17 luglio 1992  In mattinata Paolo Borsellino incontra a Roma il capo della polizia Vincenzo Parisi

 

 per rivolgergli una richiesta particolare: il rafforzamento della propria scorta. La richiesta é stata formulata da dieci agenti del nucleo scorte di Palermo che si rendono conto che il magistrato é in immediato pericolo di vita e le misure per proteggerlo sono insufficienti. Gli agenti chiedono a Parisi solo di essere armati e di avere il via all´operazione. 

Dopo il colloquio con Parisi il sistema con cui viene organizzata la scorta di Borsellino resta invariato.

 Borsellino rientra a PalermoDall´agenda grigia di Paolo Borsellino:

  • Ritorno da Roma alle 15

Di ritorno da Punta Raisi, Borsellino fa un salto in procura per mettere i verbali in cassaforte, fare qualche telefonata e salutare i colleghi. Li abbraccia anche, uno per uno. “Loro si meravigliano – racconta Rita Borsellino – perché é una cosa che Paolo non ha mai fatto. Almeno tre o quattro di loro, e tra questi Ignazio De Francisci e Vittorio Teresi, affermano di essere rimasti sconvolti da quell´episodio: “Paolo, ma che stai facendo?” E lui, al solito scherzando: “E perché vi stupite? Non vi posso salutare?” 

“É l´ultima volta che sento Borsellino al telefono – ricorda Carmelo Canale – é appena rientrato da Roma, dove era andato ad ascoltare Mutolo. All´interrogatorio, in un primo momento, dovevo andare anch´io. Ma dopo avermi avvertito della partenza prevista per mercoledí, Borsellino mi dá il controordine. Spiega che Giammanco gli ha vietato di portarmi con sé, sostiene che siccome il pentito é gestito dalla Dia, é preferibile che nessuno esterno alla struttura diretta dal generale Giuseppe Tavormina partecipi. Va da solo, quindi, peró appena rientrato mi chiama. Mi chiede novitá sul versante delle indagini su Palma di Montechiaro, mi anticipa come si é svolto il colloquio ocn Mutolo. Lo sento stanco, amareggiato, affaticato. Vorrei incontrarlo, ma sto per lasciare la Sicilia per due giorni, ho un impegno familiare, gli chiedo di accompagnarmi, potrá riposare dopo mesi di lavoro pesantissimo. Lui dice che non é possibile, ha troppo lavoro arretrato. Mi fa una promessa: lunedí partiamo per il nuovo interrogatorio con il palmese Gioacchino Schembri, in Germania. Al rientro ce ne andiamo per una decina di giorni. La meta l´ha giá scelta: l´Asinara. C´é un mare stupendo, producono del formaggio fresco che é la fine del mondo. Le nostre mogli non avranno vetrine da guardare? Pazienza. Si divertiranno lo stesso. Mi saluta: a lunedí . É l´ultima volta che sento la voce di Borsellino.”
Canale sostiene anche che, nel corso di quella telefonata, Borsellino gli avrebbe rivelato che Mutolo ha accusato Bruno Contrada.

Dalla procura, Borsellino torna a casa in auto. A guidare la Croma c´é una carabiniere della Dia. Il magistrato tira fuori dalla tasca il suo cellulare, compone un primo numero, poi un secondo e parla concitatamente. Il carabiniere che lo ascolta riferisce che era “stravolto”. Riesce a captare solo qualche parola: “Adesso noi abbiamo finito, adesso la palla passa a voi”. I due cellulari chiamati dal magistrato sono intestati al comune di Nicosia ed alla procura di Firenze.
“Mi pare che poi si accertó – dirá Gioacchino Genchi, consulente informatico delle procure – che uno fosse il dottor Vigna e l´altro il dottor Tinebra, in quanto il cellualre era allora a lui in uso.”
Quel giorno Tinebra si é insediato alla guida della procura di Caltanissetta. Borsellino, che non fu mai interrogato, voleva essere ascoltato? 

Borsellino arriva in famiglia nel tardo pomeriggio, teso, nervoso. A casa, peró, trova spazio per un momento di ottimismo. Dice a Manfredi: “Sento che il cerchio attorno a Riina sta per chiudersi, stavolta lo prendiamo.”
Non fa il nome di Mutolo, non puó farlo, ma confida a suo figlio che c´é un nuovo pentito, uno che sa tante cose, che ha fatto rivelazioni su uomini d´onore vicini a Riina Ma c´é di piú, anche se quel di piú Manfredi lo verrá a sapere solo dopo: il giorno precedente, Mutolo ha promesso di verbalizzare le accuse su Contrada e Signorino. Ecco perché Borsellino é cosí nervoso. Ad un tratto propone ad Agnese: “Andiamo a Villagrazia, ho bisogno di un po´d´aria, ma senza scorta, da soli.”
Agnese é stupita. “Da soli, Paolo, cosa c´é? É successo qualcosa?”
“Andiamo”, ordina.
La moglie lo conosce, lo segue. In macchina, in silenzio, mentre cala la sera, Agnese lo guarda, capisce che é tormantato da mille angosce., mille dubbi. Riesce a fargli ammettere che qualcosa é successo: Mutolo ha parlato, ha detto cose gravissime, ha acccusato personaggi al di sopra di ogni sospetto. Paolo é sconvolto, confida ad Agnese che alla fine dell´interrogatorio era cosí traumatizzato da avere addirittura vomitato. “Stavo malissimo”, dice. Anni dopo, Agnese, sentita come teste nel processo Borsellino TER, ricorda: “Mutolo gli aveva annunciato che avrebbe dovuto parlare di Signorino, peró mio marito ha detto pure: “Se ne riparla la prossima settimana, perché é tardi e dobbiamo […] abbiamo chiuso giá il verbale, dunque se ne riparla lunedí.”
La moglie di Borsellino afferma che Paolo quella sera non fa altri nomi. E lei non insiste con le domande, cogliendo il suo profondo turbamento. “Non gli ho fatto altre domande, sapevo che avrebbe significato ferirlo ancora di piú. Capivo che dentro di lui provava un dolore immenso.” Che ha detto di cosí sconvolgente Mutolo a Borsellino? Ha parlato solo di Contrada e di Signorino? Ha parlato d´altro?