“Mafia e appalti”, confiscati beni milioni di euro al geometra Li Pera

 

La mafia, gli appalti, ora la confisca: chi è l’imprenditore Li Pera

La DIA ha eseguito un provvedimento di confisca di beni nei confronti di Giuseppe Li Pera. E il suo nome evoca il “dossier mafia-appalti” e l’indagine voluta da Giovanni Falcone. Ecco la sua storia
“A volte ritornano” è il titolo scelto per la versione italiana di “Night Shift”, la prima antologia di racconti di Stephen King che contiene gran parte delle storie brevi più vecchie scritte da King pubblicata nel 1978. Lo stesso titolo, “Sometimes They Come Back”, fu utilizzato per il film firmato Tom McLoughlin, uscito nel 1991, la cui trama è tratta da una delle storie dell’antologia di King.

Perché “a volte ritornano”? Perché, proprio il 17 marzo, un venerdì 17 degno di Stephen King, la DIA di Caltanissetta ha dato esecuzione ad un provvedimento di confisca nei confronti di un imprenditore originario di Polizzi Generosa (PA), ma da anni residente a Caltanissetta il cui nome è Giuseppe Li Pera, geometra.

Chi è Giuseppe Li Pera?

Attivo sulla scena imprenditoriale a partire da metà anni Ottanta, è accusato di avere accumulato il proprio patrimonio stando a stretto contatto con i vertici di Cosa nostra. Il geometra Li Pera, nel 2007, è stato condannato per associazione mafiosa, dopo oltre 15 anni in cui è stato anche collaboratore di giustizia.
Sul geometra e sul suo disinvolto operato posero gli occhi anche i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nell’ambito dell’inchiesta su mafia e appalti. Li Pera sarebbe stato uno dei soggetti più in vista nel cosiddetto sistema Siino, con cui Cosa nostra controllava gli appalti pubblici con la compiacenza di politici e funzionari pubblici. A quell’epoca il Li Pera era dipendente della “Rizzani de Eccher”, società del Nord Italia attiva nei lavori pubblici anche in Sicilia.
Tuttavia Li Pera avrebbe lavorato non solo per favorire l’impresa, ma anche per allacciare rapporti con i boss, rapporti che in futuro gli avrebbero consentito una più facile ascesa imprenditoriale.
La vicinanza di Li Pera a Cosa nostra, nel tempo, lo portò ad avere rapporti con figure del calibro di Antonino e Giovanni Buscemi, Giovanni Brusca, Angelo Siino, Mario Giuseppe Scinardo, Vito Nicastri, Francesco Scirocco, Diego Rinella, Calogero Pulci.
Li Pera è stato ritenuto anche vicino all’imprenditore Pietro Di Vincenzo, in passato numero uno di Confindustria e destinatario di una confisca di beni dall’ingente valore.
La collaborazione con la Giustizia di Li Pera iniziò nel giugno 1992 e si interruppe nel gennaio del 2001, anno in cui cominciò l’ascesa imprenditoriale della sue numerose società, intestate a prestanome e operanti nei settori dei parchi eolici in provincia di Catania, Messina e Trapani, dell’edilizia privata residenziale, attraverso la realizzazione di numerosi appartamenti e locali commerciali a Serradifalco, nonché di un parco acquatico e relative strutture di ristorazione a Caltanissetta e, in ultimo, di prestigiosi residence costituiti da ville mono e plurifamiliari a schiera, lungo il litorale tirrenico a est di Palermo da Trabia a Campofelice di Roccella. Li Pera, inoltre, è stato oggetto di in sequestro di beni nel luglio 2020.
Le investigazioni preventive della DIA, si legge nella nota che ha comunicato la confisca, “hanno disvelato un quadro d’insieme composito, caratterizzato da un complesso reticolo societario, solo formalmente riconducibile a vari soggetti (fisici e giuridici direttamente o indirettamente al predetto collegati) e, solo apparentemente, svincolato da connessioni con il mondo della criminalità organizzata, lo stesso, già dal 2007, risultava condannato definitivamente per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., al termine di complesso percorso giudiziario, le cui origini risalgono al 1991, nell’ambito dell’indagine del R.O.S. comunemente denominata ‘mafia e appalti’.
Nell’ambito di tale sistema era emersa anche la figura dell’odierno proposto (Li Pera, ndr.) il quale, alla fine degli anni ‘80, quale dipendente di una grossa società del nord Italia (la Rizzani de Eccher, ndr.), attiva nel settore delle grandi opere negli appalti pubblici, non soltanto si prodigò in favore di quella società per ottenere illeciti vantaggi in termini di aggiudicazione e gestione degli appalti in Sicilia ma, grazie alla sua vicinanza al contesto mafioso dell’epoca, ne trasse personale illecito arricchimento tramite una impresa allo stesso direttamente riconducibile”.

