«IL DINAMITARDO DELLA GIUSTIZIA» di Roberto Scarpinato

 

Come è noto, Luca Palamara è stato uno dei principali corresponsabili della degenerazione delle correnti della magistratura in gruppi di potere dediti alla lottizzazione spartitoria degli incarichi dirigenziali.
Non pago di avere fatto tanto male alla magistratura quando era ancora in servizio, Palamara, dopo essere stato radiato, ha proseguito la sua attività di sabotaggio delle istituzioni prestandosi a fare da sponda, con i suoi libri-intervista scritti con Alessandro Sallusti, a una operazione politica di ampio respiro, il cui reale obiettivo non è quello di limitarsi a portare alla luce e correggere le degenerazioni interne del sistema correntizio, ma piuttosto di minare la credibilità complessiva dell’intero ordine giudiziario, alienandogli la fiducia popolare e creando così un clima propizio all’emanazione di riforme dirette alla sua normalizzazione. Del resto non è certo casuale che la vicenda Palamara sia stata ossessivamente cavalcata da ampie e trasversali componenti dell’establishment in un crescendo di iniziative legislative e referendarie che hanno un unico comun denominatore: ridimensionare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.
Al fine di raggiungere lo scopo, nei due libri scritti con Sallusti, Palamara ha imbastito una narrazione che intrecciando alcune verità con tante falsificazioni e insinuazioni prive di fondamento, mira a portare acqua al mulino di quel vasto schieramento che da anni tenta di accreditare la tesi complottista e mistificante secondo cui i processi celebrati in quest’ultimo trentennio nei confronti di tanti esponenti della nomenclatura del potere, sarebbero stati instaurati non per finalità di giustizia, ma per occulte finalità politiche. Secondo tale narrazione questa sarebbe la segreta chiave di lettura delle manipolazioni di tanti concorsi per incarichi direttivi di uffici giudiziari strategici. Non già una storia di reciproci sgambetti e slealtà tra magistrati mossi da personali ambizioni di carriera, storia di per sé disdicevole e censurabilissima, ma, piuttosto, una sequenza di manovre di palazzo – soprattutto della cosiddetta magistratura di sinistra – per entrare a gamba tesa nel gioco grande del potere e colpire processualmente obiettivi politici. La verità storica è di segno diametralmente opposto. Potentati politici ed economici hanno cavalcato il sottosistema creato da magistrati come Palamara per neutralizzare e penalizzare magistrati ritenuti pericolosi per la loro assoluta indipendenza, e per agevolare l’ascesa di altri ritenuti invece affidabili. Come ha scritto Nino Di Matteo nel libro I nemici della giustizia: “Palamara è stato una pedina attiva, importante, pienamente funzionale a un ingranaggio più vasto e collaudato”.
Nel contesto dell’operazione di generale discredito al quale ho accennato, si iscrivono le pagine che Palamara e Sallusti, nel loro ultimo libro, hanno ritenuto di dedicare alla mia persona, per colpire attraverso me la credibilità di quella componente della magistratura antimafia che non si è limitata a processare gli esponenti della mafia militare, ma anche i suoi complici eccellenti nel mondo politico, istituzionale ed economico.
Il metodo espositivo è quello di mescolare falsità e insinuazioni malevole prive di fondamento, in modo da dipingere l’immagine di un magistrato antimafia che chiedeva favori all’imprenditore Antonello Montante, soggetto qualificato come condannato per mafia.
Per avere una idea del livello di falsificazione, basti considerare che nel libro viene scritto testualmente che Montante è stato condannato in primo grado a Caltanissetta a 14 anni di reclusione “per associazione mafiosa e per aver organizzato un’attività di dossieraggio”. Ebbene Montante non è mai stato condannato né tantomeno rinviato a giudizio per associazione mafiosa o per reati di mafia, ma per altri reati.
