🟧 STORIE ➡️ «Vi racconto Borsellino e quei quattro giorni felici tra la natura d’Abruzzo»

 

 

Nel settembre del 1976, Paolo Borsellino, insieme alla moglie Agnese e ai loro tre figli, fece una visita inaspettata al cugino Bruno Lepanto nell’Alto Sangro, una regione montuosa dell’Abruzzo. Questo breve soggiorno di quattro giorni si trasformò in un momento di spensieratezza e gioia per la famiglia Borsellino.Durante la loro visita, esplorarono alcuni luoghi simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo. Tra questi, la Camosciara, con le sue cascate fragorose, e il piccolo lago della Montagna Spaccata di Alfedena. Paolo Borsellino apprezzò la bellezza della natura, la cucina locale e la compagnia degli amici di Bruno Lepanto. La figlia maggiore di Borsellino, Lucia, tenne un diario di viaggio in cui annotava ogni dettaglio di quei giorni. Le foto di famiglia scattate durante quella breve villeggiatura sono rimaste come preziosi ricordi. Bruno Lepanto, che aveva un legame profondo con il cugino Paolo, ricorda con affetto quei giorni di spensieratezza. Paolo Borsellino, ancora libero da scorta, visse l’Abruzzo come un uomo libero. Anni dopo, quando tornò a trovare Lepanto in Veneto, la situazione era molto diversa: era già sotto protezione.


Parla il cugino Bruno Lepanto, l’ex segretario nel Comune di Alfedena Era il settembre 1976, il giudice siciliano arrivò insieme a moglie e figli

Fu una telefonata inaspettata: «Ci siete? Passiamo a trovarvi». Così il giudice Paolo Borsellino annunciò al cugino Bruno Lepanto l’arrivo in Abruzzo. Era il settembre 1976. Di quella breve villeggiatura, durata quattro giorni, rimangono degli scatti in alcuni luoghi simbolo del Parco d’Abruzzo, i ricordi della figlia del magistrato, Lucia, trascritti in un diario, e tanti aneddoti mai sbiaditi. Sono trascorsi 46 anni da quei giorni. Che Lepanto rivive in memoria del giudice assassinato il 19 luglio 1992 insieme a cinque uomini della sua scorta nella strage di via D’Amelio a Palermo.
UN ARRIVO IMPROVVISO
Lepanto, figlio della sorella del padre di Borsellino, dopo gli studi a Palermo decise di diventare segretario comunale. Il suo primo incarico fu ad Alfedena nell’Alto Sangro. Vi arrivò nel 1973. Rimase in paese fino al giugno del 1977. Ma ancora oggi ha delle amicizie. Lepanto aveva un legame profondo con il cugino Paolo Borsellino, all’epoca già nella magistratura. Lo aveva invitato spesso in Abruzzo e proprio quando meno se l’aspettava, una mattina di settembre del 1976, arrivò la telefonata del giudice che annunciava il suo arrivo. «In quel periodo aveva lasciato Monreale ed era già a Palermo (all’ufficio istruzione del tribunale, ndc) ma ancora non aveva la scorta», ricorda l’ex segretario comunale, «quando partirono dalla Toscana, lui, la moglie e i tre figli, mi rintracciarono al telefono, mi chiesero se c’ero e mi annunciarono che sarebbero passati a trovarci. Rimasero tre notti, poi ripartirono».
IL SOGGIORNO NEL VERDE
Ad Alfedena, Lepanto accolse Borsellino, la moglie Agnese e i figli Lucia, che aveva 7 anni, Manfredi di 6 e Fiammetta di 3. «Siamo sempre stati molto legati e la sua visita fu una gioia», ricorda il cugino del giudice, «ci organizzammo per fargli visitare la zona. Andammo a Pescasseroli, incontrammo degli amici di Castel di Sangro, poi alla Camosciara (dove il 10 settembre venne scattata la foto di famiglia, ndc) e al piccolo lago della Montagna Spaccata di Alfedena. Furono giorni di spensieratezza e Borsellino apprezzò questi posti, le persone, la cucina. Ci sono diversi scatti di famiglia di quei giorni, uno lo ricordo bene. Paolo aveva paura degli animali e lo fotografai mentre era sull’amaca nel giardino di casa, con sotto il nostro cane che lo guardava. L’animale aveva fiutato la sua paura e lo seguiva ovunque. In Abruzzo venne da uomo libero. Qualche anno dopo passò a trovarmi in Veneto, dove nel frattempo mi ero trasferito, ed era già sotto scorta. E tutto era molto diverso».
I RICORDI DI LUCIA
«Lucia, la figlia più grande di Paolo», prosegue l’ex segretario, «teneva un diario di viaggio e annotava tutto, giorno dopo giorno. Sia su quel diario, che in un successivo tema a scuola, ricordò quei giorni in Abruzzo». Lucia scrisse tra le pagine del suo diario: «Venerdì siamo andati a visitare il Parco nazionale d’Abruzzo. Io, Manfredi, papà e zio Bruno, abbiamo fatto una passeggiata in mezzo al bosco e siamo arrivati alle cascate. Abbiamo bevuto l’acqua ghiacciata del ruscello e ci siamo fatti la fotografia. Poi siamo andati a Pescasseroli a vedere gli animali. Abbiamo visto cerbiatti, tre orsi, tre lupi, due aquile, api, serpenti che lasciavano la pelle che gli ricresceva e tante altre cose. I lupi andavano avanti e indietro. Domenica siamo andati in un bosco dove abbiamo incontrato dei cacciatori. In questo bosco papà chiamava un nome e l’eco rispondeva».
Il GIORNO DEL DOLORE
Terminate le brevi vacanze in Abruzzo, Borsellino e famiglia tornarono a Palermo. Il cugino Lepanto nel giro di pochi mesi venne trasferito in Veneto, mentre al giudice quattro anni dopo venne assegnata la scorta. Le vite dei due cugini cambiarono, ma la loro complicità restò immutata. «Era il luglio del 1992 quando arrivai a Palermo», continua Lepanto, «Paolo mi ospitava a casa sua e se non c’era lasciava le chiavi in portineria. Aveva proposto di andare a trascorrere la domenica al mare a casa del suocero. Partimmo e lui ci raggiunse più tardi perché aveva da lavorare. Nel pomeriggio disse che doveva andare via perché un amico cardiologo avrebbe visitato la madre prima di andare in ferie. La scorta passò a prenderlo e partì per Palermo. Ricordo che in tv c’era il Tour de France. Mia figlia lesse dei sottotitoli che parlavano di un’esplosione nella quale era coinvolto un magistrato. Venne lei ad avvisarci. Iniziammo a fare le telefonate per informarci, fino a quando arrivò la notizia ufficiale: Paolo e la sua scorta erano stati uccisi. Un dolore per tutta l’Italia, per me ancora di più. Mi restano anche i ricordi di quei giorni felici in Abruzzo».  di Eleonora Berardinetti 22 luglio 2022 IL CENTRO