“Dossier mafia-appalti”, di cosa si tratta

La DIA parla del “dossier mafia-appalti”. Riavvolgiamo il nastro del tempo e torniamo al febbraio 1991. Il 20 febbraio 1991, i carabinieri del Ros depositarono alla procura di Palermo l’”informativa mafia e appalti” relativa alla prima parte delle indagini che seguirono un input di Giovanni Falcone.
L’invio del dossier seguì l’informativa del 2 luglio 1990 e quella del 5 agosto 1990, a firma dell’allora capitano Giuseppe De Donno, con oggetto “Annotazione relativa alle indagini di polizia giudiziaria esperite in merito ad una associazione di tipo mafioso tendente al controllo e/gestione di attività economiche concessioni appalti e servizi pubblici” indirizzate al dottor Giovanni Falcone e al dottor Guido lo Forte.
Il dossier passò per le mani prima dell’allora capo della procura di Palermo, Pietro Giammanco, e poi dei sostituti Guido Lo Forte, Giuseppe Pignatone e Roberto Scarpinato.
Il 9 luglio 1991 la procura chiese cinque provvedimenti di custodia cautelare e, ai legali dei cinque arrestati, fu stranamente consegnata l’intera informativa del Ros, anziché gli stralci relativi alle posizioni dei diretti interessati, con il risultato che tutti i contenuti dell’indagine vennero resi pubblici, vanificando il lavoro degli investigatori.
La vicenda provocò una frattura insanabile tra il Ros e la procura di Palermo e diverse polemiche sui giornali, che parlarono addirittura di “insabbiamento” della parte d’indagine che chiamava in causa esponenti politici.
Il 13 luglio 1992, sei giorni prima della strage di via d’Amelio, fu presentata dai sostituti procuratori della Repubblica Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato, con il visto del Procuratore della Repubblica Pietro Giammanco, un’argomentata richiesta di archiviazione, archiviazione che sarà presentata il 22 luglio 1992, tre giorni dopo la strage di via d’Amelio, e posta in essere, con la restituzione degli atti, il 14 agosto 1992.  Roberto Greco 19.3.2023 QUOTIDIANO DI SICILIA


“Mafia e appalti”, confiscati beni per 9 milioni e mezzo di euro all’imprenditore Li Pera

 

Il 73enne, originario di Polizzi Generosa, avrebbe intrattenuto negli anni rapporti d’affari con numerosi esponenti di Cosa nostra. Passano definitivamente allo Stato società, quote di partecipazioni in società di capitali, immobili, auto e rapporti bancari

Beni per 9 milioni e mezzo di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia, su disposizione della Sezione Misure di prevenzione del tribunale di Caltanissetta, a Giuseppe Li Pera, 73enne, imprenditore di Polizzi Generosa, da anni residente nella città nissena e coinvolto nella storica inchiesta “Mafia e appalti”.
Si tratta di 3 società, quote di partecipazioni in 5 società di capitali, 7 immobili, 4 auto e 22 rapporti bancari.
Il provvedimento, che segue il sequestro effettuato nel 2020, è scaturito dalle indagini del Centro operativo di Caltanissetta che ha ripercorso la carriera dell’imprenditore dalla metà degli anni ’80, accertandone la pericolosità sociale nonché l’ascesa economico-imprenditoriale all’ombra del gotha dell’imprenditoria mafiosa, connessioni con il mondo della criminalità organizzata.
“La figura di Li Pera spiccò perché, alla fine degli anni ’80, quale dipendente della società del nord Italia – Rizzani de Eccher (attiva nel settore delle grandi opere negli appalti pubblici), non soltanto si prodigò per quella ditta, ottenendo illeciti vantaggi in termini di aggiudicazione e gestione degli appalti in Sicilia, ma ne trasse personale arricchimento, agevolandosi della sua vicinanza al contesto mafioso dell’epoca”, sostengono gli investigatori.
La storia di Li Pera conta anche una formale collaborazione con la giustizia, iniziata nel giugno 1992 e da lui interrotta nel gennaio del 2001, “anno in cui cominciò l’ascesa imprenditoriale della sue numerose società, intestate a prestanome, operanti nei settori dei parchi eolici in provincia di Catania, Messina e Trapani; dell’edilizia privata residenziale, attraverso la realizzazione di numerosi appartamenti e locali commerciali a Serradifalco (CL), nonché di un parco acquatico e relative strutture di ristorazione a Caltanissetta e, in ultimo, di prestigiosi residence costituiti da ville mono e plurifamiliari a schiera, lungo il litorale tirrenico a est di Palermo da Trabia a Campofelice di Roccella”. PALERMO TODAY 17.3.2023