Quanto alle insinuazioni malevoli, Palamara e Sallusti sanno bene che sino al maggio del 2014, data della sua prima iscrizione nel registro degli indagati, Montante rivestiva la carica di responsabile nazionale per la legalità di Confindustria e che, proprio per questo motivo, aveva occasione di incontri con i ministri della Giustizia e dell’Interno, con il capo della Polizia, con il Procuratore nazionale antimafia, con prefetti, con don Ciotti e molti altri esponenti del fronte antimafia, nonché con magistrati di tanti uffici giudiziari, tra i quali anche io nella qualità di Procuratore generale di Caltanissetta. In particolare, i miei ultimi incontri con Montante risalgono al marzo del 2013, data in cui mi trasferii a Palermo per assumere l’incarico di Procuratore generale di quella città, cioè più di un anno prima della sua iscrizione nel registro degli indagati a Caltanissetta. Ebbene pur di accreditare l’immagine di paladini dell’antimafia che traccheggiano con un soggetto presentato come un mafioso, o comunque dedito ad attività illegali, Palamara arriva al punto di adombrare che il Procuratore di Caltanissetta, dott. Sergio Lari, colui che condusse l’indagine che portò all’arresto di Montante, avrebbe indebitamente omesso di iscriverlo nel registro degli indagati molto tempo prima del maggio del 2014. Lari valuterà se agire legalmente, certo io prima di quella data non ho avuto da alcuno né in via formale, né in via confidenziale, notizie su indagini nei confronti di Montante o su sue condotte illegali.
Il contesto così falsamente ricostruito è chiaramente finalizzato a ingenerare nel lettore l’idea che alcune annotazioni ritrovate tra gli appunti di Montante che mi riguardano, siano indicative di rapporti personali ambigui. Così Palamara fa riferimento a una cartellina verde contenente la planimetria di una casa di Caltanissetta ricevuta in eredità da mio padre, senza nulla aggiungere. È chiara l’insinuazione malevola.
Bene, la casa non è stata mai venduta ad alcuno ed è tutt’oggi di mia proprietà. Nel 2012 incaricai una agenzia immobiliare di metterla in vendita. Montante mi chiese una planimetria della casa per conto di un suo conoscente interessato all’acquisto. Non ho mai ricevuto poi alcuna notizia o proposta di acquisto.
Palamara prosegue scrivendo “tra gli appunti ci sarebbe una richiesta di raccomandazione che Scarpinato fa a Montante per pubblicare sul Sole 24 Ore una lettera di solidarietà nei suoi confronti firmata da 320 magistrati e inviata al Csm, dove lui era finito sotto inchiesta disciplinare per aver di fatto insultato i politici presenti alla cerimonia di commemorazione per i vent’anni della morte di Falcone e Borsellino”. Si fa credere ai lettori che nel corso di una cerimonia istituzionale, io avrei insultato i politici presenti. Tutto falso. Questa annotazione si riferisce a una vicenda verificatasi a seguito di un discorso di commemorazione funebre non istituzionale che in occasione della ricorrenza del ventennale della strage di via D’Amelio avevo pronunciato il 19 luglio 2012 nell’ora e nel luogo della strage di via D’Amelio, su invito personale dei familiari di Paolo Borsellino. Nel contesto di quel discorso al quale non erano presenti autorità, ma solo privati cittadini, avevo accennato al disagio provato in passato nel constatare che in occasione di commemorazioni ufficiali dei magistrati assassinati dalla mafia erano presenti tra le prime file anche personaggi che rivestivano cariche pubbliche, la cui condotta non appariva coerente con i valori di legalità. Il riferimento implicito era a personaggi politici indagati e poi condannati per reati di mafia. Lo stesso disagio era stato espresso in precedenza sugli organi di stampa dai parenti di alcuni magistrati assassinati, tra i quali Alfredo Morvillo e la sorella di Falcone. A seguito di ciò, un componente laico del Csm chiese l’apertura di una pratica per il mio trasferimento per incompatibilità ambientale. Inaspettatamente e con mia sorpresa, iniziò una spontanea raccolta di firme tra magistrati di tutto il paese per la sottoscrizione di un documento nel quale si rivendicava il diritto dei magistrati di manifestare il proprio pensiero. Alla fine furono raccolte più di 500 firme. Stante la rilevanza di tale iniziativa e del tema trattato, la segnalai a varie associazioni e persone, tra le quali anche Montante nella sua qualità di responsabile nazionale per la legalità di Confindustria, affinché si aprisse un dibattito culturale su un tema così centrale.
