FIAMMETTA BORSELLINO allo Speciale RAI 25º Stragi Capaci e Via D’Amelio e…

 

FIAMMETTA BORSELLINO – PALERMO 25° delle Stragi di capaci e Via D’Amelio 

VIDEO 23 maggio 2017


FIAMMETTA BORSELLINO – Rassegna stampa 2017

VIA D’AMELIO – FIAMMETTA BORSELLINO: “25 ANNI DI OMISSIONI E MENZOGNE”

 

“Il nostro silenzio è stato dettato dal rigore e da una necessità di sopravvivenza. Noi denunciamo anomalie che hanno caratterizzato la condotta di politici e magistrati dei processi Borsellino I e II, anomalie condotte da uomini delle istituzioni.
Nella Procura di allora c’erano Tinebra, Di Matteo, la dottoressa Palma e altri.
Ricordo che tra quelli che andarono via e presero le distanze da quel modo di fare le indagini c’era la dottoressa Boccassini.
Quando intendo anomalie, parlo di verbalizzazioni, interrogatori, sopralluoghi non corretti”.  
“Le mie denunce non sono un mero dibattito tra me e il procuratore Di Matteo, questa semplificazione fa molto comodo a chi sta bene nascosto nell’ombra.
È una semplificazione che toglie l’attenzione al nostro fine, che è quello di addivenire alla verità. Il nostro è un urlo di dolore. Ho scritto una lettera al CSM chiedendo al Presidente della Repubblica quali sono le iniziative che il Consiglio ha ritenuto di intraprendere dopo quanto deciso il 19 luglio.
Noi in quella lettera chiediamo, come dice lo stesso consigliere Morgigni, se nella condotta dei magistrati dei processi Borsellino I e II si siano verificate queste anomalie. È vero che si può tornare ad aprire un processo, ma la Procura di Caltanissetta ha uomini e mezzi? Mio padre si meritava questo…. dopo 25 anni, quasi tutto è compromesso”.


 



Le figlie di Borsellino, Cossiga, Sciascia: tre “suggestioni”

 

FIAMMETTA: “PENTITI COSTRUITI A TAVOLINO”| L’INTERVISTA A PALERMOTODY –  VIDEO 


Fiammetta Borsellino fa i nomi: “Ecco i buchi neri di via D’Amelio. Depistaggi avallati dai pm” 

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Fiammetta Borsellino ITW Fanpage.it

La verità sulla strage di via D’Amelio é stata “allontanata, se non evitata, da 25 anni di buchi neri”.

 

Dopo quattro filoni processuali è arrivato per Fiammetta Borsellino, la figlia minore del magistrato ucciso il 19 luglio 1992, il momento di dire come sono andate le cose. “Vogliamo la verità. Forse i collaboratori dovrebbero emergere anche da altri ambiti“,dichiara in una lunga intervista a Fanpage.it.
Fiammetta Borsellino, che per la prima volta aveva parlato in pubblico il 23 maggio scorso in occasione della diretta televisiva Rai da Via D’Amelio, intervistata da Sandro Ruotolo ripercorre i “buchi neri” e i depistaggi che hanno inquinato l’inchiesta e condannato all’ergastolo sei imputati poi scarcerati. Pone molte domande sulla gestione del falso pentito Vincenzo Scarantino, che si era accusato di avere rubato l’auto usata nell’attentato, e rievoca il mistero dell’agenda rossa del padre di cui si è persa ogni traccia. Per lei occorre chiedere “rigore morale” a chi ricopre “cariche istituzionali e di alta responsabilità” perché si dia conto delle deviazioni ai familiari delle vittime, ai giovani e a “quella buona parte del Paese che ripudia la mafia”.
La ricerca della verità, secondo Fiammetta Borsellino, passa attraverso l’accertamento di ciò che è acceduto dopo la strage ma anche prima. E in proposito ricorda i contrasti tra il padre e il procuratore capo dell’epoca, Pietro Giammanco, il quale avrebbe negato a Paolo Borsellino la delega a indagare su Palermo, salvo poi a cambiare idea con una telefonata “alle 7 del mattino”. E aggiunge: “C’è poi da fare luce su tutta quella parte oscura che chiamano trattativa. E riguarda quei 57 giorni fondamentali intercorsi tra la morte di Falcone e quella di mio padre. Su questo punto mio padre non è stato mai sentito dai pm di Caltanissetta”.
Nella ricerca della verità sulla strage di via D’Amelio e sui depistaggi Fiammetta Borsellino chiama in causa, nell’intervista, sia il pool investigativo guidato daArnaldo La Barbera sia i magistrati della procura di Caltanissetta. Al pool di La Barbera, deceduto da alcuni anni, la figlia del magistrato attribuisce la discussa gestione di Vincenzo Scarantino, un numero spropositato (ben 10 quelli autorizzati) di colloqui investigativi con il falso pentito, una ricostruzione dei preparativi della strage poi smontata dal vero pentito Gaspare Spatuzza.
Non mancano nell’intervista i riferimenti critici ai magistrati di Caltanissetta che seguirono la prima fase dell’inchiesta. La figlia del magistrato ucciso cita il procuratore capo del tempo Giovanni Tinebra,recentemente scomparso, i pmCarmelo Petralia e Anna Maria Palma ai quali si aggiunse nel novembre 1994 anche il collega Nino Di Matteo.
Dalla linea che sosteneva l’attendibilità di Scarantino si distaccarono, ricorda Fiammetta Borsellino, Ilda Boccassini eRoberto Sajeva. Alcuni passaggi dell’inchiesta non sarebbero stati neanche verbalizzati. Un confronto decisivo tra Scarantino e il boss pentito Salvatore Cancemi venne fatto in sede investigativa e non fu portato al dibattimento “dove si forma la prova”.
Alcuni pm avrebbero smentito in anticipo ritrattazioni di Scarantino che sarebbero state fatte solo dopo. Fino alla Cassazione venne in sostanza avallata l’impostazione del gruppo di La Barbera. Correzioni di linea sarebbero state introdotte solo a partire dal processo Borsellino ter. Chi e perché ispirò Scarantino? “L’ansia da risultato – risponde Fiammetta Borsellino – non può essere, per noi familiari, una giustificazione. Ovvio che, alle luce del pentimento di Spatuzza, questo quadro assume un carattere veramente inquietante”21.6.2017 LA SICILIA


Fiammetta Borsellino: “Stato ascolti nostro urlo di dolore. Riaprire processo, ma Procura di Caltanissetta ha uomini e mezzi?”

