«SCHIFANI, ECCO PERCHÉ FU ARCHIVIATO PER CONCORSO ESTERNO: “RELAZIONI CON PERSONAGGI VICINI ALLA MAFIA MA NON BASTA”. COSA C’ERA NELLE CARTE»

di Giuseppe Pipitone
 
Filippo Mancuso, l’unico ministro che sia mai stato sfiduciato direttamente dal Parlamento, lo definì – non senza veleno – “il principe del foro del recupero crediti“. Lui replicò seccato e la cosa finì lì. Quella definizione, però, rimase attaccata a Renato Schifani, almeno per tutta la prima parte della sua carriera politica, quando scalava posizioni su posizioni, sorpassando i vari avvocati di grido che affollavano i ranghi di Forza Italia. Lui, invece, all’inizio era un legale poco noto fuori dai confini siciliani. Consigliere comunale a Palermo, poi senatore e capogruppo a Palazzo Madama, Schifani divenne presto il primo dei berluscones, il più berlusconiano tra i berlusconiani, quello che difendeva il capo con più vigore di tutti: offriva il suo corpo alle accuse che pm e avversari politici lanciavano verso Arcore. Ed è forse per questo motivo che il capo ha inserito pure il suo nome nella rosa fornita a Fratelli d’Italia per trovare il candidato governatore della Sicilia. E fa niente se negli anni peggiori, quando Berlusconi fu espulso dal Senato dopo la condanna definitiva per frode fiscale, Schifani fu uno di quelli che tradirono, passando dalla parte di Angelino Alfano. La fuga durò meno di tre anni, dal 2013 al 2016: quando la stella del “leader senza quid” stava ormai per offuscarsi, l’ex presidente del Senato tornò a bussare alla corte di Arcore e venne riammesso all’ovile di Forza Italia. E oggi si trova in pole position per un incarico importante e delicato: governare la Sicilia, la sua regione.
Il lodo Schifani
Alla fine, infatti, tra Gianfranco Micciché e un nome esterno alla politica, Giorgia Meloni ha scelto proprio lui, forse su consiglio di Ignazio La Russa, che infatti oggi si spende a ricordare gli anni di Schifani da presidente del Senato, quando avrebbe “mostrato nel suo ruolo istituzionale di essere al di sopra dei partiti“. Ma come al sopra dei partiti? Si tratta pur sempre del senatore che diede il nome al lodo Schifani, la norma ideata per stoppare i processi alle cinque più alte cariche dello Stato, proprio mentre Berlusconi – in quel momento presidente del consiglio – era sotto processo per il caso Sme. Il lodo sarà poi bocciato dalla Consulta, ma questo non impedirà al suo ideatore di scalare le istituzioni fino alla seconda carica dello Stato.
L’archiviazione per concorso esterno
Erano gli anni in cui la procura di Palermo, dopo una prima archiviazione negli anni ’90, aveva ripreso a indagare sui suoi rapporti con Cosa nostra. Un’inchiesta delicatissisma e per questo motivo il nome di Schifani era stato iscritto nel registro degli indagati con uno pseudonimo: Schioperatu. Un nome inventato per metà: le prime tre lettere erano infatti derivate direttamente da Schifani, il resto invece era stato preso in prestito dal cognome di una persona indagata in precedenza e poi archiviata. Lo stesso epilogo dell’inchiesta sull’ex presidente del Senato.
Nel 2014 il gip Vittorio Anania aveva archiviato le accuse a suo carico, sottolineando che “in definitiva sono emerse talune relazioni con personaggi inseriti nell’ambiente mafioso o vicini a detto ambiente nel periodo in cui lo Schifani era attivamente impegnato nella sua attività di legale civilista ed esperto in diritto amministrativo”. Quelle relazioni intrattenute dall’ex presidente del Senato, secondo il giudice, però “non assumono un livello probatorio minimo per sostenere un’accusa in giudizio tanto più che, a prescindere dalla consapevolezza dell’indagato dell’effettiva caratura mafiosa dei suoi interlocutori, tali condotte si collocano per lo più in un periodo ormai lontano nel tempo (primi degli anni ’90) fatti per i quali opererebbe, in ogni caso, la prescrizione”.
