DEPISTAGGIO BORSELLINO / IL 12 LUGLIO UNA SENTENZA DIMEZZATA

 
 

E’ ormai prevista a giorni – 12 luglio al tribunale di Caltanissetta – la sentenza di primo grado sul depistaggio per via D’Amelio, quasi in concomitanza con i 30 anni dalla strage che sterminò Paolo Borsellino e la sua scorta.

Alla sbarra, come imputati in attesa del giudizio, tre poliziotti accusati di aver costruito a tavolino, ‘taroccato’, il falso pentito Vincenzo Scarantino, ottimo per far condannare alla galera (hanno scontato 16 anni) 8 innocenti che non c’entravano niente con l’eccidio. E ottimo, soprattutto, per ‘depistare’, far seguire false piste, evitare di individuare i veri killer e i mandanti, rimasti regolarmente ‘a volto coperto’. E calpestare non solo la giustizia, ma anche la memoria di Paolo e della scorta.

Nino Di Matteo

Un processo, per la verità, ‘anomalo’: perché tira in ballo gli anelli finali della cosiddetta ‘catena di comando’: di tutta evidenza guidata dai magistrati inquirenti. I quali, fino ad oggi, sono usciti del tutto indenni, immacolati come gigli candidi. Annamaria Palma eCarmine Petralia, ossia gli inquirenti che hanno per primi ‘gestito’ Scarantino, infatti, sono stati subito ‘archiviati’ da un procedimento lampo del tribunale di Caltanissetta. Mentre Nino  Di Matteo, la terza toga entrata dopo alcuni mesi nell’inchiesta su via D’Amelio, non è neanche stato sfiorato da un’inchiesta giudiziaria.

 A pochi giorni sia dalla sentenza sul depistaggio che dai 30 anni dalla strage di via D’Amelio, sentiamo le ultime dichiarazioni di Fabio Trizzino, rese in aula, al tribunale di Caltanissetta, nel corso della sua arringa, e della figlia di Paolo, Fiammetta Borsellino.    Parole che pesano come macigni.

Partiamo da Trizzino. Una delle parti di più dure dell’arringa riguarda proprio Di Matteo, da molti considerato un’icona antimafia, oggi membro del CSM.

Fiammetta Borsellino

Ecco le sue parole: “Il Pm Di Matteo nel 2009 fece una dichiarazione sul collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza senza alcuna competenza. L’elemento incredibile è che Di Matteo, quell’anno, da Pm di Palermo, non aveva alcuna competenza per entrare nel processo Borsellino uno e Borsellino due, a meno che non temesse qualcosa che potesse compromettere la sua carriera professionale. Bisogna avere il coraggio di dirle, queste cose”.

Trizzino si riferisce all’intervento di Nino Di Matteo, che si oppose alla richiesta di protezione di Gaspare Spatuzza, il quale aveva del tutto smentito la versione di Scarantino.

Si chiede Trizzino: “Per quale ragione Di Matteo si doveva occupare di dare il proprio parere su Spatuzza? Cosa gli interessava del processo Borsellino uno e del Borsellino due? Non è, questo, uno schizzo di fango, è una analisi critica e non possiamo far finta di niente”.

E affonda il colpo, il legale della famiglia Borsellino e anche marito di una delle figlie, Lucia: “Il danno provocato dall’incapacità di alcuni magistrati è fatto. Non si può riparare. Quale verità stiamo cercando, ora? La ricerca della verità, a mio giudizio, in questo paese è stata affidata a persone che erano in conflitto di interesse”.

 Durissime come macigni le parole di Fiammetta Borsellino, pronunciate nel corso della presentazione del libro di Pietro Melati, ‘Paolo Borsellino, per amore della verità’, edito da ‘Sperling & Kupfer’.

Diserteremo tutte le manifestazioni ufficiali per la strage di via D’Amelio fino a quando lo Stato non ci spiegherà cosa è accaduto davvero, non ci dirà la verità: nonostante tutte queste celebrazioni, si è fatto un lavoro diametralmente opposto su questo barbaro eccidio. Il fatto che qui (alla presentazione del libro, ndr) non ci sia un solo magistrato o un poliziotto o un referente qualsiasi delle istituzioni, è molto significativo. Saranno tutti presenti il 19 luglio e ai concerti del Teatro Massimo”.

Prosegue il j’accuse di Fiammetta: “Ci sono uomini che lavorano per allontanare la verità sulla strage di via D’Amelio. Oggi questa verità è negata non solo alla mia famiglia ma a tutto il popolo italiano, il primo a essere stato offeso”.

Fabio Trizzino

“A casa mia, da quando è morto mio padre, è entrato chiunque. Ma se all’inizio questa presenza continua era giustificata come forma di attenzione, alla luce di tradimenti e depistaggi ci ha fatto capire che c’era una forma di controllo. Davanti ad una finta attenzione, non c’è stato un giusto percorso di verità. Invece abbiamo avuto solo tradimenti e verità distorte”.

Abbiamo avuto magistrati che non hanno fatto le verbalizzazioni dei sopralluoghi nel garage dove Scarantino diceva di aver rubato la macchina. Se fosse stato fatto un verbale ci si sarebbe subito resi conto della inattendibilità di Scarantino, che non sapeva neppure come si apriva il garage. Se non avessero delegato segmenti di indagine ai Servizi segreti, se avessero esercitato quel controllo previsto dalla legge sugli organi investigativi, il depistaggio non ci sarebbe stato. Tutto questo non può avvenire sotto gli occhi di chi invece deve controllare e coordinare, cioè i magistrati”.

E l’affondo: “Se un medico avesse sbagliato una operazione di questo tipo sarebbe stato messo subito alla sbarra (nel caso,  viene da dire, si mandano a processo gli ‘infermieri’, ndr). Qui invece non si è avviata nessuna indagine, né sul piano disciplinare o penale. E quel poco che si era fatto è stato subito archiviato (come a Messina, ndr). C’era la volontà della magistratura di non guardare dentro se stessa, perché si doveva partire da quella frase che disse mio padre quando definì la procura di Palermo ‘Quel nido di vipere’. Mio padre non è stato ucciso solo da Cosa nostra, ma il lavoro di Cosa nostra è stato ben agevolato da persone che sicuramente hanno tradito”.

9 Luglio 2022 di: PAOLO SPIGA LA VOCE DELLE VOCI