- Montante, lo “sbirro” ficcanaso e gli sponsor potenti: le carte dell’Antimafia sul “sistema”
- L’errata profezia del Procuratore Scarpinato su Montante
- Giudici appello: “Da Montante dossier e ricatti”
- Una ditta di intercettazioni nelle indagini sul sistema Montante
- La proposta di Antonello Montante e il rating di legalità per l’accesso al credito
PROCESSO MONTANTE – SENTENZA CORTE D’APPELLO – per capitoli
- L’amicizia con il generale Arturo Esposito, il direttore dei servizi segreti
- Il mistero di una pen drive passata di mano in mano in un hotel di Palermo
- Tutta una messinscena, bonifiche e false microspie per simulare un reato
- Le informazioni rubate da “una stabile struttura associativa”
- Montante & C., promesse di favori e trasferimenti per fare carriera
- Il fantomatico gruppo mafioso che voleva isolare gli imprenditori “buoni”
- I piani e le vendette di Calogero Montante per far tacere i suoi nemici
- La guerra “a colpi di dossier” contro il magistrato Nicolò Marino
- Imprenditori e giornalisti, politici e pentiti, ecco l’elenco degli spiati
- Le informazioni riservate trovate nella “stanza segreta” di Serradifalco
- Una “polizia privata“ sempre pronta all’azione per spiare i nemici
- Violenze, pressioni e intimidazioni per costruire una falsa verità
- Quell’incontro in hotel con Ivan Lo Bello che scoppia a piangere
- Il “sistema” inizia a crollare quando i primi testimoni decidono di parlare
- Gli agenti infedeli nella Polizia di Stato e l’accesso alle banche dati
- Lettere anonime e congiure inventate per nascondere il suo passato
- La falsa laurea honoris causa di Calogero Montante alla Sapienza di Roma
- Le società di Montante e la presentazione “eccellente”
Il 7.7.2016 De Angelis e Graceffa avevano una serie di contatti dai quali emergeva che il primo aveva inviato un nominativo tramite whattsup, da controllare; si trattava di un certo Nicolò. Venivano effettuate ricerche anche sulla moglie e sui figli, sulla disponibilità di autovettura e su eventuali controlli in compagnia di una donna. Graceffa riferiva di non aver trovato nulla di significativo ma De Angelis insisteva sul fatto che “il signore c’ha una ditta”; Graceffa proponeva di fare “un’anagrafica a Catania” e assicurava di poter interessare qualcuno.
Ma De Angelis non accoglieva la proposta evidenziando che ne sarebbe derivato “troppo scruscio” e gli suggeriva di confrontare il dato della sua residenza a Catania con quanto emergente dalla nota redatta dagli investigatori in occasione di un furto subito da quella persona all’interno della sua macchina.
Quello stesso giorno Graceffa aveva interrogato la banca SDI sul magistrato Nicolò Marino, già sostituto procuratore a Caltanissetta e successivamente assessore regionale nel governo Crocetta, ma anche sui figli Fabio Maria e Monica. E dalla banca dati non risultano autovetture intestate a Nicolò Marino, non risulta avere alloggiato in alcuna struttura alberghiera in compagnia di una donna, mentre il figlio Fabio Maria aveva denunciato il furto di un’autovettura e la figlia Monica lo smarrimento di alcuni documenti di identità.
I tabulati svelavano che il giorno prima Di Simone e De Angelis aveva avuto contatti telefonici sulle utenze fisse dei rispettivi uffici. E anche il 6.7.2016 Di Simone e Montante si trovavano entrambi presso Confindustria nazionale.
Il 21. 7.2016 Graceffa interrogava la banca dati sul nominativo di Salvatore Petrotto, ex sindaco di Racalmuto, avversario di Montante; il 22.7.2016 su tale De Peco Alessandro.
Alla pagina 498 e seguenti la sentenza di primo grado riportava a decorrere dal 6.11.2009 tutti gli accessi effettuati da Graceffa che riguardavano personaggi a vario titolo di interesse di Montante.
