I 57 giorni da CAPACI a VIA D’AMELIO – 26 maggio 1992

 

Paolo Borsellino rilascia un’intervista al quotidiano La Repubblica in cui indica la coincidenza tra l’omicidio di Falcone e la notizia appresa a Napoli pochi giorni prima da alcuni colleghi del CSM che si era formata la maggioranza per approvare la candidatura di Falcone alla guida della DNA. Borsellino sostiene inoltre che i trasferimenti a Palermo di Falcone si sarebbero presto diradate perché la moglie aveva ottenuto la nomina a commissario esaminatore per i concorsi in Magistratura presso il ministero di Grazia e Giustizia a Roma. La notizia era ampiamente nota al Palazzo di giustizia di Palermo. L’omicidio viene fatto a Palermo perché è un omicidio di mafia e come tale va fatto dove la mafia controlla il territorio. Il controllo totale del territorio assicura al mafioso l’impunità. Borsellino afferma tra l’altro che “non si può affrontare la potenza mafiosa quando le si fa un regalo come quello che le è stato fatto con i nuovi strumenti processuali adatti ad un paese che non è l’Italia e certamente non la Sicilia. Il nuovo codice, nel suo aspetto dibattimentale, è uno strumento spuntato nelle mani di chi lo deve usare. Ogni volta, ad esempio, si deve ricominciare da capo e dimostrare che Cosa Nostra esiste”.

Paolo Borsellino rilascia un´intervista anche al Corriere della Sera in cui sottolinea come il nome di Giovanni Falcone fosse circolato nei giorni immediatamente precedenti alla strage di Capaci come possibile candidato per il ministero dell´interno in un governo tecnico. “Ma Giovanni Falcone ne aveva nemici? Perché a giudicare dalle reazioni di questi giorni si direbbe di no” chiede il giornalista. “Io so che nel 1988 doveva prendere il posto di Caponnetto come consigliere istruttore e gli preferirono Meli. Poi tentó d’andare al Csm e non ce la fece. Non voglio parlare di nemici, peró le cose sono andate in questo modo. Tragga lei le conseguenze” la secca risposta di Borsellino. Il giornalista chiede poi al procuratore aggiunto di Palermo la sua opinione sui moventi della strage: “Anche se la domanda puó sembrarle superficiale, Giovanni Falcone é stato ammazzato per quello che aveva fatto o per quello che avrebbe potuto fare? Per le sue indagini o per la Superprocura?”. “Per quello che aveva fatto, sicuro – risponde Borsellino – per la sua capacitá , la sua volontá. Sará  pure un’ osservazione elementare ma per il momento io proprio non riesco a fare che osservazioni elementari. Certo per le organizzazioni mafiose c’ era anche qualcos’altro e di estremamente pericoloso che Falcone poteva fare. Lei sa benissimo che si era parlato di lui come candidato alla Superprocura ma era circolata intensamente anche una voce che lo dava candidato in una soluzione tecnica come ministro dell’ Interno”. Paolo Borsellino sottolinea infine la scelta di Cosa Nostra di colpire Giovanni Falcone in Sicilia: “Che lui sia stato la persona piu’ in grado di condurre indagini penetranti nell’ universo mafioso e che quindi per le organizzazioni criminali sia sempre stato un nemico estremamente pericoloso non ci vuole molto a capirlo. E non ci vuole nemmeno molto a capire perche’ lo abbiano ammazzato ora: con il prossimo trasferimento della moglie a Roma, un lungo trasferimento, le sue abitudini palermitane, che poi consistevano nei viaggi del fine settimana, si sarebbero diradate o almeno fortemente alterate.”