11.12 2023 «Da bambina gli ho voluto bene, ma ho sbagliato». Parla la figlia dell’amante di Messina Denaro
«Da bambina gli ho voluto bene. Ma ora ho capito di aver sbagliato». Martina Gentile, figlia della maestra Laura Bonafede l’amante storica di Matteo MessinaDenaro, non ha risposto al gip durante l’interrogatorio di garanzia, ma in alcune dichiarazioni spontanee ha preso le distanze dal boss che la considerava come una figlia. Ai domiciliari per aver favorito la latitanza del capomafia, Gentile – che quando le hanno notificato la misura era a Pantelleria per una supplenza in una scuola media – è stata sentita al commissariato di Mazara del Vallo, in provincia di Trapani. Gentile è accusata di avere assunto il ruolo di postina, smistando la corrispondenza del boss per mesi, di averlo incontrato durante la latitanza e di essere una sua fedelissima emissaria.
Madre di una bimba di tre anni – motivo per cui è agli arresti domiciliari – Gentile risponde di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena aggravati. Sarebbe stata una delle postine del capomafia quando era ancora latitante. Insieme a un’altra fiancheggiatrice del boss, Lorena Lanceri, anche lei ora detenuta, avrebbe gestito la corrispondenza da e per il latitante facendogli anche avere i messaggi di Laura Bonafede. Gli scambi di pizzini sarebbero avvenuti nello studio di un architetto ed ex assessore comunale che ora è indagato. Molto affezionata al padrino, che la considerava come una figlia, Gentile l’avrebbe anche incontrato durante la latitanza come provano le immagini girate dalla polizia un mese prima dell’arresto di MessinaDenaro avvenuto il 16 gennaio nella clinica privata La Maddalena di Palermo.
Le videocamere piazzate dagli inquirenti ripresero l’auto del capomafiapassare davanti casa della donna e rallentare e Gentile guardare il bossdavanti all’uscio. Le immagini, però, non insospettirono la polizia che pure teneva sotto controllo Bonafede e la figlia. Per i pubblici ministeri, la ragazza avrebbe totalmente aderito alla causa del mafioso e sarebbe anche depositaria di molti suoi segreti. I magistrati, che stanno cercando di ricostruire la latitanza del capomafia, hanno accertato che Gentile avrebbe fatto per conto del padrino viaggi a Palermo e stanno tentando di scoprire se durante le sue missioni nel capoluogo avrebbe anche consegnato messaggi ad altri favoreggiatori. MERIDIO NEWS
15.6.2023 Matteo Messina Denaro voleva uccidere la nonna materna della figlia Lorenza: la considerava la causa dei contrasti familiari
Il messaggio audio di Messina Denaro in chat
Messina Denaro in una chat impreca contro le commemorazioni di Falcone
“E io qua sono bloccato con le quattro gomme a terra, cioè a terra nel senso non di bucate.Sull’asfalto. E non si muove per le commemorazioni di sta minchia”: così il boss Matteo Messina Denaro, il 23 maggio, giorno delle commemorazioni della strage mafiosa di Capaci, costata a vita al giudice Giovanni Falcone, esprimeva in una chat con alcune pazienti conosciute durante la terapia oncologica, il suo fastidio perché, a causa delle celebrazioni, era rimasto bloccato nel traffico.
“Porco mondo”, imprecava nel messaggio registrato che l’ANSA è in grado di pubblicare, e concludeva “qua mi sono rotto i co..di brutto”.
Messina Denaro, che non avrebbe rivelato alle donne che frequentava la sua identità, raccontava loro della sua malattia e si confidava. “Mi sento abbandonato. Come un randagino con una gamba spezzata in mezzo a una pozzanghera durante questa notte di Natale. Tutto questo per me è lo squallido avrei bisogno di affetto. Ma è giusto elemosinare affetto?”, scriveva.
In uno dei messaggi il boss, che aveva raccontato di essere un imprenditore divorziato, riferisce di un desiderio espresso dalla madre. “C’è Anna, sarebbe la ragazza che sta assieme a mia madre. Ieri sera mi cerca ha trovato un foglio scritto di pugno di mia madre. Si rivolge a me e dicendo che quando sarà morta, al suo funerale ma chi lo dice che io muoio dopo di lei, lei non lo sa questo ma lo so io, vuole la banda musicale che deve suonare un unico motivo la marcia del kaiser quella che fanno a Vienna per il capodanno. E quindi ora vuole sta cosa allora si deve fare perché le volontà delle persone si mantengono”.
Matteo Messina Denaro, il boss mafioso che amava le donne
Non si è mai sposato, non ha mai conosciuto la figlia, ha avuto molte relazioni. A differenza di padrini storici come Riina, è stato un capo decisamente libertino. Anche troppo. Tanto che il pentito Gaspare Mutolo avanza un dubbio: sicuri che fosse lui il vero numero uno?
Tre mesi dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, i misteri sulla sua lunga latitanza e sulle protezioni di cui ha goduto sono ancora tutti lì, in attesa di essere rischiarati dalla verità. Se qualcosa è cambiato rispetto a prima è forse l’idea che si ha di un boss di Cosa Nostra e in questa evoluzione diventano fondamentali le piccole debolezze e i vizi privati che sono stati svelati: l’amore per gli oggetti belli, la Porsche della sua gioventù, il Viagra nel comodino, i Rolex portati al polso, ma anche regalati con generosità, la sbandata per una ragazza austriaca e le sue relazioni con le donne, sempre fuori dai rigidi schemi mafiosi. Una condotta lontana da quella di Toto Riina e della moglie Antonietta (Ninetta) Bagarella, o dalla latitanza cenobitica di Bernardo Provenzano. L’ipotesi, suggestiva e sfuggente come ogni ipotesi, è che questa nuova rappresentazione del potere mafioso non sia casuale, ma voluta da “menti raffinatissime”, certe che ci siano solo vantaggi nel trasformare mediaticamente il cattivo della storia in un protagonista da romanzo rosa. Ma per Gaspare Mutolo (ascolta qui il Podcast del pentito), prima mafioso di lungo corso e poi pentito di rango, i costumi libertini di Matteo Messina Denaro confermano quello che lui ha sempre sospettato: il latitante numero uno non è mai stato il Capo, ma solo un capo. «Mi accusano di aver mantenuto un’idea romantica della mafia, tradizionale, ma so che ogni mafioso ha ancora il dovere di sposarsi e dare il proprio nome alla prole. Io dovetti farlo da latitante e lo stesso avrebbe dovuto fare, senza accampare scuse, un capo. Tommaso Buscetta aveva mogli e amanti? Vero, ma per questo gli altri boss chiamavano lui e quelli che gli stavano vicino “gli spazzini”, come quelli che hanno a che fare con l’immondizia».
UN CAPO CHE NON SI COMPORTA DA CAPO – E se i costumi fossero cambiati? Matteo Messina Denaro aveva una relazione con Lorena Ninfa Lanceri sotto gli occhi del marito Emanuele Bonafede, che sembrava complice della tresca. Mutolo prima di rispondere attende che un grosso gatto, unico testimone della conversazione, abbia il tempo di attraversare la tavola: «Se uno conosce la mentalità mafiosa sa che è successo esattamente il contrario. Bonafede non poteva pensare che la moglie lo tradisse con il capo perché per noi è una cosa inconcepibile, inimmaginabile. Ogni mafioso sa che la sua donna non riceverà nemmeno uno sguardo, e ogni donna di mafia sa che nessuno le mancherà di rispetto. È una legge che non ammette eccezione». Proprio applicando quelle regole che ha conosciuto bene e hanno orientato la sua prima vita di picciotto, ad “Asparinu” non tornano i conti. «Di “femminari” ce ne sono stati tanti. Mi ricordo bene di due fratelli: Pippo Bono, molto serio e affidabile, e Alfredo Bono, che girava in Ferrari e si comportava da playboy: per mesi mandò ogni giorno 50 rose rosse ad Angela Luce, poi finalmente si conobbero. Si comportava da scapolo, ma non era una figura di primo piano. Il caso di Matteo Messina Denaro è diverso: quando era giovane, fidanzato di quella ragazza austriaca, fece uccidere a Palermo un rivale in amore, Nicola Consales, il direttore dell’hotel di Selinunte nel quale lavorava Andrea Haslehner, e già questa è una forzatura, perchè non è regolare». Ma la lista è lunga: è stato con Francesca Alagna, la sorella del commercialista di un suo amico, che gli ha dato una figlia che lui non ha mai conosciuto. Ha frequentato per anni Maria Mesi, con la quale è andato anche in vacanza all’estero. Infine ci sono state tutte le altre storie finite sui giornali, e in questi giorni si rincorrono delle voci, tutte da verificare, sulle partecipazioni del boss a festini privati con escort e droga a Palermo. «Lui ha potuto fare una vita da vagabondo perché era il sopravvissuto di una stagione finita nel sangue e nelle carceri, e perché agiva in una zona lontana da Palermo, periferica. Credo che negli ultimi anni il vero capo della mafia fosse Settimo Mineo. A Messina Denaro è stato attribuito dai media un ruolo di prima importanza per la sua partecipazione ai reati più gravi degli anni delle stragi e di quel gruppo era l’unico sfuggito alla cattura. Nel Trapanese la massoneria controlla tutto ed è abbastanza potente da proteggere un latitante per decenni. Noi mafiosi siamo sempre stati i cugini cattivi della massoneria, il loro braccio armato, quelli da chiamare quando c’era da risolvere un problema perché svelti di testa e di mano. La mia vita cambiò quando entrai nella mafia: immediatamente le autorità smisero di controllarmi come avevano fatto fino a quando ero stato un semplice delinquente».
FIDANZATE, SORELLE E AMANTI – Gaspare Mutolo non sa se le lettere d’amore trovate nei covi siano state lasciate volontariamente o se si sia trattato solo di una svista, ma è sicuro che i covi fossero già stati ripuliti prima dell’arrivo degli investigatori: «I suoi affari già da tempo sono amministrati dalla sorella, ma questo è del tutto normale, nelle famiglie mafiose è sempre accaduto: anche i vecchi boss, ai miei tempi, erano convinti che le donne avessero un pensiero più raffinato, fossero capaci di guardare lontano. Messina Denaro oggi è malato e credo che abbia deciso di farsi catturare per tentare di trattare con lo Stato lo smantellamento degli ultimi baluardi della lotta alla mafia: innanzitutto il 41 bis, e poi il sistema dei pentiti. Non ci sono quasi più omicidi, non c’è un’emergenza per la violenza: i pentiti possono servire solo per scoperchiare il sistema di relazioni tra politica, imprenditoria e criminalità. Proprio per questo troverà qualcuno che avrà voglia di ascoltarlo».
Andrea Greco
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- Laura Bonafede, arrestata nei giorni scorsi, non è soltanto figlia di Leonardo, storico capomafia di Campobello di Mazara. È anche la moglie di Salvatore Gentile, uno degli uomini di fiducia di Matteo Messina Denaro, utilizzato dallo stesso come basista per assassinii commessi a Campobello di Mazara. Gentile è all’ergastolo per aver partecipato negli anni ’90, insieme al boss di Castelvetrano, a due omicidi: quello di Pietro Calvaruso e quello di Nicolò Tripoli.
- L’omicidio di Pietro Calvaruso
- E’ durante la guerra di mafia contro la famiglia mafiosa di Alcamo, che Matteo Messina Denaro ordina di sequestrare e uccidere Pietro Calvaruso, organizzando un commando composto dagli uomini più pericolosi di tutta la provincia di Trapani, che si riuniscono proprio a casa di Leonardo Bonafede. Messina Denaro affida al genero del capomafia campobellese, cioè proprio a Salvatore Gentile, il compito di indicare ai complici la cantina dove “prelevare l’obiettivo”.
Calvaruso era un pregiudicato 44enne di Alcamo, con precedenti per mafia, rapine e sequestro di persona che lavorava per un’azienda di trasporti.
La mattina del 26 settembre del 1991 era appena arrivato alla cantina “Falcone”, guidando un mezzo che trasportava un silos di mosto. Ma stavolta la persona sequestrata sarebbe stata lui.
Nella piazzola di sosta della cantina, Vincenzo Milazzo, del clan opposto a quello dei Greco, gli puntò la pistola, lo costrinse a salire nella macchina guidata da Matteo Messina Denaro e partirono a tutta velocità.
Arrivarono a Triscina nella casa di un altro componente del commando, Giuseppe Clemente, dove la vittima, sospettata di aver favorito la latitanza di mafiosi della cosca dei Greco, fu interrogata.
Dopo l’interrogatorio, Messina Denaro, gli mise una corda al collo e lo strangolò. Poi lo spogliarono – racconta il pentito Francesco Geraci – lo avvolsero in una coperta, lo legarono con un corda e lo deposero vicino alla spiaggia di Tre Fontane. Poi lo coprirono con delle sterpaglie e gli diedero fuoco. Una ventina di ossa ed un teschio furono ritrovati soltanto nell’agosto del 1992.
A questo omicidio, oltre a Messina Denaro e Salvatore Gentile, avrebbero partecipato anche Vincenzo Sinacori, Andrea Gancitano, Antonino Alcamo, Gioacchino Calabrò ed altri.
L’omicidio di Nicolò Tripoli
Nicolò Tripoli aveva 40 anni, ma con la guerra tra cosche non c’entrava nulla. Matteo Messina Denaro decise che doveva morire perché rubava. O almeno, queste erano le risultanze delle “indagini” interne di Cosa nostra. Lavorava nelle tenute del capomafia Leonardo Bonafede e l’accusa era che avesse rubato trattori ed altri mezzi meccanici nella zona di Campobello di Mazara. Quello era un ambiente in cui la “sentenza” la decideva l’accusa e la pena era quasi sempre la stessa, senza possibilità di appello.
Il pomeriggio del 14 gennaio del 1993, nella strada tra Campobello e Tre Fontane, Tripoli aveva imboccato con la sua Fiat Croma una stradina per andare in una cava abbandonata dove teneva gli animali. Ma prima che arrivasse al recinto, racconta il pentito Vincenzo Sinacori che era alla guida di una Fiat Uno provenendo dalla direzione opposta, fu obbligato a fermarsi. Salvatore Gentile conosceva bene la vittima e aveva il compito di confermarne l’identità. Rimase abbassato nella Fiat Uno fino all’ultimo, per evitare di essere riconosciuto e una volta che Messina Denaro, Sinacori e Gancitano individuarono la vittima, per averne la certezza, gli chiesero se fosse lui. Gentile si sollevò e diede la sua conferma.
Matteo Messina Denaro scese con un fucile e gli sparò attraverso il parabrezza. Tripoli, ferito mortalmente, rimase con il piede sull’acceleratore, finendo sulla macchina dei killer. Sinacori per evitare che la Uno arretrasse, tirò anche il freno a mano, mentre un altro complice, Andrea Gancitano, scese dall’auto e sparò ancora, attraverso il finestrino lato guida. Dopo averlo ucciso, gli tolsero il piede dall’acceleratore.
Per questo omicidio, oltre all’ergastolo a Messina Denaro e Salvatore Gentile, furono processati anche Vincenzo Sinacori, Francesco Geraci e Davide Riserbato.
