ANTIMAFIA, SERVONO NORME EUROPEE 

 

In Europa, i ventotto Stati membri hanno altrettanti codici penali diversi tra loro e solo quello italiano prevede una normativa antimafia efficace e avanzata anche se da adeguare alle ultime metamorfosi mafiose. La situazione corrente richiede interventi normativi immediati a livello europeo al fine di porre freno alla diffusione delle organizzazioni criminali, combattere i reati più comunemente commessi dalle mafie e impedire le infiltrazioni nell’economia e nel mondo finanziario. Occorrerà lavorare sul requisito del “metodo mafioso” aggiornando la nostra fattispecie del 416-bis riguardo ai tradizionali elementi sociologici e ambientali tipici delle mafie italiane. In questo modo, soprattutto in Europa, sarà più semplice incanalare in questa nuova fattispecie incriminatrice le nuove evoluzioni delle mafie classiche. Dovremo comprendere nel nuovo reato quelle condotte che non includano necessariamente la violenza, ma inglobino ad esempio la corruzione. Le nuove organizzazioni criminali hanno spostato l’asse portante del loro sodalizio dalla militarizzazione alla corruzione. Le nuove mafie sono sistemi criminali complessi di cui fanno parte esponenti di settori diversi della società: politica, economia, finanza, pubblica amministrazione, istituzioni centrali e locali, colletti bianchi, imprenditoria, massoneria e così via. Questi sistemi criminali multiformi richiedono strumenti penali adeguati alla loro complessità soprattutto in ambito europeo. Le condotte contenute dagli articoli 416-bis (“i sistemi criminali non usano il metodo mafioso”) e 416 (“l’associazione per delinquere semplice è una norma riduttiva”) sono ormai obsolete anche in Italia. Conseguentemente sono indispensabili soluzioni di politica criminale in ambito europeo che tengano in considerazione queste continue metamorfosi. Personalmente penso a una nuova fattispecie incriminatrice che possa far rientrare nell’alveo dell’art. 416-bis c.p. anche le relazioni illecite fra apparati pubblici e crimine organizzato in forma stabile e associata. Alle mafie di oggi basta corrompere per ottenere ciò che vogliono. Lo strumento per far ciò è la corruzione che ormai si estende in molteplici settori economici e delle pubbliche amministrazioni. Le nuove mafie governano il territorio, acquisiscono pubblici servizi, appalti, interi comparti economici, senza l’uso di quelle che si ritenevano fossero le loro armi principali (intimidazione, violenza, minaccia), ma assoggettano le loro vittime (sia esso un imprenditore concorrente, un funzionario pubblico o un qualsiasi altro cittadino) senza fare ricorso all’uso della violenza mafiosa ma con metodi di persuasione economica (corruzione) o di rassegnazione (inglobando la vittima nel sistema criminale). Il metodo corruttivo, sulla base del nostro ragionamento, va collocato nell’alveo dei sistemi attraverso cui le mafie possono indurre assoggettamento. L’uso stabile e continuo del metodo corruttivo da parte delle associazioni mafiose, determina, di fatto, l’acquisizione in capo alle stesse, dei poteri dell’autorità pubblica che governa il settore amministrativo ed economico che è infiltrato. Va rivisto l’articolo 416-bis del codice penale italiano e contestualizzato in ambito europeo introducendo una nuova previsione normativa che possa colpire i colletti bianchi che agevolano o fanno affari con le mafie. Il mio maestro Antonino Caponnetto sosteneva che la mafia fosse un’entità criminale in continua evoluzione che si adattasse facilmente ai mutamenti dell’ambiente circostante. Ecco, dunque, il perché di un rinvigorimento dell’articolo 416-bis del codice penale con una modifica in ambito europeo che dal punto di vista tecnico-giuridico, potrebbe essere costruita dalla previsione proprio del metodo corruttivo. Ormai dobbiamo pensare alle mafie che manifestano la loro forza intimidatoria utilizzando un campionario di strumenti corruttivi duttile, invisibile e capace di infiltrarsi in profondità in ambito pubblico e privato. La loro enorme potenzialità, frutto di un’economia parallela a quella dello Stato, garantisce, silenziosamente, senza un colpo di pistola, ma in modo molto più efficace, il raggiungimento delle finalità mafiose. L’indagine italiana denominata “Mafia Capitale” ha rivelato un aspetto indubbiamente inquietante: quello delle attività tese a influenzare illecitamente le nomine dei dirigenti e dei responsabili dei servizi e degli uffici pubblici che governano il settore economico che il sodalizio intende controllare. Gli interessi economici in gioco sono enormi: i danni provocati dalle mafie nell’economia degli altri Paesi europei, privi d’idonei strumenti di contrasto sono smisurati. La necessità di un 416-bis a livello europeo è essenziale per sconfiggere la criminalità organizzata con regole comuni e condivise. 14 maggio 2020

Tedtomdi Vincenzo Musacchio, giurista e docente di diritto penale, associato della School of Public Affairs and Administration (SPAA) presso la Rutgers University di Newark (USA). Presidente dell’Osservatorio Antimafia del Molise e Direttore scientifico della Scuola di Legalità “don Peppe Diana” di Roma e del Molise, è stato allievo di Giuliano Vassalli e amico e collaboratore di Antonino Caponnetto.