Nasce a Como la maxi retata che nei giorni scorsi, in Turchia, ha portato a ben 157 arresti a carico di altrettante persone sospettate di essere legate al cosiddetto gruppo Dalton, il clan mafioso capitanato da Barış Boyun, il boss arrestato lo scorso maggio al termine di un’indagine lampo condotta dalla squadra mobile di Como.
Da quell’inchiesta e dai retroscena di quel lavoro, nato per un’intuizione di un paio di poliziotti della Questura di Como, è partito un effetto domino sfociato – nei giorni scorsi – nella retata realizzata dalle autorità di Istanbul.
Non tutte le 157 persone ricercate sono state arrestate.
Tra i nominativi per i quali è stato spiccato un mandato di cattura lo stesso Boyoun, che è in carcere in Italia dopo che i poliziotti comaschi lo hanno arrestato la scorsa primavera.
Nel corso delle operazioni della polizia turca si è avuta la conferma della potenza di fuoro dell’organizzazione criminale: sono state infatti sequestrate quaranta pistole clandestine, dieci pistole automatiche, cinque fucili da caccia, tre mitragliatori AK-47, due bombe a mano, e poi droga e una grande quantità di denaro in contanti.
Arrestata anche la moglie di Barış Boyun, Ece.
A tradire Boyun, già arrestato per ben due volte in Italia ma rilasciato in entrambi i casi, un viaggio in Svizzera nel settembre dello scorso anno. Il presunto boss per evitare la dogana di Brogeda, più controllata, aveva deciso di percorrere le strade di Como. Una decisione fatale per lui. Infatti una pattuglia della squadra volante ha intercettato in tangenziale, non lontano dalla Quest’ura, un’auto con a bordo tre cittadini turchi (la scorta del presunto boss) armati con pistola Glock calibro nove, con una seconda pistola calibro nove di marca Walther, 45 proiettili calibro 45 e un giubbotto antiproiettile. Proprio quell’operazione ha decretato l’inizio della sua potenziale fine, visto che le accuse a suo carico sono pesantissime.
I detective comaschi hanno così dato il via a un’indagine che, in una manciata di mesi, ha raccolto indizi su una interminabile serie di reati, tra i quali almeno un omicidio – avvenuto a Berlino – nonché progetti di attentati kamikaze, traffico di droga e di armi, riciclaggio di soldi, traffico di esseri umani sulle rotte dei migranti.
La polizia turca dava la caccia a Boyoun da anni. Perché lo considera uno dei più spietati boss della malavita organizzata all’ombra della mezzaluna e della stella a cinque punte. E in effetti le intercettazioni sembrano confermare quel sospetto: «Ti ricordi quell’organizzazione terroristica che ha assalito i poliziotti facendosi saltare in aria? Sto addestrando i miei ragazzi nelle azioni da fedayn, attacchi kamikaze». Sono le 23 del 26 febbraio scorso.
A parlare è Boyun, in casa con la moglie Ece, di 9 anni più giovane. L’appartamento è pieno zeppo di cimici della polizia. Che registrano ogni sospiro. Ogni ordine impartito ai suoi uomini. Ogni parola: «Uccidere». «Vendicarsi». «Sparare alle gambe». «Bombe». «Kalashnikov». «Uzi». Un’inchiesta che, forse, non ha ancora finito di produrre clamorosi risultati.
Arrestato il capo della mafia turca in Italia 22.5.2024
Le mafie turche e l’arresto di Baris Boyun in Italia. Intervista al criminologo Vincenzo Musacchio
“Baris Boyun non è un capo mafia ma solo il leader di una delle bande criminali più pericolose di Istanbul, la ‘Daltonlar Gang’, che è al centro di un’intricata rete di attività criminali anche transnazionali”
Comincerei subito con il dire che non si tratta di un boss o perlomeno non di un capo clan di livello apicale né in Turchia e tantomeno all’estero. Se dovessi qualificarlo, direi che potrebbe essere un delegato delle famiglie mafiose turche (Cantürk e Baybaşin) che hanno ancora oggi un ruolo rilevante nel mercato dell’eroina a livello europeo e mondiale. I pezzi grossi della malavita turca si trovano al centro dell’élite governativa e di sicurezza del Paese. Il traffico di droga in Turchia non è mai stato così politico come negli ultimi dieci anni. Da lì parte la catena di comando che poi si estende nei vari Paesi all’estero (Germania, Olanda, Belgio solo per citarne alcuni).