Riepilogando, degli omicidi per i quali Salvatore Gentile è all’ergastolo, Matteo Messina Denaro non è stato solo il mandante, ma anche uno dei principali esecutori.
Colpisce poi il fatto che, nel caso di Calvaruso, a far parte del commando insieme al boss di Castelvetrano ci sia stato anche Vincenzo Milazzo.
Si tratta dello stesso Milazzo che Messina Denaro farà uccidere poco più di un anno dopo, perché in disaccordo con la strategia stragista di Totò Riina. E siccome la sua fidanzata 23enne, Antonella Bonomo, sarebbe stata a conoscenza di troppe cose, fece uccidere anche lei. Egidio Morici TP24
Il ruolo centrale della maestra Laura Bonafede: “Conosce i covi e gli affari di Messina Denaro”
La donna avrebbe frequentato per anni i luoghi in cui il boss si è nascosto durante la latitanza, ma come emerge dai pizzini sarebbe stata anche a conoscenza dei suoi investimenti, dai quali avrebbe anche tratto profitto. I pm parlano pure di una forma di “adorazione” e di “totale adesione agli ideali di uno dei più feroci criminali”
Sa dove sono i covi, conosce gli investimenti e le attività economiche e pure le identità di tanti personaggi ancora nascosti dietro a soprannomi e nomi in codice. Laura Bonafede, la maestra arrestata nei giorni scorsi perché per anni avrebbe coperto la latitanza del boss Matteo Messina Denaro, secondo la Procura è un personaggio centrale per ricostruire gli anni della “sommersione” dell’ultimo dei Corleonesi.
E’ “totalmente impregnata di cultura mafiosa”, scrive chiaramente il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza che ha fatto finire la donna in carcere e, così come la figlia, Martina Gentile, rientra in quel “sistema di connivenza” che “si innesta in una tradizione mafiosa famigliare che ha condotto le donne indagate a venerare il latitante”, come rimarcano il procuratore Maurizio De Lucia, l’aggiunto Paolo Guido ed il sostituto Gianluca De Leo, che coordinano l’inchiesta.
Il gip: “Conosce covi, affari e fiancheggiatori del boss”
“Innumerevoli sono ancora i soggetti indicati con nomi convenzionali ancora da identificare e, soprattutto, i luoghi in cui Messina Denaro ha trascorso la sua latitanza, alcuni dei quali sicuramente conosciuti e frequentati per lungo tempo da Laura Bonafede, da individuare e nei quali verosimilmente è custodita la documentazione più direttamente afferente all’attività criminale di Messina Denaro, ai suoi affari e investimenti ed ai suoi proventi”, afferma il giudice parlando della maestra che “ha trascorso, a decorrere dal 2007, e per un decennio (sino al 2017), un lunghissimo periodo di intimità quasi famigliare con il latitante, conoscendo e frequentando, anche con la figlia Martina, diversi luoghi in cui lo stesso si nascondeva”. Laura Bonafede, rimarcano i pm, “si fa carico di gestire per conto di Messina Denaro attività/operazioni commerciali con relativa condivisione dei guadagni”. “Venesia” o “Blu”, questi alcuni dei soprannomi dell’insegnante, saprebbe dunque moltissime cose, cruciali per scoprire i misteri della latitanza del capomafia stragista. Durante l’interrogatorio di garanzia, però, ha deciso di non rispondere alle domande.
L’adorazione, la protezione e la sofferenza
La Procura non esita a parlare di una forma di adorazione da parte di Bonafede nei confronti del boss e “tale adorazione non ha alcuna possibile spiegazione razionale e trova un senso solo nella totale adesione allo spirito, gli ideali ed i comportamenti di uno dei più feroci mafiosi conosciuti in territorio italiano”, tanto che madre e figlia “non hanno esitato ad organizzare la loro vita per fornire assistenza proprio a colui che è di fatto il responsabile (o uno dei responsabili) della loro sofferenza. Assistenza prestata con orgoglio e ferma convinzione, segno non equivocabile di una, purtroppo, irredimibile adesione allo stile di vita mafioso”.
“Condivide la storia di uno di un criminale sanguinario e stragista”
Il gip rimarca la “piena condivisione da parte di Laura Bonafede della storia criminale di Matteo Messina Denaro”, che “emerge con tutta evidenza anche dall’educazione impartita alla figlia Martina Gentile” e “quel che è più grave, persino dall’intendimento di trasferire i suoi malsani ‘ideali’ persino alla nipotina”. In questo modo l’indagata “trascura – mette in evidenza il giudice – che il suo interlocutore si è reso responsabile di innumerevoli fatti di sangue di assoluta gravità (anzi tra i più gravi della storia di questa Repubblica se si pensa alle stragi di Capaci e via D’Amelio ed a quelle del successivo anno 1993), tra i quali, per di più, persino dell’uccisione di innocenti bambini (Nadia e Caterina Nencioni, rispettivamente di appena 9 anni e di poco più di un mese di vita, rimaste vittime della strage di Firenze del 1993; Giuseppe Di Matteo, rapito appena dodicenne ed ucciso dopo una straziante prigionia in condizioni inumane, nel gennaio 1996; senza poi dimenticare l’uccisione di Antonella Bonomo in stato di gravidanza, cui Messina Denaro ebbe a partecipare personalmente nel luglio 1992, ancorché il predetto abbia recentemente tentato di sminuire la gravità – sic! – di tale ultimo omicidio asserendo di avere svolto ex post una ‘indagine’, che, a suo dire, avrebbe accertato che la ragazza non era incinta)”.
Il passaggio di consegne tra i Bonafede
In base agli elementi scoperti sinora dagli investigatori emerge che che “nel 2017 vi sia stato un passaggio di consegne tra Laura Bonafede ed i cugini, appunto subentrati alla prima, in quel momento impedita (in seguito ad una vasta operazione antimafia messa a segno a Campobello di Mazara in quell’anno, ndr), nella tutela della latitanza di Matteo Messina Denaro”. PALERMO TODAY
Messina Denaro, la figlia “degenata” e quella “sana”
La mappa dei fiancheggiatori di Messina Denaro
16.4.2023 Fuga, affari, vendette: i segreti di Messina Denaro e della maestra
“Sapevo dov’eri” e “Solimano”
I segnali ci sono tutti. “Sapevo dov’eri”, diceva la amestra a Messina Denaro. Conosce gli altri rifugi dell’ex latitante, dove con molta probabilità ci sono documenti sulla vita mafiosa e gli affari.
Bonafede conosce vicende prettamente mafiose e le scelte operative del padrino di Castelvetrano. Il passaggio di uno scritto recentissimo a lei attribuito contiene frasi inquietanti: “Che Solimano tenesse tanto al denaro l’ho sempre capito, gli piace spendere e fare soldi facili ma mai avrei potuto pensare che arrivasse a tanto, Secondo me oltre al denaro è legato alla paura di quell’avvertimento che lui pensa di Uomo ma che, in realtà, era di Depry. lo penso così e una volta me lo hai confermato pure tu”. Un personaggio chiamato in codice “Solimano”, particolarmente attaccato al denaro, era stato minacciato. Erroneamente la vittima aveva creduto che fosse opera di “Uomo” (così la figlia chiamava il padre Leonardo Bonafede, storico boss deceduto da alcuni anni), ma in realtà era stato “Depry” (uno dei tanti nomignoli attribuiti a Messina Denaro).
Proposito omicidiario per “Pancione”
Ed ecco il passaggio inquietante: “Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certo, ti conosco anche sotto questo aspetto. Non ti nego che mi sarebbe piaciuto che avessi fatto ‘due piccioni con una fava’; Solimano e Pancione”. Spunta un altro personaggio, “Pancione”, che meriterebbe una punizione. Probabilmente pensavano ad un rimedio estremo. Un omicidio? Visto che, si legge ancora, “Pancione ci sta pensando da solo, mangia come un porco, nemmeno può camminare più”. Lo stile di vita di “Pancione” metteva a rischio la sua stessa vita.
Maestra-Messina Denaro: affari in corso
Dal brano di una lettera del 3 dicembre 2022, inoltre, si è compreso che Laura Bonafede ed il latitante condividevano anche interessi economici. La donna informava Matteo Messina Denaro di prezzi e “obiettivi”, probabilmente margini di profitto in attività che avrebbe gestito per conto del capomafia. “Przzo O,75 euro, praticamente la metà. lnvece l’integro 1,50 euro. Se non ci fosse stato questo imprevisto sarebbe stato raggiunto un buon obiettivo ma va bene lo stesso. Mia nonna dice: ‘stenni peri quantu linzolu teni’”. Di quali affari in corso parlavano?
Quoziente intellettivo zero”
Più chiaro il passaggio in cui la donna si rammaricava per l’arresto, avvenuto a settembre 2022, di “Perlana”, e cioè Franco Luppino, boss di Campobello di Mazara e fedelissimo di Messina Denaro a cui è legato un episodio molto misterioso. “Ci serviva”, diceva la donna che dava la colpa a qualcuno che ha un “un Q.l. pari a zero”. Il giudizio di certo non lusinghiero sul quoziente intellettivo sarebbe stato rivolto a Piero Di Natale, factotum di Luppino. La donna parlava con orgoglio del suo lignaggio mafioso: “E vedi che porlo anche per esperienza, la storia parla, purtroppo”. Il ruolo di Laura Bonafade potrebbe essere stato molto più strutturato e delicato nella vita, anche mafiosa, di Messina Denaro. Riccardo Lo Verso
15.4.2023 «Ho amato Messina Denaro»: spunta un’altra donna. Tutte le fedelissime del boss
Non nascondeva il fastidio che nutriva nei confronti dell’altra. La chiamava «Sbrighisi». Lei, Laura Bonafede, maestra e figlia del boss di Campobello, per anni la donna di Matteo Messina Denaro, sapeva che il capomafia aveva altre frequentazioni femminili, come Sbrighisi, appunto. Un soprannome dietro il quale si nasconderebbe un’insegnante di matematica di Campobello di Mazara che, dopo l’arresto del padrino, si è precipitata dai carabinieri a raccontare la sua storia: l’aveva conosciuto al supermercato. Lei stava vivendo una crisi coniugale. Ne era nata una relazione durata fino a pochi giorni prima della cattura del boss. «Sapeva ascoltarmi, mi faceva sentire importante», ha detto agli inquirenti. Ma che fosse il latitante ricercato in mezzo mondo — ha assicurato — l’ha scoperto solo dopo l’arresto. A lei, l’ex primula rossa di Cosa nostra si sarebbe presentato con una delle sue false identità: il medico in pensione Francesco Salsi. Una versione tutta da verificare, visto che il marito della professoressa ha precedenti per mafia ed è ritenuto uno dei fedelissimi del boss del paese Franco Luppino. Possibile che la moglie non sapesse chi era davvero Francesco Salsi?
Al di là delle inchieste e del gossip resta la storia dell’ennesima donna coinvolta nella vita di un criminale per 30 anni ricercato per delitti efferati e riuscito, nonostante questo, a creare attorno a sé una rete di consenso ai limiti della venerazione. Il gip che ha arrestato giovedì la Bonafede parla di «totale adesione alla latitanza» del boss. Donne disposte a sacrificare la loro vita per Messina Denaro e rimaste legate a lui per anni. Come Laura Bonafede, al servizio del padrino col quale aveva addirittura creato una lingua segreta prendendo in prestito termini e nomi dai libri: Cent’anni di Solitudine aveva ispirato il nome dato a Campobello, «Macondo», Bukowski il «Tania» usato per la figlia della Bonafede. E come Maria Mesi, nome in codice Tecla, amore di gioventù, condannata per favoreggiamento a inizi 2000: la sua casa di Bagheria è stata perquisita, segno che i rapporti col capomafia non apparterrebbero solo al passato. E, poi, lo raccontano le inchieste del Ros, ci sono Lorena Lanceri («Diletta»), la vivandiera del padrino: l’ha ospitato a casa per mesi ed era al centro della sua rete di comunicazioni riservate; le sue sorelle Rosalia e Patrizia Messina Denaro, entrambe in carcere per mafia. Per il fratello minore hanno sacrificato la loro libertà e quella dei mariti, detenuti per favoreggiamento.
Tutte le donne del boss… arrestate
Ricordate il film “ Tutti gli uomini del presidente” interpretato da Dustin Hoffman e Robert Redford che si rifaceva all’inchiesta del Washington Post che nel 1974 portò allo scandalo Watergate e alle dimissioni di Nixon da presidente degli Stati Uniti?
Beh, quella era un’altra storia…
Ricordate le favole sugli “uomini d’onore” tutti d’un pezzo, tutti famiglia e “famigghia”, quelli per i quali avere un’amante poteva significare una condanna a morte?
Scordateveli, era solo una barzelletta.
Qualcuno di loro ci ha anche creduto al punto tale da fare uccidere la propria figlia per non perdere la “faccia”, il prestigio e l’ “onore”.
Non è il caso di aggiungere altro a questi “uomini d’onore”, se non il fatto che questi pezzi da novanta, tutti chiacchiere e lupara, in fatto di tradimenti e corna ne sanno e ne fanno più del diavolo (che di corna è specialista).
Quella di Matteo Messina Denaro non è una storia di mafia, quantomeno non come quelle che immaginiamo o abbiamo sentito più volte raccontare.
È una sorta di soap opera dai toni ora mieloso-drammatici, ora da romanzo hard, nel quale le donne perdono finanche il rispetto di sé stesse, della loro famiglia e della loro storia di famiglia di mafia.
Di cosa fosse capace il latitante castelvetranese in materia di tradimenti lo avevamo già visto con la sua storia di Viagra e femmine, compreso lo squallore della sua relazione con la moglie dell’uomo che lo ospitava durante la sua latitanza, coinvolgendo in questa tresca anche il figlio.
Oggi, al “romanticismo” di una mafia fatta d’onore e lupara, si aggiunge un’altra perla, l’arresto di Laura Bonafede (maestra di Castelvetrano, figlia di Leonardo Bonafede, storico capo della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, cugina di Andrea ed Emanuele Bonafede, entrambi già arrestati perchè favoreggiatori dell’ex superlatitante) e le indagini a carico della figlia Martina Gentile, figlia di quel Gentile Salvatore, genero del boss Leonardo Bonafede, che per conto di Matteo Messina Denaro commise due omicidi che lo portarono all’ergastolo.
Nell’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto, sono riportati i “pizzini” degli incontri tra il boss e la maestrina in un “tugurio”, dove i due “trascorrevano il loro tempo”.
E se galeotta fu la peste nera che permise al Boccaccio di scrivere il Decamerone, non di meno lo fu la latitanza del galeotto che potrebbe dare un input a un novello Boccaccio che volesse scrivere le cento scabrose novelle di “cosa nostra”.
Tutto qui l’onore di questi uomini d’onore e di chi c’ha creduto… chi uccidendo la figlia e chi finendo nelle patrie galere pur di essere fedeli al boss.