 

“Il nostro silenzio e’ stato dettato dal rigore e da una necessita di sopravvivenza. Noi denunciamo anomalie che hanno caratterizzato la condotta di politici e magistrati dei processi Borsellino I e II, anomalie condotte da uomini delle istituzioni. Nella Procura di allora c’erano Tinebra, Di Matteo, la dottoressa Palma e altri. Ricordo che tra quelli che andarono via e presero le distanze da quel modo di fare le indagini c’era la dottoressa Boccassini. Quando intendo anomalie, parlo di verbalizzazioni, interrogatori, sopralluoghi non corretti”. Fiammetta Borsellino e’ intervenuta oggi a ‘La radio ne parla’, su Rai Radio1. Rispondendo alle domande delle conduttrici, la figlia minore del giudice ha aggiunto: “Le mie denunce non sono un mero dibattito tra me e il procuratore Di Matteo, questa semplificazione fa molto comodo a chi sta bene nascosto nell’ombra. E’ una semplificazione che toglie l’attenzione al nostro fine, che e’ quello di addivenire alla verita’. Il nostro e’ un urlo di dolore. Ho scritto una lettera al Csm chiedendo al presidente della Repubblica quali sono le iniziative che il Consiglio ha ritenuto di intraprendere dopo quanto deciso il 19 luglio. Noi in quella lettera chiediamo, come dice lo stesso consigliere Morgigni, se nella condotta dei magistrati dei processi Borsellino I e II si siano verificate queste anomalie. E’ vero che si puo’ tornare ad aprire un processo, ma la procura di Caltanissetta ha uomini e mezzi? Mio padre si meritava questo… dopo 25 anni, quasi tutto e’ compromesso” 26.9.2017  IL FATTO NISSENO


Lo strappo dei figli di Borsellino: “In Sicilia antimafia di facciata Manfredi: non andremo alle cerimonie in ricordo di mio padre

 

«Noi figli non ci saremo. Fiammetta da sei anni – racconta Manfredi – passa questo periodo a Pantelleria. Il 19 luglio fa celebrare una messa in memoria di papà in una chiesetta di contrada Khamma, sull’isola, dove entrano a malapena dieci persone. Lucia quest’anno sarà lì con lei. E io sarò in servizio, il 17, il 18 e il 19. Sono stato educato da mio padre all’etica del lavoro, alla concretezza, al rifiuto delle passerelle. Tre anni fa, pochi giorni prima dell’anniversario, abbiamo fatto un blitz contro la criminalità delle Madonie, il migliore modo di commemorarlo».
Non commenta gli ultimi casi che su quell’antimafia di facciata hanno alzato il velo – l’arresto per tangenti del presidente della Camera di Commercio di Palermo, Roberto Helg; l’inchiesta sul leader della Confindustria regionale Antonello Montante, entrambi campioni di parole sulla legalità – una cosa però la dice: «Mia sorella ha parlato di antimafia di facciata, e io quelle parole me le sono appese in ufficio, tanto le condivido, tanto mi sembrano arrivare dritte dalla voce di mio padre. Lei è la più figlia di Paolo Borsellino, è quella che ha nel sangue i suoi geni migliori». Fu lei che volle entrare nella camera mortuaria, quel 19 luglio 1992, lo guardò, lo accarezzò per l’ultima volta e disse alla famiglia: «Tranquilli, sotto i baffi papà sorrideva».
Una roccia. Una donna con un senso del dovere smisurato. Che è rimasta al suo posto di assessore alla Sanità nella giunta Crocetta – pur con molti mal di pancia – fino a quando è stato arrestato il pupillo del presidente, Matteo Tutino, chirurgo plastico accusato di fare lifting e liposuzioni in un ospedale pubblico, a spese del contribuente. Lucia di fare l’orpello antimafioso, la foglia di fico non aveva proprio voglia. Se n’è andata dicendo basta con la politica e tagliando corto: «Non capisco l’antimafia come categoria, sembra quasi un modo di costruire carriere. La legalità per me non è facciata, ma la precondizione di qualsiasi attività». E Manfredi rincara la dose. «Io penso che le parole di mia sorella dovrebbero aprire un dibattito, ma non tocca a me farlo. Quel che posso dire è che tutti noi fratelli, anche Fiammetta che appare più defilata ma segue tutto con grande attenzione, la pensiamo esattamente come Lucia».
E tutti insieme, i tre fratelli, hanno detto di no alla traslazione della salma del padre nella chiesa di San Domenico, Pantheon della città, come invece è avvenuto per Falcone. «Non c’è stata alcuna opposizione polemica – spiega Manfredi – mia sorella Lucia da assessore alla Sanità ha pure dato il nulla osta a quel trasferimento. Noi semplicemente abbiamo ringraziato e detto di no. Per noi era inconcepibile separare mio padre da mia madre. Mia madre ha fatto tanti sacrifici per costruire la cappella al cimitero di Santa Maria di Gesù, per stare insieme con lui. Dopo la strage, sempre più credente, ha aspettato ogni giorno di ricongiungersi a papà. È rimasta qui, ha resistito, grazie all’amore per noi e per i suoi nipoti che ha visto nascere. Tutti, a eccezione della più piccola, la seconda bambina di Fiammetta, che è nata dopo la sua morte. Mai li avremmo separati».