Paolo Borsellino in vacanza nel parco d’Abruzzo: la foto con la famiglia al lago della Montagna Spaccata

 

CIVITELLA ALFEDENA

Paolo Borsellino, il ricordo del magistrato ucciso dalla mafia 28 anni fa, nei suoi viaggi tra la natura del Parco nazionale d’Abruzzo. Due fotografie, scattate a Civitella Alfedena e al vicino comune di Alfedena, immortalano l’ultima vacanza di Borsellino in provincia dell’Aquila. Momenti di spensieratezza, tra le cascate della Camosciara, la cui acqua, cosi chiassosa, sembra scandire il tempo, accompagnato dai figli Lucia e Manfredi.

 


 

Era il settembre del 1977, quando la sua vita non era ancora blindata. Borsellino aveva 37 anni. Sorriso ferio,  immancabile sigaretta in bocca. Nel diario di Lucia, il racconto di quel viaggio in Abruzzo: «Io, Manfredi, papà e zio Bruno, abbiamo fatto una passeggiata in mezzo al bosco e siamo arrivati alle cascate. Abbiamo bevuto l’acqua ghiacciata del ruscello e ci siamo fatti la fotografia. Poi siamo andati a Pescasseroli a vedere gli animali. Abbiamo visto cerbiatti, tre orsi, tre lupi, due aquile, api, serpenti che lasciavano la pelle che gli ricresceva e tante altre cose. I lupi andavano avanti e indietro. Domenica siamo andati in un bosco dove abbiamo incontrato dei cacciatori. In questo bosco papà chiamava un nome e l’eco rispondeva».

 


 

Poi la visita a suo cugino, Bruno Lepanto, all’epoca segretario del comune di Alfedena. In una delle pochissime immagini della famiglia al completo, fa da sfondo lo splendido lago della Montagna Spaccata, nel centro alfedenese.
Quel carisma, della moglie Agnese Piraino Leto, l’entusiasmo e la compostezza dei figli, Lucia, Manfredi e Fiammetta. 
«Pensare a una persona dall’immensa profonditĂ  etica e morale che veniva nel nostro paese, mi dĂ  la sensazione di un luogo dove ci si rilassa – commenta il sindaco di Alfedena Massimo Scura 
Un posto incontaminato, dove si coglie il momento della riflessione e il rapporto primordiale che si ha con la natura. Forse Borsellino ha fatto tesoro di questi attimi». Dopo 15 anni, quel 19 luglio 1992, in via D’Amelio, a Palermo, una Fiat 126 imbottita di esplosivo, venne fatta saltare in aria davanti alla casa della madre del giudice Paolo Borsellino. Nella strage persero la vita il magistrato e gli agenti della scorta, Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e Emanuela Loi, prima donna a fare parte di una scorta e anche prima donna della Polizia di Stato, a cadere in servizio.  IL MESSAGGERO