Ancora Palamara afferma: “Ma soprattutto fra gli appunti di Montante ce ne è uno datato 3 maggio 2012, con la dicitura: ‘Scarpinato mi consegna composizione del Csm con i suoi iscritti per nuovo incarico, Procura generale Palermo più Dna’. E c’è pure la stampa del documento con la composizione del Csm con appunti manoscritti, in cui per ciascun componente è indicata la corrente di appartenenza, e per quelli eletti dal Parlamento il partito di appartenenza, e sul margine sinistro del foglio annotata la seguente scritta: ‘Due alternative, o Lari procuratore generale a Caltanissetta e non fa concorrenza’”.
Palamara omette di indicare al lettore alcune circostanze che dimostrano in modo documentale che io non ho mai consegnato alcun appunto a Montante. Come ho potuto constatare dopo avere richiesto copia degli atti, il documento sulla composizione del Csm con appunti a cui si fa riferimento, fu tratto dal sito internet del Csm e reca stampigliata nella parte in basso a destra la data e l’orario di stampa: 30 maggio 2012 ore 08:17. Prova lampante che non è possibile che io abbia potuto consegnare l’appunto il 3 maggio 2012, cioè 27 giorni prima che il documento venisse stampato. E che non si tratti di un errore di datazione da parte del Montante è dimostrato dal fatto che tutte le sue annotazioni hanno una sequenza rigidamente cronologica e l’annotazione del 3.5.2012 è seguita da altre annotazioni successive del 17.5.2012, del 22.5.2012, del 15.6.2012, del 2.8.2012 e via seguendo. Inoltre alla data del maggio 2012, il concorso per il posto di Procuratore nazionale antimafia non era stato ancora bandito perché era ancora in carica il Pna Piero Grasso. E del resto, dinanzi a tali evidenze documentali, lo stesso Montante interrogato dai magistrati, ha ammesso che io non gli avevo mai fatto alcuna segnalazione.
Come se non bastasse, Palamara arriva al punto di insinuare che il Csm avrebbe archiviato senza ulteriori approfondimenti l’inchiesta originata dal rinvenimento delle carte di Montante al fine di favorirmi. Per rendere credibile tale insinuazione omette di informare il lettore che invece fui io stesso a prendere l’iniziativa di chiedere ufficialmente nel febbraio 2017 al Csm di essere convocato, proprio perché non avevo nulla da nascondere e volevo troncare sul nascere ogni indebita illazione. Depositai anche una ampia memoria corredata di numerosi documenti.
In conclusione, credo che il lettore dovrebbe interrogarsi sui motivi di tanto accanimento denigratorio.
I motivi vanno ricercati proprio nell’astio profondo e nel desiderio di vendetta di un vasto mondo interessato a strumentalizzare Palamara, e che ha sempre vissuto come una spina nel fianco i magistrati non allineati e in nessun modo condizionabili. Nel corso della mia carriera questo mondo ha tentato di screditarmi con le calunnie più infamanti tanto da costringermi a presentare più di 40 querele, sinora tutte vinte.
Questo astio ha avuto una forte e progressiva escalation proprio in questi ultimi mesi, in concomitanza con la conclusione di una indagine delicatissima sui mandanti esterni delle stragi del 1992-1993 i cui esiti ho rassegnato nel gennaio del 2022 con una corposa relazione nella quale vengono evidenziate inedite fonti di prova emerse nei confronti di alcuni soggetti.
In realtà la vera posta in gioco non è la mia credibilità personale, né la credibilità di quella parte della magistratura che non ha nulla da spartire con Palamara, e anzi è stata sempre penalizzata da simili personaggi. La posta in gioco è l’assetto democratico del nostro Paese che ha uno dei suoi perni fondamentali nel principio costituzionale della uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge, senza distinzione di condizioni personali o sociali. Principio che rischia di trasformarsi in una formula vuota, se nei prossimi mesi dovessero essere manomesse – come è nei progetti di tanti fan di Palamara – le garanzie costituzionali di indipendenza della magistratura.
(da “Il Fatto Quotidiano” dell’11 febbraio 2022)