LUCIA BORSELLINO: quella telefonata a mio padre del Procuratore Giammanco alle sette di mattina del 19 luglio…

 

 


Dalla sentenza primo grado “Processo depistaggio”

 

  • PUBBLICO MINISTERO, DOTT. BERTONE – mi dica, dottoressa, quello che successe la mattina del 19 luglio del 1992.

BORSELLINO LUCIA – Io mi trovavo a casa perché naturalmente vivevo a casa dei miei genitori, ero una studentessa universitaria. Ancorché quella mattina papà avesse deciso di recarsi a Villagrazia di Carini presso la casa dei miei nonni dove eravamo soliti trascorrere le vacanze estive, chiese anche a me di andare con lui.
Ci teneva particolarmente a che la famiglia fosse con lui quel giorno perché, a parte mia sorella Fiammetta che si trovava in Tailandia, io, mio fratello e mia madre eravamo con lui e quel giorno erano ospiti presso la mia abitazione anche mio zio Bruno Lepanto, primo cugino di mio padre, che viveva nel Veneto, perché erano soliti anche loro venire ospiti a casa quando non c’eravamo. In quel caso lì essendo presenti in casa papà gradiva quel giorno poterli fare svagare anche trascorrendo quella che lui poi ha definito essere una delle… dei pochi momenti in cui riusciva a godere un attimo di intimità familiare.
Per cui mi chiese insistentemente quella mattina di organizzarmi per andare con lui. Io purtroppo volli rimanere a casa in quanto poi da lì a poco mi sarei dovuta recare da una collega per studiare l’ultimo esame universitario che mi separava dalla laurea. 
Quella mattina io, come ho più volte dichiarato nelle precedenti deposizioni, mi trovavo tra l’altro a dormire nel divano adiacente allo studio di papà che è legato da una porta scorrevole appunto dal salone, quindi creando un unico ambiente.
Mi trovavo lì perché essendo la mia casa appunto occupata da questi ospiti il caso volle che mi trovassi proprio a dormire vicino al suo studio, vicino alla sua scrivania. Per cui fui la prima a sentire papà svegliarsi anche perché attendeva la telefonata di mia sorella.
Quindi oltre ad essere solito alzarsi presto aveva anche il pensiero di ricevere molto presto la telefonata da Fiammetta essendoci parecchie ore di fuso orario.
Per cui quella mattina fui testimone di questa telefonata e anche successivamente della telefonata che arrivò intorno alle sette del mattino da parte del Procuratore Giammanco. Sono circostanze che ho più volte riferito.
Tra l’altro quella mattina papà, come era solito fare, cominciò a lavorare molto presto. Poi solo dopo seppi che proprio quella mattina stava completando di scrivere una lettera ad una insegnante del nord che gli aveva chiesto di potere fare una relazione agli studenti pressola sua scuola e papà purtroppo per gli impegni concitati di quei giorni non era riuscito a rispondere.  Quindi si era riservato quella domenica mattina per poter completare la lettera. Tra l’altro quella lettera proprio riportava chiaramente i riferimenti quella mattina e la lasciò nel passamano. Tant’è che poi io fui una delle prime, insieme con mio fratello, a ritrovare questo unico documento sotto il passamano della scrivania.

  • PUBBLICO MINISTERO, DOTT. BERTONE – Sì, ho capito. Con riguardo a quella telefonata a cui faceva riferimento era la telefonata che proveniva da chi? A parte quella di sua sorella.

Da parte del Procuratore Giammanco

  • PUBBLICO MINISTERO, DOTT. BERTONE – Con la quale?

Con la quale seppi poi da mia madre, perché io non assistenti alla telefonata, che questa telefonata del tutto inaspettata, peraltro anche inusuale per l’ora in cui avvenne, era finalizzata proprio a comunicare a papà qualcosa che lui aspettava da tempo, ovvero di potere svolgere la propria attività anche sul territorio di Palermo.
Lui era stato trasferito nuovamente da poco al Tribunale di Palermo come Procuratore Aggiunto dopo la parentesi marsalese.  Fu una telefonata assolutamente inaspettata di domenica mattina. E tra l’altro appunto una risposta che papà aspettava da tempo fu anche strano riceverla proprio quel giorno nel periodo in cui era noto a tutti che papà fosse particolarmente esposto a seguito della morte di Giovanni Falcone.

  • PUBBLICO MINISTERO, DOTT. BERTONE – Papà fece qualche commento su questa telefonata?

 Sì, ne parlò con mia madre. E poi da mia madre seppi solo successivamente anche i particolari, i contenuti di quella telefonata.

  •  DOTT. BERTONE – Un’altra domanda le volevo chiedere. Da mamma sua ha avuto, se è successo, qualche indicazione confidenziale che papà aveva fatto alla mamma sui pericoli o comunque sul funzionamento di apparati dello Stato?

Allora in termini così precisi no. Però sono certa che mamma fosse destinataria di confidenze da questo punto di vista da parte di papà, quantomeno di preoccupazioni, perché con una persona doveva pur sfogare e quindi mamma era perfettamente consapevole del rischio che papà correva. L’unica volta che l’ho visto veramente affranto è stato il giorno in cui appunto è tornato da Bari, mi pare, adesso non ricordo bene quale fu il luogo nel quale si trovò, che è quando incontrò il Ministro Scotti e c’era mamma con lui.
Quello è stato l’unico episodio in cui papà credo che si fosse sentito veramente raggirato da parte dei suoi stessi colleghi.
Lo dico perché non gli fu detto che c’era una lettera che lo riguardava e che era arrivata sul tavolo del Procuratore Giammanco nella quale si diceva cheera giunto il titolo per lui, e della quale lettera lui non aveva saputo niente se non attraverso l’allora Ministro Scotti in un aeroporto. 
E siccome sono certa che papà anche alla notizia diretta che l’avrebbe riguardato non avrebbe smesso di lavorare, questa fu una cosa che lo rese furioso al punto tale che quando fece rientro in ufficio credo che ebbe un diverbio abbastanza acceso con il Procuratore Giammanco sbattendo i pugni sul tavolo. 
Questo è quello che mi raccontò mia madre nei dettagli. Questa è stata l’unica volta in cui credo papà abbia percepito che probabilmente c’era altro anche da chi si doveva guardare.

 


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Lucia Borsellino

 

 

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