Tra questi l’imprenditore nisseno Salvatore Lo Cascio, l’ex presidente di Confindustria Trapani Davide Durante, Giulio Cusumano, vice presidente dell’AST, l’imprenditore nisseno Salvatore Mistretta, !’ex presidente del Consorzio ASI di Caltanissetta Umberto Cortese, i collaboratori di giustizia Pietro Riggio, Carmelo Barbieri e Aldo Riggi (per costoro l’accesso fu effettuato nel marzo 2010 quando ancora non era noto che aveva reso dichiarazioni su Montante), l’ex direttore dell’ ASI di Caltanissetta Salvatore Iacuzzo, l’ex direttore di Confindustria Tullio Giarratano, l’ing. Pietro Di Vincenzo, il suo legale Gioacchino Genchi, l’on. Vladimiro Crisafulli, l’assessore regionale Gaetano Armao, Marco Benanti, Nicolò Marino, l’imprenditore nisseno Pasquale Carlo Tornatore, i giornalisti Giampiero Casagni e Attilio Bolzoni.
In un caso l’accesso era stato effettuato con le credenziali di De Angelis, che evidentemente ancora ne disponeva prima di essere trasferito a Milano, e riguardava Vincenzo Arnone; era stata eseguita il 13.5.2014, 16 giorni dopo la divulgazionevsul mensile “I Siciliani giovani” delle fotografie di Montante il giorno delle suevnozze con l’esponente mafioso di Serradifalco; pubblicazione della quale vi èvspecifica annotazione nel file excel sequestrato dagli investigatori a Montante.
De Angelis che ha ammesso gli accessi abusivi nel suo esame del 18.10.2018 havsostenuto di avere talvolta effettuato egli stesso gli accessi utilizzando le credenziali di Graceffa a sua insaputa.
Il GUP non ha ritenuto credibile tale versione, peraltro riferita solo successivamente, dopo avere letto le dichiarazioni di Graceffa, e sostenendo di essersi reso conto di avere in casa un biglietto con le credenziali dell’amico, così ricordandosi anche di averle sfruttate per fare gli accessi da solo.
Ha in ogni caso sottolineato che vi sono ulteriori elementi di prova nelle intercettazioni di diverse occasioni in cui fu certamente Graceffa a prestarsi per eseguire gli accessi abusivi.
Di tutti quegli accessi la squadra mobile ha escluso la rilevanza ai fini delle proprie attività di istituto. Né alcuno di essi poteva avere rilevanza per le attività di ufficio di De Angelis, che all’epoca prestava servizio presso gli uffici TLC (telecomunicazioni) della questura di Milano, distaccati presso la Prefettura della stessa città.
Quanto alla procedura di ingresso delle società riferibili a Montante nell’associazione degli industriali, la documentazione carente non ne consentiva la ricostruzione, anche se Giovanni Crescente, già direttore di Confindustria Caltanissetta, riferiva di avere appreso da Maurizio Sapienza che uno dei soci presentatori di una delle società di Montante era stato Vincenzo Arnone; Sapienza aveva confermato la circostanza, in particolare, con riguardo alla GIMON s.r.l., che sarebbe stata presentata da Vincenzo Amone e da Pietro Di Vincenzo.
Sulla vicinanza di Montante ad Arnone, notoria negli ambienti degli industriali locali, hanno riferito anche l’ex Presidente di Confindustria Caltanissetta, Francesco Avera, sia Tullio Giarratano, che dell’associazione era stato direttore generale, che tuttavia hanno riferito di averla appresa da Pietro Di Vincenzo.
Pietro Di Vincenzo, costituito parte civile nel presente giudizio, aveva avuto un ruolo di rilievo nell’associazione degli industriali nisseni e successivamente, anche a seguito delle vicende giudiziarie che lo avevano coinvolto, era stato estromesso; Montante lo aveva pubblicamente additato come esponente di un gruppo di potere imprenditoriale compromesso con la criminalità e si era proposto in alternativa a lui.
