Gli affari d’oro della ‘ndrangheta in Lombardia, sequestro da 6 milioni

 

Gli affari d’oro della ‘ndrangheta in Lombardia, sequestro da 6 milioni

 

 

La Direzione Investigativa Antimafia di Milano ha sequestrato beni per un valore di 6 milioni di euro a un calabrese condannato per mafia e traffico di stupefacenti. L’operazione contro gli interessi in Lombardia della ‘ndrangheta è stata disposta dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, ai sensi del codice antimafia.

L’inchiesta

L’inchiesta è coordinata dalla Dda milanese, a seguito di un’attività svolta dalla Dia a carico di un soggetto indagato per trasferimento fraudolento di beni e valori.
Nel dettaglio, era emerso che l’indagato avrebbe intestato fittiziamente a prestanome la titolarità delle sue aziende.

L’indagine

Lo avrebbe fatto per eludere l’avvio di un eventuale procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale e per aggirare, in qualità di subappaltatore e subfornitore in appalti pubblici, le disposizioni in materia di certificazioni antimafia. Gli sviluppi delle investigazioni economico-finanziarie hanno consentito di pervenire alla puntuale individuazione di quattro complessi aziendali.

Il sequestro

Il sequestro riguarda un fabbricato industriale, terreni, conti correnti oltre a trenta automezzi tra autovetture, trattori stradali e rimorchi, nonché altri tre immobili.
Sarebbero intestati a terze persone ma nella piena disponibilità dell’indagato. E avrebbero valore complessivo di circa 6 milioni di euro.

L’operazione

Sono ritenuti il frutto di attività illecite. L’operazione, sottolineano dalla Dia, si inserisce nell’ambito delle attività istituzionali finalizzate all’aggressione delle illecite ricchezze acquisite.
Riconducibili, direttamente e indirettamente, a contesti delinquenziali.

02 Ottobre 2023 LIVE SICILIA 2.10.2023


LOTTA ALLA ‘NDRANGHETA: OPERAZIONE DELLA D.I.A IN LOMBARDIA SEQUESTRATI BENI PER 6 MILIONI DI EURO

La Direzione Investigativa Antimafia ha eseguito un provvedimento di sequestro di beni emesso dal Tribunale di Milano – Sezione Misure di Prevenzione ai sensi del codice antimafia su proposta congiunta della Direzione Distrettuale Antimafia milanese e del Direttore della D.I.A nei confronti di un soggetto di origini calabresi residente in provincia di Milano.

L’istruttoria è stata originata dall’attività di polizia giudiziaria svolta dalla DIA sotto l’egida dell’Autorità Giudiziaria milanese che aveva portato all’arresto del prevenuto in quanto gravemente indiziato del reato di trasferimento fraudolento di beni e valori.

In dettaglio, le attività investigative avevano messo in luce come grazie alla “copertura” fornitagli da alcuni prestanome, l’indagato, già in passato condannato per reati di traffico di stupefacenti e associazione mafiosa, avesse fittiziamente attribuito a terzi la titolarità delle sue aziende. Tutto ciò al fine di eludere l’avvio di un eventuale procedimento per l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniale e per aggirare, in qualità di subappaltatore e subfornitore in appalti pubblici, le disposizioni in materia di certificazioni antimafia.

Gli sviluppi delle successive investigazioni economico-finanziarie hanno consentito di pervenire alla puntuale individuazione di quattro complessi aziendali (comprensivi di un fabbricato ad uso industriale, terreni, conti correnti oltre a trenta automezzi tra autovetture, trattori stradali e rimorchi) nonché di altri tre immobili intestati a terze persone ma nella piena disponibilità del prevenuto, il tutto per un valore complessivo di circa 6 milioni di euro, sottoposti a sequestro in quanto ritenuti il frutto delle attività illecite commesse da quest’ultimo.

