BONGIOVANNI: Paolo Borsellino aveva scoperto che comandante Ros e il suo subalterno MORI erano esponenti correlati a Cosa Nostra

Bongiovanni: oggi la trattativa Stato-mafia si fa in televisione

Karim El Sadi 20

 

 

 

Il direttore di ANTIMAFIADuemila intervistato su Telecittà parla di Cosa nostra e stragi

Abbiamo segnali che questo governo, come quelli vecchi, sta cercando di far passare leggi che obiettivamente favoriscono la mafia e i mafiosi mandano i loro emissari in tv per mandare messaggi”.
A dirlo è Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila, intervistato ieri sul programma “Pulsar” della trasmissione “Telecittà” condotta da Daniela Gregnanin. Bongiovanni ha fatto riferimento alla nota figura di Salvatore Baiardo, che ha recentemente intervistato per il giornale, e che in studio a La 7 aveva più volte fatto richieste criptiche e lanciato messaggi in codice per conto, come ritengono ex magistrati come Roberto Scarpinato e Antonio Ingroia, dei boss Giuseppe e Filippo Graviano per i quali curò la latitanza in passato.

“Pensiamo che Baiardo sia a conoscenza di diversi fatti”, ha detto Bongiovanni specificando, però, che l’ex gelataio di Omegna dice solo quello che è autorizzato a dire affinché venga recepito da chi di dovere.

Oltre all’aspetto riguardante la figura camaleontica di Baiardo, su cui sta indagando la Dda di Firenze, Bongiovanni ha rilasciato un’intervista a tutto tondo sull’organizzazione criminale Cosa Nostra, i suoi legami con il potere in Italia e nel mondo, la leadership dei suoi capi e le pagine più scabrose della storia di cui è stata protagonista insieme ad altre entità esterne ad essa. “Le nostre mafie sono un problema mondiale”, ha esordito Bongiovanni. “Perché purtroppo sono le più potenti e le più ricche del mondo anche se alcune di loro, come Cosa nostra, hanno perso la loro forza militare. Il fatturato delle mafie si aggira intorno ai 150 miliardi di euro, è la prima azienda italiana”, ha ricordato.
Ma oltre alla sua pericolosità, dovuta alla sua capacità di avvelenare la democrazia e l’economia di regioni e interi Stati, Bongiovanni ha sottolineato la ben nota pericolosità di carattere terroristico che queste mafie, Cosa Nostra e ‘Ndrangheta su tutte, sono capaci di rappresentare.

Purtroppo la mafia non è una organizzazione illecita che discute. Il modo che usa per ottenere quello che vuole è tramite la violenza. E se non lo ottiene scatena guerre”. “Noi abbiamo dei terroristi dentro casa – ha ricordato Bongiovanni parlando della strategia stragista di Cosa nostra – gli attentati di Cosa Nostra del 1992 e 1993 sono di stampo terroristico, la mafia nel 1993 ha ucciso gente innocente, bambini, donne incinte. Ha ammazzato 27 persone nei tre attentati”.

Quindi il direttore di ANTIMAFIADuemila si è spostato sull’aspetto delle alleanze di cui Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta godono dalla loro nascita e senza le quali, probabilmente, sarebbero state debellate anni or sono.

La mafia non sarebbe tale se il potere non la cercasse”, ha affermato Bongiovanni. “I mafiosi si sono sempre presi ciò che volevano perché non sono soli.
Sono sostenuti da un ammasso di denaro impressionante e da collegamenti esterni che li fortificano: massonerie deviate, personaggi dei servizi, politici di alto livello e qualche frate della Chiesa cattolica
”, ha spiegato.

Se lo Stato, non tutto ovviamente, non avesse cercato la mafia per compiere affari, la mafia sarebbe già stata sconfitta.
Noi non abbiamo a che fare
– e lo dico con grande sgomento – con una situazione in cui un’organizzazione criminale fa lotta allo Stato ma con una situazione in cui lo Stato è pervaso da questa organizzazione criminale.
Ecco perché per avere una vera democrazia dobbiamo sconfiggerle
”.