E le mogli? Stendiamo un velo pietoso…
Non è un detto siciliano ma va bene lo stesso: Se tutti i cornuti portassero un lampione, mamma mia che illuminazione (e ci saremmo risparmiati lo scempio dei pali eolici)
Gian J. Morici LA VALLE DEI TEMPLI
P.S. Perdonatemi ma ormai scrivere seriamente di MMD mi è diventato veramente difficile, specie dopo aver letto gli atti…
Laura e Martina: “orgogliosamente” al servizio del boss, tra codici segreti e pseudonimi
Una ragazza cresciuta “a pane e mafia” e due donne a disposizione del boss Messina Denaro: ecco i dettagli dell’ordinanza su Laura Bonafede e la figlia Martina.Sulla base della richiesta del 6 aprile del Procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, del Procuratore Aggiunto Paolo Guido e del Sostituto procuratore Gianluca De Leo, nell’ambito delle indagini su Matteo Messina Denaro questa mattina è finita in carcere Laura Bonafede. La Procura aveva chiesto per Martina Gentile gli arresti, ma il gip Alfredo Montalto ha rigettato l’istanza per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza pur stigmatizzando i comportamenti della giovane, legata al capomafia da un forte rapporto di affetto ritenendo la misura degli arresti domiciliari più adeguata anche in presenza di prole di età inferiore ai sei anni. L’ordinanza è stata emessa perché entrambe le donne “hanno aiutato Matteo Messina Denaro, componente con ruoli apicali dell’associazione mafiosa Cosa nostra, a sottrarsi all’esecuzione delle pene irrogate nei suoi confronti con sentenze definitive” e “consentendo a Messina Denaro Matteo, attraverso una prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue primarie esigenze personali, di non essere localizzato e catturato dalle forze dell’ordine, e di non essere sottoposto alle pene per le quali era stato condannato”, scrive il gip Montalto.
Il boss, Martina e la madre avrebbero condiviso anche periodi di convivenza, durante il periodo di latitanza di Messina Denaro.
Messina Denaro, l’inspiegabile insuccesso delle indagini precedenti
Continua, e questi arresti lo dimostrano, il lungo lavoro del Ros a seguito dell’operazione di polizia che, muovendo da un appunto ritrovato in una delle abitazioni di Rosalia Messina Denaro, la sorella del latitante, ha permesso di risalire al soggetto cui apparentemente quell’annotazione si riferiva (Andrea Bonafede, classe 1963), e, quindi, al soggetto che si celava dietro tali generalità, cioè il boss Matteo Messina Denaro, latitante da quasi un trentennio.“Tuttavia – scrive il Gip Montalto – non può certo nascondersi che le investigazioni conseguite a tale arresto destano (sempre più) sconcerto perché mettono in luce l’incredibile e inspiegabile insuccesso di anni e anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni (sino all’individuazione dei coniugi Bonafede-Lanceri, come si osservava nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, si pensava almeno sette anni, ma ora, come si vedrà, l’arco temporale si allarga sino ad almeno ventisei anni), una “normale” esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)”.
Il ruolo della famiglia Bonafede
“Ma quel che soprattutto disorienta – continua il gip nell’ordinanza relativa a Laura Bonafede – è che in tutto questo lunghissimo arco temporale la tutela della latitanza di Messina Denaro Matteo è stata affidata non a soggetti sconosciuti ed inimmaginabili, bensì a un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine e cioè a Leonardo Bonafede (soltanto recentemente deceduto) da sempre ben noto, oltre che come ‘reggente’ della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara, soprattutto per la sua trascorsa frequentazione e amicizia (anche per ragioni di solidarietà criminale) con il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco Messina Denaro (a sua volta, fino al decesso, già latitante e capo della organizzazione mafiosa operante nella provincia di Trapani) e, quindi, specificamente anche quale principale soggetto cui, in virtù di tali risalenti rapporti e del suo ruolo mafioso, come sancito anche in più sentenze irrevocabili, era affidata, appunto, la tutela della latitanza del medesimo Matteo Messina Denaro al fine di consentirgli di svolgere appieno il ruolo di capo indiscusso della detta consorteria di “cosa nostra” nella provincia di Trapani”.I soggetti che più sono stati più vicini a Messina Denaro Matteo, prestandogli i supporti necessari per l’ulteriore prosecuzione dello stato di latitanza e, quindi, anche per il mantenimento del riconosciutogli ruolo direttivo ricoperto nell’ambito dell’associazione mafiosa, vi sono molti appartenenti al nucleo familiare di Bonafede facente capo, quanto ad ascendenza mafiosa, a Leonardo Bonafede, strettamente legato ai Messina Denaro, elemento già definitivamente accertato in diverse sentenze irrevocabili. Proprio a tale nucleo familiare sono riconducibili le odierne indagate Laura Bonafede e Martina Gentile, rispettivamente figlia e nipote di Leonardo Bonafede.Questi arresti mostrano come Matteo Messina Denaro abbia potuto vivere una vita “normale” in quei luoghi proprio grazie agli appoggi assicuratigli da Leonardo Bonafede grazie a soggetti della sua più stretta cerchia familiare, ossia i nipoti Andrea Bonafede (classe 1963), Andrea Bonafede (classe 1969) ed Emanuele Bonafede, oltre alla stessa figlia Laura, che anzi spicca per la peculiarità sia sotto il profilo temporale che sotto il profilo delle sue modalità del rapporto che ha intrattenuto con il latitante. Laura Bonafede, dopo avere conosciuto Messina Denaro Matteo nel 1997, ha addirittura instaurato con lo stesso uno stabile rapporto quasi “familiare”, rapporto che ha coinvolto anche la figlia Martina, durato dal 2007 sino al dicembre 2017 quando fu interrotto a seguito di un’operazione di polizia, per poi riprendere, appena si calmarono le acque, negli ultimi anni sino al momento dell’arresto del latitante lo scorso 16 gennaio 2023.
Martina Gentile, cresciuta “a pane e mafia”
Martina Gentile è figlia di Laura e di Salvatore Gentile, sodale della famiglia mafiosa, condannato all’ergastolo per due omicidi eseguiti negli anni ‘90 proprio su ordine di Matteo Messina Denaro. È evidente che, scrivono i pm nella richiesta fatta al gip “le odierne indagate, Laura Bonafede e Martina Gentile, hanno vissuto la propria esistenza in siffatto contesto familiare e non v’è dubbio che ne hanno recepito integralmente cultura, modi di vivere, regole, nonché una autentica venerazione verso la famiglia Messina Denaro e in particolare verso l’enfant prodige Matteo (…) Salvatore Gentile ha sacrificato di fatto la propria vita per quest’ultimo, subendo una condanna all’ergastolo poco più che trentenne per assecondare la follia criminale di Messina Denaro che ha seminato morte e dolore per più decenni”.
Nipote di Leonardo Bonafede, Martina Gentile, all’età di quattro anni, ha visto il proprio padre entrare in un istituto di pena con la consapevolezza di non poterlo vedere più in libertà, e ha vissuto a intermittenza il rapporto con il nonno, arrestato e condannato più volte per il reato di associazione mafiosa. Una devozione, quella dei Bonafede, che ritroviamo incredibilmente rinvigorita in Laura Bonafede, Cugino/Amico mio/Blu/Venesia/Loredana, e in Martina Gentile, Tania/Tany, tutti pseudonimi convenzionali utilizzati per dialogare e, soprattutto, per proteggere la latitanza di Messina Denaro Matteo.
Laura Bonafede e Martina Gentile, una vita a disposizione del boss
Appare evidente che sia Laura Bonafede sia Martina Gentile non abbiamo avuto alcune esitazione a organizzare la loro vita per fornire assistenza proprio a colui che è di fatto il responsabile della loro sofferenza. Si tratta, scrive il gip, di “assistenza prestata con orgoglio e ferma convinzione (“carissimo adorato”, scriveva Gentile che si sentiva “protetta” dal latitante), segno non equivocabile di una, purtroppo, irredimibile adesione allo stile di vita mafioso”. Inoltre, sono particolarmente significativi della consapevolezza dell’attuale ruolo di vertice del Messina Denaro nell’associazione mafiosa i passaggi della lettera-diario della Bonafede sulla “utilità” di Franco Luppino (“Perlana”), la scarsa quantità e qualità degli associati a disposizione a Campobello di Mazara, dei propositi omicidiari del Messina Denaro, addirittura istigati dalla Bonafede. Anche Gentile aveva lo stesso grado di consapevolezza della madre, e non solo perché condivideva con la prima tutti i segreti codici linguistici utilizzati per la rete logistica di supporto, ma perché dalla sua missiva traspariva nitidamente una venerazione per ciò che Matteo Messina Denaro è stato fino al 16 gennaio 2023: un pericoloso e sanguinario capo mafia”. QDS 13.4.2023
Messina Denaro il “don Giovanni”, spunta un’amante segreta
In seguito all’arresto di Matteo Messina Denaro, è emersa un’altra donna che avrebbe avuto una relazione amorosa con il capo di cosa nostra. Lui l’aveva corteggiata, pur sapendo che era sposata, ed era nato un rapporto
Spunta un’altra amante di Matteo Messina Denaro che, oltre alla maestra arrestata ieri, avrebbe avuto una relazione amorosa anche con un’altra donna, venuta allo scoperto subito dopo la cattura del capo di cosa nostra. “Mi corteggiò ma non sapevo fosse lui”, così avrebbe detto l’altra donna del boss.
Un’altra amante di Matteo Messina Denaro, chi è?
Pochi giorni dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, infatti, la donna in questione è andata dai carabinieri con il suo avvocato a raccontare di aver avuto con quell’uomo una relazione. In realtà – avrebbe detto – lui si era presentato come Francesco Salsi, medico in pensione, e solo dopo la cattura lei, insegnante di matematica, aveva scoperto chi fosse davvero. Lui l’aveva corteggiata, pur sapendo che era sposata, ed era nato un rapporto. Una versione che cozzerebbe con il fatto che la donna in questione è moglie di un arrestato per mafia ritenuto vicino al boss di Campobello di Mazara Franco Luppino. Dell’amica del boss parla il gip che ieri ha disposto l’arresto di un’altra persona vicina al padrino, la maestra Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello finita in manette per favoreggiamento e procurata inosservanza della pena ritenuta sentimentalmente vicina al boss.
Cos’è emerso dalle pagine della misura cautelare?
Nelle pagine della misura cautelare vengono fuori l’irritazione e la gelosia della maestra verso l’ultima frequentazione del capomafia. L’amica di Messina Denaro viene chiamata in codice da Bonafede “Sbreghisi”. Laura Bonafede, già venuta fuori nel corso delle indagini sulla latitanza del padrino e immortalata dalle videocamere mentre parlava col boss al supermercato di Campobello due giorni prima del suo arresto, avrebbe provveduto alle necessità di vita quotidiana del latitante, gli avrebbe fatto la spesa per fargli avere rifornimenti temendo che potesse essere contagiato dal Covid e non potesse uscire, avrebbe condiviso con lui un linguaggio cifrato per tutelare l’identità di altri protagonisti della rete di protezione del boss e curato con maniacale attenzione la sua sicurezza. Alla maestra sarebbe anche stato bloccato lo stipendio. Contestualmente è stato attivato un procedimento disciplinare volto ad accertare ogni ulteriore elemento per valutare la condotta della docente.
Come si è sviluppato il rapporto tra Laura Bonafede e il capomafia?
“Laura Bonafede, dopo avere conosciuto Matteo Messina Denaro nel 1997, ha addirittura instaurato con lo stesso uno stabile rapporto quasi familiare coinvolgente anche la figlia Martina Gentile, durato dal 2007 sino al dicembre 2017 quando venne necessariamente interrotto a seguito di un’importante ennesima operazione di polizia, per poi riprendere, appena ‘calmatesi le acque’ negli ultimi anni sino all’arresto del latitante il 16 gennaio 2023”. Lo scrive il gip Alfredo Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare che ha disposto il carcere per Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello per anni la donna di Messina Denaro. Laura Bonafede, insomma, era legata a Matteo Messina Denaro “da un pluridecennale rapporto ed aveva, in molteplici occasioni, condiviso con lui spazi di intimità familiare, a volte in compagnia della figlia tanto che i tre si definivano ‘una famiglia’”. DIRETTA SICILIA
13.4.2023 “È la donna di Messina Denaro”: arrestata la maestra Bonafede
Laura Bonafede ha intrattenuto una lunga relazione con Matteo Messina Denaro. Non è stata una delle tante donne del capomafia negli anni di latitanza, ma una compagna di vita. Per un periodo avrebbero addirittura abitato sotto lo stesso tetto. La maestra di Castelvetrano, 55 anni, è stata arrestata dai carabinieri del Ros per favoreggiamento aggravato e procurata inosservanza di pena. La Direzione distrettuale antimafia di Palermo scrive un nuovo capitolo dell’incredibile storia del padrino. Su Laura Bonafede, figlia del capomafia Leonardo, c’è molto di più della lettera che ha scritto a Messina Denaro pochi giorni prima che lo arrestassero all’esterno della clinica “La Maddalena” di Palermo e del fugace incontro davanti al banco salumi di un supermercato a Campobello di Mazara. Secondo la ricostruzione del procuratore Maurizio de Lucia, dell’aggiunto Paolo Guido e del sostituto Gianluca De Leo, il loro rapporto risalirebbe al 1996. Una relazione, la loro, che sovverte anche le regole di Cosa Nostra, visto che la donna è sposata con l’ergastolano Salvatore Gentile. Il fine pena mai gli è stato inflitto per degli omicidi, alcuni dei quali commessi assieme o per conto di Messina Denaro.
Le lettere prima dell’arresto
C’era un rapporto epistolare “molto intenso” tra Matteo Messina Denaro e Laura Bonafede. La scoperta nasce dal ritrovamento al padrino di Castelvetrano di una lettera-diario scritta da una persona che si firmava con lo pseudonimo di “cugino” per proteggere la sua vera identità e diretta a Messina Denaro. Nessun dubbio per gli investigatori: l’interlocutore era Laura Bonafede. Messina Denaro non ha fatto in tempo a recapitarle la risposta. “Ci siamo visti da vicino ed anche parlati. – scriveva il capomafia all’interlocutore – mi avrai trovato invecchiato e stanco (…) a me ha fatto piacere vederti e parlarti, cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, certo c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta-formaggi, perché a te ti conosce e sa che tipo sei, a me mi conosce di vista come cliente ma non sa nulla, certo ora che mi ha visto parlare con te sarà incuriosito di sapere chi sono”. Bonafede avrebbe provveduto alle necessità di vita quotidiana del latitante. Gli faceva avere la spesa nei giorni del Covid temendo che Messina Denaro venisse contagiato. Avrebbero usato un linguaggio cifrato per tutelare l’identità di altri protagonisti della rete di protezione del boss.
