I mandanti e gli organizzatori della strage di Via D’Amelio Conferenza stampa della Procura della Repubblica di Caltanissetta con GIOVANNI TINEBRA, CARMELO PETRALIA, ANNAMARIA PALMA ANTONINO DI MATTEO E FRANCESCO PAOLO GIORDANO
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«Via D’Amelio, un’altra pista» I giudici: non solo boss dietro la strage la magistratura di Caltanissetta ha fatto arrestare altre quattro persone e notificare in carcere ordinanze di custodia ad altre 24 giĂ in manette da tempo. E’ il primo sbocco del terzo filone d’inchiesta sul massacro del 19 luglio 1992 con vittime Paolo Borsellino e cinque dei sei agenti di scorta. A Palazzo di giustizia il procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra ieri mattina ha detto che «si è fatta luce quasi completa su mandanti ed esecutori materiali».
Ma subito dopo il suo aggiunto Paolo Giordano se n’è uscito con una battuta che lascia intendere che le indagini non sono concluse: «Vi sono altri indagati per accertare se vi siano anche mandanti estranei a Cosa nostra».
L’ipotesi che le stragi di via D’Amelio e Capaci non siano state volute soltanto dai boss in realtà è stata presa in considerazione varie volte, ma finora senza esiti positivi.
Le ordinanze di custodia in carcere le ha firmate il gip Gilda Loforti su richiesta della procura dopo che i poliziotti del gruppo speciale «Falcone e Borsellino» hanno indagato su piĂą fronti anche sulla base delle rivelazioni dei pentiti della penultima ora Calogero Ganci, Francesco Paolo Anzelmo e Giovan Battista Ferrante che hanno confessato di aver avuto un ruolo in via D’Amelio.
Gli arrestati sono Giuseppe Biondo di 39 anni (avrebbe preparato e fornito i congegni elettronici per l’innesco del tritolo), Vito Priolo di 56 e Girolamo Guddo di 60 che nei loro alloggi avrebbero accolto i boss incaricati del piano esecutivo.
In casa Guddo, addirittura, si sarebbe brindato dopo il massacro proprio come all’Ucciardone i mafiosi avevano stappato bottiglie di spumante dopo Capaci. Il quarto arrestato è il vecchio capomafia Matteo Motisi, 78 anni.
Tra gli altri raggiunti dal provvedimento del gip Loforti vi sono boss noti come Giovanni Brusca (Tinebra ha ancora una volta detto che è un dichiarante e non un pentito e che tre procure continuano a valutarne l’attendibilitĂ ), Nitto Santapaola e Mariano Agate, rispettivamente «padrini» di Catania e del Trapanese.
Nell’ordinanza il gip rileva che Giovanni Brusca non intende «recidere del tutto» e nega di aver partecipato alla strage. Il gip ritiene «impensabile che, principale esecutore della strage di Capaci, vicinissimo a Salvatore Riina, Brusca non abbia avuto conoscenza di ciò che si tramava contro Borsellino».
E di Salvatore Cancemi, che solo a due anni e mezzo dal pentimento ha ammesso di aver concorso all’attentato, Gilda Loforti dice «è sleale, totalmente attendibile per ciò che ha riferito, ma omissivo per ciò che ha taciuto».
Il 27 gennaio sono stati giĂ condannati all’ergastolo Salvatore Profeta, Vincenzo Orofino e Giuseppe Scotto e 18 anni sono stati inflitti al pentito Vincenzo Scarantino che li aveva accusati.
Tre settimane fa, il 21 ottobre, è cominciato sempre a Caltanissetta, il processo-bis con 18 imputati tra i quali Totò Riina e Pietro Aglieri il superlatitante indicato come il nuovo boss dei boss ora che Riina è in carcere. [a. r.] LA STAMPA 13.11.1996
1.8.1996 «Mandanti esterni per le stragi» Il pm Tinebra: c’è un terzo livello Brusca voci di dissociazione
Dopo Salvatore Cucuzza, Giovanni Brusca? Davvero il superkiller di Cosa nostra potrebbe essere il secondo uomo d’onore a scegliere la strada della dissociazione? O, addirittura, del pentimento? Per adesso è soltanto un’ipotesi. Ma avallata da alcuni elementi. Giovanni Brusca, coinvolto nella strage di Capaci e assassino del figlio del pentito Di Matteo, non si è presentato alle ultime udienze del processo ai killer di Falcone. Una scelta che si spiegherebbe con la trattativa che avrebbe intavolato con i magistrati. Colloqui investigativi, li chiamano. In realtĂ , boss e giudici si sarebbero chiariti posizioni e esigenze. E’ giĂ qualcosa. Bagarella e, soprattutto, Riina non hanno mai accettato neppure di parlarne. Ma che la trattativa sia solo nella fase preliminare e che Brusca non abbia ancora deciso il suo futuro, tantomeno quello di andare a ingrossare le file dei pentiti, lo dimostra un altro particolare: il superkiller non ha ancora cambiato avvocato. SarĂ questione di giorni? Ma anche dall’interrogatorio del pentito Salvatore Cancemi – ascoltato per dieci ore martedì a Firenze da Vigna e Caselli – arrivano importanti conferme e qualche novitĂ . Cancemi avrebbe ammesso dirette responsabilitĂ nella strage di Capaci, ma non solo, se ieri, il procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, in un’intervista ai telegiornali Rai, ha detto che «sulle stragi si rafforza l’ipotesi di mandanti esterni a Cosa nostra».
