ANGELO FOPNTANA

Si pente un mafioso dell’ Acquasanta

A 43 anni ha un ergastolo sulle spalle e tante cose da raccontare. Sui grandi traffici di droga, eroina e cocaina, che dai tempi del processo “Big John” lo hanno visto protagonista e che ancora tengono insieme, in una rinnovata fratellanza, le “famiglie” siciliane e americane in cartello con i narcos colombiani, ma anche sul nuovo organigramma di quella che gli inquirenti giudicano la più potente cosca palermitana, quella di San Lorenzo, guidata dai superlatitanti Totuccio e Sandro Lo Piccolo, padre e figlio, uccel di bosco rispettivamente da 23 e 6 anni. Per Angelo Fontana, classe ‘ 63, “uomo d’ onore” della famiglia mafiosa dell’ Acquasanta, che dal 1997 sta scontando in carcere una condanna all’ ergastolo per l’ omicidio di Francesco Paolo Gaeta, la Direzione distrettuale antimafia ha avanzato da qualche settimana una proposta di programma di protezione che adesso dovrà passare al vaglio degli organi ministeriali ma che soprattutto è ancora condizionata dall’ esito dei primi riscontri alle sue dichiarazioni. Come dire, insomma, che gli inquirenti ci vanno con i piedi di piombo prima di affibbiargli una patente di credibilità. Fontana è uno degli imputati di quella sorta di maxiprocesso agli uomini del mandamento di San Lorenzo nel quale proprio ieri i pubblici ministeri Domenico Gozzo e Gaetano Paci hanno cominciato la requisitoria. E proprio a loro, da qualche settimana, Angelo Fontana ha cominciato a rendere le prime dichiarazioni, i cui riscontri sono affidati ai carabinieri del comando operativo. Esponente di una delle grandi famiglie di mafia, dopo avere sposato la figlia di John Galatolo, Fontana cominciò il vai e vieni da Miami dove la sua famiglia ha sempre risieduto. Da lì però, secondo l’ accusa, Angelo Fontana avrebbe fatto da testa di ponte per i lucrosi traffici di droga, eroina prima, cocaina negli ultimi tempi, sui quali la cosca dell’ Acquasanta avrebbe investito ingenti capitali tessendo un accordo con i cartelli del narcos colombiani. E dai tempi del processo “Big John” (dal nome del mercantile che sbarcò un ingente carico di cocaina partito dal Sudamerica sulle coste trapanesi), in cui Fontana fu comunque assolto, il nuovo collaborante potrebbe fornire indicazioni utili sulle nuove rotte della droga. Allora, era il 1989, fu proprio lui a minacciare di morte il pentito italoamericano Joe Cuffaro per indurlo a non collaborare con le autorità americane. Spesso Fontana tornava a Palermo, soprattutto d’ estate. Come nel ‘ 92, quando, secondo i giudici, avrebbe ucciso Francesco Paolo Gaeta, un giovane tossicodipendente che rubava all’ Acquasanta senza l’ autorizzazione dei boss. Ad accusarlo di quel delitto, assieme al giovanissimo nipote Gaetano, allora sedicenne, e ad altre cinque persone, fu il pentito Francesco Onorato. In primo grado furono tutti condannati, ma poco più di un anno fa la Corte d’ appello mandò liberi tutti. L’ unico a essere condannato all’ ergastolo fu proprio Angelo Fontana. E la prospettiva di passare in carcere il resto della vita deve avere influito sulla sua decisione di collaborare.

ALESSANDRA ZINITI