AGI – 18.7.2023 Salvatore Borsellino blinda via D’Amelio. Interviene dalla ‘Casa di Paolo’, l’antica farmacia Borsellino, nel cuore antico di Palermo, che nel 2015 il fratello del magistrato ha riacquistato e poi donato al quartiere. Da qui partono le iniziative per il 31esimo anniversario della strage del 19 luglio 1992. “Non vogliamo avvoltoi in via D’Amelio, ipocriti che portino corone e onori fasulli. Ho giurato che non avrei più permesso simboli di morte e parole vuote laddove c’è l’Albero della pace voluto da mia madre”.
Parla nel giorno in cui la premier Giorgia Meloni qualche ora prima aveva già chiarito le sue intenzioni: “Io non sono mai mancata e non mancherò nemmeno quest’anno” alla cerimonia per l’anniversario della strage di via D’Amelio, “molti sanno quando ho iniziato a fare politica, io lo ricordo molto bene…“. Cosi’ nel frattempo è importante neutralizzare questioni insidiose: “Sul tema del concorso esterno – afferma la presidente del Consiglio – io comprendo sia le valutazioni che fa il ministro Nordio, sempre molto preciso, sia le critiche che possono arrivare, mi concentrerei su altre priorità”. E a stretto giro il guardasigilli assicura: la revisione del concorso esterno “non fa parte del programma di governo”.
Da parte sua Salvatore Borsellino non arretra: “Le esternazioni del ministro Nordio al di là del loro esito, hanno mostrato la volontà di demolire la legislazione pensata da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino per dare alle forze dell’ordine, alla magistratura, alla parte sana della società, gli strumenti per combattere la criminalità organizzata”.
E incalza: “Dalle istituzioni vogliamo solo verità e giustizia e poi potranno onorare Paolo se lo desiderano, in ogni caso non troveranno posto simboli di morte, corone e cuscini di fiori”. Poi annuncia: “Impediremo ipocrite manifestazioni di cordoglio da chi poi fa tutt’altro. Noi non facciamo contestazioni violente: se dovessero presentarsi persone non gradite, diremo la nostra. In via D’Amelio può venire chiunque, l’importante è che si venga come semplici cittadini, non come rappresentanti delle istituzioni. Altrimenti manifesteremo il nostro dissenso, alzando le nostre agende rosse e girandoci di spalle”.
Posizioni, quelle del fondatore delle Agende rosse, che sono espressione anche di grandi amarezza e sfiducia: “Combattiamo una lotta che negli ultimi anni è diventata sempre più difficile. Ci sono stati gli anni della speranza, nei quali – confida Salvatore Borsellino – credevo che la morte di mio fratello avrebbe cambiato le cose. Vedevo una grande reazione e sembrava che ci potesse essere la reazione dello Stato. Sembrava… Sono durati poco gli anni della speranza”.
E ancor: “Ho visto il puzzo del compromesso morale, della complicità, dei governi dell’uno e dell’altro colore che hanno iniziato a pagare le cambiali di questa scellerata trattativa costata la vita a mio fratello”. Quella trattativa “che abbiano appreso non essere reato – prosegue – da una magistratura giudicante in stato confusionale“.
Una sentenza che per Salvatore Borsellino “ha assestato un grave colpo al senso di giustizia”. Abbassa di colpo il tono della voce e ammette: “Sto perdendo la speranza di vedere giustizia, ma ci sono tante persone che continueranno a combattere per la verità”.