L’URLO LUCIDO DI FIAMMETTA BORSELLINO PER I MISTERI DI VIA D’AMELIO

 

La figlia più piccola di Borsellino ha scritto una lettera-appello al Csm. Ultimo atto di una requisitoria contro i depistaggi partita il 23 maggio. “Morta mia madre, si è formato un deserto: né magistrati né poliziotti attorno a noi”. Il Consiglio superiore ha aperto un fascicolo. “La mia è una denuncia, non una lite con Di Matteo” Il 23 maggio, nella grande commemorazione televisiva officiata da Fabio Fazio, le sue parole sembrarono quasi roba di un altro programma. Fiammetta Borsellino, la figlia più piccola del giudice Paolo, sempre rimasta in disparte, chiamava «menti raffinatissime » quelle che avevano ordito il depistaggio dell’indagine sulla morte di suo padre. Parole semplici e dirompenti, che avrebbero dovuto aprire un dibattito. In quel momento, subito. E invece le parole di Fiammetta, la figlia di Borsellino che nessuno si aspetta, vengono fatte scivolare via. Senza una domanda ulteriore. «Senza una stretta di mano — ha ricordato Fiammetta qualche giorno dopo quella trasmissione — Dopo la mia esternazione, non c’è stato un cane che mi abbia stretto la mano. Fatta eccezione per alcuni studenti napoletani e Antonio Vullo, l’agente sopravvissuto in via D’Amelio». Nella grande commemorazione del servizio pubblico, Fiammetta viene invitata ad accomodarsi. E per due ore resta ad ascoltare il rito che si compie.
Ma quelle parole sono già arrivate lontano. E Fiammetta ha già fatto la sua scelta, d’accordo con la sorella Lucia e con il fratello Manfredi. La svolta di Fiammetta è avvenuta proprio nel corso di una riunione di famiglia, nei giorni di Pasqua, all’indomani della sentenza dell’ultimo processo Borsellino. Il “Quater” ha accertato che il falso pentito Scarantino è stato «indotto» a commettere il reato. Fiammetta rilegge in maniera più approfondita le carte del processo, e tante domande tornano a riecheggiare in casa Borsellino. Chi ha «indotto» Scarantino a mentire? Ovvero, chi ha gestito la sua collaborazione? Quella verità che ancora non c’è sulla strage del 19 luglio 1992 resta un dolore troppo grande per la famiglia Borsellino. Un dolore ancora più grande è il depistaggio attorno all’indagine. Un dolore che mamma Agnese, morta nel 2013, aveva trasformato in un urlo di giustizia. «Dopo la morte di mio marito — raccontava — ricevevo tanti inviti in diversi palazzi delle istituzioni. E ricevevo tanti regali. Poi ho capito. Volevano sapere cosa mi aveva detto mio marito».

Ora è Fiammetta a riprendere le parole di mamma Agnese. Ha detto in un’intervista: «Dopo la morte di mia madre, dopo che hanno finito di controllarci, si è formato un deserto attorno a noi. Né un magistrato né un poliziotto ci frequentano. Si sono dileguati tutti». Fiammetta che ha parole schiette, Fiammetta che adesso ripete un’altra cosa semplice: «Abbiamo il diritto di sapere la verità». E quest’anno, per la prima volta, nell’anniversario della morte del padre, ha deciso di non restare nella sua amata Pantelleria. Il 19 luglio Fiammetta è a Palermo, per essere ascoltata dalla commissione Antimafia.
L’urlo di Fiammetta si fa lucido ragionamento. «Perché nostro padre ci ha insegnato a sollevare un caso solo se ci sono le prove — dice — e qui le prove sono evidenti». Le sue parole continuano a essere semplici e dirompenti. È la zia Rita a spiegare la ragione di tanta forza: «Fiammetta è autorevole perché finora non ha mai parlato, per cui quello che dice è Vangelo». Ora è Fiammetta la voce della famiglia, mentre Lucia ha già archiviato la parentesi politica da assessora del governo Crocetta e Manfredi, commissario di polizia, fa sempre meno uscite pubbliche, preferisce un memorial di calcio all’ennesima commemorazione.
Fiammetta chiede alla commissione Antimafia di intervenire. E probabilmente si aspettava anche un intervento del Consiglio superiore della magistratura, che però non è ancora arrivato. E allora Fiammetta torna a farsi sentire, con una lettera inviata due giorni fa a Palazzo dei Marescialli. Chiede di sapere che fine abbia fatto la richiesta del consigliere Aldo Morgini, che a luglio aveva sollecitato l’apertura di un fascicolo. Il Csm aspetta le motivazioni del “Borsellino quater”, che ha analizzato i passaggi del depistaggio, ma ha già incardinato una pratica. Fiammetta torna a chiedere: «Il nostro obiettivo è cercare la verità su quanto accaduto, fare luce sull’operato dei magistrati all’epoca in servizio alla procura di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, Carmelo Petralia, Anna Maria Palma, Nino Di Matteo, quest’ultimo arrivato nel novembre 1994. Bisogna fare luce anche sull’operato dei poliziotti del Gruppo d’indagine sulle stragi Falcone e Borsellino, hanno fatto tutti una brillante carriera».
Ancora una volta, le parole semplici e schiette di Fiammetta. Anche quando c’è da precisare, per evitare strumentalizzazioni: «Una parte del mondo giornalistico — dice — ha voluto semplificare il senso delle mie denunce riducendo tutto a un alterco fra me e il dottor Di Matteo. Una semplificazione che fa comodo a qualcuno che si nasconde nell’ombra. Una semplificazione che distoglie l’attenzione sul nostro urlo di dolore, ben più alto». La Repubblica Palermo, 27 settembre 2017 SALVO PALAZZOLO


FIAMMETTA BORSELLINO: “MENTI RAFFINATISSIME DIETRO LE STRAGI DEL ’92.