Sentito in questo procedimento, Di Vincenzo aveva dichiarato che inizialmente i suoi rapporti con Montante erano ottimi tanto che proprio su sua proposta il Montante era stato designato quale componente dell’associazione degli industriali nel consiglio direttivo del consorzio ASI di Caltanissetta. Aveva aggiunto che Montante gli aveva offerto i suoi buoni uffici presso Amone quando Di Vincenzo aveva subito dei danneggiamenti ai beni strumentali delle sue imprese. Poi nel 2005 Montante si era “rivoltato” contro di lui quando si candidò per essere eletto come presidente del!’ associazione.
Anche altri testi, come Maria Lucia Di Buono (verb. 24.11.2015), Maurizio Sapienza (verb. 5.12.2015) e Marco Venturi (verb. 12.11.2015), confermavano che Montante si era speso in favore di Di Vincenzo prima di candidarsi alla presidenza dell’associazione accreditando la tesi della sua lontananza da quella personalità.
E tra gli elementi di riscontro il gup segnalava anche il dvd sequestrato al termine della perquisizione del 22.1.2016 presso l’abitazione di Montante, nel quale erano impresse le sequenze di una ripresa video delle prove di un suo discorso di insediamento con un ringraziamento anche all’ing. Di Vincenzo (CNR Squadra Mobile di Caltanissetta del 28.4.2016, p. 76).
Secondo il gup, non era riscontrato che Montante avesse offerto a Di Vincenzo di portare i suoi buoni uffici ad Arnone per far cessare i danneggiamenti alle sue imprese, ma l’episodio non poteva considerarsi eccentrico rispetto alle dinamiche dei rapporti tra Montante e Amone, pure emergenti da altri elementi.
In tal senso veniva letta la vicenda dell’interessamento di Montante per assicurare protezione, rivolgendosi ad Amone, all’amico imprenditore Massimo Romano, che doveva aprire un supermercato a Serradifalco, assicurandogli il reperimento di un locale idoneo e garantendogli l’esonero dal pagamento delle estorsioni a patto di assumere personale segnalato dalla famiglia mafiosa; vicenda di cui parlano i collaboratori di giustizia Pietro Riggio, già attivo nel settore delle estorsione nel territorio di Caltanissetta, e Dario Di Francesco, già reggente della famiglia di Serradifalco dopo l’arresto di Amone nel 2011.
Di Francesco (che era anche la fonte di Riggio) non aveva conoscenza diretta della mediazione di Montante ma l’aveva inferita dalle dinamiche mafiose locali e dal fatto che Montante si era rivolto ad Arnone per reperire i locali.
I due collaboratori hanno comunque riferito che, quando Antonello Montante e il fratello Gioacchino avevano avviato della attività commerciali a Caltanissetta e Riggio aveva manifestato a Di Francesco l’intendimento di chiedere loro il “pizzo”, Di Francesco lo aveva indotto a non chiedere somme di denaro, ma ad accontentarsi dell’assunzione di persone a loro vicine e di forti sconti sull’acquisto delle merci.
Di Francesco in un successivo interrogatorio aveva ricordato che alle dipendenze di Montante, nella M.S.A. s.p.a., la società a lui riferibile, aveva assunto i fratelli Giuseppe e Antonio Giaccio, figli di Arcangelo, persona legata a Vincenzo Amone. Assunzione della quale, dopo le perquisizioni a Montante, parlavano con apprensionne Carmela Giardina e Rosetta Cangialosi, strette collaboratrici dell’imprenditore serradifalchese, nell’intercettazione del 6.2.2016, n 6310.
La stanza segreta, appunti e dossier su amici e nemici
In realtà i contenuti dei documenti non rinvenuti risultavano annotati in successione in un file excel nella disponibilità di Montante e nascosto all’interno di una stanza segreta della sua casa di Serradifalco, dove fu effettuata una perquisizione.
In particolare gli inquirenti avevano proceduto alla perquisizione dell’abitazione di Serradifalco di Montante il 22.1.2016 e avevano rinvenuto al piano seminterrato una stanza, ricavata alle spalle di una libreria che poggiava su una porta blindata di accesso ad un vano pieno di materiale cartaceo e di documenti informatici; tra questi anche un file excel che riepilogava tutti i dati contenuti in altri files.
