AGENDA ROSSA – Testimonianza SALVATORE LA BARBERA

La testimonianza di Salvatore La Barbera – 

Il processo è proseguito con l’audizione di Salvatore La Barbera, ex membro della Squadra Mobile di Palermo ed oggi a capo del Compartimento di Polizia postale delle comunicazioni per la Lombardia con sede a Milano, che si occupò delle indagini sulla strage di via d’Amelio. In passato fu anche indagato per il depistaggio sulla strage, accusato direttamente dai due falsi pentiti Salvatore Candura e Francesco Andriotta che hanno dichiarato che lui era presente in diverse fasi della loro “falsa collaborazione”. La sua posizione fu archiviata assieme a Vincenzo Ricciardi e Mario Bo con quest’ultimo che oggi si trova imputato nel processo. L’esame di La Barbera, al tempo giovanissimo funzionario di polizia che lavorava alla sezione omicidi, è durato circa un paio d’ore in cui ha risposto alle domande del procuratore capo Bertone a quelle del sostituto procuratore Stefano Luciani e delle parti civili. “All’epoca delle stragi fui investito delle indagini su Capaci, solo in parte su quelle di via d’Amelio per quanto riguarda i telecomandi utilizzati – ha riferito al Tribunale – Il giorno della strage andai in via d’Amelio ma vidi che era presente il dottor Fassari, funzionario di turno quel giorno, così decisi di tornare in ufficio. Non avrei potuto fare qualcosa di diverso”. Rispondendo alle domande del pm ha riferito di non aver mai saputo che Arnaldo La Barbera aveva dei rapporti con i servizi di informazione, né aveva mai saputo alcunché delle informative del Sisde in cui si rappresentava, nell’agosto ’92, che la Polizia era già in grado di individuare il luogo in cui l’auto fosse stata ricoverata per essere imbottita di esplosivo. “Non ho memoria di apporti informativi dei servizi – ha detto – Non credo, non mi viene in mente ma mi sentirei di escluderlo”. E quando Luciani gli ha rivelato l’esistenza del documento ha aggiunto: “Io ho il ricordo che noi arrivammo ad avere elementi come il blocco motore che ci permise di individuare la 126 e la targa che portò alla carrozzeria. Dire però che si era individuato il luogo dell’imbottitura mi sembra un po’ un volo pindarico”.Certo è che tra le anomalie e le zone d’ombra di quelle prime indagini sulla strage vi è la singolare cronologia del sopralluogo eseguito dalla Polizia Scientifica di Palermo (“su richiesta della locale Squadra Mobile”), nella carrozzeria di Giuseppe Orofino alle ore 11 del lunedì 20 luglio 1992. Proprio in quella mattina, un paio d’ore prima, quest’ultimo aveva denunciato, il furto delle targhe (ed altro) da una Fiat 126 di una sua cliente, all’interno della sua autofficina. Ebbene, quando vennero compiuti quei rilievi ancora in via d’Amelio non erano stati rinvenuti né la targa oggetto della denuncia di Orofino (la stessa venne ritrovata soltanto il 22 luglio 1992), né il blocco motore della Fiat 126 rubata a Pietrina Valenti (rinvenuto verso le 13.00/13.30 di quel 20 luglio 1992).Non solo. Il blocco motore fu attribuito ad una Fiat 126 solo nel pomeriggio del 20 luglio, quando un tecnico Fiat di Termini Imerese, riuscì a certificare il dato.Perché dunque vi fu quel sopralluogo nella carrozzeria di Orofino. La Barbera ha spiegato al Tribunale che “quella denuncia del furto della targa lasciò sospetti in quanto vi era stata una segnalazione del fatto che l’Orofino era stato visto salutare un pregiudicato tempo prima. Quindi la scientifica fu mandata sul posto a cristallizzare il fatto”. Successivamente il teste ha persino aggiunto che “qualora vi fossero stati in quel giorno altri furti di targa lui stesso avrebbe ordinato il medesimo sopralluogo anche negli altri luoghi”. Una circostanza sicuramente anomala così come anomalo è il dato che, già nel pomeriggio del 19 luglio 1992, fonti della Polizia di Stato ipotizzavano (con tanto di lancio di agenzia) l’utilizzo, come autobomba, proprio di una Fiat di piccole dimensioni e, in particolare, “una 600, una Panda, una 126”.Nel corso dell’esame, in cui ha spiegato il motivo per cui non entrò a far parte ufficialmente del gruppo Falcone e Borsellino (“Preferivo restare alla Mobile. Solo in alcun occasioni La Barbera mi chiese di accompagnare qualche magistrato per attività”) non sono mancati i “non ricordo”. Tra le attività a cui partecipò vi fu l’interrogatorio di Andriotta accompagnando la dottoressa Boccassini nel settembre 1993: “La Barbera diede la disposizione di andare e non è che mi potevo opporre. Ricordo che in quell’attività vi erano due magistrati, con la Boccassini c’era la dottoressa Zanetti. Non ricordo altre persone. La presenza di La Barbera a Milano? Non lo ricordo ma non lo posso escludere. Lo stesso non ricordo che vi fosse Ricciardi”. Il test ha quindi negato di aver mai avuto interlocuzioni con Andriotta per introdurre Arnaldo La Barbera, come invece ha più volte sostenuto quest’ultimo (“Mi sembra inverosimile. Non facevo il cerimoniere”). Quindi ha dichiarato di non aver mai saputo di colloqui investigativi con Scarantino prima e dopo l’avvio della collaborazione di quest’ultimo e che solo per sommi capi ha saputo dei sopralluoghi effettuati da Scarantino a Palermo, senza poter indicare chi vi abbia partecipato. Parlando di Scarantino La Barbera ha anche ricordato che da parte sua, vi furono dei dubbi sul fatto che “potesse aver preso parte alla strage, non vi erano perplessità per quanto riguarda il furto dell’auto. I soggetti erano compatibili. Di questo ne parlai con Ricciardi anche invitandolo a trasmettere quel pensiero a La Barbera. Tempo dopo ricordo che lo stesso La Barbera, quando sopraggiunsero altre evidenze mi disse qualcosa del tipo ‘hai visto collega?’. Non era una frase di senso compiuto ma chiaramente era per dire che quelle perplessità erano ingiustificate”. Inoltre il teste ha anche riferito che la prima volta che emerse il nome di Scarantino, secondo quanto gli riferì Ricciardi, “La Barbera sobbalzò sulla sedia come se gli avesse acceso una pista. So che Scarantino non era un soggetto sconosciuto agli archivi della Squadra mobile. Lui era alla Mobile da più tempo di me e magari era in grado di collegar il nominativo a qualcosa di rilevante. Ma prima delle dichiarazioni di Candura non vi fu nulla su Scarantino come possibile partecipe alla strage”. Infine il teste ha anche raccontato di aver visto la borsa di Borsellino nell’ufficio di La Barbera. Su come vi arrivò però, seppe qualcosa solo dalla relazione “postuma” di Maggi, che lui stesso consegna al pm Cardella. Il controesame proseguirà il prossimo 12 luglio quando sarà risentito anche Scarantino e l’ispettore Giovanni Guerrera. ANTIMAFIA 2000