Tradotto: Schifani ha avuto rapporti con uomini vicini a Cosa Nostra, che però non bastano per portarlo a processo per concorso esterno alla mafia. Non era provato infatti che “il principe del recupero crediti” fosse consapevole della caratura criminale dei suoi interlocutori. E anche se lo fosse stato, quei fatti erano ormai troppo lontani nel tempo e quindi già prescritti.
La richiesta dei pm
Già nel settembre del 2013 i pm di Palermo Nino Di Matteo e Paolo Guido (oggi rispettivamente consigliere del Csm e procuratore aggiunto) avevano chiesto di archiviare l’indagine a carico del senatore berlusconiano, ma il gip Piergiorgio Morosini aveva respinto la richiesta ordinando nuove indagini. Tra l’ottobre e il novembre del 2013, quindi, i pm avevano interrogato due collaboratori di giustizia, Salvatore Lanzalaco e Pietro La Chiusa. “Entrambi furono a diverso titolo (il Lanzalaco quale tecnico progettista e il La Chiusa quale imprenditore partecipante all’Ati aggiudicataria dei lavori) protagonisti dell’imponente appalto per la cosiddetta metanizzazione della città di Palermo”, spiegavano i pm nella richiesta d’archiviazione poi accolta dal gip Anania. È proprio Lanzalaco a riferire agli investigatori il ruolo che avrebbe giocato Schifani, all’epoca soltanto un avvocato, nell’appalto per la metanizzazione del capoluogo siciliano. “Lanzalaco e La Chiusa – si leggeva sempre nella richiesta d’archiviazione – hanno riferito e descritto il ruolo cruciale svolto dall’odierno indagato (allora nella veste di legale dell’ente appaltante) in primo luogo nel condizionamento della gara per favorire l’aggiudicazione all’Ati già prescelta e, nelle fasi successive, nella individuazione delle singole ditte che, secondo le indicazioni delle famiglie mafiose competenti per territorio, avrebbero dovuto eseguire i lavori in sub appalto o essere comunque coinvolte attraverso le forniture di beni o servizi”. Secondo Lanzalaco, poi, lo stesso Schifani gli avrebbe fornito l’elenco delle ditte che per volere delle famiglie mafiose palermitane avrebbero dovuto aggiudicarsi i lavori in sub appalto della gigantesca opera pubblica. “Schifani – spiegano i pm – gli avrebbe fornito appunti manoscritti, alcuni asseritamente redatti dallo stesso Schifani, contenenti l’elencazione delle ditte cui assegnare il sub appalto secondo le indicazioni ricevute dalle famiglie mafiose”. Le verifiche degli inquirenti però non avevano portato altro: mai trovati gli appunti con l’elenco delle ditte che sarebbero stati scritti dall’ex presidente di Palazzo Madama. Anche perché i fatti raccontati da Lanzalaco, in ogni caso, si riferivano a un periodo di tempo che va dalla fine degli anni ’80 ai primissimi anni ’90: e quindi il reato di concorso esterno si era già prescritto.
Riina: “Schifani è una mente”
Agli atti dell’inchiesta c’era anche un’intercettazione di un colloquio tra Totò Riina e la sua famiglia, raccontata sul Fatto Quotidiano da Marco Lillo. Il 10 giugno del 2008 nella sala colloqui del carcere di Opera il capo dei capi aveva incontrato la moglie Ninetta Bagarella e la figlia Lucia. A un certo punto la famiglia Riina parlava di ciliegie e ‘u Curtu aveva sostenuto che le migliori in Sicilia venivano da una piccola cittadina non lontana da Corleone, Chiusa Sclafani. “Il paese di un senatore siciliano”, diceva Riina. “Il paese… di… uno di Chiusa Sclafani …..un senatore….. Forza Italia!. Il paese Chiusa Sclafani e del senatore Schifani”. “Chiusa Sclafani?”, avevano chiesto la figlia Lucia e la moglie Ninetta. E Riina aveva risposto: “Sì il paese del senatore…è… una mente è!“. In effetti – come facevano notare gli inquirenti – il padre di Schifani era originario proprio di Chiusa Sclafani, un paesino famoso per la sua sagra delle ciliegie. Il 18 novembre del 2013 Riina era tornato sull’argomento. Questa volta, però, non durante un colloquio coi familiari – che per i mafiosi sono notoriamente intercettati – ma durante una conversazione con Alberto Lorusso, suo compagno di ora d’aria. Quel dialogo era registrato dalla procura ma Riina non poteva saperlo. Parlando dei paesi che erano presenti all’interno del mandamento di Corleone, il capo dei capi si vantava: “Abbiamo il