II file excel era denominato “copia di appunti in ordine cronologico (Ordinati 11.11.2015) Rev (version I)” e si trovava all’interno di un pc portatile marca HP Pavillon; il pc si trovava nella stanza nascosta dalla libreria e scoperta dagli investigatori autonomamente senza che alcuno dei collaboratori la segnalasse.
Il file era protetto da una password di accesso (“GATTO”) ed era stato scoperto perché un improvviso stallo del sistema excel durante le verifiche degli investigatori ne aveva generato una copia poi recuperata con una complessa operazione dal “cestino”.
La versione acquisita risultava redatta in epoca prossima al 14.11.2015 (epoca in cui risulta effettuata l’ultima annotazione).
Nel documento erano presenti diverse cartelle. In una denominata “TUTTI” erano annotati con cadenza giornaliera incontri, pranzi e avvenimenti vari con i più diversi soggetti delle istituzioni, dell’amministrazione della giustizia, degli apparati investigativi, della politica e del mondo economico-imprenditoriale.
Vi erano poi altre cartelle denominate rispettivamente “CURRIC.PER SEN”, “TEL SEN”, “SMS SEN”, i cui contenuti apparivano riconducibili a segnalazioni di nominativi per i quali attivarsi al fine di fare ottenere occupazioni lavorative, promozioni o trasferimenti; alcune annotazioni riportavano indicazioni specifiche riguardo date o orari di telefonate fatte o ricevute; molte altre sono prive di ulteriori elementi che possano confermare l’effettiva iniziativa di interessamento cui sembra alludere la sigla “SEN”. Altre cartelle erano dedicate a singole persone: una denominata “TOTO” riguardava Salvatore Alaimo, una denominata “DF” il collaboratore di giustizia Dario Salvatore Di Francesco, altre ancora denominate “Cicero”, “Venturi”, “Bolzoni”, “Lo Bello” a ciascuno di tali soggetti.
Infine una cartella denominata “CALOGERA TELA” conteneva la trascrizione di una telefonata tra Linda Vancheri e il giornalista Attilio Bolzoni.
Dall’intercettazione ambientale di un colloquio tra Vincenzo Mistretta e Carmela Giardina, collaboratori di Montante, avvenuta il 9.9.2015, il gup traeva il convincimento che la compilazione o la risistemazione di quegli elenchi era avvenuta di recente su richiesta dello stesso Montante, dopo la pubblicazione il 9.2.2015 dell’articolo dei giornalisti Viviano e Bolzoni su “Repubblica” riguardante le indagini per reati di mafia a carico dell’imprenditore di Confindustria.
Tra le annotazioni del sopra citato file excel ve ne era una in data 9.2.2015 (giorno della pubblicazione dell’articolo di Viviano e Bolzoni), nella quale si appuntava che dopo l’articolo vi era stata una visita da Rosario AM (Amarù) per prelevare una serie di documenti associativi su ammissioni e dimissioni soci del 1998, su elenco associati e schede voto e su verbali di organi associativi del 2002, del 2004, del 2005, del 2012 e del 2013.
Infine dalla documentazione relativa alla domanda di adesione avanzata il 24.3.2000 ad Assindustria da parte di DI.EFFE Servizi di Di Francesco Felicia & c. s.n.c., formalmente intestata alla moglie di Amone, e dalle dichiarazioni di Venturi e Tornatore, il gup traeva il convincimento che Montante aveva fatto pressione su Venturi e Tornatore perché facessero da soci presentatori ad Arnone e gli consentissero l’accesso all’organizzazione, circostanza che entrambi avevano riferito, sebbene Tornatore sosteneva di avere ricevuto rassicurazioni dal Venturi che gli aveva spiegato che Vincenzo Amone era stato il testimone di nozze di Montante, mentre Venturi negava questa circostanza sostenendo anche che all’epoca non sapeva nemmeno che Amone fosse stato il testimone di nozze di Montante.