LA GITA AL PARCO NAZIONALE NEGLI APPUNTI DELLA GIOVANISSIMA FIGLIA DEL GIUDICE  NEL 1977 – LA STESSA ECO RACCONTATA DA PUBLIO OVIDIO NASONE

Lucia Borsellino appunta nel 1977 tutte le emozioni della gita con il padre Paolo nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Anche il meraviglioso contatto con l’eco: “Domenica siamo andati in un bosco dove abbiamo incontrato dei cacciatori. In questo bosco papà chiamava un nome e l’eco rispondeva”.
Si trova nei pressi della Camosciara e di Pescasseroli, dove il gruppo (ci sono anche il fratello Manfredi e lo zio Bruno) incontra i lupi che “vanno avanti e indietro”, gli orsi e tutto il corredo di fauna che si apre agli occhi dei bambini. Il giovane magistrato è ancora fresco di studi da civilista e non immerso nel processo penale più famoso del dopoguerra, il maxi-processo alla mafia, con le sue 335 condanne e la dichiarazione di guerra definitiva dell’organizzazione mafiosa agli uomini dello Stato.

E’ significativo questo accostamento dei luoghi ove l’eco si sente distinta, fa sembrare che chi risponde sia proprio dietro le piante, ad aspettare un’altra parola e a ribadirla senza lasciarla completare. E senza stancarsi mai, usando anche a cento metri o a tre chilometri la stessa forza della parola pronunciata. Per un bambino è un gioco che più divertente non potrebbe essere.

E, del resto, sembra che proprio su queste montagne il sulmonese Publio Ovidio Nasone abbia ascoltato il verso delle sue stesse parole e ne abbia ricavato uno dei più struggenti episodi delle sue “Metamorfosi”, quello che racconta di Eco e della impossibilità di esprimere un suo sentimento, per limitarsi a replicare le grida e le parole accorate di altri. E non può esprimere il suo sentimento per Narciso, altro personaggio-cardine delle Metamorfosi di Ovidio, che ha ispirato tanti capolavori, tra i quali quello del Caravaggio. VASCHIONE 19 luglio 2019

 


PARCO NAZIONALE, L’ULTIMA GITA DI PAOLO BORSELLINO “LIBERO”

10 FEBBRAIO 2014 – E’ una delle ultime immagini di Paolo Borsellino libero di scegliere i suoi movimenti e le sue amicizie, quella del Parco Nazionale d’Abruzzo.

E’ l’estate del 1977, un anno dopo comincerà quella che lui stesso avrebbe chiamato, con i suoi familiari, la “vita blindata”: la vita che si concluse in Via d’Amelio a Palermo, per il tritolo fatto esplodere  da chi con lo Stato condusse un trattativa, sulla vita di un eroe dei nostri tempi, di un guerriero dei nostri tempi.

Profuma ancora di stampa l’ultimo dei tanti libri sul giudice Paolo Borsellino: “Ti racconterò tutte le storie che potrò”, una lunga e dilicatissima intervista di Agnese Piraino Borsellino “consegnata” alla penna di Salvo Palazzolo qualche mese prima di morire e undici anni dopo che Via d’Amelio aveva segnato il punto di non ritorno per le inchieste del pubblico ministero più solo della storia repubblicana.

Le cascate della Camosciara tratteggiano una giornata felice, con Paolo Borsellino accompagnato dalla sigaretta di tutte le ore, forse di tutti i minuti. Con lui si vedono i figli Lucia (“Luce dei miei occhi” aveva detto quando era nata) e Manfredi (chiamato così in onore dell’ultimo Re di Sicilia, lo stesso Manfredi che a Sulmona ha donato l’acquedotto medievale di Piazza Garibaldi). Ed è proprio Lucia ad avere scritto un diario del lungo viaggio, che li portò in Toscana, in Abruzzo e in Campania: “Venerdì siamo andati a visitare il Parco Nazionale d’Abruzzo. Io, Manfredi, papà e zio Bruno abbiamo fatto una passeggiata in mezzo al bosco e siamo arrivati alle cascate. Abbiamo bevuto l’acqua ghiacciata del ruscello e ci siamo fatti la fotografia. Poi siamo andati a Pescasseroli a vedere gli animali. Abbiamo visto cerbiatti, tre orsi, tre lupi, due aquile, api, serpenti che lasciavano la pelle che gli ricresceva e tante altre cose. I lupi andavano avanti e indietro. Domenica siamo andati in un bosco dove abbiamo incontrato dei cacciatori. In questo bosco papà chiamava un nome e l’eco rispondeva”.

