La storia d’amore di Paolo e Agnese Borsellino, intervista a Lorenza Indovina

 

 
Lorenza Indovina. L’attrice ha interpretato Agnese Piraino Leto nel film “Paolo Borsellino – I 57 giorni” con Luca Zingaretti. Con lei abbiamo ripercorso la vita privata del magistrato, riflettendo sull’eredità che, insieme alla moglie, ha lasciato alle future generazioni:

“Sono contenta che si ricordi Paolo Borsellino, spero che le manifestazioni però non siano solo di facciata, ma che ci sia ancora la volontà di arrivare alla verità. Credo che le energie vadano investite in quello perché lo dobbiamo a lui, alla moglie Agnese, ai figli Lucia, Manfredi e Fiammetta. E soprattutto a noi stessi”.

Immagino sia stato impegnativo interpretare una donna della levatura di Agnese Borsellino.

Mi sono sentita lusingata e ho avvertito una responsabilità enorme. Sapevo che avrebbe visto la mia interpretazione e il racconto di quei giorni drammatici e intensi della sua vita. Mi piaceva molto la scelta di parlare della dimensione privata. Spesso vediamo questi personaggi come degli eroi. Dimentichiamo che sono esseri umani, con le proprie fragilità. Una volta morto Falcone, Borsellino sapeva che sarebbe toccato a lui. Viveva quei giorni, cercando di capire chi fossero gli attentatori di Falcone, perché forse era l’unico modo per salvarsi la vita.

Hai avuto modo di conoscere di persona Agnese Borsellino?

No, nel 2012 era già malata e mi hanno chiesto di evitare di incontrarla. Però ho saputo che lei e i figli avevano molto apprezzato il film. Credo che Agnese fosse una donna straordinaria, piena di entusiasmo. La sua vita è stata fatta di sacrifici, per seguire la missione, il credo del marito. Dopo la morte di Falcone si è spesa per mantenere vivo il suo ricordo.

È come se il loro legame, se possibile, si fosse addirittura rafforzato dopo la morte di Paolo Borsellino.

La loro è stata una storia d’amore incredibile, commovente. Ce ne sono poche così. Si sono conosciuti da giovani, avevano delle passioni e degli ideali comuni. Lo dimostra il fatto che lei lo abbia seguito, nonostante tutto. Certe scelte sono costate care. La figlia ad esempio, aveva problemi di anoressia, ma continuavano a combattere.

È vero che mentre giravi il film, un tassista ti ha detto: “Ma ancora parlate della mafia, parlate delle bellezze della Sicilia”.

Sì. La televisione italiana ha raccontato per molti anni la Sicilia solo da quel punto di vista e in questo senso potevo anche comprendere il suo sfogo, ma non sono d’accordo con lui. I racconti di queste storie non sono mai abbastanza, sono fatti che non devono essere dimenticati.

Nell’anno della strage di via d’Amelio avevi 26 anni. 

A quei tempi non vivevo più in Sicilia, ma percepii subito la gravità della situazione. Avevano avuto la spavalderia di toccare gli intoccabili. Ero sconvolta, non potevo crederci. Dato che c’era stato il precedente con Falcone, pensavo che avrebbero fatto di tutto per proteggere Borsellino. Sapevano che sarebbe stato il prossimo e il fatto che abbiano permesso di farlo, vuol dire che c’era un’infiltrazione mafiosa nei sistemi di sicurezza.

Agnese Borsellino è morta nel 2013, quale ritieni che sia l’eredità lasciata alle nuove generazioni?

È stata una donna pazzesca, che credeva nei giovani. Era convinta che da lì partisse una rivoluzione culturale. Amava andare nelle scuole per raccontare la storia di Paolo Borsellino, sentiva che il futuro della Sicilia, il cambiamento culturale, intellettuale, politico fosse in mano ai ragazzi. Spero avvenga la rivoluzione che auspicava, che le teste si liberino intellettualmente dalle gabbie, altrimenti non si va da nessuna parte. 19 luglio 2022 FANPAGE