Le “pedine” della famiglia Bonafede
Cugina del geometra Andrea Bonafede che ha prestato l’identità al boss, cugina del dipendente comunale, anche lui di nome Andrea Bonafede che ha fatto da tramite con il medico Alfonso Tumbarello per le ricette necessarie alle terapie per le cure del cancro, e cugina di Emanuele Bonafede, uno dei vivandieri del padrino arrestato insieme alla moglie Lorena Lanceri. Tutto riporta ai membri della famiglia del capomafia, oggi deceduto, Leonardo Bonafede. Il rapporto con il latitante mai è venuto meno. Ora emerge che Laura Bonafede e Messina Denaro avrebbero addirittura condiviso un percorso di vita. Nell’ultimo periodo erano stati costretti ad allontanarsi, ma la voglia di vedersi avrebbe prevalso. E così avrebbero fissato appuntamenti veloci, come avvenuto al supermercato. Riccardo Lo Verso
Messina Denaro, le lettere di Laura Bonafede: “Peccato che il mondo non ti abbia compreso”. E la figlia scriveva: “Bellissimo abbracciarti”
“Le due donne adoravano il boss” – Il giudice scrive anche che Laura Bonafede e la figlia veneravano l’ex superlatitante. “Tale adorazione non ha alcuna possibile spiegazione razionale e trova un senso solo nella totale adesione allo spirito, gli ideali ed i comportamenti di uno dei più feroci mafiosi conosciuti in territorio italiano”, scrive il gip. Sottolineando che l’adorazione delle due donne non è venuta a mancare neanche dopo che molti loro parenti sono finiti agli arresti a causa dei i rapporti con i Messina Denaro. Come Salvatore Gentile, marito di Laura Bonafede e padre di Martina, condannato all’ergastolo per due omicidi eseguiti su ordine del boss di Castelvetrano. Nonostante questo “la Bonafede – prosegue il giudice – non ha esitato a organizzare la sua vita per fornire assistenza proprio a colui che è di fatto il responsabile (o uno dei responsabili) della sua sofferenza”.
La lettera del boss: “Sono venuto a trovarvi 26 anni fa”- Nelle carte dell’inchiesta sono riportate le lettere che il boss scambiava con la donna, la cui identità era occultata dietro vari nomi di copertura, quasi sempre maschili: “Amico mio“, “Cugino”, “Blu“, “Venesia” .”Mi fa piacere sentirti dire che non sono stato un errore, anzitutt’altro. Si è quello che penso: sono e resterò solo. Perché per te è stata una sorpresa? Non avevi capito? Ventisei anni fa ho chiesto di venirvi a trovare e mi è stato concesso, che forse è meglio di che me lo ha concesso. Non c’era motivo di quella visita ma forse si doveva aprire un capitolo e così fu. Dici bene, abbiamo letto quello che era scritto. La vita è strana, fa dei giri incredibili e poi ti porta dove vuole lei. Noi possiamo solo farci trascinare”, scrive in una lettera Messina Denaro, datando dunque al 1997 il primo incontro con la donna. “Amico mio ti abbraccio, stavolta la cominciamo diversamente, ci siamo visti da vicino ed anche parlato. Mi avrai trovato invecchiato e stanco, ho il timore di averti deluso ma non c’entro io, per me sarei ancora un tipo aitante ma è lo squallido (La Maddalena, la clinica palermitana dove faceva la chemio, ndr) che mi distrugge, mi rosica un po’ alla volta”, scrive invece il boss il 14 gennaio del 2023, due giorni prima di essere arrestato. I pensieri del latitante vanno a poche ore prima quando lui e Laura si sono incontrati alla Coop di Campobello di Mazara. Un appuntamento fisso che avevano ogni sabato alle 11. E che negli ultimi tempi, con grande dispiacere di Laura Bonafede, era saltato. Ma non quel sabato, l’ultimo prima della cattura del boss. Quel giorno riuscirono ad incontrarsi un’ultima volta, e il boss era preoccupato di non essere più “aitante”. Ormai sfinito dalla malattia, temeva di non essere più attraente, ma l’incontro lo aveva comunque reso felice: “A me ha fatto piacere vederti e parlarti – scrive ancora Messina Denaro – cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, se no smettevo di parlarti. A parte le due signore, madre e figlia, suppongo. Poi tutto nella regola. Certo, c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta formaggi, perché a te ti conosce e sa che tipo sei, a me mi conosce come cliente ma non sa nulla, certo ora che mi ha visto parlare con te sarà incuriosito di sapere chi sono… poi so che è tipo intimo col bagnino, si fanno lunghe parlate. La bastarda gira e si ferma a parlare con questo. Comunque sono stato e sono felice di averti visto e parlato. Mi mancava pure la tua voce. Grazie. Lunedì sono da Squallido (La Maddalena, ndr), non so quando potrò scriverti. Ti abbraccio”.
“Hanno convissuto per dieci anni” – Solo l’ultima di una lunga serie di lettere d’amore scambiate tra il boss e Laura Bonafede, figlia di un altro boss, Leonardo Bonafede, storico capo mafia di Campobello di Mazara, deceduto due anni fa, indicato come “l’uomo”, uno dei tantissimi nomi in codice usati nelle corposa corrispondenza. I due avevano d’altronde vissuto assieme per almeno dieci anni, così come riporta il gip nelle carte. Le indagini hanno documentato come Laura Bonafede e Messina Denaro “unitamente alla figlia della donna – Martina Gentile – abbiano in numerose occasioni coabitato durante la latitanza, concordando l’utilizzo di un codice linguistico riservato e complesso per comunicare tra loro”. Dall’inchiesta è poi emerso “che Laura Bonafede ha programmato con l’allora latitante una rigida e sicura organizzazione di fugaci incontri de visu (perlomeno negli ultimi due mesi, da novembre 2022 a gennaio 2023) e di paralleli “scambi di posta”, sempre in giorni e orari prefissati dal latitante”.
La gelosia della donna – Poi c’erano appunto i pizzini e le lettere. Messina Denaro era l’uomo per cui Laura Bonafede soffriva di gelosia: “Abbandonarti: ne abbiamo già parlato una volta. Volevo, mentalmente, allontanarmi perché ho sofferto troppo. Non puoi nemmeno immaginare quello che ho provato. E dire che qualche reazione l’hai vista. ll non vederci più e il non avere notizie hanno fomentato la rabbia, la delusione. Vedi che io ti conosco e ti prego non ne voglio parlare, si risveglia il dolore. Devo dirti allora che me lo hai “chiesto” tu se potevi fare un giro con Tramite?” Il riferimento è a Lorena Lanceri, arrestata lo scorso marzo, assieme al marito, Emanuele Bonafede, accusati di aver fatto da “vivandieri” al boss latitante. “Lasciamo stare il telo macchiato che poteva essere un’illazione – continua Laura Bonafede – Ma il salire in auto nella piccola stradina. Te lo ripeto: io ti conosco. È vero sai recitare ma capisco quanto sei coinvolto quando parli di qualcuno”. Copia di queste missive è stata trovata nel covo del boss a Campobello, mentre la donna si disperava di dovere bruciare gli originali: “Sai mi è piaciuta questa tua lettera: lunga e piena di bei pensieri e bellissime parole, mi dispiace che lè distruggo perché rileggerle ogni tanto mi farebbe bene al cuore. Vero è che mi hai fatto vivere delle meravigliose esperienze e che sei e sarai sempre, sempre, sempre nei miei pensieri. E vedi che questo mio ‘sempre’ finirà con me!”.
“Peccato che il mondo non ti abbia compreso” – Un amore struggente ed eterno per Bonafede nei confronti del latitante che dal canto suo pare sapesse che il loro legame dovesse avere una fine: “Una volta, al limoneto mi dicesti che al ritorno di Uomo (il padre Leonardo Bonafede, ndr) e, successivamente, di Bamby (il marito di Laura, Salvatore Gentile ndr) la nostra Amicizia si interrompeva – scrive ancora Laura -. Ricordo, che ti risposi che non ne vedevo il motivo. Mi ero quasi offeso per il tuo dire, come se la nostra Amicizia era per me una sorta di tappabuchi, un passatempo. Come se io avessi instaurato quell’Amicizia perché non sapevo stare da solo. Caro Amico Mio io da solo ci so stare benissimo, credo che lo hai capito che non mi interessa la compagnia di nessuno. Si, mi sono sentito un traditore però anomalo ma sempre traditore ed intruso. Ma è da tanto che non provo più questi sentimenti. Penso che ci apparteniamo, nel bene o nel male ci apparteniamo e questo è un dato di fatto”. Si appartenevano e per tanto tempo si erano incontrati in quello che viene definito “tugurio”: “Stavamo bene in quel posto: sì, ero felice di trascorrere quel tempo insieme, penso che lo sapevi che era così”. Un piccolo posto che era come “una reggia” per loro, come per il protagonista de La avventure della ragazza cattiva, il romanzo dello scrittore peruviano, Mario Vargas Llosa. Copia del libro viene trovata in casa di Laura Bonafede. Ma prima che i loro incontri diventassero fugaci, i due vivono insieme per alcuni anni: “Eravamo una famiglia – scrive il latitante il 3 aprile del 2015 -. Lo disse Blu. Hai detto bene, hai detto giusto, hai detto la verità Blu. Eravamo davvero una famiglia, per davvero era “eravamo una famiglia. Blu, io non so quello che sarà di me. Ma se avrò un ultimo attimo per pensare, in quel mio attimo, il mio ultimo pensiero sarà per te”. Tra le carte del padrino anche un vecchio biglietto, firmato da Loredana e datato 2012: “Ne avevo sentite tante su di te, anche troppe. Ma mai avrei pensato di poterti io conoscere, semplicemente non rientrava nei miei piani di vita, ancora più semplicemente non ci avevo mai pensato. Ad un tratto è accaduto che ti ho incontrato, oggi posso dire che ho conosciuto un uomo particolare, diverso se vuoi originale e unico sicuramente, ma non dirò come sei, è cosa mia come sei. Ti dico soltanto che è stato un gran peccato che il mondo non ti abbia compreso Amico Mio. Sei rimasto uomo nella sconfitta, E chiunque ti ha conosciuto, non si dimenticherà mai di te. Mi reputo fortunata a far parte della tua vita, e provo pena per chi non ha avuto o voluto questo privilegio”.
“Ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica” – La convivenza tra Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro è l’occasione per il boss di creare un forte legame con la figlia della donna, Martina Gentile. È lui che descrive il suo rapporto con la giovane, scrivendo alla sorella Giovanna il 21 aprile del 2022: “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è mia figlia, e mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene, ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile. Che voglio dire? Che non sono stato solo e che sciacqualattuga (si riferisce a Lorenza Alagna, figlia del boss, ndr) non significa più niente per me”. Mentre ad un’altra sorella, Rosalia (arrestata lo scorso febbraio), il 25 gennaio del 2022 ribadiva: “A me vedi che non è mancato l’amore di una figlia. Pur non essendo mia figlia è cresciuta con me. Per tanti anni siamo stati assieme tutti i giorni. Ha dato un senso alla mia vita solitaria, ha molto di me, forse anche troppo. Ha il mio carattere perché gliel’ho insegnato io, lei era predisposta. Oggi è una persona matura, non ci vediamo più perché il destino ha voluto così ma è rimasta molto attaccata a me. Quando si può mi scrive. Credo di essere stato fortunato ad averla avuta e ne sono orgoglioso di come cresciuta anche per merito mio”. Nel covo dell’ex latitante vengono ritrovate anche una missiva che la ragazza invia al capomafia, il 21 dicembre 2022, quando pare averlo incontrato, probabilmente per caso. “Carissimo adorato, Che immensa gioia poterti abbracciare, è stato bellissimo, mi sono sentita protetta, importante, felice non so spiegarti, ma poi è stato ancora più bello perché inaspettato. Non sapevo cosa fare, cosa dirti prima ti avrei voluto dire di darmi un passaggio e ti fermavi a mangiare a casa … utopia! Incredibile come ci hanno tolto tutto”, scriveva Martina Gentile. Che faceva un esplicito riferimento al luogo in cui aveva incontrato il boss per caso, molto probabilmente un tabacchi, visto che poco dopo si parla chiaramente di un gratta e vinci: “Quando hai tentato la fortuna pensando di diventare ricco, ti ho visto”. Poi raccontava al capomafia quello che aveva notato intorno a lui : “Ho visto tutta la scena. Il proprietario poi è uscito e ho guardato dove andavi…più sopra si sono fermati a parlare e si sono girati a guardarti”.
L’impronta sul dvd nel covo – Anche la madre di Martina Gentile monitora i movimenti attorno al latitante, osserva quelli che lei chiama i “nemici“, e a un certo punto comunica che era “meglio evitare di viaggiare con scritti, i nemici sono troppo assetati di risvolti e possono tentare di tutto, Semmai si può cercare un’altra soluzione”. “Oggi mi sono molto arrabbiato perché i nemici non mollano. – scriveva in un pizzino in cui come spesso fa parla di sé al maschile – Sono stato al mio supermercato preferito a fare un cambio di un articolo e siccome mi ero dimenticato la lista della spesa sono andato un’altra volta e subito dopo di me è entrato uno che mi girava intorno e quando ho chiamato al telefono Lupetta (la figlia Martina ndr) si è avvicinato per sentire. Mentre parlavo con Lupetta dissi che c’era uno che mi girava intorno e che sicuramente era uno sbirro“. I carabinieri sono certi che la donna è stata nel covo di Messina Denaro: un’impronta digitale della donna è stata trovata su un Dvd che teneva accanto alla Tv. I due d’altronde vedevano spesso dei film insieme: “ln televisione c’è ll Re Leone, mi sarebbe piaciuto vederlo con Depry (nome in codice di Matteo Messina Denaro, ndr) e ridere insieme alla frase: io rido in faccia al pericolo e il pericolo è il mio mestiere. Mi manca tutto, anche guardare un film assieme” del 16 Aprile 2023
Laura e Martina: “orgogliosamente” al servizio del boss, tra codici segreti e pseudonimi
Una ragazza cresciuta “a pane e mafia” e due donne a disposizione del boss Messina Denaro: ecco i dettagli dell’ordinanza su Laura Bonafede e la figlia Martina.
Sulla base della richiesta del 6 aprile del Procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, del Procuratore Aggiunto Paolo Guido e del Sostituto procuratore Gianluca De Leo, nell’ambito delle indagini su Matteo Messina Denaro questa mattina è finita in carcere Laura Bonafede.
La Procura aveva chiesto per Martina Gentile gli arresti, ma il gip Alfredo Montalto ha rigettato l’istanza per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza pur stigmatizzando i comportamenti della giovane, legata al capomafia da un forte rapporto di affetto ritenendo la misura degli arresti domiciliari più adeguata anche in presenza di prole di età inferiore ai sei anni. L’ordinanza è stata emessa perché entrambe le donne “hanno aiutato Matteo Messina Denaro, componente con ruoli apicali dell’associazione mafiosa Cosa nostra, a sottrarsi all’esecuzione delle pene irrogate nei suoi confronti con sentenze definitive” e “consentendo a Messina Denaro Matteo, attraverso una prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue primarie esigenze personali, di non essere localizzato e catturato dalle forze dell’ordine, e di non essere sottoposto alle pene per le quali era stato condannato”, scrive il gip Montalto.
Il boss, Martina e la madre avrebbero condiviso anche periodi di convivenza, durante il periodo di latitanza di Messina Denaro.
Messina Denaro, l’inspiegabile insuccesso delle indagini precedenti
Continua, e questi arresti lo dimostrano, il lungo lavoro del Ros a seguito dell’operazione di polizia che, muovendo da un appunto ritrovato in una delle abitazioni di Rosalia Messina Denaro, la sorella del latitante, ha permesso di risalire al soggetto cui apparentemente quell’annotazione si riferiva (Andrea Bonafede, classe 1963), e, quindi, al soggetto che si celava dietro tali generalità, cioè il boss Matteo Messina Denaro, latitante da quasi un trentennio.