paese ciliegiaro, questo senatore, il senatore che abbiamo, che abbiamo alla Camera, il paese di lui era mandamento nostro…”. Nella richiesta di archiviazione, i pm sottolineavano che “lette congiuntamente con le precedenti, le espressioni pronunciate da Riina il 18 novembre 2013 appaiono ulteriormente indicative della (ritenuta) affidabilità e vicinanza dell’odierno indagato all’organizzazione mafiosa, e ciò in ragione sia del chiaro tono confidenziale usato dal detenuto nel riferirsi al ‘senatore’, sia del contesto nel quale il Riina citava l’indagato, posto che egli stava riferendosi analiticamente alla composizione territoriale del mandamento mafioso di Corleone”.
L’intercettazione del boss
Nelle vecchie indagini su Schifani, erano presenti poi tutta una serie di atti relativi a personaggi poi condannati per fatti di mafia. Molte di quelle storie furono raccontate da Peter Gomez e Lirio Abbate nel libro I Complici. Come il dialogo tra Simone Costello, uno dei colonnelli di Bernardo Provenzano, e Nino Mandalà, considerato il capomafia di Villabate e padre di Nicola, il mafioso che curava la latitanza del boss corleonese e che oggi sta scontando l’ergastolo. “Simone, hai presente che Schifani, attraverso questo… aveva chiesto di avere un incontro con me, se potevo riceverlo. E io gli ho detto no, gli ho detto che ho da fare e che non ho tempo da perdere con lui. Quindi, quando ha capito che lui con me non poteva fare niente, si è rivolto al suo capo Enrico La Loggia che, secondo lui, mi dovrebbe telefonare. Ma vedrai che lui non mi telefonerà. Mi può telefonare che io, una volta, l’ho fatto piangere?”, diceva Mandalà intercettato. Si riferiva all’ex ministro degli Affari regionali del governo Berlusconi, figlio di Giuseppe La Loggia, ex governatore e avvocato molto noto a Palermo.
E’ proprio nello studio legale La Loggia che andò a fare pratica il giovane Schifani. All’epoca Mandalà diceva di essere stato molto adirato con La Loggia junior, reo di non avergli telefonato dopo l’arresto del figlio Nicola. Il boss di Villabate sosteneva di aver affrontato in modo duro il politico berlusconiano: “Siccome io sono mafioso ed è mafioso anche tuo padre che io me lo ricordo quando con lui andavo a cercargli i voti da Turiddu Malta che era il capomafia di Vallelunga. Lo posso sempre dire che tuo padre era mafioso. A quel punto lui si è messo a piangere”. La Loggia, all’epoca, ammise l’incontro ma ne diede una versione molto diversa. Mandalà sostenne invece di aver millantato.
Il processo sul caso Montante
E se le accuse per mafia sono state tutte archiviate, ancora pendente davanti al tribunale di Caltanissetta è invece il processo in cui Schifani è accusato violazione di segreto. Il procedimento è uno dei tronconi dell’inchiesta su Montante, l’ex numero uno di Confindustria Sicilia, per anni considerato un paladino della legalità e dell’antimafia, poi condannato a 8 anni in appello per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico. Il processo a Montante si è celebrato col rito abbreviato. Schifani, invece, ha scelto il rito immediato ed è a giudizio dal 2019 insieme ad altre 16 persone, tra cui ci sono anche l’ex capo dei servizi segreti Arturo Esposito e il tributarista Angelo Cuva. Secondo le accuse Schifani avrebbe rivelato a Cuva notizie coperte da segreto – apprese dall’ex direttore dell’Aisi Esposito che a sua volta le aveva avute da altri appartenenti alle forze di polizia – relative all’inchiesta che ha portato all’arresto di Montante e del colonnello dei carabinieri, Giuseppe D’Agata. Interrogato dai pm il 25 maggio del 2018, l’ex presidente del Senato aveva deciso di non rispondere. Si è, però, sempre dichiarato innocente. Ora sogna di tornare a casa, nella sua Sicilia. Non per motivi giudiziari e neanche per andare in pensione: vuole farsi eleggere a Palazzo d’Orleans, la residenza dei governatori dove visse anche Luigi Filippo, futuro re di Francia. Altro che principe del recupero crediti.
(da “ilfattoquotidiano.it” https://bit.ly/3zWoMYM) 12.8.2022

