«CAPACI, BORSELLINO “STAVA INDAGANDO SUI NERI E SERVIZI”»

 
di Marco Lillo
 
Paolo Borsellino, un mese prima di essere ucciso in via D’Amelio a Palermo il 19 luglio del 1992 stava indagando sui collegamenti tra mafia, eversione nera e servizi segreti per illuminare i misteri della strage di Capaci. Nella sua disperata corsa contro il tempo per scoprire la verità sull’uccisione del suo amico fraterno, prima di essere ucciso a sua volta, Borsellino in gran segreto al di fuori di ogni ufficialità avrebbe incontrato un personaggio chiave degli intrecci tra servizi segreti ed eversione nera: Alberto Volo, classe 1948, morto il 3 settembre del 2020.
A parlare per la prima volta dell’incontro con Borsellino è stato proprio Volo in un verbale inedito reso ai pm Antonino Di Matteo e Roberto Tartaglia nel luglio del 2016. Nell’interrogatorio, svelato ieri in tv dalla trasmissione Report, Alberto Volo racconta i particolari di questo incontro. La Procura di Palermo sta indagando ma al momento non c’è riscontro al racconto di Volo. Sulle agende ritrovate, quella grigia e marrone, di Borsellino non c’è traccia dell’incontro in quei giorni. L’agenda rossa, che era quella dove il giudice avrebbe annotato probabilmente un incontro come questo, come è noto non è mai stata trovata.
La trasmissione condotta da Sigfrido Ranucci ha dedicato un approfondimento alla strage di Bologna. Il servizio, curato da Paolo Mondani, presentava anche altri scoop come l’intervista a Pasquale Notarnicola. L’ex capo del controspionaggio del servizio segreto militare degli anni ‘80, scomparso da poco, ha parlato poco prima di morire delle attività di depistaggio dei servizi segreti nelle indagini sulla strage di Bologna.
Tornando a Borsellino, l’incontro svelato da Volo nel 2016 si sarebbe tenuto a Trapani nel giugno del 1992 in un locale non lontano dallo svincolo autostradale. Volo si sarebbe rivolto a Borsellino che era “l’unica persona che poteva chiarire. Ero disposto – ha raccontato – a fare l’esca, perché sono convintissimo che ci fosse un unico filo rosso legato a quello, che l’ordine fosse partito da Roma, convinto di nome e cognome del mandante. Proprio convinto!”. A detta di Volo, Borsellino pensava come lui che ci fossero mandanti esterni alla mafia. “Gli dissi quello che io temevo e scoprii – dice Volo ai pm – che lui era praticamente sulla stessa linea di pensiero, assolutamente. Soprattutto che non credeva assolutamente alla teoria del bottoncino. Io sono troppo intelligente per credere a questa sciocchezza”. Secondo Volo, quindi Borsellino non credeva, come lui, alla matrice solo mafiosa dell’attentato di Capaci. Di qui l’allusione al bottoncino del telecomando schiacciato da Giovanni Brusca. Volo, professore palermitano di buona famiglia, era stato allievo ufficiale paracadutista della Folgore a Pisa. Ai magistrati ha raccontato di essere stato agganciato e addestrato in quel periodo alle Canarie da un’organizzazione paramilitare. Dopo aver collaborato con Giovanni Falcone tra il 1989 e il 1990 era andato in Spagna, su consiglio di Falcone, a suo dire.
Dopo la strage di Capaci, Volo decide di tornare in Italia per cercare di capire quel che sta accadendo in Sicilia. Volo descrive ai pm Tartaglia e Di Matteo una sorta di sua indagine personale con tanto di sopralluogo a Capaci. L’estremista di destra si convince che quella strage non possa essere solo farina del sacco della mafia di Totò Riina. Volo a partire dal 1989 aveva incontrato Giovanni Falcone molte volte. Racconta ai pm di averlo visto prima in un appartamento del centro di Palermo per poi verbalizzare le sue dichiarazioni sui suoi rapporti con un’organizzazione paramilitare simile a Gladio di nome ‘Universal Legion’.
In quegli interrogatori Volo aveva riferito sull’omicidio di Piersanti Mattarella le confidenze ricevute, a suo dire, dall’estremista nero Francesco Mangiameli. Poco prima di essere ucciso da Valerio Fioravanti nel settembre 1980, Mangiameli gli avrebbe confidato che “l’omicidio Mattarella era stato deciso a casa di Licio Gelli” e che ad uccidere il politico siciliano sarebbero stati Gilberto Cavallini e Valerio Fioravanti stesso. Sul movente sempre Mangiameli “mi precisò che l’omicidio era stato provocato dalle aperture al Partito Comunista in quel periodo in Sicilia di cui Mattarella era il principale sostenitore”.
Questa pista è stata poi sconfessata dai giudici: Cavallini e Fioravanti sono stati assolti da queste accuse. Report ieri però ha ricordato l’audizione di Falcone alla Commissione Antimafia del 22 giugno del 1990. Dal verbale desecretato l’estate scorsa si comprende che il magistrato credeva alla pista nera per quell’omicidio.
Il verbale del 2016 nel quale Volo 26 anni dopo torna a parlare di Piersanti Mattarella è stato depositato nel processo per l’omicidio dell’agente Antonino Agostino (ucciso nell’agosto 1989 con la moglie Ida Castelluccio) che vede imputato il boss Gaetano Scotto.
Agostino è al centro di molte domande della testimonianza di Volo del 2016 perché Falcone secondo lui avrebbe disposto che Volo fosse protetto dalla Polizia e proprio l’agente Agostino era uno degli addetti al servizio.
Al processo Agostino però l’ex dirigente del Commissariato competente, Elio Antinoro, il 20 gennaio scorso ha smorzato: non ci sarebbe stata una scorta ma solo “vigilanza visiva molto scarna”. Il pm Domenico Gozzo ha fatto notare all’ex dirigente del commissariato che nelle intercettazioni Volo dice su Agostino che lo “conosceva perfettamente (…) perché mi aveva fatto la scorta per un periodo”. Antinoro però ha insistito sul fatto che Agostino non fece alcun servizio di tutela.
Non è il solo punto sul quale Antinoro smentisce Volo. Nella testimonianza svelata ieri da Report, Volo sostiene che fu proprio Antinoro a organizzare l’incontro con Borsellino. La Procura di Palermo sta indagando, ma al Fatto risulta che Antinoro non ha confermato il racconto di Volo sull’incontro con Borsellino.
(da “Il Fatto Quotidiano” del 25 gennaio 2022)