E Piero Luigi Vigna, a un dibattito in Puglia, ha aggiunto: «Dalle indagini sulle stragi del ’93, secondo alcuni spunti forniti da diversi collaboratori, è emerso che Totò Riina si sarebbe incontrato con persone piĂą importanti di lui. C’era una strategia che doveva portare Giovanni Brusca a dare anche a dei colpi all’assetto politico dell’epoca (era in carica il governo Ciampi). Ci ha particolarmente colpito la singolaritĂ degli obiettivi che non sono propri di Cosa nostra, come le chiese ed i musei. Questo fattore ci ha stimolato investigare al di fuori di Cosa nostra vi sono stati degli “input” tenendo presente che Cosa nostra è un tassello di un piĂą ampio mosaico criminale dove possono concorrere imprenditoria criminale, politici con la “p” maiuscola, logge massoniche deviate». Per quanto riguarda il livello dei personaggi con cui Riina doveva incontrarsi, Vigna ha aggiunto: «Quando Riina si convincerĂ , forse ce lo dirĂ . Sono comunque ottimista non per un pentimento ma in una ‘ ‘: accettazione al ~ dialogo di Riina con la giustizia». Insomma, l’inchiesta, condotta parallelamente dalle tre procure antimafia di Palermo, Caltanisetta e Firenze è a un mom mento decisivo e oggi Caselli, Tinebra e Vigna si riuniranno a Roma per fare il punto sulla situazione mentre si consolida l’ipotesi dell’esistenza dei cosiddetti mandanti occulti delle stragi. Un’ipotesi che lo stesso Tinebra aveva giĂ avanzato in un’intervista con «La Stampa» un mese fa. Alla domanda se la corsa al pentitismo, la ricerca di collaborazioni qualificate e quindi il tentativo di aprire le porte dei piani alti della mafia, non presentasse il rischio di una giustizia condizionata dagli interessi politici, Tinebra aveva detto: «Certo, il pericolo esiste. Se si pente tutta la leadership di Cosa nostra qualche domanda dovremo pur farcela. Ma ripeto, basterebbero ancora poche dissociazioni di qualitĂ perchĂ© lo Stato diventi in grado di rifiutare persino un’ipotetica dichiarazione di resa». [r. cri.) LA STAMPA
La precedente conferenza stampa…
19 luglio 1994 “Abbiamo una piena confessione e 15 chiamate di correitĂ e siamo solo agli inizi”. Conferenza Stampa della Procura di Caltanisetta per fare il punto sulle indagini e comunicare, il grande passo avanti nelle indagini sulla strage di Via D’Amelio: la collaborazione di Vincenzo Scarantino. A condurre la conferenza stampa il Procuratore capo GIOVANNI TINEBRA e la sostituta procuratrice ILDA BOCCASSINI. “Noi oggi qui celebriamo il secondo anniversario dell’eccidio di via d’Amelio ed abbiamo la profonda, commossa, consapevole soddisfazione di celebrarlo nel modo giusto, cioè in maniera fattiva. Ieri infatti abbiamo chiesto ed ottenuto sedici ordinanze di custodia cautelare nei confronti di alcuni dei mandanti e degli esecutori materiali della strage.(…) Scarantino. Io credo di poter dire finalmente che questa Direzione Distrettuale Antimafia ha onorato i suoi impegni. (…) Abbiamo una piena confessione con quindici chiamate in correitĂ e siamo solo agli inizi. Abbiamo modo di affermare sul campo e con i fatti che anche questa strage fu ordinata da Totò Riina, il quale ebbe una riunione, con taluni pezzi della cupola, esattamente i capi dei mandamenti interessati sotto un profilo esecuzionale, vale a dire i mandamenti della Guadagna, Pietro Aglieri e Carlo Greco, e del Brancaccio, uno dei fratelli Graviano in rappresentanza degli altri” Scarantino è uno degli uomini d’onore riservati. (Giovanni Tinebra). AUDIO e TRASCRIZIONE Â
Quando ANTONINO DI MATTEO non credette alla ritrattazione di SCARANTINO
e neppure la Corte d’Assise del “Borsellino Bis”