“Tuttavia – scrive il Gip Montalto – non può certo nascondersi che le investigazioni conseguite a tale arresto destano (sempre più) sconcerto perché mettono in luce l’incredibile e inspiegabile insuccesso di anni e anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale compresa tra Castelvetrano e Campobello di Mazara, costantemente setacciata e controllata con i più sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di tutti i luoghi strategici che, tuttavia, come oggi si è scoperto, non hanno impedito che il più ricercato latitante del mondo potesse condurre, in quegli stessi luoghi e per molti anni (sino all’individuazione dei coniugi Bonafede-Lanceri, come si osservava nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, si pensava almeno sette anni, ma ora, come si vedrà, l’arco temporale si allarga sino ad almeno ventisei anni), una “normale” esistenza senza neppure nascondersi troppo, ma anzi palesando a tutti il suo viso riconoscibile (almeno per i tantissimi che lo avevano conosciuto personalmente)”.
Il ruolo della famiglia Bonafede
“Ma quel che soprattutto disorienta – continua il gip nell’ordinanza relativa a Laura Bonafede – è che in tutto questo lunghissimo arco temporale la tutela della latitanza di Messina Denaro Matteo è stata affidata non a soggetti sconosciuti ed inimmaginabili, bensì a un soggetto conosciutissimo dalle forze dell’ordine e cioè a Leonardo Bonafede (soltanto recentemente deceduto) da sempre ben noto, oltre che come ‘reggente’ della ‘famiglia’ mafiosa di Campobello di Mazara, soprattutto per la sua trascorsa frequentazione e amicizia (anche per ragioni di solidarietà criminale) con il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco Messina Denaro (a sua volta, fino al decesso, già latitante e capo della organizzazione mafiosa operante nella provincia di Trapani) e, quindi, specificamente anche quale principale soggetto cui, in virtù di tali risalenti rapporti e del suo ruolo mafioso, come sancito anche in più sentenze irrevocabili, era affidata, appunto, la tutela della latitanza del medesimo Matteo Messina Denaro al fine di consentirgli di svolgere appieno il ruolo di capo indiscusso della detta consorteria di “cosa nostra” nella provincia di Trapani”.
I soggetti che più sono stati più vicini a Messina Denaro Matteo, prestandogli i supporti necessari per l’ulteriore prosecuzione dello stato di latitanza e, quindi, anche per il mantenimento del riconosciutogli ruolo direttivo ricoperto nell’ambito dell’associazione mafiosa, vi sono molti appartenenti al nucleo familiare di Bonafede facente capo, quanto ad ascendenza mafiosa, a Leonardo Bonafede, strettamente legato ai Messina Denaro, elemento già definitivamente accertato in diverse sentenze irrevocabili. Proprio a tale nucleo familiare sono riconducibili le odierne indagate Laura Bonafede e Martina Gentile, rispettivamente figlia e nipote di Leonardo Bonafede.
Questi arresti mostrano come Matteo Messina Denaro abbia potuto vivere una vita “normale” in quei luoghi proprio grazie agli appoggi assicuratigli da Leonardo Bonafede grazie a soggetti della sua più stretta cerchia familiare, ossia i nipoti Andrea Bonafede (classe 1963), Andrea Bonafede (classe 1969) ed Emanuele Bonafede, oltre alla stessa figlia Laura, che anzi spicca per la peculiarità sia sotto il profilo temporale che sotto il profilo delle sue modalità del rapporto che ha intrattenuto con il latitante. Laura Bonafede, dopo avere conosciuto Messina Denaro Matteo nel 1997, ha addirittura instaurato con lo stesso uno stabile rapporto quasi “familiare”, rapporto che ha coinvolto anche la figlia Martina, durato dal 2007 sino al dicembre 2017 quando fu interrotto a seguito di un’operazione di polizia, per poi riprendere, appena si calmarono le acque, negli ultimi anni sino al momento dell’arresto del latitante lo scorso 16 gennaio 2023.
Martina Gentile, cresciuta “a pane e mafia”
Martina Gentile è figlia di Laura e di Salvatore Gentile, sodale della famiglia mafiosa, condannato all’ergastolo per due omicidi eseguiti negli anni ‘90 proprio su ordine di Matteo Messina Denaro.
È evidente che, scrivono i pm nella richiesta fatta al gip “le odierne indagate, Laura Bonafede e Martina Gentile, hanno vissuto la propria esistenza in siffatto contesto familiare e non v’è dubbio che ne hanno recepito integralmente cultura, modi di vivere, regole, nonché una autentica venerazione verso la famiglia Messina Denaro e in particolare verso l’enfant prodige Matteo (…) Salvatore Gentile ha sacrificato di fatto la propria vita per quest’ultimo, subendo una condanna all’ergastolo poco più che trentenne per assecondare la follia criminale di Messina Denaro che ha seminato morte e dolore per più decenni”.
Nipote di Leonardo Bonafede, Martina Gentile, all’età di quattro anni, ha visto il proprio padre entrare in un istituto di pena con la consapevolezza di non poterlo vedere più in libertà, e ha vissuto a intermittenza il rapporto con il nonno, arrestato e condannato più volte per il reato di associazione mafiosa. Una devozione, quella dei Bonafede, che ritroviamo incredibilmente rinvigorita in Laura Bonafede, Cugino/Amico mio/Blu/Venesia/Loredana, e in Martina Gentile, Tania/Tany, tutti pseudonimi convenzionali utilizzati per dialogare e, soprattutto, per proteggere la latitanza di Messina Denaro Matteo.
Laura Bonafede e Martina Gentile, una vita a disposizione del boss
Appare evidente che sia Laura Bonafede sia Martina Gentile non abbiamo avuto alcune esitazione a organizzare la loro vita per fornire assistenza proprio a colui che è di fatto il responsabile della loro sofferenza. Si tratta, scrive il gip, di “assistenza prestata con orgoglio e ferma convinzione (“carissimo adorato”, scriveva Gentile che si sentiva “protetta” dal latitante), segno non equivocabile di una, purtroppo, irredimibile adesione allo stile di vita mafioso”.
Inoltre, sono particolarmente significativi della consapevolezza dell’attuale ruolo di vertice del Messina Denaro nell’associazione mafiosa i passaggi della lettera-diario della Bonafede sulla “utilità” di Franco Luppino (“Perlana”), la scarsa quantità e qualità degli associati a disposizione a Campobello di Mazara, dei propositi omicidiari del Messina Denaro, addirittura istigati dalla Bonafede. Anche Gentile aveva lo stesso grado di consapevolezza della madre, e non solo perché condivideva con la prima tutti i segreti codici linguistici utilizzati per la rete logistica di supporto, ma perché dalla sua missiva traspariva nitidamente una venerazione per ciò che Matteo Messina Denaro è stato fino al 16 gennaio 2023: un pericoloso e sanguinario capo mafia”.
Le lettere d’amore tra Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro
Ci sono anche lettere d’amore nella corrispondenza tra Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro. Ne parla l’ordinanza del giudice delle indagini preliminari di Palermo. Che nota come sia Laura che la figlia Martina Gentile avessero una sorta di adorazione per ‘U Siccu. «Avevo pensato che avrei avuto un po’, anzi molto tempo per me e poter stare con te in modo ‘rilassato’ e invece tutto il contrario», scriveva Bonafede rimpiangendo di non poterlo incontrare. La missiva è datata dicembre 2022. A impedire gli incontri all’epoca era la malattia della figlia. In un’altra lettera del 2 gennaio la Bonafede scrive: «In televisione c’è il Re Leone. Mi sarebbe piaciuto vederlo con Depry (soprannome del boss al quale Bonafede scrive fingendo di parlare di un terzo) e ridere insieme alla frase: ‘io rido in faccia al pericolo e il pericolo è il mio mestiere’. Mi manca tutto, anche guardare un film assieme». In uno dei dvd trovati nel covo di via Cb/31 è stata rilevata anche un’impronta digitale di Bonafede. In un’altra lettera la donna scriveva: «Abbandonarti: ne abbiamo già parlato una volta. Volevo mentalmente allontanarmi perché ho sofferto troppo. Non puoi nemmeno immaginare quel che ho provato. E dire che qualche reazione l’hai vista. Il non vederci più e il non aver avuto notizie hanno fomentato la rabbia e la delusione. Vedi che io ti conosco e ti prego non ne voglio parlare, si risveglia il dolore». Nel pizzino si nota anche la gelosia della donna per Lorena Lanceri, anche lei arrestata per favoreggiamento nelle scorse settimane, che i due chiamano in codice “Tramite”. «Devo dirti allora che me lo hai chiesto tu se potevi fare un giro con Tramite? Lasciamo stare il telo macchiato che poteva essere un’illazione. Ma il salire in auto nella piccola stradina. Te lo ripeto: io ti conosco. E’ vero sai recitare, ma capisco quanto sei coinvolto quando parli di qualcuno». Secondo il Gip inoltre Laura Bonafede e la figlia Martina Gentile erano in totale adorazione nei confronti di Matteo Messina Denaro. «Tale adorazione non ha alcuna possibile spiegazione razionale e trova un senso solo nella totale adesione allo spirito, gli ideali ed i comportamenti di uno dei più feroci mafiosi conosciuti in territorio italiano», scrive il gip che ne ha disposto l’arresto utilizzando le valutazioni degli inquirenti. L’adorazione non è venuta meno neppure in seguito alle vicissitudini giudiziarie subite dai Bonafede e dai loro parenti proprio per i rapporti con i Messina Denaro. Salvatore Gentile, marito di Laura Bonafede e padre di Martina, sconta l’ergastolo per aver eseguito gli ordini «di un criminale assassino». Secondo una sentenza ha ucciso Pietro Calvaruso e Nicolò Tripoli tra il settembre 1991 e il gennaio 1993 per ordine di Matteo Messina Denaro. Nonostante questo «la Bonafede non ha esitato a organizzare la sua vita per fornire assistenza proprio a colui che è di fatto il responsabile (o uno dei responsabili) della sua sofferenza». OPEN
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Messina Denaro, San Valentino, gli affari: 27 anni con la maestra
Si sentivano al sicuro, amate e protette dal capomafia. E Matteo Messina denaro ricambiava i sentimenti di Laura Bonafede e della figlia Martina Gentile. Quelle della madre erano spesso parole d’amore. Sua è la dedica a firma “BIu” (uno degli alias della donna) nel giorno di San Valentino 2008 rinvenuta su uno dei diari “Libricino n. 1” tenuti da Matteo Messina Denaro e sequestrati all’interno della casa di campagna di contrada Strasatto-Paratore a. Castelvetrano, abitata da Rosalia Messina Denaro.
Messina Denaro e la maestra
Prova del legame tra il padrino e Bonafede sono anche un biglietto scritto dalla donna per il 50esimo compleanno di Messina Denaro (oggi ne ha 60), in cui la maestra diceva di ritenersi “Fortunata a far parte della tua vita”. Si erano conosciuti nel 1996, quando il padre e capomafia Leonardo Bonafede, le aveva dato il permesso di fargli visita.
Le tracce dei rapporti sono costanti nei pizzini, miniera di preziose informazioni. Il latitante era ossessionato dalla contabilità. Appuntava ogni spesa. Ad esempio nei mesi di giugno e agosto del 2022 “LAU REGA” e “REGALO PULC” .
I pm non hanno dubbi: si tratta di soldi destinati ad acquistare regali per Laura Bonafede, nata a giugno del 1967, e per la nipotina, figlia di Martina, (soprannominata anche “Pulce”), nata in agosto.
Gli appunti sul “Van Gogh”
Messina Denaro teneva un diario. In copertina un quadro di Van Gogh, “il mio pittore preferito”. Vi raccoglieva le confidenze più intime. Gli era stato regalato da Laura Bonafede e dalla figlia nel 2013 con tanto di dedica: “per te e i tuoi pensieri… da me e Tan. (il nome in codice dato a Martina ndr).
C’è stato un periodo in cui il latitante, la maestra e la figlia hanno vissuto insieme. Poi per motivi da chiarire, probabilmente per prudenza, si erano allontanati. E quando, di recente, Martina Gentile ha potuto incontrare di nuovo il boss ha sentito la necessità di aprire il suo cuore, scrivendogli: “Carissimo adorato, Che immensa gioia poterti abbracciare, è stato bellissimo, mi sono sentita protetta, importante, felice non so spiegarti, ma poi è stato ancora più bello perché inaspettato. Non sapevo cosa fare, cosa dirti prima ti avrei voluto dire di darmi un passaggio e ti fermavi a mangiare a casa … utopia! Incredibile come ci hanno tolto tutto”.
La lettera di Martina
Nella lettera, trovata dai carabinieri del Ros, la ragazza faceva un esplicito riferimento al luogo in cui aveva incontrato il boss per caso, verosimilmente una rivendita di tabacchi : “Quando hai tentato la fortuna pensando di diventare ricco, ti ho visto”.
Laura Bonafede era guardinga. Temeva i controlli, usava nomi in codice, era maniacalmente attenta ai “nemici”, così definisce le forze dell’ordine. Ad un certo punto disse al capomafia che era “meglio evitare di viaggiare con scritti, i nemici sono troppo assetati di risvolti e possono tentare di tutto, Semmai si può cercare un’altra soluzione”. “C’era uno che mi girava intorno e che sicuramente era uno sbirro”, aggiungeva.
Il 2017 anno di fibrillazione
Ci fu fibrillazione nel 2017 quando il capomafia di Campobello di Mazara, Franco Luppino, finì in carcere. “Perlana”, così veniva chiamato Luppino, era uno dei fedelissimi di Messina Denaro: “Una volta mi dicesti: ‘ma se persone non ce ne sono più’”, scriveva riferendosi al fatto che gli arresti avevano decimato i clan e che non c’erano più gli uomini d’onore d’un tempo.
Interessi economici
“Perlana ci serviva”, scriveva la donna. Anche perché gli altri mafiosi erano inaffidabili. Come “Solimano” e “Pancione che mangia come un porco, nemmeno può camminare più”. Dal brano di una lettera del 3 dicembre 2022 si capisce che Laura Bonafede ed il latitante condividevano anche interessi economici. La donna informava Matteo Messina Denaro di prezzi e “obiettivi”, da intendersi come margini di profitto.
“Da questi scarni riferimenti si coglie la condotta di sostentamento economico da parte della donna che si faceva carico per conto del latitante, della gestione di attività economiche, consentendogli così di non esporsi direttamente con il rischio di essere catturato” ritengono gli inquirenti. “Prezzo: 0,75 euro, praticamente la metà. Invece l’integro 1,50 euro. Se non ci fosse stato questo imprevisto sarebbe stato raggiunto un buon obiettivo ma va bene lo stesso”, scriveva.