Il contrasto, secondo il gup, non poteva assumere rilievo perché in realtà Venturi aveva negato questa circostanza solo nel verbale del 21.5.2015 e quindi prima della sua decisione di fornire ampia collaborazione agli inquirenti, cosa che avvenne a partire dal 17 .9.2015 quando Venturi si presentò in Procura per rendere più ampie dichiarazioni e tra l’altro ammise di essersi avvalso delle imprese di trasporti facenti capo ad Arnone.
Il gup rileva che nel file excel sequestrato nel piano seminterrato di Montante è annotato l’evento dell’adesione della DI.EFFE Servizi con la precisazione a margine che la ditta è “oggi mafiosa”, mentre le accuse di Leonardo Messina erano già note dal 1995.
La “discovery” giornalistica sulle trame e gli affari di Antonello
Frattanto, tuttavia, Montante aveva assunto posizioni di vertice all’interno di Confindustria di Caltanissetta, ma anche negli organismi associativi di Confindustria regionale e nazionale.
Era poi intervenuta la pubblicazione in data 9.2.2015 di un lungo articolo a firma dei giornalisti Francesco Viviano e Attilio Bolzoni, che rivelava l’esistenza di un procedimento penale in fase di indagini a carico di Montante per il reato di concorso esterno e che dava conto delle prime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia sui quali gli inquirenti stavano lavorando.
Erano in corso operazioni di intercettazione, disposte in quel procedimento, in parte confluite nel presente giudizio e riportate nella sentenza di primo grado. Da esse emergono i commenti alla diffusione di questa notizia.
L’indagine veniva, però, arricchita dalle dichiarazioni di altri due soggetti che erano stati molto vicini a Montante: Marco Venturi, titolare dell’azienda SIDERCEM, presidente di Confindustria Centro Sicilia e già Assessore regionale all’industria, membro sin dal 1993 di Assindustria Caltanissetta, l’associazione che prenderà poi il nome di Confindustria; e Alfonso Cicero, presidente dell’I.R.S.A.P. (istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive).
Costoro erano stati sentiti dagli inquirenti nisseni il 17.9.2015, dopo la pubblicazione di un’intervista a Venturi a “Repubblica” dal titolo “Trame e affari torbidi, la svolta antimafia di Confindustria e è solo un inganno”.
Venturi aveva ricordato il suo ingresso in Assindustria nel 1993 su sollecitazione di Pasquale Tomatore, titolare di un’azienda di marketing che lavorava per la SIDERCEM, ed era quindi dentro l’associazione, quando Montante fu eletto Presidente dei giovani industriali nel 1996. Sia Venturi sia Tomatore ricordavano un’elezione senza dibattito interno e segnalavano che già da allora Montante
riusciva ad imporre le sue decisioni, sfidando in maniera autoritaria chi non era d’accordo con lui. Allo stesso modo, secondo quanto dichiarato da Tornatore, aveva imposto lo stesso Venturi come suo successore alla presidenza dei giovani industriali.
I documenti relativi all’ingresso di Montante in Assindustria, della sua elezione a presidente dei giovani industriali e del suo successivo sostegno alla nomina di Arnone nel comitato dei saggi non venivano rinvenuti presso la sede di Confindustria Centro Sicilia. E ciò, secondo il GUP, dimostrava la volontà di far sparire tutte le prove dei rapporti tra Montante e Amone in Confindustria.
Rosario Amarù, liquidatore di Confindustria Caltanissetta (l’associazione che sarà sostituita il 12.6.2012 da Confindustria Centro Sicilia che riunisce le provincie di Caltanissetta, Enna e Agrigento), aveva segnalato la lacunosità della documentazione, dovuta a diversi traslochi e a diversi furti subiti. Ma dai furti effettivamente denunciati nel passato, l’ 1.4.1996 dal direttore di allora Tullio Giarratano, il 13.2.2008 dal direttore dell’epoca Giovanni Crescente, non risultava la sottrazione di documentazione.
Mentre Crescente nel verbale del 22.12.2015 aveva riferito di avere personalmente assistito al prelievo di documenti da parte di Montante per trasferirli in un suo locale di via Amico Valenti con il pretesto di metterli in sicurezza rispetto all’uso improprio che potevano farne i protagonisti delle precedenti gestioni dell’associazione.