“DOBBIAMO PRETENDERE LA RESTITUZIONE DELLA VERITÀ”, HA DETTO LA FIGLIA DEL GIUDICE UCCISO. IL SUO INTERVENTO DURANTE LA DIRETTA DI RAIUNO DEDICATA ALLE VITTIME DELLA MAFIA. L’arrivo a Palermo della “nave della legalità” “Dobbiamo pretendere con forza la restituzione di una verità, non qualsiasi, non una mezza verità, ma quella utile a dare un nome e un cognome alle menti raffinatissime, come le ha definite mio padre, che con le loro azioni e omissioni hanno voluto eliminare questi servitori dello Stato e impedire la ricostruzione dei fatti”. E’ la denuncia di Fiammetta Borsellino, che ieri sera, durante la trasmissione “Falcone e Borsellino” di RaiUno è intervenuta per chiedere verità e giustizia per le stragi.” Quelle menti raffinatissime – ha detto la figlia più piccola di Borsellino – che hanno permesso il passare infruttuoso delle ore immediatamente successive alle esplosioni, ore fondamentali per le acquisizioni necessarie per uno sviluppo delle indagini”. Questo “per me e la mia famiglia non può passare in secondo piano, come non può passare in secondo piano che per le false piste investigative ci sono stati uomini che hanno scontato ingiustamente anni di detenzione”, ha aggiunto Fiammetta Borsellino. Questa restituzione di verità “deve essere anche per loro”. La verità “è l’esatto opposto della menzogna ed è una cosa che dobbiamo ogni giorno cercare e pretendere, e non solo ricordarci nei momenti commemorativi. Solo così, guardando in faccia i nostri figli, possiamo vivere in un Paese libero dal puzzo e dal ricatto mafiosi”. Per la figlia di Borsellino “ricordare Giovanni, Francesca, mio padre e gli uomini delle scorte che li proteggevano significa coltivare e nutrire la memoria, necessaria non solo per andare verso il futuro, ma anche per dire da che parte stiamo, perché noi stiamo dalla loro parte, dalla parte della libertà, della verità e della giustizia per le quali sono morti”.  LA REPUBBLICA 24 MAGGIO 2017


BORSELLINO, LO SFOGO DELLA FIGLIA: «I SUOI COLLEGHI NON CI FREQUENTANO»

FIAMMETTA: «LE INDAGINI A CALTANISSETTA? ERA UNA PROCURA MASSONICA».   Stavolta il suo 19 luglio non lo passa a Pantelleria, lontana dai riflettori, per ricordare il padre con una messa solitaria nella chiesetta di contrada Khamma. Perché Fiammetta Borsellino, dopo due clamorosi passaggi tv e Internet con Fabio Fazio e Sandro Ruotolo, si prepara oggi a una audizione in Commissione antimafia, a Palermo. Per tuonare contro «questi 25 anni di schifezze e menzogne».
Cosa dirà alla commissione presieduta da Rosi Bindi? «Più che dire consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio», spiega la più piccola dei tre figli del giudice Borsellino, 44 anni.
Si riferisce ai quattro processi di Caltanissetta? «Questo abbiamo avuto: un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, altri…».
Sottovalutazione generale? «Chiamarla così è un complimento. Mio padre fu lasciato solo in vita e dopo. Dovrebbe essere l’intero Paese a sentire il bisogno di una restituzione della verità. Ma sembra un Paese che preferisce nascondere verità inconfessabili».
Di Matteo, il pm della «trattativa», era giovane allora. «So che dal 1994 c’è stato pure lui, insieme a quell’efficientissimo team di magistrati. Io non so se era alle prime armi. E comunque mio padre non si meritava giudici alle prime armi, che sia chiaro».
Che cosa rimprovera? «Ai magistrati in servizio al momento della strage di Capaci di non avere mai sentito mio padre, nonostante avesse detto di volere parlare con loro».
E poi? «Dopo via D’Amelio, riconsegnata dal questore La Barbera la borsa di mio padre pur senza l’agenda rossa, non hanno nemmeno disposto l’esame del Dna. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D’Amelio passò la mandria dei bufali».
Che idea si è fatta della trama sfociata nella strage? «A mio padre stavano a cuore i legami tra mafia, appalti e potere economico. Questa delega gli fu negata dal suo capo, Piero Giammanco, che decise di assegnargliela con una strana telefonata alle 7 del mattino di quel 19 luglio. Ma pm e investigatori non hanno mai assunto come testimone Giammanco, colui che ha omesso di informare mio padre sull’arrivo del tritolo a Palermo…».
Giammanco o altri si sono fatti vivi con voi? «Nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno. Né un magistrato. Né un poliziotto. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il ’92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale».
Compresi i magistrati? «Nessuno. E con la morte di mia madre, dopo che hanno finito di controllarci, questo deserto è più evidente».
Ha suscitato grande emozione il suo intervento la sera del 23 maggio durante la diretta di Fabio Fazio. «Dopo la mia esternazione non c’è stato un cane che mi abbia stretto la mano. Fatta eccezione per alcuni studenti napoletani e Antonio Vullo, l’agente sopravvissuto in via D’Amelio. Grande la sensibilità di Fazio. Ma nelle due ore successive mi sono seduta e ho ascoltato. Non sono Grasso che arriva, fa l’intervento e va. C’erano giornalisti, uomini delle istituzioni, intellettuali palermitani. Da nessuno una parola di conforto».  Corriere della Sera 19.7.17 FELICE CAVALLARO


