Caltanissetta, 15 dic. (Adnkronos) – “Il 2 settembre del 1998 era in corso l’interrogatorio del collaboratore di giustizia Vincenzo Scarantino, che io assistevo, quando a un certo punto il mio assistito ritrattò tutte le dichiarazioni fatte precedentemente” sulla strage di via D’Amelio, “dicendo di essere stato costretto a fare quelle dichiarazioni”. “Le sue parole sconcertarono un po’ tutti. Soprattutto i magistrati. Dopo un po’, nel corso dello stesso interrogatorio ritrattò la sua stessa ritrattazione e confermò quanto detto in precedenza ai magistrati”.
A raccontarlo, in aula, deponendo al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio è l’avvocato Santino Foresta, ex legale del falso pentito Vincenzo Scarantino, l’ex collaboratore che con le sue dichiarazioni depistò le prime indagini sulla strage di via d’Amelio facendo condannare degli innocenti.
Secondo l’accusa, Scarantino sarebbe stato imbeccato dagli inquirenti che stavano indagando sulle stragi.
Dopo essere stato recluso nel carcere di massima sicurezza di Pianosa, Scarantino decise di collaborare con gli inquirenti spiegando come venne organizzata la strage in cui morì il giudice Borsellino per cui venne condannato a 18 anni per poi accusare i poliziotti e magistrati, che lo avrebbero spinto a fare quelle accuse.
➡️ Nel 1998 Scarantino ha ammesso di non avere preso parte all’attentato di via D’Amelio e di essere stato costretto dall’allora capo della squadra mobile di Palermo a confessare il falso e di aver subito maltrattamenti durante la sua detenzione nel carcere di Pianosa.
➡️ Nel 2007 fu il pentito Gaspare Spatuzza a raccontare di essere stato l’autore del furto dell’auto Fiat 126 usata per l’attentato, scagionando Scarantino e dimostrando che era un falso pentito, usato per sviare le indagini sulla morte di Borsellino.
L’avvocato Foresta, che in passato ha assistito anche altri collaboratori come Gioacchino La Barbera e Santino Di Matteo, racconta in aula che quel giorno, nel 1998, all’interrogatorio, c’erano i pm Francesco Paolo Giordano, Annamaria Palma e Carmelo Petralia. “A me arrivò un avviso dell’interrogatorio – dice – All’epoca era la normalità, per cui mi recai alla Dna per assistere all’interrogatorio. Era stato assistito prima dal mio collega di studio Li Gotti”. “Cosa successe nell’interrogatorio?”, chiede l’avvocato Giuseppe Scozzola, che rappresenta la parte civile nel processo che vede alla sbarra tre poliziotti, Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. “Scarantino partì un po’ a ruota libera e cominciò all’improvviso a ritrattare tutte le dichiarazioni fatte precedentemente – dice Foresta – queste sue parole sconcertarono un po’ tutti, ma soprattutto i magistrati che conoscevano gli atti di indagine. Diceva di avere avuto delle pressioni ma non disse da chi”. Da parte dei pm? Chiede l’avvocato Scozzola. “Non penso proprio, i pm erano sconcertati”. Da parte della Polizia? gli chiede l’avvocato. “Non lo so ma certo non dai magistrati”. “Dopo un po’ nel corso dello stesso interrogatorio ritrattò la ritrattazione. – dice ancora l’avvocato Foresta -Quindi l’interrogatorio fini’ con la conferma del primo interrogatorio”.