Anche Maurizio Sapienza, dipendente di Confindustria Caltanissetta dal 13.2.1992 al 28.2.2013, aveva riferito che Montante aveva ordinato a Francesco Castorina, consulente del consiglio direttivo di Confindustria, e a Vincenzo Mistretta, consigliere tesoriere di sgomberare i locali di quei documenti, che furono collocati in 35 scatoloni e portati in un magazzino di Massimo Romano.
Le indicazioni di Di Francesco hanno ricevuto conferma nei documenti trovati dal giornalista Giampiero Casagni e pubblicati sul periodico “Centonove” il 12.2.2015; la Procura nissena, che non aveva rinvenuto questi atti negli archivi di Confidustria, aveva convocato Casagni, che aveva fornito all’ufficio copia del verbale di Assindustria Caltanissetta del 20.1.2001, dal quale si evinceva che Vincenzo Arnone, insieme a Carmen Pilato e a Massimo Romano, aveva fatto parte del Comitato dei “saggi” per l’elezione di Marco Venturi quale nuovo presidente dei Giovani Industriali di Caltanissetta succedendo a Montante.
E Montante aveva preparato una bozza di querela a carico di Casagni, accusandolo di essere coinvolto in un furto di documenti presso Confindustria, avvenuto nel 2007.
Il processo a Calogero Montante, l’ex meccanico con il vizietto di spiare
Un’indagine difficile e pericolosa. E un dibattimento lungo, troppo lungo, con raffiche di prescrizioni per imputati eccellenti. Nonostante pesantissime condanne (con rito abbreviato in primo grado a quattordici anni di carcere e in appello a otto anni per associazione a delinquere e dossieraggio), il suo processo si sta rivelando uno dei tanti fallimenti della giustizia italiana. Colpevole lui solo e soltanto lui, Calogero Antonio Montante in arte Antonello, ex vicepresidente di Confindustria, un siciliano che era “nel cuore” di un boss di Costa Nostra ma che è diventato comunque un faro dell’Antimafia nel nostro paese.
Colpevole lui e soltanto lui, tutti i suoi complici già “graziati” o prossimamente fuori da un processo che non è mai veramente decollato. Alla fine pagherà il conto solo il personaggio che sembrava al vertice di un “sistema” ma che in realtà era un burattino, una marionetta agitata da qualcun altro. Con intorno ministri dell’Interno come Annamaria Cancellieri e Angelino Alfano, alti magistrati, generali dei carabinieri e della finanza, questori e prefetti, direttori centrali e periferici della Direzione Investigativa Antimafia. E intellettuali, giornalisti, famosi romanzieri, governatori di regione, senatori, esponenti di primo piano della politica nazionale e i soliti approfittatori del sottobosco, maggiordomi e lacchè in gran quantità.
Tutti insieme appassionatamente per almeno una dozzina di anni al fianco di un ex meccanico di paese catapultato nell’olimpo del potere. È la storia di una banda che ha intrallazzato e ricattato, di una “mafia trasparente” (definizione della giudice di primo grado che ha condannato Montante) travestita di legalità.
Da oggi sul nostro Blog Mafie pubblichiamo ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado, un verdetto che solo parzialmente ridimensiona quello di primo grado e che comunque fa affiorare le molteplici e misteriose “attività“ di Calogero Antonio Montante detto Antonello, l’ex meccanico con il vizietto di spiare amici e nemici.
I favori fatti all’ufficiale fedele al Cavaliere di Serradifalco
Il gup ha ricostruito nel dettaglio (cfr. pagg. 969 e ss.) le utilità ricevute da Orfanello ad opera di Romano e Montante, a cominciare dall’assunzione di Tirrito Rosaria al Confidi.