FIAMMETTA BORSELLINO : SU MIO PADRE MACERIE A FORMA DI SILENZI, DEPISTAGGI, INTERESSI SPORCHI

 

Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo,  ha incontrato la Commissione Antimafia esprimendo tutti i suoi dubbi per “25 anni di schifezze e menzogne”. “Questo abbiamo avuto: un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto”, ha detto a Rosi Bindi. E ora si aspetta “che ognuno faccia la propria parte”
Il 19 luglio ha deciso di onorarlo nell’unico modo in cui riesce a riconoscersi nel giorno in cui 25 anni fa suo padre, Paolo Borsellino, morì sotto quella maledetta bomba di via D’Amelio e sotto 25 anni di macerie a forma di silenzi, depistaggi e interessi sporchi: Fiammetta Borsellino, ultimogenita del magistrato Paolo, il suo 19 luglio l’ha trascorso guardando dritto negli occhi i membri della Commissione Antimafia e ribadendo quanto detto nelle interviste dei giorni scorsi (a Fanpage e al Corriere della Sera). È la prima volta che Fiammetta passa il 19 luglio a Palermo, interrompendo la tradizione di commemorare il padre lontano dai riflettori. “25 anni di schifezze e menzogne”, come li ha definiti lei, le hanno imposto di alzare la voce. E così la commemorazione è diventata indomita. Finalmente.
“Sono stati buttati via 25 anni, anni di pentiti costruiti con lusinghe o torture”, ha detto Fiammetta Borsellino dopo l’incontro di oggi con la Commissione Antimafia. “Chiedo scusa, anche pubblicamente e anche per conto di chi non l’ha fatto e avrebbe dovuto, per uno dei piu’ colossali errori giudiziari commessi. Chiedo scusa – dice Fiammetta Borsellino – a innocenti che sono stati condannati all’ergastolo”: il riferimento è alle condanne annullate dalla Corte d’Assise di Catania che pochi giorni fa ha assolto 11 persone ingiustamente condannate per la strage (tra cui il falso pentito Vincenzo Scarantino) e che ha di fatto riazzerato tutto ciò che era stato fatto dalla Procura di Caltanissetta. “Questo abbiamo avuto: un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo, altri…”, aveva detto nei giorni scorsi Fiammetta Borsellino.
“In questi 25 anni dalla strage ci doveva essere una vigilanza maggiore sui processi e sulle indagini fatte”, dice Fiammetta. E a Rosi Bindi e agli altri membri della Commissione ha consegnato, come aveva promesso di fare, un faldone di documenti processuali e investigativi che avrebbero meritato una maggiore attenzione in fase d’indagine: uesti anche la lettera dell’allora pm Ilda Boccassini, applicata alla Procura di Caltanissetta, che esprimeva dubbi sull’attendibilità di Vincenzo Scarantino, lo stesso Scarantino poi rivelatosi un falso pentito. Del resto proprio Fiammetta aveva già raccontato come fin da subito le indagini si rivelarono superficiali e disattente: nella sua intervista al Corriere ha ricordato come sulla borsa del padre (da cui tra l’altro è sparita la famosa agenda rossa in cui Borsellino teneva tutti i suoi appunti) non fu nemmeno disposto l’esame del dna e come sul luogo dell’attentato non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine: “su via D’Amelio passò la mandria dei bufali”, dice.
Così questo 19 luglio 2017 smette di essere a disposizione delle solite e stanche manifestazioni retorica e diventa finalmente la pretesa smodata di verità. Ché di verità non ce n’è mai abbastanza ma su via D’Amelio sembra non esserne arrivata nemmeno una briciola. Come Salvatore Borsellino (il fratello di Paolo che da anni con la sua associazione “Agende Rosse” continua a chiedere verità e giustizia), come Rita Borsellino, ora anche Fiammetta ha deciso di “riprendersi” la memoria di suo padre strappandola ai troppi che continuano fintamente a “commemorare” una storia che prima andrebbe raccontata. Perché la memoria va esercitata, prima che commemorata.
Al termine dell’audizione Fiammetta Borsellino, che ha ricordato l’interesse investigativo del padre sulle commistioni mafia-appalti ha detto: “mi aspetto ora che ognuno faccia la propria parte”. Anche noi. LE UOVA NEL PANIERE 19 LUGLIO 2017 18:55 di Giulio Cavalli


FIAMMETTA BORSELLINO: ‘SONO PASSATI 25 ANNI DI SCHIFEZZE E MENZOGNE

La figlia più giovane del magistrato ucciso nella strage di via d’Amelio, 57 giorni dopo la strage che uccise Giovanni Falcone, ricorda come dopo l’intervento in Rai (che qui riproponiamo), nessuno le parlò e le diede conforto. Sono passati 25 anni da quando in via Mariano d’Amelio una Fiat 126 imbottita di esplosivo è esplosa sotto casa della madre di Paolo Borsellino. E’ un’altra strage: il giudice viene ucciso 57 giorni dopo Giovanni Falcone, insieme a Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Era il 19 luglio del 1992,  a 25 anni di distanza giorno della memoria,  giorno in cui si tirano le fila della lotta alla mafia. In cui la figlia Fiammetta, in un’intervista al Corriere, parla di ’25 anni di schifezze e menzogne’.  Fiammetta Borsellino: siamo stati lasciati soli, occultarono la verità e ho le prove. Lei aveva 19 anni al momento della strage. Oggi Fiammetta Borsellino ne ha 44 e ancora non conosce la verità. L’ha chiesta il 23 maggio, ricordando nella diretta Rai il padre e Giovanne Falcone, sul palco di Fabio Fazio, (che riproponiamo), e la chiede oggi con un’intervista triste e dura al Corriere della Sera e poi attraverso la sua audizione, sempre oggi, in commissione antimafia. La Pressa 19.7.2017


