La ‘ndrangheta guadagnava con i ristoranti. In tutto il mondo. E negli esercizi faceva confluire anche i proventi dello spaccio di droga. Per ripulire i soldi.
L’operazione Eureka che ieri ha portato in galera un centinaio di affiliati all’associazione mafiosa ha anche certificato la transnazionalità delle cosche. Che avevano interessi in otto paesi europei, tra cui la Germania. Ma Il Messaggero racconta oggi una storia che riguarda invece Roma. Dove la ‘ndrangheta aveva in gestione alcuni ristoranti. Domenico Giorgi, arrestato ieri, era il dominus di un vero e proprio “impero”, composto da una società italiana (la “Caffè In srl”) che controllava il ristorante “Antica Trattoria da Pallotta” di Roma, e da nove società portoghesi con cinque ristoranti in Portogallo, i cui proventi confluivano in una cassa comune e vengono suddivisi tra i soci, anche occulti.
Il Gip
Ma nelle intercettazioni si racconta anche un’altra storia. Che riguarda il metodo utilizzato per pulire i proventi. Gli uomini del clan, intercettati dal Ros, contavano i soldi da dividersi. E anche il “nero” realizzato nel locale di Ponte Milvio e nei cinque ristoranti in Portogallo. Lamentandosi perché l’obbligo del Pos aveva arrecato danni notevoli: «C’abbiamo perso un milione di euro». Il gip: «I due si lamentano dei pagamenti effettuati tramite Pos, circostanza che limita notevolmente il margine di manovra per distrarre somme dagli incassi della società». È il 22 novembre del 2021, quando Francesco Giorgi e Francesco Nirta «offrono ulteriori elementi in ordine alle divisioni mensili tra i soci del contante proveniente sia dal circuito dei ristoranti portoghesi, sia dalla gestione del ristorante romano; i due ripercorrono le spartizioni dei mesi precedenti, fino a giungere a quella più recente del mese di ottobre, mensilità durante la quale i quattro membri del gruppo hanno percepito una quota pro capite pari a 16.135 euro».
La pandemia
Si rammaricano: «Nel 2018 – dicono – erano 29mila euro di spartizione, 116mila abbiamo diviso, 29mila euro a testa. Proprio, in assoluto è stato nel 2017, 48mila euro a testa. Ci siamo divisi 194mila euro». E sostengono che un risultato analogo avrebbero conseguito anche nel 2021 senza le chiusure dovute alla pandemia: «Ci ha rovinati, che se era con il lavoro normale, ci saremmo divisi un sacco di soldi». 4 Maggio 2023 OPEN
I soldi della ‘Ndrangheta ripuliti a Roma: sequestrato un ristorante a Ponte Milvio
Nelle indagini vengono citate diverse intercettazioni captate nell’appartamento romano preso per gestire gli affari
Domenico Giorgi, 62 anni, di San Luca, era “il dominus occulto di un vero e proprio ‘impero’, composto da una società italiana (Caffe’ In srl) che controlla il ristorante di Roma, e da nove società portoghesi che gestiscono cinque altri ristoranti a Lisbona, Braga e Porto, i cui proventi confluiscono in una cassa comune e vengono suddivisi tra tutti i soci, formali e occulti, del gruppo.
A raccontare gli affare della ‘Ndrangheta è l’ordinanza del gip di Reggio Calabria, Valerio Trovato. Le indagini – si legge nel documento – hanno consentito di “accertare l’operatività in Italia e Portogallo di un’associazione a delinquere, con base decisionale in San Luca e Benestare, finalizzata alla commissione di una serie di intestazioni fittizie di società operanti prevalentemente nel campo della ristorazione, di reati in materia tributaria e di operazioni di autoriciclaggio, reiterando le dinamiche criminali del cosiddetto ‘Gruppo di Erfurt’, costituitosi negli anni ’90, a opera di un gruppo di soggetti calabresi, legati da vincoli di parentela alla famiglia Pelle ‘Gambazza’, trasferiti in Germania”.
