi, man mano che si avvicinava l’evento e cresceva persino la tensione, ho colto come stavolta fosse la ricercata e talvolta commossa finalizzazione di un viaggio personale, di un impegno e un amore che andava oltre la professione.
Tutto dentro quell’“incontro bellissimo” che gli ha dedicato Fiammetta in questi mesi. Grazie di tutto.
La biblioteca di Como dedicata al dottor Paolo Borsellino
8 aprile 2019 – 8 aprile 2023
8 aprile 2019 – 8 aprile 2023
Biblioteca comunale di Como. Da oggi intitolata al magistrato Paolo Borsellino, assassinato dalla mafia insieme alla sua scorta il 19 luglio 1992.
Il risultato di un lungo impegno di Claudio Ramaccini per il Progetto San Francesco, come ha tenuto a sottolineare Fiammetta Borsellino, presente alla cerimonia con la sua testimonianza civile da cittadina prima ancora che figlia del magistrato. ALESSANDRO ROMANO 8.4.2019