LO SFOGO DI FIAMMETTA BORSELLINO: “A CALTANISSETTA C’ERA PROCURA MASSONICA, 25 ANNI DI SCHIFEZZE”

In un’intervista al Corriere della Sera, l’ultimogenita del giudice ucciso nella strage di via D’Amelio denuncia le “manovre per occultare la verità”, facendo nomi e cognomi. “Mio padre fu lasciato solo in vita e dopo” “Un balordo della Guadagna come pentito fasullo”. Le indagini a Caltanissetta? “Era una Procura massonica”. Fiammetta Borsellino, 44 anni, ultimogenita del magistrato Paolo, ucciso nella strage di via D’Amelio 25 anni fa, si sfoga così in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. “Venticinque anni di schifezze e menzogne”. Parole dure, messe in fila una dopo l’altra, con nomi e cognomi. “La Procura nissena era guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo…”. “All’Antimafia – prosegue – consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio”. E’ un fiume in piena la Borsellino, che denuncia l’isolamento che ha vissuto la sua famiglia dopo quel 19 luglio di 25 anni fa. “Nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno, magistrati o poliziotti. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il ’92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale”. Poi ritorna sulle prime indagini condotte a Caltanissetta dopo la morte del padre. E riferendosi al pm Nino Di Matteo, tra i magistrati di Caltanissetta che si occuparono dell’inchiesta sulla strage, dice: “Io non so se era alle prime armi. E comunque mio padre non si meritava giudici alle prime armi, che sia chiaro”. Alcuni giorni fa la corte di appello di Catania, nel processo di revisione, ha assolto 9 persone che erano state condannate ingiustamente per la strage. “Ai magistrati in servizio dopo la strage di Capaci – sottolinea la Borsellino – rimprovero di non aver sentito mio padre nonostante avesse detto di voler parlare con loro. Dopo via D’Amelio riconsegnata dal questore La Barbera la borsa di mio padre pur senza l’agenda rossa, non hanno nemmeno disposto l’esame del Dna. Non furono adottate le più elementari procedure sulla scena del crimine. Il dovere di chi investigava era di non alterare i luoghi del delitto. Ma su via D’Amelio passò la mandria di bufali”.   E’ forte la voglia di verità sulla strage, ma altrettanto il pessimismo: “Mio padre fu lasciato solo in vita e dopo. Dovrebbe essere l’intero Paese a sentire il bisogno di una restituzione della verità. Ma sembra un Paese che preferisce nascondere verità inconfessabili”. Ma che idea si è fatta della strage, domanda il giornalista del Corsera Felice Cavallaro? “A mio padre – risponde Fiammetta – stavano a cuore i legami tra mafia, appalti e potere economico. Questa delega gli fu negata dal suo capo, Piero Giammanco, che decise di assegnargliela con una strana telefonata alle 7 del mattino di quel 19 luglio. Ma pm e investigatori non hanno mai assunto come testimone Giammanco, colui che ha omesso di informare mio padre sull’arrivo del tritolo a Palermo…”.  PALERMO TODATY 19.7.2017


BORSELLINO, LA FIGLIA FIAMMETTA: “BUTTATI VIA 25 ANNI, CHIEDO SCUSA A INNOCENTI CHE SONO STATI CONDANNATI” – 

 