Affari, dunque, appena accennati. Dove ha nascosto Messina Denaro l’archivio dei suoi interessi e dei suoi rapporti mafiosi? Il lavoro della Procura di Palermo prosegue. Riccardo Lo Verso
Messina Denaro e il rapporto con la figlia della maestra arrestata: “E’ come me, ha dato un senso alla mia vita”
Per Martina Gentile la Procura aveva chiesto l’arresto, ritenendo che sia stata una sorta di vedetta e che avrebbe coperto assieme alla madre Laura Bonafede la latitanza del boss. Di lei, a differenza della figlia naturale, il capomafia parlava con orgoglio: “Mi somiglia perché è cresciuta con me, mi ha dato amore…”
“Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è una figlia e mi ha dato l’amore di una figlia”. Così Matteo Messina Denaro parlava di Martina Gentile, la figlia di Laura Bonafede, l’insegnante arrestata ieri
mattina perché avrebbe coperto per anni la latitanza del mafioso. “Ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile”, aggiungeva l’ex superlatitante in un pizzino inviato a una delle sorelle. E mentre il boss considerava la sua figlia naturale, Lorenza, come “una degenerata”, in quanto non aveva mai voluto avere a che fare con lui, di Martina Gentile – alias “Tania”, “Lupetta” o “Cromatina” – era invece “orgoglioso”.
“Era una vedetta del boss”
Per il procuratore Maurizio De Lucia, l’aggiunto Paolo Guido e il sostituto Gianluca De Leo, che coordinano l’inchiesta del Ros dei carabinieri, Gentile, cresciuta con Messina Denaro, col quale avrebbe trascorso diversi anni, sarebbe stata una specie di “vedetta” che, fornendo informazioni al capomafia, soprattutto attraverso pizzini, gli avrebbe consentito di schivare pericoli e, dunque, di proseguire la sua trentennale latitanza. Per questo i pm avevano chiesto l’arresto dell’indagata. Un’istanza che è stata rigettata dal gip Alfredo Montalto, però, perché mancherebbero gli elementi a sostegno delle accuse, anche se Gentile “ha sviluppato un affetto quasi filiare nei confronti di Messina Denaro, affetto peraltro intensamente contraccambiato”, scrive il giudice.
L’incontro e la lettera: “Carissimo adorato…”
A dicembre scorso Gentile avrebbe incontrato l’ex superlatitante a Campobello di Mazara e gli avrebbe poi scritto una lettera: “Carissimo adorato, che immensa gioia poterti abbracciare, è stato bellissimo, mi sono sentita protetta, importante, felice non so spiegarti, ma poi è stato ancora più bello perché inaspettato. Non sapevo cosa fare, cosa dirti prima ti avrei voluto dire di darmi un passaggio e ti fermavi a mangiare a casa… Utopia! Incredibile come ci hanno tolto tutto. Quando hai tentato la fortuna pensando di diventare ricco, ti ho visto, ho visto tutta la scena, il proprietario è uscito e ha guardato dove andavi e più sopra si sono fermati di parlare e si sono girati a guardarti ma poi tu hai cambiato verso e loro si sono rigirati subito a parlare, secondo me il primo ha pensato che eri lì per controllarlo, ho l’impressione che spaccia tra i suoi amici, i secondi erano incuriositi nel vedere una persona così elegante e ben vestita, chi va vestito così con il tuo portamento? Portamento non mi piace lo usava Merlona, ma il senso è questo”. Proprio dalla seconda parte del messaggio, in cui Martina Gentile “ha segnalato – scrivono i pm – tutti i dettagli che potevano essere utili per evidenziare o escludere situazioni di pericolo” al boss, emergerebbe il suo ruolo di vedetta.
Il padre all’ergastolo e l’aiuto al latitante
La giovane scriveva poi: “Hai visto mini cugino (suo figlio, ndr) ma lui neanche ti ha guardato, che scemo non capisce cosa si è perso (…) Ogni volta non vedo l’ora di partire, quelle poche ore passate insieme mi fanno sentire una famiglia quasi normale, poi si ritorna alla solita vita”. L’ultimo passaggio è un riferimento ai viaggi compiuti per andare a trovare il padre, Salvatore Gentile, rinchiuso in carcere a scontare l’ergastolo. Una pena rimediata proprio per aver eseguito gli ordini di Messina Denaro in relazione all’uccisione di due uomini negli anni Novanta. Per i pm anche l’uso di termini criptici, come “mini cugino”, dimostrerebbe come Gentile fosse ben a conoscenza delle dinamiche legate alla latitanza del boss. In un altro passaggio l’indagata scriveva: “Ho messo le luci nei giorni che non dovevo esserci” e questo, secondo la Procura, sarebbe un riferimento alle luci di Natale davanti alla sua abitazione per segnalare al capomafia la sua presenza o assenza da Campobello.
“Se posso fare qualcosa per te…”
Gentile chiudeva una delle lettere con la frase: “Se posso fare qualcosa per te, tua Tania”. Un’espressione che per il gip metterebbe in evidenza che l’indagata non avrebbe avuto un incarico particolare, altrimenti non si sarebbe offerta di fare qualcosa per l’allora latitante. C’è poi un passaggio che gli inquirenti definiscono “inquietante”. Laura Bonafede raccontava a Messina Denaro che la figlia le aveva riferito del loro incontro dicendo “mi ha raccontato l’incontro ed alla fine mi ha scritto”. Segno che, dice la Procura, quando si sarebbe trattato del boss, le due donne, pur vivendo nello stesso palazzo, avrebbero comunicato attraverso pizzini, per non essere intercettate. È la tua occasione per vestire anche il giardino: listone Rio grigio in legno e plastica, da non perdere!
“E’ come una figlia, ha dato un senso alla mia vita”
In un pizzino del 21 aprile dell’anno scorso era Messina Denaro a spiegare chiaramente il suo rapporto con Martina Gentile: “Io ho cresciuto una figlia che non è mia figlia biologica, ma per me è mia figlia e mi ha dato l’amore di una figlia, mi ha voluto bene e mi vuole bene, ha molto di me perché l’ho insegnata io, se vedessi il suo comportamento ti sembrerei io al femminile. E’ la ragazza che diceva ‘Il sole’. Che voglio dire? Che non sono stato solo e che sciacqualattuga non significa più niente per me”. In un altro messaggio diceva ancora: “Ti confido: a me vedi che non è mancato l’amore e l’affetto di una figlia pur non essendo mia figlia, è cresciuta con me, per tanti anni siamo stati assieme tutti i giorni, ha dato senso alla mia vita solitaria, ha molto di me, forse anche troppo, ha il mio carattere perché gliel’ho insegnato io, per lei era predisposta. Oggi è una persona matura, non ci vediamo più perché il destino ha voluto così ma è rimasta molto attaccata a me, quando si può mi scrive. Credo di essere stato fortunato ad averla avuta e ne sono orgoglioso di come è cresciuta anche per merito mio, so che un giorno la conoscerai. Si chiama Cromatina”. PALERMO TODAY
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Estesa la sospensione per la maestra “amica” di Messina Denaro
Mafia, sospesa per 10 giorni l’insegnante Laura Bonafede
“Attendo da parte dell’Autorità giudiziaria la documentazione sulla posizione giudiziaria dell’insegnante per così poter avviare il provvedimento disciplinare”, ha chiarito all’ANSA il direttore Pierro. L’insegnante Laura Bonafede, figlia del boss defunto Leonardo, è indagata dalla Dda di Palermo. La Bonafede si è incontrata al supermercato con Matteo Messina Denaro quando era latitante e tra le lettere e i pizzini risulta una corrispondenza tra i due.
“La vicenda del coinvolgimento della maestra della scuola di Castelvetrano nella latitanza di Messina Denaro costituisce una priorità all’attenzione della Regione Siciliana e dell’assessorato all’Istruzione. Apprendiamo dall’Istituto comprensivo Capuana-Pardo di Castelvetrano, con cui siamo in costante contatto, che la dirigente scolastica ha firmato la sospensione cautelare dal servizio dell’insegnante Laura Bonafede da domani e fino al 31 marzo”. Lo dice l’assessore regionale all’Istruzione e formazione professionale, Mimmo Turano, dopo i procedimenti emessi dall’Autorità giudiziaria nei confronti della docente in servizio alla scuola dell’infanzia dell’Istituto comprensivo Capuana-Pardo di Castelvetrano.
Turano: “Questa donna non deve avere più alcun contatto con il mondo della scuola”
“Si tratta di un primo passo che sarà certamente seguito da un provvedimento disciplinare emesso dall’Ufficio scolastico regionale che è preposto a questo compito – ha aggiunto Turano –. Da parte mia scriverò al ministro dell’Istruzione e del merito Valditara, perché possa prendere ulteriori provvedimenti necessari affinché questa persona non abbia più alcun contatto con il mondo della scuola, tenuto conto del clamore negativo e del turbamento che il provvedimento giudiziario a suo carico ha suscitato nella collettività e in particolare nell’ambiente scolastico, e delle conseguenti ripercussioni sull’intera istituzione scolastica regionale di cui possono essere compromesse la credibilità e l’immagine. Abbiamo il dovere – conclude Turano – di difendere il lavoro di tanti docenti degli istituti siciliani che quotidianamente trasmettono valori di legalità ed etica agli alunni e che sono alla base della scuola”
20.3.2023 Messina Denaro, l’amica speciale: “Mi faceva ridere e mi sosteneva. È dura”
Parla la donna che è stata accanto al boss durante la malattia: “Per me era Andrea Bonafede, una persona sofferente. Ora devo stare concentrata solo su di me”
L’arresto di Matteo Messina Denaro continua a far discutere e le dinamiche di questa cattura restano ancora avvolte nel mistero. Spunta una frase del boss dal carcere che farebbe intendere che qualcuno ha smesso di coprirgli le spalle nella “Palermo bene” e che adesso se ne stanno tutti “ammucciati” (zitti ndr), una frase che farebbe intendere che il capo della mafia non si sia volutamente consegnato come sostengono i complottisti. Intanto emergono nuovi retroscena sugli ultimi anni da latitante di Messina Denaro, a svelarli è un’amica del boss che ha deciso di raccontare chi era veramente quell’uomo per lei. “Per me Andrea Bonafede – spiega la donna a Non è l’Arena su La7 – era solo una persona sofferente, che condivideva con me la malattia e le lunghe attese in clinica. Davanti alla malattia siamo tutti uguali, reggere questo calvario è davvero complicato. E lui con ironia provava a farci ridere, ci sosteneva”. In collegamento con la trasmissione, c’è l’amica e confidente di Matteo Messina Denaro, la donna con la quale il boss ha condiviso il percorso di cure mediche nella clinica palermitana La Maddalena, ignara che dietro allo pseudonimo di Andrea Bonafede si nascondesse il capo mafioso arrestato due mesi fa dopo oltre 30 anni di latitanza. “Ho conosciuto questo uomo sotto un’altra veste – ammette la donna -, ho conosciuto un paziente oncologico che aveva lo stesso mio problema. Adesso invece la realtà mi è chiara e ho capito che meno ci penso ed è meglio per me. E’ terribile tutto quello sta uscendo su di lui, a cominciare dal fatto che poteva contare su coperture e su una abbondante schiera di favoreggiatori. Sono profondamente turbata, sto facendo degli sforzi per prendere le distanze, perché devo stare concentrata su me stessa“. AFFARI ITALIANI
19.3.2023 QdS – Tramite, Lesto, Diletta e Lorena: al fianco di Messina Denaro una donna dai quattro nomi
È possibile, scrivono i magistrati, che “la Lanceri avesse anche altre ragioni personali per non manifestare la presenza del boss allorché lo riceveva da sola nella sua abitazione”
Rosalia, la sorella. Lorena la “donna di fiducia”. L’universo femminile ha ruotato attorno a Matteo Messina Denaro non solo rappresentando la frivolezza e il suo atteggiamento da “piacione”, da “tombeur de femmes” ma anche riponendo proprio nelle donne la massima fiducia.
Rosalia, la sorella che lo aveva sostituito con la sua presenza sul territorio e Lorena, madre di Giuseppe, il giovane rampollo dei Bonafede, pronipote di Leonardo, uno dei fedelissimi di Matteo Messina Denaro morto nel 2020, e forse il figlio maschio mai avuto. Rosalia, la sorella. Lorena, alias Diletta, ma anche Tramite e anche Lesto.
Lorena, detta “tramite”
Le indagini sviluppate dai Carabinieri del Ros hanno consentito di accertare che “Lorena Lanceri non si è limitata a fornire ospitalità e assistenza continuativa a Matteo Messina Denaro” e che “l’analisi dei preziosi elementi investigativi acquisiti grazie ai sequestri cui si è proceduto nei vari ‘covi’ di MESSINA DENARO e nell’abitazione di sua sorella Rosalia ha infatti permesso di acclarare che la funzione di Lorena LANCERI era anche quella — riservata alle persone che godono della massima fiducia del capomafia latitante — di veicolare le informazioni tra Matteo MESSINA DENARO e le persone con cui egli intratteneva rapporti particolarmente intensi”. Lorena Lanceri è stato un vero e proprio “snodo nella trasmissione di comunicazioni, allo stato da ritenersi di carattere privato tra Matteo MESSINA DENARO ed una donna identificata in Laura BONAFEDE, figlia di Leonardo, storico capo della famiglia mafiosa di Campobello Mazara — nonché cugina di Andrea e di Emanuele BONFEDE — con la quale il latitante ha intrattenuto un intenso rapporto epistolare”.
Laura Bonafede, sarebbe stata il soggetto che parlava di sé stesso al maschile, definendosi “amico” o “cugino” per preservare la propria reale identità nella lettera-diario vergata a mano su più pagine, aggiornata tra il 29 novembre 2022 ed il 13 gennaio 2023, appena tre giorni prima della cattura di Matteo MESSINA DENARO e indirizzata al latitante stesso. Laura Bonafede sarebbe stata anche la donna incontrata dal boss davanti al bancone dei salumi e dei formaggi nel supermercato “Coop” sito in via Risorgimento n. 26 a Campobello di Mazara. In un brano della lettera-diario segnata come 29-12, Laura Bonafede indica Lorenza Lanceri come “tramite” e, con il nome Margot, la vettura Alfa Romeo Giulietta tg. GA 785 KL in uso all’allora latitante: “Ho visto Margot alle 18.56 dal Tramite, stranamente non mi sono arrabbiato, non sono andato su tutte le furie come di solito mi succede. Mi ha dato parecchio fastidio, questo non lo posso negare. Mi ha dato fastidio non sapere cosa stessi facendo in quel momento, non sapere se eravate se eravate soli, se ti saresti fermato ancora a lungo, se… se… se… potrei di mille se… secondo me so pure perché non mi sono ‘arrabbiatissimo’: dopo quello che ho detto quando vidi Margot di mattina, ho pensato che non l’avrei vista più in quella zona per evitare di farmi avere delle reazioni, perché non l’avevo più vista, e questa cosa mi faceva incavolare ancora di più. Ma oggi ho pensato: almeno non si nasconde da Blu. Contorto come pensiero? No, solo che preferisco sapere e non essere preso in giro”. Appare evidente che Laura Bonafede esprimesse una sorta di gelosia nei confronti di Lorenza Lanceri, perlomeno rispetto al fatto che Matteo Messina Denaro trascorresse nella casa dei Bonafede molto tempo.