Perché le mafie turche hanno un ruolo così strategico nel traffico di eroina dall’Oriente in Europa?
La posizione geografica della Turchia al crocevia tra Asia, Medio Oriente ed Europa, unita ai suoi prolungati confini, la rende un Paese di transito e destinazione privilegiata della maggior parte di traffici illegali in Europa. La Turchia continua a essere uno Stato di transito “chiave” per il traffico di armi, esseri e organi umani, sostanze stupefacenti verso l’Europa da paesi come la Siria e l’Afghanistan ma anche da nazioni orientali come Pakistan e Tailandia. Le mafie turche hanno stretto forti alleanze anche con organi governativi e ciò al fine di agevolare questi traffici che consentono guadagni immensi per tutti gli attori coinvolti. Grazie alla sua posizione geografica sulla rotta del traffico dei Balcani, l’eroina proveniente dall’Afghanistan arriva nell’Europa occidentale con estrema facilità e con controlli di polizia quasi inesistenti. La Turchia ha anche un ruolo importante nella produzione di anidride acetica che è una sostanza utilizzata nella produzione dell’eroina. Questo fattore ci conferma che la produzione di eroina sia in continuo aumento.
Quali sono le famiglie mafiose turche che dominano la scena criminale anche in ambito transnazionale?
La mafia turca è una mafia “sui generis”. La maggior parte delle organizzazioni criminali turche ha origine in due regioni: la provincia di Trabzon, sulla costa del Mar Nero, nella Turchia nordorientale, e l’Anatolia orientale e sudorientale, nel Sud del paese. La criminalità organizzata e gli individui inseriti nello Stato hanno legami forti e complessi, che risalgono all’Impero Ottomano. Il governo turco è spesso accusato di sfruttare alcuni mercati criminali, come il commercio droghe, il traffico di esseri e organi umani e il traffico di armi, a proprio vantaggio e per scopi politici. I clan Cantürk e Baybaşin ricoprono ancora un ruolo di primo livello nella produzione e nel traffico di droga. Questi clan si reggono su affiliazioni regionali e sono profondamente radicati nella vita politica, economica e sociale del Paese. Un altro gruppo criminale importante soprattutto per i traffici illegali dalla Turchia nordorientale sul Mar Nero in Europa è quello facente capo alla famiglia Çakıcı. Per comprendere il ruolo di questi clan, proprio a proposito dell’arresto in Italia di Boyun, basti pensare che il solo clan Baybaşin sia ancora oggi tra i maggiori trafficanti di eroina del continente incassando oltre cinquanta miliardi di dollari, gran parte dei quali investiti in Europa, nel Regno Unito e nei Paesi del Mediterraneo. Recentemente dati gli enormi guadagni, i due clan Cantürk e Baybaşin, spesso rivali, oggi sono alleati tra loro a dimostrazione di come gli ingenti guadagni del traffico di droga siano sicuramente aggreganti. I nuovi clan si stanno spostando anche nel settore della cocaina e le prospettive commerciali sembrano buone, soprattutto considerando la crescente presenza della Turchia in Libia, destinazione della rotta della cocaina sudamericana e africana occidentale verso l’Europa.
I traffici di queste droghe (eroina e cocaina) hanno qualche attinenza anche con le associazioni terroristiche presenti in Turchia?
Non ci sono dubbi che organizzazioni terroristiche turche siano strettamente legate al traffico di droga a tutti i livelli. I rapporti dell’Interpol suggeriscono la collusione e il coinvolgimento attivo anche di funzionari statali e politici. È noto che i gruppi criminali turchi coinvolti nel mercato dell’eroina e della cocaina collaborino anche con Hezbollah in Libano, il cartello di Sinaloa in Messico, il Sito Miñanco in Spagna, nonché con i cartelli della droga in Colombia, Panama e Brasile. Direi quindi che tali interconnessioni esistono e persistono ancora oggi.