L’ultimogenita del giudice ucciso in via D’Amelio ha parlato durante un’audizione alla Commissione Antimafia: “Che si debba indagare sui depistaggi mi pare scontato. La sentenza dell’ultimo processo celebrato parla di induzione”   LUGLIO“Sono stati buttati via 25 anni, anni di pentiti costruiti con lusinghe o torture”. Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso in via D’Amelio, ha definito gli anni di indagine sulla strage al termine dell’audizione alla Commissione Antimafia. “Che si debba indagare sui depistaggi mi pare scontato – ha detto la donna che aveva 19 anni quando il padre e la sua scorta furono uccisi – La sentenza dell’ultimo processo celebrato – ha aggiunto – parla di induzione”.
A proposito dei nomi dei magistrati che indagarono, citati dalla Borsellino in una intervista, la figlia del magistrato ha proseguito: “Non parlo di responsabilità specifiche, ma nomino quei magistrati perché è giusto dire chi si è occupato dei processi in quegli anni. Non sta a me stabilire se ci fu dolo o inesperienza, ma su una strage non si mettono a indagare pm alle prime armi. In questi 25 anni dalla strage ci doveva essere una vigilanza maggiore sui processi e sulle indagini fatte. Si è detto in numerose occasioni dei rapporti di Tinebra con la massoneria – ha aggiunto Borsellino – non ci sono state smentite e ora mi preme ribadire questo argomento che va riletto insieme agli esiti dei processi sulla strage”.
La donna ha consegnato alla presidente Rosy Bindi una serie di documenti processuali e investigativi depositati nel corso nei vari dibattimenti celebrati sull’attentato in cui morì suo padre. Tra questi anche la lettera dell’allora pm Ilda Boccassini, applicata alla Procura di Caltanissetta, che esprimeva dubbi sull‘attendibilità di Vincenzo Scarantino, poi rivelatosi un falso pentito. Al termine dell’audizione Borsellino, che ha ricordato l’interesse investigativo del padre sulle commistioni mafia-appalti ha detto: “Mi aspetto ora che ognuno faccia la propria parte”. “Chiedemmo alla Procura di Caltanissetta perché fu ignorata la lettera della Boccassini, ma non abbiamo avuto risposta – ha replicato al termine dell’audizione la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi – Non è vero che non è stato fatto nulla. Il depistaggio è stato comunque scoperto e ci sono delle sentenze“.
“Facendo eco alle parole di mia sorella Fiammetta chiedo di fronte a questo altissimo contesto istituzionale che, a fronte delle anomalie emerse e riconducibili verosimilmente al comportamento di uomini delle istituzioni, si intraprendono iniziative necessarie per fare luce e chiarezza su quello che accade veramente nel corso delle indagini che precedettero i processi Borsellino 1 e Borsellino bis” ha detto al Csm Lucia Borsellino, l’altra figlia del magistrato che due giorni dopo la strage sostenne un esame all’università proprio per onorare la memoria del padre. Il Consiglio superiore della magistratura oggi ha desecretato gli atti del fascicolo personale di Paolo Borsellino.
“Abbiamo avuto un balordo della Guadagna come pentito fasullo e una Procura massonica guidata all’epoca da Gianni Tinebra che è morto, ma dove c’erano Annamaria Palma, Carmelo Petralia, Nino Di Matteo…” aveva detto l’ultimogenita del giudice in un’intervista al Corriere della Sera. “Venticinque anni di schifezze e menzogne – dice Fiammetta Borsellino – All’Antimafia consegnerò inconfutabili atti processuali dai quali si evincono le manovre per occultare la verità sulla trama di via D’Amelio”. “Nessuno si fa vivo con noi. Non ci frequenta più nessuno, magistrati o poliziotti. Si sono dileguati tutti. Le persone oggi a noi vicine le abbiamo incontrate dopo il ’92. Nessuno di quelli che si professavano amici ha ritenuto di darci spiegazioni anche dal punto di vista morale”.
“Fiammetta ha l’autorevolezza per dire queste cose, anche perché fino adesso non ha mai detto niente, per cui quello che dice è Vangelo. La ricerca della verità si fa sempre” ha poi commentato Rita Borsellino, sorella del magistrato. “Parlo spesso di coriandoli di verità perché questa ricerca è diventata un tema carnascialesco – ha aggiunto Rita Borsellino – Cosa mi aspetto? E che mi devo aspettare, che ci sia verità, abbiamo questa mania dei numeri, mi aspetto che il 26/mo anno, il prossimo, lo possiamo celebrare come l’anno della verità”. Fatto Quotidiano 19.7.2017


FIAMMETTA BORSELLINO A RADIO UNO LA FIGLIA DEL GIUDICE ASSASSINATO INTERVIENE ALLA TRASMISSIONE “LA RADIO NE PARLA

 

“Il nostro obiettivo è cercare la verità su quanto accaduto, fare luce sull’operato dei magistrati all’epoca in servizio alla procura di Caltanissetta, Giovanni Tinebra, Carmelo Petralia, Anna Maria Palma, Nino Di Matteo, quest’ultimo arrivato nel novembre 1994. Bisogna fare luce anche sull’operato dei poliziotti del Gruppo d’indagine sulle stragi Falcone e Borsellino, tutti hanno fatto una brillante carriera”. A parlare ai microfoni di “Radio Uno” nella trasmissione “La radio ne parla” è Fiammetta Borsellino. Nel suo appello accorato la terzogenita di Paolo Borsellino punta il dito sulle “troppe anomalie” che ruotano attorno alle indagini sulla strage di via D’Amelio. Le parole di Fiammetta giungono 48 ore dopo l’invio di una lettera scritta al Consiglio superiore della magistratura dai tre figli del giudice assassinato assieme alla sua scorta 25 anni fa. Nella missiva Lucia, Manfredi e Fiammetta Borsellino chiedono espressamente di conoscere gli sviluppi della nota del consigliere Aldo Morgigni. Che, poco più di due mesi fa, premeva per l’avvio di un’iniziativa della prima commissione del consiglio superiore, quella competente delle incompatibilità dei magistrati a seguito di determinati comportamenti. Dal canto suo il Consiglio di presidenza del Csm informa che è già stata aperta una pratica sul caso di Vincenzo Scarantino (comunemente definito il “falso pentito” della strage di via D’Amelio) relativa ai magistrati che seguirono la sua collaborazione con la giustizia. Dal Csm ci tengono quindi a sottolineare che per poter valutare approfonditamente il caso attenderanno le motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater, in quanto nello stesso procedimento sono state trattate quelle stesse “anomalie” delle prime indagini, fondate sulle dichiarazioni di Scarantino. Nel frattempo Fiammetta Borsellino ribadisce con forza: “Questo ridurre tutto a una mera polemica fra me e il dottore Di Matteo è una semplificazione di una parte della stampa che sta facendo molto comodo a chi, oltre a lui che era ovviamente uno degli attori, ha grossissime responsabilità e in questo momento sta ben nascosto nell’ombra. E invece il fine del nostro grido di dolore è quello di addivenire a una verità che non sia qualsiasi, vogliamo trovare le ragioni della disonestà di chi questa verità doveva trovarla”. Il rispetto che si deve a questo grido di dolore deve essere totale. Ma ancora di più è necessaria una risposta di verità che il nostro Paese ha il dovere di restituire ai familiari di Paolo Borsellino, in primis, e all’Italia intera, dopo anni di depistaggi istituzionali.
Della “semplificazione” messa in atto da una parte del mondo giornalistico – caratterizzata da una totale assenza di etica e dal più becero cinismo – abbiamo fin troppi riscontri. In questo caso il “quarto potere” ha mostrato il peggio di sé facendo opera di strumentalizzazione, alimentando sterili polemiche sul dolore di chi ha già pagato un prezzo altissimo. A nulla sono servite le recenti dichiarazioni davanti alla Commissione parlamentare antimafia del pm Nino Di Matteo – che da tutto questo non trae certamente profitto –, il suo racconto minuzioso su come si sono svolti i fatti in quegli anni è caduto nel vuoto. Chi invece continua a trarre giovamento dall’oscurità che lo avvolge fa parte di quel gruppo di uomini-cerniera che hanno obbedito agli ordini di uno Stato-mafia. Che ha letteralmente armato il braccio di Cosa Nostra per seminare bombe e distruzione nel biennio ‘92/’93 e non solo. C’è ancora una zona grigia tutta da esplorare. Ma chissà perché si arriva sempre davanti ad una porta chiusa a doppia mandata che nessuno vuole aprire. E quei pochi magistrati che si azzardano a volerla varcare diventano bersaglio di un sistema di potere. Che è capace di muovere le proprie pedine su più fronti, anche attraverso la delegittimazione e l’isolamento, per servire poi su un piatto d’argento la vittima sacrificale.
Questa fitta nebbia continua quindi a scendere sui tanti misteri che rimangono insoluti.
Le posizioni dei poliziotti del pool “Falcone e Borsellino” – capitanato da Arnaldo La Barbera – coinvolti nella gestione di Vincenzo Scarantino? Archiviate! E l’allora capitano Giovanni Arcangioli fotografato mentre si allontana con la valigetta del giudice Borsellino da cui poi scompare la sua agenda rossa? Prosciolto! Il mistero della presenza di Bruno Contrada in via D’Amelio? Irrisolto! Le persone non di Cosa Nostra presenti nelle fasi di preparazione delle stragi di Capaci e via D’Amelio? Rimaste nell’oscurità! Quei rappresentanti delle istituzioni, così come quegli esponenti politici, che dopo un silenzio durato anni, chiamati a testimoniare dinanzi ad una Corte di Assise, hanno taciuto in merito alle proprie conoscenze di quel biennio di sangue? Quelli sì, che hanno fatto carriera. I collegamenti tra mafia, massoneria e Servizi nelle stragi del ‘92/’93? Avvolti nell’ombra. Quell’ombra che inghiotte tutto e che fa molto comodo a tanti uomini che indegnamente hanno rappresentato questo Stato. Che – fortunatamente – non è composto solamente da certi squallidi personaggi. Il coraggio e la determinazione dei “giusti” che si ostinano a cercare la verità, si oppongono a chi, insidiato nei gangli vitali delle nostre istituzioni, tenta ancora di occultarla.  Ma è solo una questione di tempo. ANTIMAFIA DUEMILA 27.9.2017