Lorena, alias “Diletta”
A ulteriore e definitiva conferma della piena consapevolezza di Lorena Lanceri della reale identità di Matteo Messina Denaro è stata l’acquisizione di un documento dal quale emergeva che i rapporti tra Matteo Messina Denaro e la Lanceri risalivano almeno al 2019, quasi quattro anni prima della cattura dell’ex latitante. Un ulteriore pseudonimo con cui si identifica Lorena LANCERI risulta essere quello di Diletta. Tale nominativo compare per la prima volta nel “Libricino n.2” rinvenuto e sequestrato il 16/01/2023 all’interno della casa di campagna nella disponibilità di MESSINA DENARO Rosalia, sita a Castelvetrano in contrada Strasatto-Paratore. Nello scritto in esame, riportante in calce la data del 12/04/2019, Diletta scriveva di suo pugno una dedica al latitante che concludeva chiosando come segue: “Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po’ di serenità e io farò di tutto per aiutarti. SEI UN GRANDE!! Anche se tu non fossi M.D.. La tua Diletta”. Ma, probabilmente, c’era qualcosa di più di una semplice ammirazione da parte di Lorena nei confronti di Matteo Messina Denaro, come emerge dall’escussione a sommarie informazioni di Sonia Volpe, una paziente che aveva condiviso il proprio percorso sanitario con l’ex boss, la quale, dopo aver descritto le modalità con cui aveva conosciuto il latitante, nel corso dell’estate del 2022 presso “La Maddalena S.p.A.”, produceva l’intera chat intrattenuta con lo stesso con inizio alle ore 14:48 del 14/11/2022 e termine alle ore 08:38 del 16/01/2023, l’ultimo accesso a WhatsApp di Matteo Messina Denaro, prima di essere catturato. Sonia Volpe ricordava poi che, in un’occasione, l’uomo da lei conosciuto come Andrea Bonafede le aveva confidato, tra l’altro, di avere una relazione sentimentale con una donna a nome Diletta con cui la Volpe ricordava di aver parlato tramite invio di tracce audio incluse nella chat fornita. Ricordava, inoltre, che Andrea Bonafede, ossia Matteo Messina Denaro, le aveva anche riferito che Diletta aveva un figlio iscritto all’università.
Evidentemente Lorena Ninfa Lanceri, agli occhi dei pazienti della clinica “La Maddalena di Palermo”, era Diletta, compagna del falso Andrea Bonafede. Ed è altrettanto chiaro che Lorena Lanceri fosse solita condividere lo smartphone che Matteo Messina Denaro utilizzava per interloquire con altre persone, situazione che non succedeva con la sorella Rosalia.
Lo stesso Gip Montalto, con le dovute cautele che gli sono proprie, lascia pensare che “la Lanceri avesse anche altre ragioni personali per non manifestare la presenza del Messina Denaro allorché lo riceveva da sola nella sua abitazione”.
Lorena, ovvero “Lesto”
Anche Lorena Ninfa Lanceri è stata “coperta” nei messaggi di Messina Denaro, sia in entrata che in uscita, con diversi nomi convenzionali, uno dei quali è, come anticipato, proprio quello di “tramite” appunto per il ruolo specificamente svolto dalla stessa riguardo alla corrispondenza del latitante con terzi. Ma c’è un altro nome convenzionale attribuito alla Lanceri che conferma
ulteriormente il ruolo svolto da quest’ultima, quello di “Lesto” che appare in un appunto scritto rinvenuto nell’abitazione del latitante in cui questi annota di avere inoltrato in data 11 aprile 2022, tramite “Lest” la posta indirizzata a “cugino”, identificata, come si è visto sopra, in Laura Bonafede, e a “Tan” che si indentifica nella figlia di Laura Bonafede, Gentile Martina detta Tania, con la quale il latitante ha pure intrattenuto una corrispondenza ed è importante sottolineare che in tale corrispondenza anche Gentile Martina si riferisce alla Lanceri chiamandola “Tramite”.
“Tramite”, “Diletta”, “Lesto” e infine Lorena Ninfa, mille nomi, mille volti e mille ruoli per la moglie di Emanuele Bonafede.
Matteo Messina Denaro aveva l’amante: non c’è più la mafia di una volta pure nelle corna Matteo Messina Denaro e l’amante: gli ultimi arresti alimentano il dubbio che il boss non rispettasse il codice d’onore di Cosa nostra.
Matteo Messina Denaro e l’amante: lo definiscono “galante” per timore reverenziale verso quello che comunque è l’ultimo padrino di Cosa Nostra ma dalle carte delle indagini della Procura di Palermo sorge il dubbio che Matteo Messina Denaro non abbia rispettato in tutto e per tutto il decalogo del buon mafioso che nel secondo comandamento recita “non si guardano mogli di amici nostri”.
Matteo Messina Denaro e l’amante: tradimenti e gelosia
Tra i documenti e le conversazioni ritrovate dopo il suo arresto spunta la coppia Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri vicinissima al boss, tanto da ospitarlo abitualmente a pranzo e a cena nella loro abitazione di Campobello di Mazara. Bonafede (della stessa famiglia che ha prestato l’identità falsa al boss) si era presentato con la moglie ai carabinieri poco dopo l’arresto dicendo di conoscerlo con un falso nome (“Francesco Salsi“) e di avere fatto amicizia ignorando la sua vera identità. Tutto falso. La moglie Lorena (chiamata “Diletta” nei pizzino) si occupava di smistare la posta del boss. E non solo: è sua la lettera innamorata ritrovata a casa della sorella di Messina Denaro in cui Lanceri diceva a Messina Denaro che “qualsiasi donna nell’averti accanto si senta speciale” definendolo “un regalo in grande stile”. Solo riverenza? Non si direbbe vista la gelosia di un’altra Bonafede, Laura, anche lei sposata, che confessa la propria gelosia per l’auto parcheggiata vicino a casa di Lorena Lanceri (“non sapere se eravate soli, se ti saresti fermato ancora a lungo, se … se … se … potrei dire mille se”). Insomma, anche in fatto di corna la mafia non è più come una volta. – di Giulio Cavalli LA NOTIZIA
Messina Denaro legato alla maestra Laura Bonafede: dall’incontro alla Coop alle lettere di gelosia
C’era un rapporto epistolare «molto intenso» tra Matteo Messina Denaro e Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello Leonardo Bonafede e moglie dell’ergastolano Salvatore Gentile. Emerge dall’indagine che oggi ha portato all’arresto di Emanuele Bonafede, nipote del capomafia, e della moglie Lorena Lanceri, accusati del favoreggiamento del capomafia. La scoperta nasce dal ritrovamento al padrino di Castelvetrano di una lettera-diario scritta da una persona che si firmava con lo pseudonimo di «cugino» per proteggere la sua vera identità e diretta a Messina Denaro.
L’indagine per scoprire chi è «cugino»
In principio, i carabinieri non sanno chi sia «cugino», ma poi scoprono un pizzino scritto il 14 gennaio, due giorni prima dell’arresto, dal boss stesso. Nel pizzino Messina Denaro risponde a un precedente messaggio di «cugino». «Ci siamo visti da vicino – scriveva il capomafia all’interlocutore – ed anche parlati. Mi avrai trovato invecchiato e stanco. A me ha fatto piacere vederti e parlarti, cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, certo c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta-formaggi, perché a te ti conosce e sa che tipo sei, a me mi conosce di vista come cliente ma non sa nulla, certo ora che mi ha visto parlare con te sarà incuriosito di sapere chi sono». Il termine «affetta formaggi» insospettisce i militari, che si ricordano che nel covo di Campobello di Messina Denaro c’era uno scontrino della Coop del 14 gennaio. A quel punto acquisiscono le immagini interne del negozio e vedono Messina Denaro davanti al banco dei salumi parlare con Laura Bonafede. È la svolta nell’identificazione di «cugino» che fa rivalutare tutta la corrispondenza scoperta.
La gelosia di Laura per Lorena
Una amicizia intensa e di vecchia data cementata dal legame antico tra le rispettive famiglie. Laura Bonafede, figlia dello storico boss di Campobello di Mazara Leonardo e Matteo Messina Denaro erano molto legati. E che i due si tenevano in contatto durante la latitanza del capomafia di Castelvetrano, scambiandosi messaggi o incontrandosi, emerge da alcune lettere della donna trovate al boss dopo l’arresto e firmate «cugino». In particolare, i carabinieri del Ros hanno scoperto una sorta di missiva-diario diretta al boss in cui la donna tra il 29 novembre e il 13 gennaio 2023 ha appuntato i suoi pensieri. Nelle parole della Bonafede emerge la sua gelosia per Lorena Lanceri, arrestata oggi per favoreggiamento. Lanceri, che Messina Denaro e Laura Bonafede chiamavano «tramite», teneva i due in contatto. «Ho visto Margot (il nomignolo dato dai due all’Alfa di Messina Denaro, ndr) alle 18.56 dal Tramite – raccontava la figlia del capomafia -, stranamente non mi sono arrabbiato (“cugino” parla di sé al maschile, ndr), non sono andato su tutte le furie come di solito mi succede. Mi ha dato parecchio fastidio, questo non lo posso negare. Mi ha dato fastidio non sapere cosa stessi facendo in quel momento, non sapere se eravate soli, se ti saresti fermato ancora a lungo, se … se … se … potrei dire mille se. Dopo quello che ho detto quando vidi Margot di mattina, ho pensato che non l’avrei vista più in quella zona per evitare di farmi avere delle reazioni, perché non l’avevo più vista, e questa cosa mi faceva incavolare ancora di più. Ma oggi ho pensato: almeno non si nasconde da Blu. Contorto come pensiero? No, solo che preferisco sapere e non essere preso in giro». E ancora, scriveva la Bonafede dopo aver visto la Giulietta davanti all’abitazione della Lanceri: «Carissimo amico mio, mi accingo a chiudere questa mia, è una lunga lettera con arrabbiature, tristezza e tanta nostalgia. Non vedo l’ora di leggerti. Oggi sono passato ed ho visto Margot ed ho provato quella sana invidia del perché tutti sì ed io no, vuol dire che era scritto così».
Laura Bonafede e l’educazione data alla figlia Martina
Laura Bonafede è l’insegnante al centro di una parentesi polemica esplosa ieri, nel corso dell’assemblea cittadina a Castelvetrano in cui si è discusso della proposta di intitolare la scuola elementare Ruggero Settimo, frequentata da bambino da Matteo Messina Denaro, a Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito Di Matteo, ucciso dalla mafia. Durante la riunione un giornalista ha chiesto quali misure verranno prese nei confronti della maestra Laura Bonafede, figlia del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede e madre di Martina Gentile, citata in un pizzino del padrino di Castelvetrano per le parole spese nei confronti nel nonno in un necrologio (facendo il confronto con la figlia del boss, Lorenza). «Che educazione ha dato a sua figlia?», aveva chiesto il giornalista alla donna durante una intervista andata in onda domenica. La Bonafede non aveva voluto rispondere. Alcuni partecipanti all’assemblea hanno fatto notare al giornalista l’inopportunità della sede scelta per la domanda. Al termine della discussione il dirigente dell’ufficio scolastico regionale Giuseppe Pierro ha preso la parola rassicurando che accerterà che nella scuola in cui la Bonafede insegna vengano svolti progetti di legalità e che la maestra vi prenda parte.
Il direttore dell’Ufficio scolastico regionale: «Interverremo immediatamente per Bonafede»
Non solo, Pierro è andato oltre alla luce degli sviluppi delle indagini. «Stiamo acquisendo dalla procura le informazioni urgenti che ci consentono di intervenire immediatamente», ha detto, dopo aver appreso, stamattina, che l’insegnante Laura Bonafede aveva incontrato il boss Matteo Messina Denaro al supermercato. I militari dell’arma hanno anche scoperto due missive che svelano il rapporto fra Messina Denaro e la Bonafede. Stamattina, intanto, i carabinieri hanno perquisito anche il plesso Catullo dell’Istituto comprensivo Capuana-Pardo di Castelvetrano, dove Bonafede è maestra della scuola dell’infanzia.
5.2.2023 L’amica di Messina Denaro: «Mi invitò a pranzo a Mondello. Mi chiese di scegliere il ristorante. Faceva il simpaticone»
Matteo Messina Denaro, era un «tipo socievole, disponibile. Anche un po’ un simpaticone». A raccontarlo in diretta da Massimo Giletti su La7, intervistata di spalle con la voce distorta, è un’amica degli ultimi tempi. La donna condivideva con il boss, che conosceva come Andrea Bonafede, il ciclo di chemioterapia nella clinica di Palermo dove poi lui è stato catturato. Spiega che si sono conosciuti in clinica verso la metà del 2021, e «poi è nata un’amicizia. Lui raccontava di avere un’azienda che si occupava di produzione e vendita di olio e olive». Secondo l’amica, Messina Denaro, nel suo alias, «era una persona che vestiva molto bene e curava la sua immagine, che era molto ricercata. Un giorno mi mandò una foto nascondendo il volto, ma facendomi vedere un sigaro e un bicchiere di cognac». E ancora: «Nel messaggio mi scrisse che il sigaro era un Montecristo e il cognac Hennessy». Ostentava dunque gli abiti firmati e la ricchezza grazie a cui faceva acquisti importanti. Presto il rapporto si trasformò in amicizia, e visti alcuni video piuttosto allusivi che le ha mandato, lui sperava forse che il rapporto diventasse qualcosa di più. «Dopo tre mesi», racconta la donna, «mi invitò a pranzo, in un ristorante di Mondello che fece scegliere a me. Alla fine pagò il conto ma non saprei dire come, perché si alzò e andò a saldare». Il racconto continua: «Era tranquillo e sereno, non ho avvertito alcun disagio in lui, non volle nemmeno un tavolo in un’area riservata». Di cosa parlavano? «Della vita di tutti i giorni. Si parlava soprattutto di banalità, ma non si lasciava andare a troppe confidenze. Gli piaceva però raccontare di avere avuto sempre accanto a sé belle donne…». OPEN
