Processo Borsellino e depistaggio sulla strage di via d’Amelio, Mario Bo: “Io estraneo ai fatti”

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Le dichiarazioni rese da Mario Bo, coinvolto nell’inchiesta sul depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio con l’accusa di concorso in calunnia aggravata.

Mario Bo, ex dirigente della Squadra mobile di Trieste, tra gli imputati al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio, costata la vita al giudice Paolo Borsellino e 5 agenti della scorta, ha reso delle dichiarazioni spontanee nelle scorse ore.

“Sono assolutamente estraneo ai fatti che mi vengono contestati in questo processo, che già mi ha procurato non pochi danni fisici e morali. La mia unica responsabilità, se tale si può considerare, è di avere sempre svolto i miei doveri istituzionali con la massima dedizione e con la piena osservanza delle leggi, alle quali ho prestato giuramento di fedeltà al momento del mio ingresso nell’Amministrazione”. Sono queste le parole parole di Mario Bo, che avrebbe dichiarato di aver sempre agito in buona fede.

“Voglio precisare di essermi occupato delle indagini sulle stragi solo dopo il giugno 1993. In precedenza non mi sono assolutamente occupato delle relative indagini”. Per il poliziotto, oggi in quiescenza, la Procura ha chiesto la condanna a 11 anni e 10 mesi. Per Mario Bo, nell’ambito del cosiddetto processo Borsellino, l’accusa è di concorso in calunnia aggravatadall’avere favorito Cosa nostra.

Tra gli indagati anche i colleghi Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo, per i quali è stata richiesta una condanna a 9 anni e 6 mesi ciascuno.

Processo Borsellino, Mario Bo su Vincenzo Scarantino

Mario Bo, parlando dell’ex mafioso Vincenzo Scarantino, ha dichiarato agli inquirenti: “Vincenzo Scarantino, interrogato al carcere di Pianosa, si dichiarò estraneo ai fatti contestatigli. Al che, ricordo di avergli chiesto il motivo che lo aveva indotto a chiedere di conferire con l’autorità giudiziaria. Senza fornirmi alcuna spiegazione, continuò nella sua linea di difesa aggiungendo che non riusciva a reggere le condizioni carcerarie e la lontananza dalla propria famiglia”.

“La volta successiva in cui ho incontrato Scarantino fu in occasione di un secondo e ultimo colloquio investigativo effettuato nel carcere di Termini Imerese, in occasione della traduzione di Scarantino per presenziare a un processo a Palermo che lo vedeva coinvolto in un traffico di droga. In questa occasione, come ebbi modo di attestare nella mia relazione di servizio, agli atti del presente processo, Scarantino continuò a dichiararsiestraneo alla strage, mantenendo la stessa linea che aveva adottato nel precedente colloquio del mese di dicembre”.

A proposito di quell’ultimo incontro, l’ex poliziotto aggiunge: “Mi congedò con una frase sibillina affermando che avrebbe meditato circa una sua eventuale collaborazione se fosse venuto a conoscenza di ‘tradimenti‘ da parte di sua moglie. È singolare che Scarantino nel corso di questo processo abbia affermato di escludere categoricamente di avermi incontrato a Termini Imerese, fatto che, invece, è provato documentalmente, a differenza di altri presunti e asseriti incontri con me, che non hanno avuto riscontro probatorio alcuno poiché, in effetti, non sono mai avvenuti”.