 Processo Borsellino sotto la lente del Csm, Fiammetta: “Anomalie nel lavoro dei magistrati”

 

Il Csm acquisirà, non appena saranno depositate, le motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater e successivamente – a quanto si apprende – deciderà se aprire una pratica in prima commissione per verificare l’operato dei magistrati che si occuparono delle testimonianze di Vincenzo Scarantino, prima collaboratore di giustizia che poi ha più volte ritrattato. A chiedere al comitato di presidenza del Csm di aprire una pratica in prima commissione, competente in materia di incompatibilità dei magistrati, era stato il consigliere Aldo Morgigni. La prossima riunione del Comitato di presidenza è fissata per giovedì 28 settembre.
‘Ho scritto una lettera al Csm chiedendo al presidente della Repubblica quali sono le iniziative che il Consiglio ha ritenuto di intraprendere dopo quanto deciso il 19 luglio. Noi in quella lettera chiediamo, come dice lo stesso consigliere Morgigni, se nella condotta dei magistrati dei processi Borsellino I e II si siano verificate queste anomalie’: lo ha detto Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, il procuratore aggiunto di Palermo ucciso nella strage di via D’Amelio il 19 luglio ’92, intervenendo a ‘La radio ne parla’ su Rai Radio1. La lettera, scritta coi fratelli Lucia e Manfredi, segue la nota del consigliere Aldo Morgigni, che ha sollecitato un’iniziativa della prima commissione in merito ai magistrati che si occuparono delle indagini sulla strage.
«Il nostro silenzio è stato dettato dal rigore e da una necessita di sopravvivenza – ha aggiunto Fiammetta Borsellino – noi denunciamo anomalie che hanno caratterizzato la condotta di politici e magistrati dei processi Borsellino I e II, anomalie condotte da uomini delle istituzioni. Nella Procura di allora c’erano Tinebra, Di Matteo, la dottoressa Palma e altri. Ricordo che tra quelli che andarono via e presero le distanze da quel modo di fare le indagini c’era la dottoressa Boccassini. Quando intendo anomalie, parlo di verbalizzazioni, interrogatori, sopralluoghi non corretti».
«Le mie denunce – ha concluso – non sono un mero dibattito tra me e il procuratore Di Matteo, questa semplificazione fa molto comodo a chi sta bene nascosto nell’ombra. È una semplificazione che toglie l’attenzione al nostro fine, che è quello di addivenire alla verità. Il nostro è un urlo di dolore. È vero che si può tornare ad aprire un processo, ma la procura di Caltanissetta ha uomini e mezzi? Mio padre si meritava questo…. dopo 25 anni, quasi tutto è compromesso».
L’ultimo processo Borsellino si è concluso il 13 luglio scorso con la sentenza della corte d’appello di Catania che ha rivisto le condanne, alcune delle quali all’ergastolo, emesse a Caltanissetta a carico di 9 persone coinvolte ingiustamente nell’attentato al giudice Paolo Borsellino. Tutti gli imputati sono stati assolti dall’accusa di strage. A chiedere il processo di revisione – che si è poi celebrato a Catania – era stata la stessa procura generale di Caltanissetta. Alla base del nuovo giudizio, le rivelazioni del pentito Gaspare Spatuzza, che ha smentito altri collaboratori di giustizia. GIORNALE DI SICILIA 26.9.2017

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