 


Renato Schifani

Renato Schifani
 

Presidente del Senato della Repubblica
Durata mandato 29 aprile 2008 –
14 marzo 2013
Predecessore Franco Marini
Successore Pietro Grasso

Capogruppo di Forza Italia
al Senato della Repubblica
Durata mandato 6 giugno 2001 –
28 aprile 2008
Predecessore Enrico La Loggia
Successore Maurizio Gasparri[1]

Senatore della Repubblica Italiana
In carica
Inizio mandato 9 maggio 1996
Legislature XIII, XIV, XV, XVI, XVII, XVIII
Gruppo
parlamentare
XIII-XV: Forza Italia
XVI: Il Popolo della Libertà
XVII:
Il Popolo della Libertà(fino al 17/11/2013)
Area Popolare (NCD-UDC) (dal 18/11/2013 al 4/08/2016)
Forza Italia – Il Popolo della Libertà XVII legislatura (dal 5/08/2016)
XVIII: Forza Italia – Berlusconi Presidente
Circoscrizione Sicilia
Collegio XIII-XIV: Monreale
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politico Forza Italia (dal 2016)
In precedenza:
DC (fino al 1994)
FI (1995-2009)
PdL (2009-2013)
NCD (2013-2016)
Titolo di studio Laurea in giurisprudenza
Professione Avvocato

Renato Maria Giuseppe Schifani(Palermo, 11 maggio 1950) è un politicoe avvocato italiano.

È stato presidente del Senato nella XVI legislatura della Repubblica Italiana. Dal 5 dicembre 2013 al 13 aprile 2014 è stato presidente del Nuovo Centrodestra e dal 12 febbraio 2015fino al 19 luglio 2016 è stato capogruppo al Senato di Area Popolare.[2] Attualmente è un senatore di Forza Italia.

Biografia

Cresciuto in una famiglia medio-borghese originaria di Chiusa Sclafani, si laureò in giurisprudenza con il massimo dei voti.[3]

Attività professionale

Dopo la laurea, Schifani trovò lavoro come impiegato presso il Banco di Sicilia di Palermo[4], specializzandosi in seguito nel recupero crediti e divenendo inoltre, negli anni ottanta, un avvocato specializzato in processi di fronte alla Corte di cassazione e, dagli anni novanta, avvocato urbanista. Tali sue attività hanno dato luogo a numerose controversie, senza che Schifani sia mai stato indagato per fatti di rilevanza penale.

Carriera politica

Senatore di Forza Italia

Schifani, già iscritto alla Democrazia Cristiana, aderì a Forza Italia nel febbraio 1995. Per il suo ingresso nella politica nazionale concomitante alla discesa in campo di Berlusconi, e per la sua amicizia con Enrico La Loggia, è stato spesso incluso nel gruppo dei berluscones. Dopo un incarico da consigliere comunale a Palermo, fu eletto al Senato della Repubblica alle elezioni politiche italiane del 1996 nel collegio palermitano di AltofonteCorleone, in rappresentanza della coalizione di centrodestra. Nella sua prima legislatura è stato capogruppo di Forza Italia nella commissione Affari costituzionali ed ha fatto parte della Commissione bicamerale.

Capogruppo di Forza Italia al Senato

Magnifying glass icon mgx2.svg Lo stesso argomento in dettaglio: Lodo Schifani.

