19 giugno 1992 – Di un mese prima il RAPPORTO RISERVATO dei CARABINIERI

 

 

Venerdì 19 giugno 1992 Il generale dei carabinieri Antonio Subranni, comandante del ROS, invia un rapporto al comando generale dei carabinieri in cui si riporta che numerose fonti, mafiose e non, hanno parlato di una decisione di Cosa Nostra di eliminare fisicamente Paolo Borsellino.

 

Altri possibili obiettivi sono il maresciallo Canale, il Ministro della Difesa Andò e l’ex-ministro Calogero Mannino. Il rapporto numero 541 intitolato “Minacce nei confronti di personalità ed inquirenti” afferma che nell’ultimo anno gli organi dello Stato hanno esercitato un’indiscutibile pressione sulla criminalità organizzata, sia in termini di inasprimento normativo, che in termini di positivo impegno investigativo…nelle ultime settimane abbiamo proceduto ad una analisi dei dati disponibili, con l’obiettivo di ottenere un quadro delle strategie operative di Cosa Nostra e di individuare il movente e gli esecutori di eclatanti delitti di mafia riconducibili anche ad una precisa strategia di attacco allo Stato. 
Il documento cita l’uccisione del maresciallo Guazzelli, di Giovanni Falcone, sua moglie Francesca e degli uomini della scorta, dell’eurodeputato Salvo Lima. Poi il rapporto prosegue delineando un panorama molto preoccupante: le informazioni raccolte sia in ambienti estranei al crimine organizzato sia all’interno di quel mondo hanno consentito di ottenere da più fonti di fiducia notizia sull’esistenza di una volontà dei vertici di Cosa Nostra di opporsi con determinazione all’offensiva dello Stato, agendo contemporaneamente su due fronti.
Il primo consiste nel fare pressioni, in forme indirette, su esponenti politici per ridurre l’impegno dello Stato contro la criminalità. Il secondo invece consiste nell’eliminare fisicamente alcuni inquirenti che si sono messi in evidenza nella recente proficua attività di repressione di Cosa Nostra. 
Poi il rapporto prosegue mettendo in rilievo le caratteristiche dei possibili obiettivi:  gli onorevoli Calogero Mannino e Salvo Andò potrebbero essere future vittime di Cosa Nostra…il maresciallo Canale potrebbe correre pericolo per la sua incolumità poiché si è distinto in operazioni antimafia e per avere in particolare contattato alcuni esponenti di spicco della criminalità siciliana successivamente colpiti da provvedimenti della magistratura. Il Cap. Umberto Sinico correrebbe pericolo di vita per l’attività di contrasto di una delle maggiori famiglie mafiose palermitane…il Procuratore aggiunto Paolo Borsellino correrebbe seri pericoli per la sua incolumità a causa delle ultime inchieste sulla mafia trapanese che, colpita dai recenti successi investigativi, ha di molto ridotto la propria credibilità ai vertici di Cosa Nostra. 
Del contenuto del documento furono subito informati i diretti interessati prima ancora che fosse completato e spedito al comando generale dei carabinieri e da questo alla Procura di Palermo, alla Prefettura, alla Questura ed all’Ufficio dell’Alto Commissariato.[36] Ai due politici fu rafforzata la scorta, il Cap. Sinico ricevette l’invito di lasciare la Sicilia, il maresciallo Canale ricevette un analogo invito ma decise di restare per motivi familiari e professionali e cominciò a girare con un’auto blindata. Borsellino vide raddoppiata la sua scorta.[37]

19luglio1992.com

 

IL RAPPORTO


Il “riservato” per la vita di Borsellino

Emerso di dominio pubblico un rapporto “riservato” dei Carabinieri del Ros che il 19 giugno del 1992 ravvisarono rischi per la vita di Sinico, Canale, Andò, Mannino e Paolo Borsellino.

Il 19 giugno del 1992, nemmeno un mese dopo la strage di Capaci contro Falcone il 23 maggio, e un mese esatto prima della strage di via D’Amelio contro Borsellino il 19 luglio, il generale di Brigata Comandante dei Carabinieri del Ros, Antonio Subranni, appena assolto in Cassazione con sentenza definitiva al processo sulla ipotizzata “trattativa Stato – mafia”, inviò al Comando generale dell’Arma dei Carabinieri un documento, timbrato come “riservato” e intitolato in oggetto: “Minacce nei confronti di inquirenti e personalità”, tramite cui segnalò, tra gli altri, anche i rischi legati all’incolumità di Paolo Borsellino. E Subranni scrisse: “In Sicilia negli ultimi mesi sono stati compiuti eclatanti delitti di mafia, non solo riconducibili ad una fisiologica evoluzione degli equilibri di Cosa Nostra, bensì significativi di una precisa strategia di contrasto allo Stato.
Tra questi delitti emergono gli omicidi dell’onorevole Salvo Lima, avvenuto il 12 marzo 1992, del maresciallo Giuliano Guazzelli, avvenuto il 4 aprile 1992, e del giudice Giovanni Falcone, avvenuto il 23 maggio 1992. In tale contesto si è proceduto ad un’analisi dei dati informativi disponibili, condotta sia in ambienti estranei alla criminalità organizzata che ad essa appartenenti. E ciò ha consentito di acquisire, da più fonti fiduciarie, notizie circa l’esistenza di un intendimento dei vertici di Cosa Nostra di opporsi con determinazione all’attuale offensiva dello Stato, agendo contemporaneamente su due fronti. Con pressioni, in forme indirette, su esponenti politici, miranti a deflazionare l’impegno dello Stato contro la criminalità. E con l’eliminazione fisica di alcuni inquirenti, che si sono evidenziati nella recente proficua attività di repressione svolta nei confronti di Cosa Nostra. Più precisamente si è appreso che gli onorevoli Calogero Mannino e Salvo Andò potrebbero essere future vittime di Cosa Nostra.
E il dottor Paolo Borsellino, Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, correrebbe seri pericoli per la sua incolumità a causa delle ultime inchieste sulla mafia trapanese che, fortemente colpita dai recenti successi investigativi, ha di molto ridotto la propria credibilità in seno ai vertici di Cosa Nostra. Per le personalità citate si ritiene necessaria una diretta iniziativa da parte di codesto Comando Generale per informare gli interessati e le Autorità Centrali. Tutto ciò sarà oggetto di informativa all’Autorità giudiziaria che, peraltro, informalmente, ne è già al corrente”. Nello stesso documento, i Carabinieri del Ros citano come a rischio vita anche il capitano Umberto Sinico, per l’attività di contrasto condotta nei confronti di una delle maggiori “famiglie” mafiose palermitane, e il maresciallo Carmelo Canale, per le operazioni di servizio e per avere contattato alcuni esponenti di spicco della criminalità isolana successivamente colpiti da provvedimenti restrittivi. Subranni informa che per Sinico e Canale sono state già adottate delle iniziative a tutela: per Sinico il trasferimento, e per Canale, indisponibile al trasferimento, un’automobile protetta per gli spostamenti.