Hanno detto che la mafia è finita dopo la morte di Matteo Messina Denaro”, ha aggiunto Bongiovanni. “Ma non è così perché la ‘Ndrangheta è la numero uno nel narcotraffico globale e Cosa Nostra continua a minacciare, l’ultimo attentato – per fortuna fallito – risale a 7-8 anni fa quando i boss volevano far saltare in aria a Palermo l’allora sostituto procuratore Nino Di Matteo”.

E a proposito di Matteo Messina Denaro, boss stragista di Castelvetrano depositario dei segreti sulle stragi e la trattativa Stato-mafia morto settimane fa, il direttore ha spiegato che la sua latitanza è stata garantita anche e soprattutto da entità esterne a Cosa nostra.

La latitanza di Matteo Messina Denaro è stata protetta per 30 anni da personaggi potenti appartenenti alle istituzioni che hanno ostacolato magistrati, polizia e carabinieri che lo cercavano”.
Questo finché un giorno “Salvatore Baiardo, condannato per aver favorito la latitanza di Giuseppe Graviano (pena scontata, ndr), va in tv da Massimo Giletti e dichiara che Messina Denaro era gravemente ammalato e che presto sarebbe stato catturato”. Previsione azzeccata con l’arresto del super latitante dopo un paio di mesi alla clinica La Maddalena dove era in cura.
Secondo Bongiovanni, la verità è che Messina Denaro “si è fatto arrestare – ovviamente non sottovalutiamo la bravura degli investigatori – perché la cupola di Cosa Nostra che si trova in carcere probabilmente ha detto a Messina Denaro di rallentare la sua fuga, di farsi prendere ‘perché lo Stato a noi ci deve tantissimo’. E infatti Giuseppe Gravianoscalpita in carcere e aspetta risposte. Quello che temo è che se queste non dovessero arrivare, la mafia potrebbe alzare il livello dello scontro”.

L’agenda di Borsellino e l’archivio di Riina
Tra le varie domande che la conduttrice Daniela Gregnanin ha rivolto a Giorgio Bongiovanni ce ne sono state anche alcune sui misteri della scomparsa dell’agenda rossa di Paolo Borsellino (sottratta da uomini di Stato dopo la strage di via d’Amelio) e dell’archivio di Totò Riina, custodito nel covo (lasciato incustodito e mai perquisito dal Ros dopo l’arresto). Si tratta di due vicende ancora coperte da un velo di mistero e su cui il giornale ANTIMAFIADuemila ha dedicato molto spazio, talvolta rivelando qualche scoop. Alla domanda su che fine abbia fatto l’agenda del magistrato Bongiovanni ha risposto dicendo “che probabilmente è in mano a persone non di Cosa Nostra”, anche se sostiene di non poter escludere “che Matteo Messina Denaro (quando era in vita, ndr) e Giuseppe Graviano potrebbero averne conosciuto i contenuti o addirittura essere venuti in possesso di fotocopie della stessa”. “Ciò di cui sono certo però,– ha affermato il direttore della testata – è che nell’agenda Paolo Borsellinoannotava tutto quello che stava vivendo in diretta negli ultimi 57 giorni della sua vita (cioè dalla strage di Capaci in cui morì l’amico e collega Giovanni Falconecon la moglie e la scorta, ndr).
Borsellino era venuto a conoscenza della trattativa del Ros Mario Mori e del capitano Giuseppe De Donno con uno degli esponenti principali della mafia in Sicilia, cioè Vito Ciancimino
(sindaco mafioso di Palermo, ndr) che era il trait d’union tra mafia e politica.
Non solo, secondo Bongiovanni, Borsellino venne a sapere del dialogo in corso ma fu informato anche sul fatto che il generale Antonio Subranniera punciutu”, cioè affiliato alla mafia.