Rieletto nelle elezioni del 2001, nel corso della XIV Legislatura Schifani è stato tra i fautori della stabilizzazione dell’articolo 41 bis, che ha reso definitivo il cosiddetto «carcere duro», previsto espressamente per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, istituto fino a quel momento di natura provvisoria[5][6], oltre che del “lodo Schifani, volto a sospendere i processi in corso contro le «cinque più alte cariche dello Stato», incluso il premier Silvio Berlusconi, imputato nel processo SME.

Schifani nelle elezioni politiche italiane del 2006 viene rieletto senatore per la terza volta, per Forza Italia, nella circoscrizione Sicilia e nel corso della XV Legislatura è stato membro della Commissione Territorio e Ambiente. Come capogruppo di Forza Italia, nella XV legislatura Schifani si è impegnato a ostacolare la risicata maggioranza di centrosinistra al Senato, compattando la squadra del centrodestra per evitare defezioni (arrivando ad attaccare frontalmente Alfredo Biondi e Gianfranco Rotondi per le loro assenze) e corteggiando i centristi della maggioranza.[4] In qualità di capogruppo di Forza Italia nella XIV e XV Legislatura, dal 2001 al 2008, Schifani è stato protagonista dei dibattiti parlamentari del Senato.[4]

Presidente del Senato

Alle elezioni politiche del 2008 è stato eletto per la quarta volta, sempre in Sicilia, per Il Popolo della Libertà. Nel corso della prima seduta della XVI Legislatura, il 29 aprile 2008 è stato eletto presidente del Senato della Repubblica al primo scrutinio, riportando 178 voti, (162 richiesti dal quorum), 4 in più della coalizione formata da PdL, Lega Nord e MpA.[7]Come suo capo di gabinetto chiama il magistrato palermitano Anna Maria Palma.

Capogruppo del PdL al Senato

Alle elezioni del 2013 Schifani viene candidato e rieletto al Senato della Repubblica, al secondo posto della lista del PdL nella Regione Siciliana. Il 16 marzo 2013 va al ballottaggio con Pietro Grasso per la presidenza del Senato, perdendo con 117 voti contro i 137 ottenuti da Grasso.[8] Il 19 marzo 2013 viene eletto per acclamazione capogruppo del Popolo della Libertà al Senato della Repubblica.

Il passaggio al Nuovo Centrodestra

Il 15 novembre 2013 Schifani si dimette da capogruppo del Popolo della Libertà al Senato, a seguito della decisione dei governativi di fondare gruppi autonomi, sancendo di fatto la scissione del Popolo della Libertà. Il 16 novembre 2013, con la sospensione delle attività del Popolo della Libertà[9], aderisce al Nuovo Centrodestra guidato da Angelino Alfano[10][11], di cui il 5 dicembre diviene presidente del Comitato promotore. Il 12 febbraio 2015 Schifani viene eletto capogruppo di Area Popolare (NCD-UDC) al Senato.[12]

Il ritorno in Forza Italia

Il 19 luglio 2016 Schifani si dimette da capogruppo di Area Popolare al Senato[2]in rottura con la scelta centrista di Alfano.[13] Il 4 agosto seguente, infine, ritorna in Forza Italia.[14]

Alle elezioni politiche del 2018 sarà ricandidato e rieletto senatore.

Nel dicembre 2019 è tra i 64 firmatari (di cui 41 di Forza Italia) per il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari: pochi mesi prima i senatori berlusconiani avevano disertato l’aula in occasione della votazione sulla riforma costituzionale.[15]

Il 13 novembre 2020 è nominato da Silvio Berlusconi suo consigliere politico, scelto per «lo spessore umano e politico unito ad una rara capacità di mediazione».[16]

Il 12 agosto 2022 viene indicato come candidato della coalizione di centro-destra per le elezioni regionali in Sicilia, dopo il ritiro del governatore uscente Nello Musumeci.[17][18]

Vita privata

Sposato con Franca,[19] ha due figli.[3][19]

Dichiarazioni e controversie

Presunte connessioni con la mafia

Nel 1979, praticante legale nello studio del deputato DC Giuseppe La Loggia, fu inserito da quest’ultimo nella società di brokeraggio assicurativo Sicula Brokers, di cui facevano parte il figlio Enrico La Loggia, futuro politico di spicco di Forza Italia, e alcuni soci che negli anni 1990 furono incriminati per associazione mafiosa o concorso esterno in associazione mafiosa:

  • Benny D’Agostino – all’epoca dei fatti un imprenditore incensurato, grande amico, per sua ammissione, del boss Michele Greco – nel 1997 fu arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa e successivamente condannato;
  • Nino Mandalà, che nel 1980 era incensurato e svolgeva l’attività di rivenditore di carburanti, arrestato nel 1998 e successivamente condannato a 8 anni per associazione mafiosa, era il capocosca di Villabate e risulterà, anni dopo, il gran favoreggiatore di Bernardo Provenzano ma anche fondatore di uno dei primi club di Forza Italia a Palermo;
  • Giuseppe Lombardo, presidente e consigliere delegato della società di recupero crediti “Satris” della quale erano soci i discussi esattori e uomini d’onore della “famiglia” di Salemi Nino e Ignazio Salvo, arrestati da Giovanni Falcone nel 1984.[20][21]; Schifani lasciò la società nel 1980[22], riprendendo l’attività di avvocato. Nel 1983 viene nominato avvocato difensore, accettando l’incarico, da Giovanni Bontate, già detenuto ed esponente di spicco della mafia di quegli anni.[23] Negli anni 1990 Schifani, già attivo come avvocato cassazionista, si affermò come avvocato urbanista, ricevendo numerosi incarichi in amministrazioni comunali siciliane.[22] In uno di questi fu consulente per l’urbanistica e il piano regolatore del comune di Villabate, il cui sindaco Giuseppe Navetta era il nipote di Nino Mandalà, capocosca della cittadina[24] ed ex socio di Schifani nella Sicula Brokers; secondo il pentito Francesco Campanellatale incarico fu concesso, tramite Enrico La Loggia, nell’ambito di un patto tra mafia e politica per la realizzazione di un megastore[25], progetto poi abortito a causa delle indagini.[26]

Schifani, La Loggia e l’ingegnere civile Guzzaro si sarebbero divisi l’onorario per la redazione del piano, dettato sotto speciali istruzioni di Nicola e Antonino Mandalà (il figlio di Antonino Mandalà era responsabile degli accordi logistici per garantire la latitanza del capomafia Bernardo Provenzano[27]). Nel 2009 il pentito di mafia Gaspare Spatuzza accusa Schifani di aver avuto frequentazioni con il boss di Brancaccio Filippo Graviano negli anni novanta, ma il presidente del Senato ha rigettato le accuse.[28] Il 26 aprile 2010 fa causa a Il Fatto Quotidiano chiedendo 720.000 euro di risarcimento per le inchieste pubblicate riguardanti il palazzo di Piazza Leoni, dal titolo “Schifani e il palazzo abitato dai boss”.[29] Il Fatto Quotidiano scrive che è stato indagato due volte per rapporti con la mafia[30][31] e cita anche un articolo di Lirio Abbate su L’Espresso.[32]

Nel 2011 un altro pentito, Stefano Lo Verso, un autista di Provenzano, parla dei presunti rapporti di Schifani con la mafia e dice che Nicola Mandalà gli aveva riferito: “Abbiamo nelle mani politici locali e nazionali. Abbiamo l’amico e socio di mio padre Renatino Schifani, Totò Cuffaro e Saverio Romano”.[33] Il 26 luglio 2013 il gip di Palermo respinge la richiesta di archiviazione e dispone nuove indagini, invitando i pubblici ministeri a sentire alcuni pentiti per chiarire alcuni fatti.

Indagato per concorso esterno in associazione mafiosa,[34] la sua posizione viene archiviata dal gip di Palermo su proposta dei pm il 29 ottobre 2014 dopo 15 anni.[35]

Nell’aprile 2015 Carmelo D’Amico, ex killer di Barcellona Pozzo di Gotto e oggi diventato super testimone dell’inchiesta sulla Trattativa Stato e Cosa Nostra, accusa Angelino Alfano e Schifani di essere stati messi in politica da Cosa Nostra secondo quanto è venuto a sapere dal suo compagno di carcere Nino Rotolo, boss di Pagliarelli fedelissimo di Bernardo Provenzano. In seguito avrebbero voltato le spalle ai boss facendo leggi come il 41 bis e sulla confisca dei beni e così l’organizzazione non avrebbe più votato per Forza Italia.[36]

