Le chat tra Giletti e il giornalista calabrese Orofino al centro dell’inchiesta Baiardo di Firenze

 

Acquisiti i whatsapp scambiati alla vigilia della chiusura del programma. Gli incroci con ‘Ndrangheta stragista e i presunti legami tra Graviano e Berlusconi in una puntata mai andata in onda

 

Salvatore Baiardo, l’ex gelataio di Omegna, ma soprattutto uomo della profezia, alla trasmissione “Non è l’Arena”, dell’arresto di Matteo Messina Denaro lega i suoi futuri destini a vicende che riguardano la Calabria. Il noto e inquietante spicciafaccende dei fratelli Graviano attende di sapere se dovrà andare agli arresti domiciliari come ha chiesto la Procura di Firenze per il reato di calunnia nei confronti di Massimo Giletti e del sindaco di Cerasa in merito alla foto che avrebbe ritratto Giuseppe Graviano, il generale dei carabinieri Delfino e Silvio Berlusconi, e che nei fatti avrebbe determinato il licenziamento del celebre anchorman. Tecnicamente la richiesta di arresto non è ancora esecutiva, bisogna attendete la scadenza dei termini per un eventuale ricorso in Cassazione degli avvocati di Baiardo e l’eventuale parere della Suprema Corte.
Per stabilire circostanze ed elementi delle decisioni dell’editore Cairo e il ruolo di Baiardo, figura chiave nel programma di Giletti, il magistrato Tescaroli ha individuato il giornalista calabrese Paolo Orofino, storico collaboratore del celebre anchorman oggi ritornato in Rai.
Grazie alle carte depositate nel faldone dalla Procura di Firenze, che il Corriere della Calabria ha avuto modo di consultare, l’ultimo affaire oscuro della Repubblica ha trovato riscontri decisivi nei rapporti professionali tra Giletti e Orofino. Infatti sono stati acquisiti i messaggi whatsapp intercorsi tra i due giornalisti alla vigilia della soppressione del programma su La7 da parte dell’editore Urbano Cairo la scorsa primavera su cui i magistrati hanno deciso di conoscere ogni dettaglio.

Paolo Orofino è un cronista vecchia maniera, epigono degli scomparsi “pistaroli” che non si accontentavano di veline e notizie di giro. Con intuito il cronista originario di Cleto è in grado di lavorare su notizie esclusive, ha buone fonti, soprattutto è capace di accreditarsi, ed è ritenuto affidabile e professionale da molti investigatori, inoltre non difetta di metodo deduttivo riuscendo a ricomporre nel quadro generale dettagli e cornici generali. Da quando Giletti l’ha incontrato nella sua carriera ne ha fatto una sorta di antenna privilegiata in Calabria.
Era già emerso che Orofino, lo scorso 24 giugno, era stato sentito dal procuratore Luca Tescaroli come “persona informata dei fatti”. L’autorevole magistrato aveva approfittato della sua venuta a Lamezia al festival “Trame” per far convocare Orofino al Comando dei Carabinieri dell’aeroporto di Lamezia. In base a quel colloquio, il magistrato che in passato ha contribuito ad accertare le verità nascoste della strage di Capaci e del fallito attentato a Falcone all’Addaura, ha chiesto maggiori dettagli a Giletti nel corso di un interrogatorio avvenuto il 18 luglio 2023 a Firenze. Ad ascoltare Giletti, non solo Tescaroli ma anche Luca Turco e Lorenzo Gestri.
I magistrati chiedono al giornalista informazioni sulla conoscenza e la preparazione delle trasmissioni a contenuto monotematico dopo i clamorosi sviluppi del caso Baiardo, in particolare chi fosse in grado di conoscere contenuti e scalette della ormai celebre trasmissione del 13 aprile, soppressa dall’editore e le successive in preparazione. E in quel frangente che salta di nuovo il ruolo di Paolo Orofino. È quel giorno, infatti, che al mattino avviene una telefonata tra i due giornalisti, a poche ore della soppressione di “Non è l’Arena”.

Giletti consultando la chat del telefono davanti ai magistrati ricostruisce meglio quello che già ricordava bene. Dal primo aprile il conduttore di “Non è l’Arena” voleva affrontare le indagini sui fratelli Graviano nell’ambito del processo “’Ndrangheta stragista” a Reggio Calabria del procuratore Lombardo. Risponde nel verbale Giletti: «Ero interessato al fiume di denaro. Orofino condivise con me il fatto che aveva materiale che legava Graviano e Berlusconi». Ma c’era altro. Le dichiarazioni del collaboratore Nino Fiume su un eventuale rapimento del figlio di Silvio Berlusconi. Era stata recente quella cantata in aula, nel marzo del 2023, quando il pentito aveva raccontato del ruolo ad Africo di Peppe “Tiradritto” e Mico Papalia che avrebbero ricevuto da Cosa Nostra richieste di immunità di un sequestro di persona per Berlusconi junior. Fatti e vicende che sarebbero dovuti finire nella trasmissione del 23 aprile.
Lo stesso 18 luglio, Tescaroli trasferisce i whatsapp tra Orofino e Giletti al maresciallo maggiore Enzo Catena della polizia giudiziaria per essere acquisiti ufficialmente agli atti. Un dialogo tra giornalisti che collaborano è la prova che c’era una buona pista da seguire. Nel processo “’Ndrangheta stragista” le dichiarazioni di Graviano sui soldi di Cosa nostra nelle imprese del Cavaliere e le dichiarazioni di Nino Fiume avrebbero potuto, ulteriormente, indurre a mollare Giletti. Un particolare che Tescaroli non intende trascurare. E su cui Baiardo, e forse altri, hanno da temere. (redazione@corrierecal.it)