Borsellino, ha ricordato il direttore, confessò la cosa alla moglie Agnese e questa al processo dichiarò “che il marito giorni prima di morire le svelò di essere venuto a sapere che il generale dei carabinieri, comandante del Ros, Subranni era appartenente alla mafia. E che questa notizia lo sconvolse al punto da provocargli conati di vomito”.
Quindi Bongiovanni ha rivolto una domanda “ai figli di Paolo Borsellino e all’avvocato che li difende: la signora Agnese era una malata mentale o era una persona precisa e sana che ricordava ciò che il marito le disse?

Noi pensiamo che Paolo Borsellino avesse scoperto che il comandante del Ros e il suo subalterno, colonnello Mori, erano esponenti correlati a Cosa Nostra e quindi avevano iniziato una trattativa per conto di personaggi ancora più potenti dello Stato”, ha affermato Bongiovanni.
Noi siamo convinti che Borsellino annotò queste cose e annotò anche di personaggi esterni alla mafia che parteciparono alla strage di Capaci.


Questo è un mio giudizio personale ma è anche frutto di documenti, motivazioni di sentenze e della mia esperienza di giornalista
”. “Ci sono personaggi che ancora oggi sono ai vertici della nazione che non vogliono che quell’agenda si ritrovi perché si troverebbe il piatto assieme a tutti i giocatori che hanno barato in questi trent’anni”. Quindi l’altra domanda sull’archivio di Riina.

L’archivio venne sottratto dalla villa di Riina sotto il naso dei carabinieri che avevano appena arrestato Riina e non entrarono mai all’interno del covo, giustificando la cosa con scuse che fanno ridere”, ha ricordato Bongiovanni.

C’è una sentenza del tribunale di Palermo che assolve i carabinieri che non hanno perquisito il covo di Riina ma li redarguisce arrivando quasi a dire che l’Arma avrebbe dovuto degradare questi alti ufficiali”.

Ad ogni modo “l’archivio segreto di Riina lo avrebbe avuto Matteo Messina Denaro, come affermò il collaboratore di giustizia Antonino Giuffrè”.

E sempre a proposito di archivi e covi, Giorgio Bongiovanni ha ricordato i covi di Messina Denaro scovati da Ros e Polizia di Stato a Campobello di Mazara, “i carabinieri e la polizia hanno perquisito i covi di Messina Denaro ma hanno trovato poster, libri, viagra e preservativi ma nessun archivio. Spero che nessuna manina abbia preso questo archivio e l’abbia consegnato a chi lo doveva consegnare. In quell’archivio Riina molto probabilmente aveva documenti riguardanti i personaggi con cui ebbe a che fare”.

La legge sui pentiti
In conclusione, rimanendo sempre sul boss Messina Denaro, Bongiovanni ha lanciato una provocazione che però contiene un’amara verità sul sistema di tutela dei collaboratori di giustizia.

Fossi stato Matteo Messina Denaro non mi sarei pentito perché la legge sui pentiti oggi questo governo para-mafioso non l’ha rafforzata a favore dei magistrati che possono scoprire la verità, ma a favore della mafia. Questo sistema che dovrebbe tutelare la segretezza dei mafiosi pentiti è facilmente violabile con un banale controllo di polizia”, ha spiegato. “In questo modo è capitato, purtroppo, che alcuni collaboratori di giustizia venissero scoperti e messi pertanto in pericolo”. Un allarme, questo, lanciato più volte anche dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli. “Che sicurezza diamo ai collaboratori di giustizia o futuri tali se non diamo loro garanzie di incolumità per loro e la famiglia?”, ha lasciato intendere Bongiovanni. “L’attuale sistema normativo di tutela dei pentiti è un’offesa alla memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che hanno dato il sangue per questo strumento chiave nella lotta alla mafia.

Noi quindi dobbiamo prendercela con questo governo e questa politica se vogliamo davvero che la mafia venga finalmente sconfitta.

Un grande pentito di mafia, Salvatore Cancemi, mi disse una volta ‘la mafia è come la gramigna, più la tiri più esce fuori. Solo una vera volontà dello Stato, della politica e dei cittadini potrà sconfiggerla”.