Tempo un anno e comincia la recrudescenza delle imprese mafiose. Agnese racconta: “Poi iniziarono i giorni difficili di Palermo: dopo il capitano Basile toccò ad altri amici, colleghi o collaboratori di Paolo. Cadevano uno dopo l’altro. Mio marito ripeteva: “Non possiamo arrenderci, bisogna andare avanti”.”

Paolo Borsellino si muove come un uomo che vuol salvare la sua terra, la sua Sicilia; e compie la scelta della legalità, quella vera, che richiede anche il sacrificio estremo, senza fare un passo indietro, neppure per strategia o per riprendere fiato. Sembra di leggerlo tutto, in queste pagine, il percorso di Paolo Borsellino che nel giugno del 1992 viene a sapere dell’attentato che gli si prepara; che all’inizio di luglio viene a sapere che il tritolo per lui è già arrivato a Palermo. E ciò nonostante non indietreggia. Avremo diritto a sapere se a collocare il tritolo in Via d’Amelio  siano stati quelli che avrebbero dovuto tenerlo lontano?

 



INAUGURATA NEL GIORNO DI BORSELLINO UNA FONTANA “CHE E’ SEMPRE SEGNO DI VITA”

 

 

 

 

IL CUGINO DEL GIUDICE, BRUNO LEPANTO, AD ALFEDENA NEL TRENTENNALE DELLA STRAGE DI VIA D’AMELIO

 

19 LUGLIO 2022  – Inaugurando la “Fontana della trasparenza” ad Alfedena nel trentennale della strage di Via D’Amelio, Bruno Lepanto, segretario comunale del centro montano negli anni Ottanta e cugino di Paolo Borsellino, ha detto che una fontana esprime sempre un messaggio di vita. Si deve proprio a Lepanto se Paolo Borsellino si recò al Parco Nazionale d’Abruzzo insieme alla figlia Lucia in quello che fu l’ultimo viaggio senza scorta nella sua vita, raccontato dalla figlia Lucia che ricordava dell’eco della valle della Camosciara, cioè la voce del padre che rimbalzava tra le montagne del Parco.

 


Alfedena una fontana in ricordo di Borsellino

 

ALFEDENA. Aveva scelto Alfedena per trascorrere una vacanza insieme a tutta la famiglia. A distanza di 46 anni, l’intera comunitĂ  l’ha voluto ricordare con la “Fontana della trasparenza”. Opera…

 

Ad Alfedena un giovane Borsellino aveva portato moglie e figli per trovare un cugino e per concedersi qualche giorno di pausa immerso nella natura dell’Abruzzo. La cerimonia di inaugurazione si è tenuta ieri mattina nella zona del lago della Montagna spaccata, area che l’amministrazione sta cercando di riqualificare insieme a Enel green power.
Il parroco di Alfedena, don Marco Wielgosz, ha benedetto la “Fontana della trasparenza”, mentre il cugino di Borsellino, Bruno Lepanto, ex segretario del Comune abruzzese, lo ha ricordato attraverso immagini e aneddoti di famiglia. «Vennero da me, ospiti ad Alfedena», ha sottolineato Lepanto, «stavano tornando da un matrimonio e si fermarono qui da noi. Anche io, mia moglie e mia figlia, quando dal Veneto andavamo in vacanza in Sicilia, eravamo loro ospiti e proprio il giorno prima della strage eravamo insieme a Paolo e alla sua famiglia. Mi ricordo bene quando lo vennero a prendere i cinque agenti della scorta a casa di suo suocero al mare. Erano Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Cosina e Claudio Traina (tutti morti nella strage di via D’Amelio, ndc). Loro erano coscienti, come lo era Paolo, che la morte era sempre in agguato».
La fontana è stata realizzata da Mauro e Amedeo, due residenti di Alfedena, che si sono messi a disposizione per riuscire a portare a termine l’opera. «Nel progetto di riqualificazione del lago della Montagna spaccata c’era l’intenzione di creare un punto di presa d’acqua», ha spiegato il sindaco Luigi Milano, «da lì l’idea di creare qualcosa in ricordo del giudice Borsellino, vista anche una fotografia scattata in questo posto durante un suo soggiorno». di Eleonora Berardinetti 20 luglio 2022 IL CENTRO

 

 

 

PER AMORE DELLA VERITA’, il libro di Piero Melati con in copertina la foto di quella spensierata vacanza…

 

 

 

15.3.2024 LUCIA BORSELLINO a Schio al Liceo Tron Zanella con lo zio Bruno Lepanto

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