DEPISTGGIO VIA D’AMELIO – Le deposizioni di Ilda Boccassini

 SOLE 24 ORE  13.10.2017

21 gennaio 2014   ILDA BOCCASSINI depone al Borsellino Quater”  “Scarantino – ha raccontato la Boccassini che tra il ’92 e il 94 fu applicata alla Procura di Caltanissetta per indagare sugli eccidi di Capaci e via D’Amelio – dal carcere faceva arrivare messaggi tramite la polizia penitenziaria. Accennava alla possibilità di parlare, poi si tirava indietro. Oscillava. Fino a giugno quando ci fu la ciliegina finale, decise di collaborare e andammo a Pianosa a sentirlo”.
“La prova regina del fatto che Vincenzo Scarantino era un mentitore era già nel suo pentimento, nel suo background criminale. Diceva cose assurde, raccontava ‘fregnacce’, chiamava in causa collaboratori di giustizia di caratura ben più elevata che non era in grado neanche di riconoscere in foto (Salvatore Cancemi, Mario Santo Di Matteo e Gioacchino La Barbera che tra l’altro hanno più volte sbugiardato il falso pentito della Guadagna ndr). Con il collega Roberto Sajeva mettemmo nero su bianco le nostre perplessità, scrivemmo che si stava imboccando una pista pericolosa, lo dicemmo al procuratore Tinebra, ai colleghi della Procura, lo segnalammo in una nota inviata anche alla Procura di Palermo. Se ne doveva anche discutere ad una riunione che è stata celebrata poi nel giorno della mia partenza. Cosa sia successo poi non posso saperlo”. “Dissi che andava sospeso tutto
. Dovevamo verificare, avvisare i colleghi di Palermo, fare i confronti e ricominciare con saggezza umiltà ed equilibrio, doti che dovrebbero avere i magistrati. Il mio dovere era mettere per iscritto che si stavano imbarcando in una strada pericolosa“.
Nella missiva a Tinebra venivano indicati diversi punti lacunosi in particolare in merito alle dichiarazioni che Scarantino aveva rilasciato in merito alla riunione preparatoria dell’attentato. “Al termine della riunione – disse Scarantino – Aglieri, Profeta e Calascibetta mi diedero il duplice incarico di reperire un’autovettura di piccole dimensioni da usare quale autobomba e una bombola contenente una sostanza chimica, la cui denominazione Aglieri aveva annotato su un foglietto, idonea a potenziare gli effetti deflagranti dell’esplosivo”.
Dichiarazioni false, scoperte negli anni soltanto dopo le rivelazioni di Gaspare Spatuzza.
Su Spatuzza la Boccassini rivela : “Io mi occupai soprattutto delle indagini su Capaci, ma ricordo anche alcuni aspetti riguardo a via d’Amelio. Tramite l’analisi dei cellulari già nel giugno del 1994 uscì fuori l’utenza di Gaspare Spatuzza. Nello specifico scoprimmo che il 19 luglio del ’92, ma anche il 17, c’erano telefonate tra Gian Battista Ferrante e Fifetto Cannella e da lì si risaliva a Spatuzza. Fino ad allora insomma c’erano collegamenti che potevano portare allo spunto investigativo che ora si persegue”.
Su Arnaldo La Barbera, coordinatore del gruppo della polizia che indagava sulle stragi, “Sicuramente di lui c’era stima e fiducia in Procura ma  – così come ha ribadito più volte durante il dibattimento – è il pubblico ministero il dominus delle indagini. E se poi si è andati avanti per quella strada gli altri colleghi avranno ritenuto di farlo. Evidentemente erano convinti che le instabilità di Scarantino fossero dovute a momenti di debolezza. Resta che anche dopo le cose che avevamo scritto sono i pm a decidere di andare avanti”.


ILDA BOCCASSINI DEPONE AL “PROCESSO DEPISTAGGIO” 20 FEBBRAIO 2021

La lettera con Saieva
Quindi è tornata a parlare di quel documento firmato con Saieva: “Su Vincenzo Scarantino vi erano visioni completamente diverse – spiega il magistrato – Gli altri colleghi erano propensi a dire da subito ‘bene, Scarantino sta collaborando’. Ma per me c’erano delle perplessità. Molte perplessità. Tant’è che volevo persino annullare le mie ferie per partecipare agli interrogatori. Ma la risposta di Tinebra fu: ‘ti sei sacrificata tanto, ora te ne vai in ferie’, e così tornai a settembre. Ma il patatrac per me e Roberto Sajeva fu quello che leggemmo al nostro ritorno. Essere tenuta fuori dai giochi era la prassi. Vuoi per leggerezza, vuoi per sciatteria, non ero più la protagonista come lo ero stata nei mesi precedenti nella dinamica investigativa delle due stragi“.
Quindi ha denunciato: “La relazione che io e il collega Roberto Saieva facemmo sulla non credibilità di Vincenzo Scarantino era sparita da Caltanissetta ma io ne avevo diverse copie. Fino alla fine dissi ai colleghi che bisognava cambiare metodo, che Scarantino andava preso con le molle. Vedendo che c’era questa voglia che io andassi via da Caltanissetta scrissi la seconda relazione. Soltanto con il pentimento di Spatuzza nel 2008, ricevetti una telefonata dall’allora procuratore della Repubblica di Caltanissetta che mi chiese se era vero che io avevo scritto delle relazioni con Roberto Saieva. Erano sparite. Io e Saieva, dopo averne parlato con Giancarlo Caselli, mandammo le relazioni direttamente a Palermo”. “Sono qui per la quarta volta – ha affermato con forza durante il controesame – a ripetere sempre le stesse cose sentendomi quasi in colpa per aver scritto quelle relazioni che avrebbero potuto dare una scossa diversa a quei processi“.
Durante il controesame su questi argomenti la Bocassini più volte ha detto di “non comprendere il senso di certe domande volte soltanto a farmi cadere in contraddizione“. Il presidente del Collegio l’ha invitata “a rispondere alle domande senza aggiungere commenti” e ribadendo che “l’ammissibilità delle domande, lo sono fino a quando non si dichiara diversamente“.
Non credo che tutti i colleghi rimasti abbiano preso a cuore l’andazzo un po’ leggero di Tinebra – ha proseguito-. C’era un clima troppo accondiscendente nei riguardi di Scarantino, per questo la famosa lettera la mandammo anche a Palermo, se nel 2008 non arrivava Spatuzza forse delle due relazioni ne restava solo un mio ricordo. Quello che è successo dal ’94 in poi l’ho leggiucchiato dai giornali, ero impegnata a Milano in ben altre vicende“.
Quindi, nonostante i richiami, non ha voluto far mancare un momento di stucchevole ironia:
Se non avessi fatto le relazioni in cui manifestavo le mie perplessità sulla genuinità del pentimento di Scarantino e non ne avessi per altro conservato copia, oggi mi avrebbero addossato tutte le responsabilità e le colpe, chissà… magari per me avrebbero riaperto Pianosa, anche se io preferisco l’Asinara. Menomale che ne avevo una copia“.