1.1.2023 Messina Denaro, Maria Mesi: “Perché venite di nuovo da me?”
31.1.2023 Maria Mesi, l’amante di Messina Denaro, indagata per favoreggiamento: gli intrecci e le lettere d’amore
Il Ros si è presentato ieri a casa loro. Una palazzina gialla in via Milwaukee, ad Aspra, frazione marinara di Bagheria, a pochi metri dall’alcova in cui la donna, negli anni 90, incontrava il padrino di Castelvetrano, allora già ricercato. Gli inquirenti sospettano che i fiancheggiatori di un tempo abbiano continuato ad avere legami con il boss e un ruolo recente nella sua latitanza. Per questo i militari dell’Arma, che hanno passato al setaccio anche una casa di campagna dei Mesi e la torrefazione di famiglia Agorà, hanno sequestrato telefonini e pc che verranno esaminati nei prossimi giorni. Maria e Francesco sono di nuovo indagati per favoreggiamento. Corsi e ricorsi che non sorprendono i magistrati. In un pizzino scritto al boss Bernardo Provenzano nel ‘94 Messina Denaro illustrava, infatti, la sua «filosofia». «A Marsala — diceva — hanno arrestato i rimpiazzi e i rimpiazzi dei rimpiazzi, quando avranno finito con le persone arresteranno pure le sedie. Quindi dobbiamo aspettare quelli che hanno le cose più leggere», cioè la scarcerazione degli «amici» condannati a pene minori. Come la Mesi che per aver coperto il padrino ebbe solo 2 anni perché in Cassazione cadde l’aggravante mafiosa. Seguendo le tracce della love story, gli investigatori arrivarono a un soffio dal capomafia. Grazie ai collaboratori di giustizia il pm dell’epoca, Roberto Piscitello, scoprì la casa in cui i fidanzati si incontravano. Venne perquisita: il covo era ancora «caldo». Furono trovati cibo, un foulard Hermes appartenuto al latitante, una consolle Nintendo. Fuori fu piazzata una telecamera: per un mese si aspettò che Messina Denaro tornasse dall’amante. Ma qualcosa andò storto. Una fuga di notizie, probabilmente. E il padrino restò invisibile. A giugno del 2000 Maria venne arrestata. CORRIERE DELLA SERA
30.1.2023 Avrebbe mantenuto i contatti coi familiari del boss: di nuovo indagata l’ex amante di Messina Denaro
Dando la caccia al latitante erano arrivati a lei già alla fine degli anni ’90. Maria Mesi, allora poco più che trentenne, sentimentalmente legata al boss Matteo Messina Denaro, li aveva portati a un passo dalla cattura del padrino. Era stato anche individuato l’appartamento di Aspra, frazione marinara di Bagheria, in cui i due amanti si vedevano. Il covo fu messo sotto controllo ma qualcuno avvertì il boss e ancora una volta l’arresto sfumò. Maria Mesi torna ora nell’inchiesta sulla latitanza del capomafia di Castelvetrano. Questa mattina i carabinieri del Ros hanno perquisito l’abitazione della donna e del fratello Francesco, due case in una palazzina di via Milwaukee a poca distanza dall’alcova di un tempo. Passate al setaccio anche la torrefazione Agorà della famiglia Mesi e una casa di campagna. I militari avrebbero portato via computer e telefoni sospettando che la donna e il fratello mantenessero ancora contatti con il padrino, attraverso la sua famiglia. I nomi dei due fratelli, dunque, sono di nuovo scritti nel registro degli indagati. L’accusa, come 20 anni fa circa è ancora quella di favoreggiamento, reato per cui entrambi sono stati condannati in via definitiva. Maria solo a 3 anni perché in Cassazione è caduta l’aggravante mafiosa, incompatibile, secondo i giudici, con la sua relazione amorosa con il boss. Anni dopo la condanna, gli investigatori, a conferma di quanto già sapevano, trovarono le lettere d’amore che la donna inviava al fidanzato. Dalla corrispondenza saltata fuori in casa di Filippo Guttadauro, cognato di Messina Denaro e collegamento tra il boss latitante e il suo mondo, vennero fuori i pensieri intimi di una coppia per forza di cose clandestina. Maria si firmava e si faceva chiamare Mari oppure Mariella. «Avrei voluto conoscerti fin da piccola e crescere con te, sicuramente te ne avrei combinate di tutti i colori perché da bambina ero un maschiaccio», scriveva. La donna per anni ha lavorato alla Sud Pesca, impresa di conservazione del pesce, del fratello di Filippo Guttadauro, Carlo. Francesco, invece, e la terza sorella Paola, erano alle dipendenze dell’ingegner Michele Aiello, già condannato a 16 anni per mafia. L’imprenditore, sospettato di aver investito i soldi del boss Bernardo Provenzano nella sua clinica di Bagheria, fu coinvolto nell’inchiesta sulle cosiddette talpe alla Dda, una rete di insospettabili, tra cui anche esponenti delle forze dell’ordine, che dando ai boss informazioni riservate hanno consentito loro, per anni, di evitare le manette. Con le perquisizioni delle abitazioni degli antichi favoreggiatori, gli investigatori proseguono dunque nel tentativo di ricostruire la lunga latitanza del padrino. In cella sono già finiti Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che gli ha prestato l’identità, e Giovanni Luppino, l’incensurato che ha accompagnato il boss alla clinica Maddalena nel giorno dell’arresto. Uno accusato di associazione mafiosa, l’altro, come i Mesi, di favoreggiamento. GDS
30.1.2023 Mafia: indagata l’ex amante di Matteo Messina Denaro. Sotto inchiesta per favoreggiamento anche il fratello
Maria Mesi, ex amante del boss Matteo Messina Denaro, e Francesco Mesi, i fratelli già condannati nei primi anni 2000 per il favoreggiamento del boss Matteo Messina Denaro, sarebbero nuovamente iscritti nel registro degli indagati con l’accusa di aver favorito la latitanza del capomafia arrestato il 16 gennaio scorso. Oggi, i carabinieri del Ros hanno perquisito le loro abitazioni e di Aspra, nel Palermitano, una casa di campagna e la torrefazione gestita dalla famiglia Mesi. Gli inquirenti avrebbero sequestrato i cellulari e i pc dei due fratelli. ANSA
30.1.2023 A Bagheria perquisita la casa e la torrefazione dell’ex amante di Messina Denaro I carabinieri del Ros stanno perquisendo, a Bagheria, le abitazioni di Maria Mesi, ex amante del boss Matteo Messina Denaro, e del fratello Francesco.
Entrambi sono stati indagati, in passato, per aver favorito la latitanza del capomafia. Francesco Mesi patteggiò la pena. Tra gli immobili di Francesco e Maria Mesi, storici favoreggiatori del boss Matteo Messina Denaro, perquisiti questa mattina dai carabinieri, ci sono l’abitazione di via Milwaukee ad Aspra, una casa di campagna e la torrefazione gestita dai due Mesi.Maria Mesi era stata arrestata nel giugno del 2000 con l’accusa di avere favorito la latitanza del boss trapanese. Per gli inquirenti avrebbe avuto un ruolo importante nella protezione della latitanza del boss trapanese, con cui avrebbe avuto anche una relazione sentimentale. La donna finì in carcere dopo un’indagine degli uomini della Criminalpol. Seguendo lei, i poliziotti speravano di arrivare proprio a Messina Denaro.
Mettendo i suoi telefoni sotto controllo gli investigatori erano riusciti a scoprire che riceveva chiamate da cellulari in uso a Messina Denaro. Ascoltata dalla polizia, dichiarò di conoscere il latitante, ma solo per motivi professionali. La prima svolta arrivò nel 1996, quando la polizia mise le mani su alcuni bigliettini scritti da Messina Denaro e indirizzati a una certa Mery, poi identificata in Maria Mesi. Dal tono del messaggio si capiva che fra i due esisteva un rapporto sentimentale e che la donna, in qualche modo, aveva un ruolo nella latitanza. La quadratura del cerchio arrivò con l’individuazione del covo di Aspra, dove il latitante e la donna si sarebbero incontrati più di una volta. Qui vennero trovati parecchi oggetti, e tutti riconducibili al boss. Stamattina i Ros hanno bussato di nuovo a casa della donna dopo 23 anni. GDS 30.1.2023
Mafia: perquisita la casa dell’ex amante di Messina Denaro
La donna e il fratello sono già stati indagati in passato per avere favorito la latitanza del capomafia
“Lo frequentavo, ma non sapevo chi fosse”. Le donne di Matteo Messina Denaro
Una di loro si è presentata in una stazione dei carabinieri e ha raccontato della relazione con il boss. La fama di donnaiolo di Messina Denaro, in siciliano “femminaro”, fa crescere la curiosità su chi lo abbia frequentato prima della cattura
Una parrucca, abiti femminili ritrovati nell’appartamento di Matteo Messina Denaro a Campobello di Mazara.
La sua fama di donnaiolo, in siciliano “femminaro”, fa crescere la curiosità su chi lo abbia frequentato nell’ultimo periodo. Due i numeri da chiamare “in caso di bisogno” trovati nei pantaloni del capo mafia. E su questi numeri si stanno concentrando gli investigatori. Si parla di due signore, con molta probabilità di mezza età, una con i capelli lunghi e neri l’altra bionda con un taglio corto.
Intanto, una donna si è presentata in una stazione dei carabinieri ed è stata interrogata dagli investigatori del Ros. Dice di avere frequentato “l’uomo visto in televisione” senza però aver riconosciuto in lui il latitante più famoso d’Italia, e non solo. Una versione che non deve aver convinto chi indaga, tanto che è scatta una perquisizione in casa della donna e sono in corso ulteriori accertamenti coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Guido.
A Campobello, adesso che Messina Denaro è stato arrestato, c’è chi ricorda gli anni in cui il boss, giovane, frequentava i locali alla moda di Campobello come il “Blues”, dove solo per entrare si pagavano ben 40 mila lire nei favolosi anni ottanta del secolo scorso. O il “pub” di fiducia di Marinella di Selinunte, dove con i suoi amici fidati Fontana-Ciaccio-Clemente e Gerace- si brindava a Dom Perignon.
Ma la “passione” del capomafia per le donne non è cosa di ora, a iniziare dall’austriaca “Asi”, Andrea Haslehner, che in estate lavorava all’hotel “Paradise Beach” di Selinunte. Poliglotta, bellissima. “Era bionda, con gli occhi azzurri, alta circa un metro e settanta, aveva vent’anni”, racconta Francesco Geraci, fedelissimo di Messina Denaro poi pentito. La storia durò tra il 1988 e il 1993 circa. La storia con “Asi” è segnata dall’omicidio del direttore dell’Hotel dove lavorava, Nicola Consales, ucciso dagli uomini del boss a febbraio del 1991. La sua colpa? Essersi invaghito di Asi e di essersi lamentato della frequente presenza nell’hotel del giovane Messina Denaro.
Poi ci sono state altre donne: Francesca Alagna, la madre della figlia del boss, Lorenza. E poi Maria Mesi, la bellissima donna sempre presente con lui in Venezuela. C’è, infine, la storia, di cui molto si parla senza riscontri, di una donna che intorno agli inizi degli anni 2000 gli avrebbe dato un figlio maschio chiamato Francesco come il nonno “Ciccio “Messina Denaro, morto latinante il 30 novembre 1998 ( ogni anno in questa data la famiglia fa affiggere un manifesto funerario per ricordarlo, ndr), “campiere” della famosa famiglia D’Alì di Trapani ( l’ex sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì è in carcere dal dicembre 2022, dopo la conferma della condanna a sei anni per concorso esterno in associazione mafiosa da parte della Cassazione) e uomo di Totò Riina nel trapanese. FANPAGE 29.1.2023
29.1.2023 Le presunte amanti a Campobello
Messina Denaro, perquisite le abitazioni di due donne: gli inquirenti dalle presunte amanti del boss
Gli inquirenti hanno perquisito a Campobello di Mazara le case due donne che avrebbero collegamenti con Matteo Messina Denaro: una di loro avrebbe un’auto da 70mila euro, ma nega che sia un regalo del boss.
Continuano senza sosta le indagini in seguito all’arresto di Matteo Messina Denaro. Gli inquirenti sono alla ricerca di tracce che possano aiutare a ricostruire gli ultimi mesi prima della cattura e i quasi 30 anni di latitanza. Nelle ultime ore sono state perquisite anche le abitazioni di due donne,entrambe sulla cinquantina, che potrebbero essere state le amanti del Padrino. Tutte e due vivono a Campobello di Mazara, il paese di circa 11mila abitanti e a soli 8 chilometri da Castelvetrano, che a Messina Denaro ha dato i Natali, dove sono già stati individuati quattro covi del boss All’interno di uno degli appartamenti, quello in via Cb 31, dove l’ex super latitante avrebbe vissuto da giugno, sono stati ritrovati oggetti e abiti femminili, oltre ad una parrucca, che però non si esclude che il boss possa aver utilizzato per nascondere la propria identità. Che appartengano alle due donne perquisite? Al momento è presto per dirlo, ma le analisi procedono a ritmo sostenuto. Ciò che è certo è che i loro numeri di telefono sono stati ritrovati nella casa del boss. Le due donne sono entrambe lavoratrici, una è una piccola imprenditrice e l’altra una commerciante. Abitano vicino tra di loro ma sono diversissime, come riporta Il Corriere della Sera. Una è bruna con i capelli neri, l’altra bionda e con un taglio corto. Una di loro avrebbe un’auto di lusso da 70mila euro parcheggiata sotto casa. “Non è stato un regalo di nessuno, l’ha comprato lei un anno fa sfruttando un’occasione, toglietevi dalla testa certe idee”, ha detto un familiare ai giornalisti. La donna questa settimana è stata vista uscire dalla caserma dei carabinieri di viale Risorgimento accompagnata da un’amica dove si era recata “per qualche chiarimento“. Finora della vita privata di Messina Denaro non si sa molto. Sei sarebbero le donne con le quali ha avuto una relazione durante la latitanza. Da una di queste, è nata anche una figlia, Lorenza Alagna, che porta il cognome della madre e che è da poco diventata mamma a sua volta. Nei giorni scorsi si è parlato anche di un possibile secondo figlio del boss, nato intorno al 2005, quando la polizia intercettò una conversazione tra il cognato e la sorella del Padrino in cui si facevano specifici riferimenti. Ma al momento, si tratta soltanto di ipotesi. Ida Artiaco FANPAGE 29.1.2023
26.1.2023 – Nel covo di Matteo Messina Denaro trovata anche una parrucca da donna A CAMPOBELLO DI MAZARA. Nel covo del boss Matteo Messina Denaro, in vicolo San Vito, a Campobello di Mazara, è stata trovata anche una parrucca da donna. Gli investigatori escludono che sia stata utilizzata dall’ex latitante per travestimenti. L’ipotesi più probabile è che a indossarla siano state donne che nel tempo hanno frequentato il padrino di Castelvetrano.
23.1.2023 – Messina Denaro, nel primo covo trovati anche abiti femminili
La scoperta nell’appartamento di vicolo San Vito a Campobello di Mazara conferma che il capomafia aveva una relazione negli ultimi anni della latitanza. È caccia all’identità della donna Abiti femminili e segni di una presenza non occasionale di una donna. È quello che sarebbe emerso secondo quanto si apprende dopo le perquisizioni del primo covo a vicolo San Vito (ex via Cb31) del latitante Matteo Messina Denaro, arrestato lunedì scorso. Questo ritrovamento fa pensare che il capomafia potrebbe avere avuto una relazione con una donna, che probabilmente ha vissuto con lui a Campobello di Mazara in questi ultimi anni della sua latitanza.L Adesso si cerca di risalire all’identità della donna. D’altronde era già state rinvenute delle pillole per aumentare le prestazioni sessuali e dei profilattici. L’ex latitante avrebbe vissuto per almeno sei mesi-un anno nell’ultimo covo di vicolo San Vito. Gli investigatori sono al lavoro anche sull’auto, una Giulietta, usata dal boss e trovata nel garage del figlio di Giovanni Luppino, l’autista del boss arrestato con lui. E a Campobello di Mazara, si apre anche la caccia ad altri possibili bunker segreti del boss.CORRIERE DELLA SERA
23.1.2023 Matteo Messina Denaro viveva a Campobello da 4 anni. Spuntano un figlio segreto e l’amante