Società di recupero crediti UMTS

Nel 1992 fondò, assieme a Antonio Mangano ed Antonino Garofalo (poi rinviato a giudizio nel 1997 per usura ed estorsione) la società di recupero crediti UMTS[21]; a causa di tale attività fu successivamente definito in una battuta del Ministro di grazia e giustizia Filippo Mancuso il “principe del recupero crediti”.[37]

Lodo Schifani (2003)

Porta il suo nome il Lodo Schifani una legge approvata il 20 giugno 2003[38], che sospendeva i processi in corso contro le «cinque più alte cariche dello Stato» oggetto di numerose polemiche perché sospendeva di fatto il processo SME per il presidente del Consiglio Berlusconi fintanto che questi fosse rimasto in carica. La legge fu dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale il 13 gennaio 2004.[39] Una normativa similare è stata inclusa nel successivo Lodo Alfano del 2008, altrettanto giudicato incostituzionale nell’ottobre 2009, che copriva lo stesso ufficio di presidente del Senato ricoperto da Schifani. Dopo aver ottenuto l’immunità, Schifani ha fatto causa a Travaglio e Tabucchi per diffamazione, chiedendo un risarcimento di 1.300.000 euro.[40]

Dichiarazioni su Rita Borsellino e Maria Falcone

Nel settembre 2003, a seguito delle dichiarazioni di Berlusconi sui giudici, definiti dal premier «disturbati mentalmente», Schifani ha attaccato Rita Borsellino e Maria Falcone, sostenendo che “hanno offeso la memoria dei loro eroici fratelli. Le due signore, entrambe militanti a sinistra, hanno strumentalizzato due eroi civili che, per fortuna di tutti, sono patrimonio della collettività”.[41][42]

Accordo con Sergio De Gregorio

Nel 2006 si è speso per garantire al senatore IdV Sergio De Gregorio il ruolo di presidente della Commissione Difesa.[43]

Controversia con Marco Travaglio

Il 10 maggio 2008, il giornalista Marco Travaglio, intervistato al programma Che tempo che fa su RAI 3, menzionò le passate relazioni tra Schifani e personaggi successivamente condannati per mafia come esempio di un fatto rilevante e ignorato da quasi tutti i quotidiani italiani al momento di pubblicare la biografia di Schifani come nuovo presidente del Senato.[44][45][46] La dichiarazione di Travaglio sollevò universali reazioni negative, centro-sinistra compreso, con l’eccezione di Antonio Di Pietro. Schifani annunciò una querela per diffamazione contro Travaglio, in quanto le sue affermazioni sarebbero state basate su fatti inconsistenti o manipolati, nemmeno in grado di generare sospetti, e poiché qualcuno avrebbe voluto minare il dialogo tra governo e opposizione; lo querelò inoltre per averlo paragonato (all’interno del medesimo intervento televisivo) a una muffa.[46] Travaglio fu assolto dall’accusa di diffamazione, ma condannato al risarcimento del danno per l’espressione utilizzata.