Mafia, sequestrati beni per 10 milioni a imprenditore: “Da 30 anni in affari con i boss”

 

Operazione della Dia nei confronti di Giuseppe Li Pera, 71enne di Polizzi Generosa ma da anni residente a Caltanissetta. Gli inquirenti hanno ricostruito la sua carriera dagli anni ’80 accertando “la rilevante ascesa grazie ai continui rapporti intrattenuti con i vertici mafiosi siciliani”

 

Beni per un valore di oltre 10 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Dia di Caltanissetta all’imprenditore Giuseppe Li Pera, 71enne di Polizzi Generosa ma da anni residente a Caltanissetta.
Il provvedimento di sequestro trae origine da un’attività investigativa condotta dal centro operativo nisseno e coordinata dal I reparto della Dia, che, ripercorrendo la sua carriera imprenditoriale dalla metà degli anni ’80, ne “ha accertato la rilevante ascesa grazie ai continui rapporti intrattenuti con i vertici mafiosi siciliani, i quali gli hanno consentito di accrescere illecitamente il proprio patrimonio”, dicono gli investigatori.
Le indagini preventive hanno, infatti, “disvelato un quadro d’insieme composito, caratterizzato da un complesso reticolo societario, solo formalmente riconducibile a soggetti terzi (ma indirettamente a lui collegati) e solo apparentemente svincolato da connessioni con il mondo della criminalità organizzata”, dicono ancora gli investigatori. “Ciò emerge chiaramente dalla vicenda giudiziaria conclusasi nel 2007, nell’ambito della quale Li Pera è stato condannato definitivamente per il reato di associazione mafiosa, al termine di lungo percorso giudiziario, risalente al 1991 (indagine del Ros dei Carabinieri denominata ”Mafia e appalti”) e in origine attenzionato anche dai magistrati Falcone e Borsellino”. In quel contesto, emerse il cosiddetto Sistema Siino, che consentiva alla mafia siciliana “di controllare gli appalti pubblici, grazie al coinvolgimento di imprenditori mafiosi ovvero collusi con la mafia, nonché di rappresentanti politici, dirigenti e funzionari degli enti territoriali”.
“La figura di Li Pera spiccò perché, alla fine degli anni ’80, quale dipendente della società del nord Italia – Rizzani de Eccher (attiva nel settore delle grandi opere negli appalti pubblici), non soltanto si prodigò per quella ditta, ottenendo illeciti vantaggi in termini di aggiudicazione e gestione degli appalti in Sicilia, ma ne trasse personale arricchimento, agevolandosi della sua vicinanza al contesto mafioso dell’epoca”, dicono gli investigatori.
La storia controversa di Giuseppe Li Pera conta anche una formale collaborazione con la giustizia, iniziata nel giugno 1992 e da lui interrotta nel gennaio del 2001, “anno in cui cominciò l’ascesa imprenditoriale della sue numerose società, intestate a prestanome,
operanti nei settori dei parchi eolici in provincia di Catania, Messina e Trapani; dell’edilizia privata residenziale, attraverso la realizzazione di numerosi appartamenti e locali commerciali a Serradifalco (CL), nonché di un parco acquatico e relative strutture di ristorazione a Caltanissetta e, in ultimo, di prestigiosi residence costituiti da ville mono e plurifamiliari a schiera, lungo il litorale tirrenico a est di Palermo da Trabia a Campofelice di Roccella”.  
Le indagini condotte dalla Dia hanno, altresì, accertato come Li Pera, “in oltre trent’anni di attività imprenditoriale, abbia intrattenuto rapporti d’affari, senza soluzione di continuità, con mafiosi del calibro di Antonino e Giovanni Buscemi, Giovanni Brusca, Angelo Brusca, Mario Giuseppe Scinardo, Calogero Pulci, e con il noto imprenditore nisseno Pietro Di Vincenzo, destinatario di una delle più ingenti confische per mafia”. PALERMO TODAY 22.7.2020 

Sicilia, confisca da 9,5 milioni all’imprenditore Giuseppe Li Pera: fu condannato in “Mafia e appalti” e lavorò per la società di De Donno

 