Le mafie turche svolgono un ruolo importante anche nel campo delle cd. droghe sintetiche e della cannabis?
La cannabis è la sostanza più comunemente usata nella comunità turca, con una diffusa coltivazione di cannabis concentrata prevalentemente nella regione sud-orientale della Turchia e controllata in gran parte dal PKK e dai gruppi associati. Le droghe sintetiche, in particolare della metanfetamina, dei cannabinoidi sintetici, dell’ecstasy (MDMA) e del Captagon, sono in continuo aumento grazie ai prezzi bassissimi e al facile commercio. La Turchia è anche un territorio di transito per il traffico di droghe sintetiche, in particolare metanfetamine, ecstasy e Captagon e da qualche tempo anche del temutissimo fentanyl proveniente dalla Cina.
Come potremmo qualificare il rapporto tra politica e mafie in Turchia?
Secondo le circostanze politiche e delle relazioni geopolitiche con altri paesi, si dice che il governo turco scelga di rafforzare o allentare il controllo sulle attività della criminalità organizzata. Le gravi accuse di corruzione riguardanti il governo e il coinvolgimento di funzionari statali in attività criminali, spesso determinano la scarsità d’indagini e di azioni giudiziarie antimafia. Si ritiene che nella maggior parte dei mercati criminali già menzionati siano coinvolti, oltre all’élite politica, anche le forze dell’ordine e i funzionari doganali. Le organizzazioni di stampo mafioso sono purtroppo ancor oggi agevolate dalla corruzione endemica esistente nel Paese.
Esistono rapporti o contatti tra mafie turche e mafie italiane?
Assolutamente sì. Dobbiamo entrare nell’ottica di mafie che collaborano tra loro a livello transnazionale. Se si traffica in Italia, si collabora con le mafie italiane, se si usa il territorio albanese e jugoslavo, allora ci si accorda con le relative mafie.
Nel traffico transfrontaliero che comprende esseri e organi umani, droga e armi, sarebbe impossibile la non collaborazione tra mafie coinvolte in simili crimini. È noto che la ‘ndrangheta, Cosa Nostra e la mafia turca hanno già collaborato in passato. Attività criminali come il traffico di droga, la tratta di esseri umani, la prostituzione e molti altri reati sono commessi sia in Turchia sia nei paesi europei, soprattutto laddove esista consistente comunità turca come in Germania, Paesi Bassi, Belgio, Albania e Regno Unito. Nel traffico di eroina ad esempio collaborano con gruppi mafiosi bulgari e romeni che trasportano l’eroina verso paesi come l’Italia.
Come si potrebbero combattere queste mafie in Turchia e a livello transnazionale?Il legame tra il Governo e la criminalità organizzata è il vero grande problema. La Turchia ha stipulato accordi di cooperazione bilaterale e multilaterale, inclusa la ratifica di tutti i trattati e le convenzioni internazionali riguardanti la lotta alla criminalità organizzata, ma questi sono in gran parte una forme di ossequio formale per il mondo occidentale. Allo stesso modo, sebbene esistano trattati di estradizione con una serie di nazioni, spesso i processi di estradizione restano solo sulla carta così come le richieste da parte del governo turco dove mancano molti elementi essenziali dello Stato di diritto. Nonostante sia in corso uno sforzo di cooperazione tra le controparti internazionali, in Turchia, persiste il grosso problema riguardante la mancata applicazione di tali leggi. Sappiamo bene che oggi le mafie si possono combattere e sconfiggere soltanto con un’efficace cooperazione internazionale tra gli Stati e questo oggi non è ancora pienamente praticabile con la Turchia. RAI NEWS 23.5.2024
Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta. È tra i più accreditati studiosi delle nuove mafie transnazionali. Esperto di strategie di lotta al crimine organizzato. Autore di numerosi saggi e di una monografia pubblicata in cinquantaquattro Stati scritta con Franco Roberti dal titolo “La lotta alle nuove mafie combattuta a livello transnazionale”. È considerato il maggior esperto europeo di mafia albanese e i suoi lavori di approfondimento in materia sono stati utilizzati anche da commissioni legislative in ambito europeo.
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