Onorificenze

Note

  1. ^ Nel 2009 Forza Italia confluisce nel Popolo della Libertà
  2. ^ a Schifani si dimette da capogruppo Ncd, su lastampa.it, La Stampa, 19 luglio 2016. URL consultato il 19 luglio 2016.none
  3. ^ a Profilo biografico Archiviato il 5 maggio 2008 in Internet Archive. su Senato.it
  4. ^ a Giancarlo Perna, Schifani, lo stratega anti Prodi eletto presidente del Senato, su ilgiornale.it, Il Giornale, 30 aprile 2008. URL consultato l’11 maggio 2008.none
  5. ^ Il Palermo e Silvio, le passioni di Schifani, su corriere.it, Corriere della Sera, 29 aprile 2008. URL consultato il 12 maggio 2008.none
  6. ^ Massimo Colaiacomo, Schifani al Senato, la sfida di essere Presidente di tutti, su ansa.it, ANSA, 4 maggio 2008. URL consultato il 12 maggio 2008.none
  7. ^ Senato, Renato Schifani eletto presidente, su corriere.it, Corriere della Sera, 29 aprile 2008. URL consultato l’11 maggio 2008.none
  8. ^ Camera, Boldrini presidente. Al Senato Grasso vince il ballottaggio con Schifani, su ilfattoquotidiano.it, Il Fatto Quotidiano, 16 marzo 2013. URL consultato il 16 marzo 2013.none
  9. ^ L’addio al Pdl (in frantumi), rinasce Forza Italia
  10. ^ Senato della Repubblica: Composizione del gruppo NUOVO CENTRODESTRA
  11. ^ Berlusconi lancia Forza Italia E Alfano il Nuovo Centrodestra
  12. ^ Ncd, Schifani nuovo capogruppo al Senato – Affaritaliani.it
  13. ^ Ncd, il passo indietro di Schifani: «Non condivido la linea centrista», su corriere.it, Corriere della Sera, 19 luglio 2016. URL consultato il 19 luglio 2016.none
  14. ^ Schifani ritorna in Forza Italia, su repubblica.it, La Repubblica, 4 agosto 2016. URL consultato il 5 agosto 2016.none
  15. ^ Taglio parlamentari, Forza Italia guida la coalizione dei salva-poltrone. Firmano per il referendum pure 7 Pd, 3 M5S e due renziani, su ilfattoquotidiano.it, 18 dicembre 2019. URL consultato il 21 dicembre 2019.none
  16. ^ https://www.corriere.it/politica/20_novembre_13/berlusconi-nomina-schifani-suo-consigliere-politico-57ef187c-2599-11eb-9464-032251e7abf1.shtml
  17. ^ Centrodestra, caos Sicilia. Musumeci si ritira, FdI boccia Prestigiacomo, su iltempo.it, 11 agosto 2022. URL consultato il 12 agosto 2022.none
  18. ^ Il centrodestra in Sicilia candida (a sorpresa) Renato Schifani, su ilfoglio.it, 12 agosto 2022. URL consultato il 12 agosto 2022.none
  19. ^ a Si sposa il figlio di Schifani, parata di politici, su ricerca.repubblica.it, 27 giugno 2008. URL consultato il 19 gennaio 2021.none
  20. ^ I soci imbarazzanti del giovane Renato, Francesco La Licata, La Stampa — 12 maggio 2008, su libertaegiustizia.it (archiviato dall’url originale il 21 maggio 2008).none; Sotto accusa ora i politici, Repubblica — 10 novembre 1984, pag. 13 sezione: L’inchiesta sulla mafia, su ricerca.repubblica.it. URL consultato il 9 maggio 2008.; L’impero dei Salvo, su ecorav.it. URL consultato il 9 maggio 2008.
  21. ^ Salta a: a b Franco Giustolisi e Marco Lillo in l’Espresso, 13-8-2002, Una vita da Schifani, su rassegna.camera.it. URL consultato il 12 maggio 2008.
  22. ^ Salta a: a b Alessandro M. Caprettini, Bugie, errori e dimenticanze. E da Schifani parte la querela, su ilgiornale.it, Il Giornale. URL consultato il 13 maggio 2008.
  23. ^ Lirio Abbate, Gianluca Di Feo, Schifani avvocato di mafia, in L’Espresso, 04 novembre 2010. URL consultato il 4 novembre 2010.
  24. ^ La sentenza, Repubblica — 28 aprile 2007, pag. 4 sezione Palermo, su ricerca.repubblica.it. URL consultato il 9 maggio 2008.
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  32. ^ Mafia, indagato Schifani – l’Espresso
  33. ^ Il pentito Lo Verso in aula fa il nome di Schifani – Palermo – Repubblica.it
  34. ^ Mafia, gip su inchiesta Schifani: “Nuove indagini, no ad archiviazione”
  35. ^ Renato Schifani: “Assolto dopo 15 anni per mafia, come vivere un film dell’orrore”
  36. ^ Mafia, pentito: “Alfano portato da Cosa Nostra. Berlusconi pedina di Dell’Utri”
  37. ^ Intervista a Renato Schifani di Claudio Sabelli Fioretti (Pubblicata il 10/10/2002), su melba.it (archiviato dall’url originale il 17 dicembre 2007).
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