L’odierna operazione si inserisce nell’ambito delle attività istituzionali finalizzate all’aggressione delle illecite ricchezze acquisite e riconducibili, direttamente e indirettamente, a contesti delinquenziali, agendo così a tutela e salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale. DIA

 


Mafia, Dia: “Manca una leadership solida, si affermano nuovi capi”

Per i clan di cosa nostra palermitana e per quelli delle province occidentali della Sicilia “la prolungata assenza al vertice di una leadership solida e riconosciuta, nel rendere meno stringenti regole e vincoli gerarchici, starebbe favorendo l’affermazione a capo di mandamenti e famiglie di nuovi esponenti che vantano un’origine familiare mafiosa”.

Lo rileva la Direzione investigativa antimafia nella sua ultima relazione al Parlamento, che segnala anche nel contempo, il “ritorno in libertà di anziani uomini d’onore che cercherebbero di riaccreditarsi all’interno dei sodalizi di riferimento”.

“L’oramai minimale ricorso alla violenza da parte della criminalità organizzata siciliana – evidenziano gli investigatori – rafforza la tesi che questa, e in particolare cosa nostra, intende evitare di generare allarme nella pubblica opinione per meglio perseguire i propri, irrinunciabili obiettivi di arricchimento e di acquisizione di nuove posizioni di potere”.

I principali interessi criminali delle mafie siciliane si confermano il traffico di stupefacenti, le estorsioni e l’usura, il gioco e le scommesse online, attività tuttora molto remunerative. Quest’ultimo, in particolare, è un settore “particolarmente appetibile a cosa nostra, che garantisce elevatissimi profitti a fronte di rischi molto modesti”.

Le attività di contrasto hanno evidenziato una tendenza dei principali gruppi mafiosi ad acquisire la gestione, diretta o indiretta, di concessionarie di giochi e di sale scommesse, anche imponendo in maniera più rudimentale la sola installazione di slot machine in bar o tabaccherie, garantendosi una particolare forma di controllo del territorio funzionale anche al riciclaggio dei capitali illecitamente accumulati.

‘Ndrangheta, Dia: “Assoluta dominatrice della scena criminale”

 Per la sua coesa struttura, le sue capacità militari ed il forte radicamento nel territorio, la ‘ndrangheta “si conferma oggi l’assoluta dominatrice della scena criminale anche al di fuori dei tradizionali territori d’influenza con mire che interessano quasi tutte le regioni (Lazio, Piemonte e Valle D’Aosta, Liguria, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo e Sardegna).

Lo rileva la Direzione investigativa antimafia nella sua ultima relazione al Parlamento, che parla di 46 ‘locali’ (gruppi criminali) censiti al Nord.

Le proiezioni della ‘ndrangheta si spingono anche oltre confine e che coinvolgono molti Paesi europei (Spagna, Francia, Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Repubblica Slovacca, Romania, Bulgaria e Malta), il continente australiano e quello americano (Canada, Usa, Colombia, Perù e Argentina).

“L’attività di prevenzione antimafia condotta dai prefetti, nella regione di origine e in quelle di proiezione – segnala la relazione – ha disvelato l’abilità delle ‘ndrine d’infiltrare le compagini amministrative ed elettorali degli enti locali al fine di acquisire il controllo delle risorse pubbliche e dei flussi finanziari, statali e comunitari, prodromici anche ad accrescere il proprio consenso sociale”.

I clan calabresi continuano a rappresentare gli interlocutori privilegiati per i cartelli sudamericani. Negli ultimi anni, anche l’Africa occidentale, in particolare la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana, è diventata per le cosche di ‘ndrangheta uno snodo logistico sempre più importante per i traffici internazionali di droga. Centrali, in questa attività, i porti di Gioia Tauro (per la Calabria) e quelli di Genova, La Spezia, Vado Ligure e Livorno per l’alto Tirreno.


MAFIA E ANTIMAFIA NEL COMASCO

 

CRIMINALITÀ ORGANIZZATA IN LOMBARDIA E NEL COMASCO