Articoli di Paolo Borsellino

 

Di Paolo Borsellino





“TRA MAFIA E POLITICA FAVORI ELETTORALI, MA SOPRA LA CUPOLA NON C’È NIENTE”: LA DEPOSIZIONE DI BORSELLINO  Desecretati gli atti che riguardano il magistrato ucciso dalla mafia. In una deposizione del 1988 dice: “Non esiste un terzo livello” Non esiste. Ci sono, invece, i favori elettorali tra mafia e politica”. In uno degli atti che sono stati desecretati dalla Commissione antimafia, Paolo Borsellino spiega quali sono i rapporti tra criminalità organizzata e mondo politico. Nella deposizione, datata 1988, il magistrato ucciso il 19 luglio 1992 dalla mafia dice: “Problema delle connessioni tra mafia e politica: vi è un problema di ordine generale. Mi sono formato la convinzione, tra l’altro condivisa dal collega Falcone dopo 8 anni di indagini sulla criminalità mafiosa, che il famoso terzo livello di cui tanto si parla – cioè questa specie di centrale di natura politica o affaristica che sarebbe al di sopra dell’organizzazione militare della mafia – sostanzialmente non siste. Dovunque abbiamo indagato, al di sopra della cupola mafiosa, non abbiamo mai trovato niente”. La terza struttura non esiste, ma gli scambi reciproci sono un fatto. Soprattutto in vista delle elezioni: “Da tante indagini viene fuori invece – prosegue il giudice nella sua deposizione – contiguità e i reciproci favori in riferimento alle attività delle organizzazioni mafiose a livello elettorale, che permetteva quantomeno di rendere favori elettorali, probabilmente con la speranza di averli resi in altro modo”. In uno dei passaggi della deposizione il riferimento ai contatti tra mafia e massoneria. E ai rapporti che alcune toghe intrattenevano con le logge: “Le indagini fatte su questa Stella d’Oriente, in cui erano presenti anche massoni, non hanno consentito di portare all’accertamento di attività criminali direttamente espletate attraverso la stessa. Però la documentazione trovata è risultata utilissima in riferimento all’accertamento di determinati rapporti o collegamenti tra elementi di famiglie mafiose palermitane, marsalesi e campane”.  Alla domanda di uno dei relatori se vi fossero evidenze anche di connessioni tra magistrati e massoneria, Borsellino replica: “Non credo, quello che ho sentito è che qualche magistrato frequentasse il circolo, non però che fosse aderente alla loggia. Vi aderivano comunque anche elementi mafiosi o sospetti di mafiosità”.HuffPost 


Paolo Borsellino: “Politica dovrebbe fare pulizia di coloro che sono raggiunti da fatti inquietanti, anche se non sono reati”

VIDEO

Il 26 gennaio del 1989, il giudice Paolo Borsellino incontrò gli studenti di Istituto professionale “Remondini” di Bassano del Grappa.  Il giudice, nel suo intervento, affrontò i temi che gli stanno più a cuore: la legalità e i rapporti fra mafia e politica

 “Sono emerse dalle nostre indagini tutta una serie di rapporti tra esponenti politici e organizzazioni mafiose che nella requisitoria del Maxiprocesso vennero chiamati “contiguità”, cioè delle situazioni di vicinanza o di comunanza di interessi che però non rendevano automaticamente il politico responsabile del delitto di associazione mafiosa. Perché non basta fare la stessa strada per essere una staffetta, la stessa strada si può fare perché in quel momento si trova – almeno da punto di vista strettamente giuridico – si trova conveniente o fare convergere la propria attenzione sullo stesso interesse. Questo non ci ha consentito dal punto di vista giudiziario di formulare imputazioni sui politici, però stiamo attenti, vi è un accertamento rigoroso di carattere giudiziario che si esterna nella sentenza nel provvedimento del giudice e poi successivamente nella condanna, che non risolve tutta la realtà, la complessa realtà sociale. Vi sono oltre ai giudizi del giudice, esistono anche i giudizi politici, cioè le conseguenza, che da certi fatti accertati, trae o dovrebbe trarre il mondo politico. Esistono anche i giudizi disciplinari, un burocrate, un alto burocrate, che ad esempio, dell’amministrazione ha commesso dei favoritismi, potrebbe non aver commesso automaticamente, perché manca qualche elemento del reato, il reato di interesse privato in atto d’Ufficio, ma potrebbe essere sottoposto a procedimento disciplinare perché non ha agito nell’interesse della buona amministrazione.
Ora l’equivoco su cui spesso si gioca è questo, si dice: quel politico era vicino al mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con l’organizzazione mafiosa, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E no! Questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale. Può dire beh ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria, che mi consente di dire quest’uomo è mafioso. Però siccome dall’indagine sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, cioè le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, cioè i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi, che non costituivano reato, ma erano o rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo “schermo” della sentenza e detto: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia e non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al proprio interno di tutti coloro che sono raggiunti, ovunque, da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reato” (Paolo Borsellino – 26 gennaio del 1989)


GLI OSTACOLI CHE INCONTRA CHI COMBATTE LA MAFIA. (PAOLO BORSELLINO)  Vi è stata una estrema difficoltà di mezzi quando venne fatto un mandato di cattura contro trecentoventicinque persone subito dopo le dichiarazioni di Tommaso Buscetta: presso l’ufficio del pool antimafia non esisteva neanche una fotocopiatrice. Quella notte, mi ricordo, fu movimentata, perché si dovette fare il mandato di cattura con dieci giorni di anticipo: vi era stata una fuga di notizie e un settimanale minacciava l’indomani di uscire con uno scoop con tutte le dichiarazioni di Buscetta. E allora l’abbiamo bruciato sul tempo, e quello che dovevamo fare in dieci giorni l’abbiamo fatto soltanto in una notte. Tutta una serie di difficoltà operative, eccetera. Coloro che cominciarono a interessarsi di questi problemi non è che raccolsero grossa solidarietà all’interno del Palazzo di giustizia, perché si riteneva che fossero un po’ dei fanatici o delle persone che si volevano interessare di una cosa che tanto andrà sempre così ed è inutile metterci mano. Poi questa indifferenza in gran parte. Si parla di un procuratore generale che avrebbe chiamato il giudice Chinnici e avrebbe detto: Guarda, riempi il collega Falcone di piccoli processi di rapina, così finisce di rompere le scatole e occuparsi di problemi di mafia. Questo è scritto io non so quali atti, però si sapeva è scritto nel diario del giudice Rocco Chinnici.(Le ultime parole di Falcone e Borsellino di Antonella Mascari


VIDEO


AUDIO


 


 
Archivio digitale logo base