Una confisca per nove milioni e mezzo di euro, trent’anni dopo l’annuncio di voler collaborare con la giustizia. È la parabola di Giuseppe Li Pera, 73enne imprenditore raggiunto giovedì dal provvedimento del Tribunale di Caltanissetta che lo priva del suo patrimonio. Originario di Polizzi Generosa (Palermo), il geometra Li Pera è tra le figure più controverse degli ultimi quarant’anni di storia siciliana. Dalle sue mani è passata una buona fetta degli appalti indetti nell’isola tra gli anni Ottanta e Novanta, quelli della spartizione scientifica dei fondi pubblici tra le imprese, a patto che si dimostrassero riconoscenti nei confronti della politica e della mafia. Una rete di alta ingegneria criminale che ebbe il vertice in Angelo Siino, piccolo imprenditore edile a cui Totò Riina affidò le chiavi del sistema che avrebbe dovuto fare tutti contenti, a spese dello Stato.
Se Siino è passato alla storia come il ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra, a Li Pera spetta quantomeno il ruolo di sottosegretario. All’epoca era capo-area per la Sicilia dell’impresa friulana Rizzani De Eccher, il geometra da subito dimostrò di conoscere il contesto in cui operava: una terra in cui bisognava evitare di fare “pazzie”, come per esempio presentare un ricorso per contestare l’esclusione da un appalto. Le gare, d’altronde, erano quasi truccate. Nel 2007, Li Pera è stato condannato adue anni e otto mesi per associazione mafiosa. A collegarlo alla regia della spartizione dei lavori è stato anche Giovanni Brusca, il boss di San Giuseppe Jato.
Ai magistrati, Siino e Brusca hanno raccontato che Li Pera aveva le doti giuste per garantire il mantenimento degli equilibri tra le imprese. Era l’era in cui vigeva il cosiddetto pass, la disponibilità a farsi da parte una volta appreso che un appalto era stato già concordato a monte tra impresa e stazione appaltante.
La condanna arriva dopo che nel 1993 – in seguito all’arresto nel blitz nato dal dossier Mafia e appalti – Li Pera aveva iniziato a collaborare con la giustizia. Dal programma di protezione era poi uscito volontariamente nel 2001, con l’intento di tornare a fare l’imprenditore in Sicilia. Il suo contributo alle indagini ha comunque sempre fatto discutere e non ha mai convinto del tutto. “Non solo ha taciuto la propria vicinanza a soggetti di spicco di Cosa nostra, ha anche continuato a curare i propri interessiimprenditoriali avvalendosi dei precedenti contatti criminali”, rimarcano ora i pm, che oltre alla confisca del patrimonio avrebbero voluto per Li Pera l’applicazione della sorveglianza speciale. Su quest’ultimo punto però il Tribunale si è espresso negativamente, affermando l’impossibilità di dimostrare l’attuale pericolosità sociale del 72enne. Gli elementi a sostegno della contiguità a Cosa nostra si fermano infatti al 2012.
Qualche anno prima Li Pera era stato protagonista di un contatto ravvicinato con una vecchia conoscenza. Era il 2008 quando la Sigi – una delle imprese confiscate al geometra – stipulò un contratto con G-Risk, società di sicurezza che in quel periodo si occupava dei cantieri di un’impresa impegnata nella realizzazione di alcuni parchi eolici in Sicilia. Opere che avevano visto il coinvolgimento, in fase di sviluppo dei progetti e di avvio dei lavori, di Vito Nicastri e Francesco Scirocco; il primo ritenuto tra i più potenti prestanome di Matteo Messina Denaro, il secondo un imprenditore contiguo alla famiglia mafiosa dei barcellonesi. Rappresentante legale della G-Risk era Giuseppe De Donno, l’ex capitano del Ros dalle cui indagini era partito il blitz che aveva portato all’arresto di Li Pera e Siino. Il dossier Mafia e appalti, redatto proprio da De Donno, negli ultimi anni è tornato al centro delle cronache per i ritardi con cui la procura di Palermo estese lo sguardo dagli imprenditori ai politici coinvolti nel sistema affaristico. Una vicenda che, secondo alcuni, potrebbe avere influito nell’accelerazione dell’attentato ai danni del giudice Paolo Borsellino. A sedere nel Cda di G-Risk, che dal 2018 è in liquidazione, è stato – in data successiva al contratto con la società di Li Pera – anche Mario Mori, il colonnello che guidava il Ros. Mori e De Donno, a settembre 2021, sono stati assolti nel processo d’appello sulla trattativa Stato-Mafia, con la Corte che ha ribaltato la sentenza di primo grado. “Avevamo un problema sul cantiere e serviva una persona che potesse gestire quest’attività. Li Pera era una figura competente e di lui mi fidavo. Ero convinto avesse cambiato vita”, commentò De Donno dopo il sequestro dei beni nel 2020.