La donna lavorava alle dipendenze di un supermercato Sma, con sede in via Amari a Caltanissetta, che nel 2000 una società di Massimo Romano aveva rilevato; Venturi ha riferito che fu assunta al Confidi perché Romano, amico di Orfanello al pari di Montante, era infastidito dal fatto che l’ufficiale della Guardia di Finanza (che con lei aveva una relazione) l’andasse a trovare spesso al supermercato. Tale circostanza emergeva sia dal colloquio tra Cicero e Venturi, intercettato il 9.11.2015, in cui costoro rievocano tutti i fatti rilevanti da riferire agli inquirenti quando sarebbero stati sentiti, sia nelle sue dichiarazioni a s.i.t. del 12.11.2015.
In effetti la Tirrito, che aveva lavorato presso il supermercato di via Amari come cassiera, era stata assunta dal 4.10.2010 con contratto a tempo indeterminato al Confidi di Caltanissetta; all’epoca la sua relazione con Orfanello era già iniziata, come emergeva da plurimi elementi (le dichiarazioni di altri finanzieri, le relazioni di servizio redatte dalle forze dell’ordine intervenute in occasione delle molestie denunciate dalla Tirrito a carico del suo ex marito Arcarese) e anche Romano, che pure in un primo momento aveva affermato di averla assunta al Confidi su semplice richiesta di costei, ha comunque ammesso di essere a conoscenza della relazione, sostenendo anzi di avere intensificato i rapporti con l’ufficiale proprio perché egli frequentava la sua dipendente.
Nella conversazione del 4.8.2014 tra Orfanello e Romano emergeva che il primo discuteva anche delle rivendicazioni contrattuale della donna con l’imprenditore e nel contesto concordavano sul fatto che costei era stata assunta anche in ragione della loro relazione.
Quando il 23.12.2015 alla Tirrito venne comunicato il licenziamento, Romano non era più presidente di Confidi e nelle conversazioni intercettate subito dopo emergeva che Orfanello Io indicava come il suo punto di riferimento per le questioni lavorative della compagna. La stessa Tirrito in un sms inviato ad Orfanello il 3.1.2016 scriveva che lui l’aveva fatta assumere al Confidi e in una telefonata tra lei e la sorella Marilena Immacolata del 21.2.2016 sottolineava che quando era “zita con Ettore” traeva da questa condizione molti motivi di riguardo, ai quali ora non poteva più accedere. Romano, che inizialmente (nel verbale del 26.9.2015) aveva dichiarato che l’assunzione della Tirrito a Confidi era scaturita da una richiesta della donna da lui già conosciuta come sua dipendente nel supermercato, in un successivo interrogatorio del 18.7.2016 aveva più attendibilmente riferito la vicenda.
La relazione tra Orfanello e la Tirrito era già iniziata quando la donna lavorava come cassiera e l’ufficiale aveva chiesto a Romano se potesse spostarla in un ufficio amministrativo, sia perché lo considerava un impiego più dignitoso sia perché la sua gelosia Io induceva a pensare che alla cassa costei potesse essere oggetto di attenzione da parte di altri uomini.
Romano ammetteva anche che le continue visite di Orfanello al supermercato gli creavano imbarazzo perché era norma di comportamento per i suoi dipendenti, da lui stessa impartita, di non ricevere visite di amici e parenti sul luogo di lavoro.
Romano allora aveva proposto a Orfanello l’assunzione al Confidi dove già era stata assunta Giuliana Ardizzone.
Su questa assunzione (della quale più diffusamente si parla in relazione alle imputazioni a carico di Gianfranco Ardizzone) è emerso che il padre di Giuliana Ardizzone, comandante provinciale della Guardia di Finanza, si era rivolto a Venturi per chiedergli se avesse la possibilità di far lavorare la figlia e costui l’aveva reindirizzata a Romano.
Romano l’aveva assunta al Confidi, ma siccome Montante, “il quale voleva avere sempre la paternità di tutte le cose” (così testualmente lo stesso Romano), aveva appreso della stipula del contratto di lavoro a cose fatte, aveva manifestato un forte malumore.
Per questo il presidente di Confidi, prima di procedere all’assunzione della Tirrito, aveva pensato bene di evitare analoghi incidenti e aveva detto ad Orfanello che ne avrebbe parlato prima con Montante; ma Orfanello gli rispose che non ce n’era bisogno perché lui stesso avrebbe provveduto a parlarne con l’imprenditore di Serradifalco.