Le intercettazioni captate nell’appartamento romano preso in affitto dalla Caffé In srl, nella centralissima via della Farnesina, dimostrano – secondo il gip – che la fuoriuscita dalla srl “è stata del tutto fittizia, posto che (Giorgi) continua a sovraintendere qualunque operazione e ad assumere decisioni e disposizioni”, servendosi del genero che con lui “gestisce il ristorante romano”.
All’interno dell’appartamento vi è, infatti, una cassaforte “dove vengono immesse ingenti somme in contanti riferibili al gruppo, sia portoghese che italiano, ai fini del conteggio e della ripartizione; somme frutto dei proventi ‘in nero’, distratti dalle attività di ristorazione italiane e portoghesi e del versamento di quote di partecipazione a opera dei soci occulti”, spiega il gip. ROMA TODAY 3.5.2023
Cosca Capitale, così la ‘Ndrangheta si è presa Roma
‘Ndrangheta a Ponte Milvio, sequestrato anche l’Antica Trattoria da Pallotta
«Posto in essere una sistematica strategia fondata sull’evasione fiscale e sulla ripartizione occulta degli elementi attivi sottratti al fisco»
C’è anche lo storico ristorante «Antica Trattoria da Pallotta» di Ponte Milvio tra le attività sequestrate nell’ambito dell’operazione «Eureka» di contrasto alla ‘ndrangheta con 108 arresti e indagati in tutta Italia e all’estero.
«Domenico Giorgi, 62 anni, di San Luca, era «il dominus occulto di un vero e proprio “impero”, composto da una società italiana (Caffè In srl) che controlla il ristorante Antica Trattoria da Pallotta di Roma, e da nove società portoghesi che gestiscono cinque ristoranti a Lisbona, Braga e Porto, i cui proventi confluiscono in una cassa comune e vengono suddivisi tra tutti i soci, formali e occulti, del gruppo». È quanto scrive il gip di Reggio Calabria, Valerio Trovato, nell’ordinanza di misure cautelari disposta nell’ambito dell’operazione dei carabinieri.
Le indagini – si legge nel documento – hanno consentito di «accertare l’operatività in Italia e Portogallo di un’associazione a delinquere, con base decisionale in San Luca e Benestare, finalizzata alla commissione di una serie di intestazioni fittizie di società operanti prevalentemente nel campo della ristorazione, di reati in materia tributaria e di operazioni di autoriciclaggio, reiterando le dinamiche criminali del cosiddetto Gruppo di Erfurt, costituitosi negli anni ’90, ad opera di un gruppo di soggetti calabresi, legati da vincoli di parentela alla famiglia Pelle Gambazza, trasferitisi in Germania».
Le intercettazioni captate nell’appartamento romano preso in affitto dalla Caffè In srl dimostrano – secondo il gip – che la fuoriuscita dalla srl «è stata del tutto fittizia, posto che (Giorgi) continua a sovraintendere qualunque operazione e ad assumere decisioni e disposizioni», servendosi del genero che con lui «gestisce il ristorante romano. All’interno dell’appartamento vi è, infatti, una cassaforte ove vengono immesse ingenti somme in contanti riferibili al gruppo, sia portoghese che italiano, ai fini del conteggio e della ripartizione; somme frutto dei proventi “in nero”, distratti dalle attività di ristorazione italiane e portoghesi e del versamento di quote di partecipazione ad opera dei soci occulti». L’accusa è quella di aver «posto in essere una sistematica strategia fondata sull’evasione fiscale e sulla ripartizione occulta degli elementi attivi sottratti al fisco, atteso il significativo discostamento tra gli incassi effettivi e quelli formalmente dichiarati». Accogliendo le richieste del pm, viene pertanto disposto il sequestro preventivo del capitale sociale e del patrimonio aziendale della società Caffè In srl e delle società portoghesi (oltre che di alcuni immobili) con conseguente nomina dei custodi-amministratori. CORRIERE DELLA SERA 3.5.2023