Qualche mese prima dell’assunzione della Tirrito, Montante aveva avvicinato Romano alla Camera di commercio e gli aveva detto che c’era una signora che lui non conosceva ma che gli era stata segnalata da Palermo, da un alto ufficiale della Guardia di Finanza, affinchè fosse impiegata al Confidi; non fece il nome di Orfanello.
Romano acconsentì e procedette, senza dire null’altro a Montante circa i suoi precedenti colloqui con Orfanello.
Il gup traeva elementi di convincimento sulla piena credibilità di questo intervento di Montante in favore della Tirrito dalle ampie risultanze ricavabili dalle intercettazioni delle conversazioni tra Orfanello e Saccia del 25.1.2016 in cui il primo dava conto della sua vicinanza incondizionata all’imprenditore e sottolineava anche come nella conversazione del 5.2.2016 Orfanello manifestasse il rammarico per non avere chiesto a Montante di trovargli una buona collocazione lavorativa al di fuori della Guardia di Finanza quando ancora l’imprenditore era in auge. Inoltre, nella conversazione con la Tirrito del 26.12.2015, Orfanello la invitava, dopo il licenziamento da Confidi, a tornare a lavorare nei supermercati alle dipendenze di Romano in attesa che Montante superasse il momento di difficoltà derivante dalle indagini a suo carico (“i guai finiranno pure per lui … cerchiamo di sopravvivere Rosaria… . “) .
Orfanello aveva tra l’altro ottenuto utilità da Romano, quando egli era stato sospeso dal servizio in conseguenza di un provvedimento cautelare a suo carico per una condanna non definitiva nell’ambito di un procedimento penale che lo aveva visto imputato di tentata induzione indebita.
Nei mesi di febbraio-marzo 2015 su input di Romano, Orfanello era stato assunto “in nero” alle dipendenze di una società di Natale Scrima (la S.A.S. Detective Scrima) quale responsabile della sicurezza presso i supermercati Carrefour di Palermo, come si ricava dalle conversazioni telefoniche tra Io stesso Orfanello e Romano il 12.1.2015 (nella quale l’imprenditore che aveva da poco acquistato la catena Carrefour Io rassicura sul fatto che può stare “nella pace”), dagli scambi di sms tra i due (in cui Orfanello si compiace con Romano del fatto che si parla bene di lui “nei carrefour”), dalla loro conversazione del 17.9.2015 (in cui si parla espressamente del lavoro di security di Orfanello a Palermo in attesa che si risolvano le sue vicende giudiziarie) e da quella tra Orfanello e Francesco D’Aquila del 7.12.2015 (in cui si parla di un intervento ben riuscito per bloccare un rapinatore in un supermercato).
Lo stesso Romano nelle sue dichiarazioni ha poi confermato di essere intervenuto in favore di Orfanello per fargli ottenere quel lavoro.
II gup ricavava ancora dalle intercettazioni seguite al licenziamento della Tirrito da Confidi elementi di prova in ordine al fatto che Romano le prometteva la riassunzione, cercando di fare in vari modi pressione sui nuovi vertici dell’ente.
Lo stesso Orfanello cercava di intervenire su Vincenzo Fiorino, il nuovo presidente di Confidi, per trasmettergli messaggi di malcontento, latamente intimidatori, come ad esempio nella conversazione da lui intrattenuta con Angelo Rossi, genero di Fiorino, in data 28.4.2015, nel corso della quale affermava senza termini che quell’imprenditore si era comportato come uno stupido mettendosi contro lo stesso Orfanello, che aveva comandato il nucleo di polizia tributaria per sette anni e che sarebbe potuto tornare.
Nella ricostruzione delle condotte di asservimento della propria funzione da parte di Orfanello in favore di Montante, di Romano e del loro gruppo, questa conversazione veniva valorizzata dal gup perché segnalava la propensione di Orfanello a strumentalizzare l’uso delle sue prerogative nei confronti degli imprenditori per danneggiare chi gli si metteva contro e favorire chi lo compiaceva.