1 gennaio 2008 BRUNO CONTRADA: “Ero amico di Borsellino” La famiglia del magistrato: “Falso” SEGUE
19 febbraio 2008 Relazione Parlamentare Antimafia Testimoni di Giustizia SEGUE
19 febbraio 2008 AGNESE BORSELLINO: «Se mi dicono perché l’hanno fatto, se confessano, se collaborano con la giustizia, perché si arrivi ad una verità vera, io li perdono. Devono avere il coraggio di dire chi glielo ha fatto fare, perché l’hanno fatto, se sono stati loro o altri, dirmi la verità, quello che sanno, con coraggio, con lo stesso coraggio con cui mio marito è andato a morire, di fronte al coraggio io mi inchino, da buona cristiana dire perdono, ma a chi? Io perdono coloro che mi dicono la verità ed allora avrò il massimo rispetto verso di loro, perché sono sicura che nella vita gli uomini si redimono, con il tempo, non tutti, ma alcuni si possono redimere è questo quello che mi ha insegnato mio marito».
1 aprile 2008 NEWS processo connesso alla “sparizione dell’Agenda Rossa” GIOVANNI ARCANGIOLI: Non luogo a procedere Sentenza GUP per aver sottratto l’Agenda Rossa de dottor Borsellino
26 giugno 2008 GASPARE SPATUZZA decide di collaborare
Luglio 2008 GASPARE SPATUZZA confessa di essere stato lui l’autore del furto della 126 utilizzata per l’attentato e scagiona SCARANTINO auto-accusandosi della strage, ha portato alla luce la falsa ricostruzione giudiziaria fino ad allora allestita, obbligando gli inquirenti a ricominciare a distanza di quasi vent’anni le indagini e di processi.Il racconto di Spatuzza è dettagliato: dopo gli opportuni riscontri svolti dal centro operativo DIA di Caltanissetta, i magistrati hanno chiari i retroscena della strage Borsellino, organizzata dal clan mafioso di Brancaccio, diretto dai fratelli Graviano. E’ rimasto il mistero su un uomo che il giorno prima della strage avrebbe partecipato alle operazioni di caricamento dell’esplosivo sulla 126, in un garage di via Villasevaglios, a Palermo. Spatuzza non lo conosce, i magistrati sospettano che possa essere un appartenente ai servizi segreti. SEGUE
QUANDO SPATUZZA PARLÒ DI VIA D’AMELIO E NON SUCCESSE NIENTE PER DIECI ANNI
SPATUZZA raccontò tutto a VIGNA e GRASSO nove anni prima del suo pentimento ufficiale che smontò il depistaggio sulla morte di Borsellino. SEGUE
LeDEPOSIZIONI di SPATUZZA
3 luglio 2008 VERBALE interrogatorio di GASPARE SPATUZZA. Una volta che ero in macchina con CANNELLA che mi disse che dovevamo rubare una Fiat 126; intendo precisare che gli ordini che dava CANNELLA dovevano intendersi come dati da GIUSEPPE GRAVIANO. Feci presente al CANNELLA che non ero capace a rubare quel tipo di macchina, ma questi ribadì che si doveva rubare: capii allora, dalla categoricità del CANNELLA, che doveva servire per un attentato e mi venne espressamente in mente la strage Chinnici. Chiesi allora il permesso di utilizzare per questa azione VITTORIO TUTINO, così come chiesi al CANNELLA se avessi dovuto rubare o meno la macchina solo nella zona di Brancaccio ed il CANNELLA mi disse che ne doveva parlare con GIUSEPPE GRAVIANO. Dopo una settimana circa CANNELLA mi diede il permesso di poter utilizzare il Tutino e mi disse che non avevo limiti territoriali per rubare la machina. Il furto materialmente avvenne circa un mese dopo rispetto…alla strage di via D’Amelio. Dopo il secondo incontro con Cannella io mi attivai per contattare Tutino, cui rappresentai che si doveva rubare una 126 senza aggiungere altro. Un giorno, dopo cena, oi e il Tutino, con al macchina di mio fratello (una Renault 5 targata 690724 come precisa in sede di verbalizzazione riassuntiva, venduta alcuni giorni dopo) uscimmo in perlustrazione per vedere se reperivamo la 126. In effetti trovammo al macchina parcheggiata ni una traversa sulla destra di via Oreto Nuova; ricordo che in questa via insistevano case di cooperative e case popolari. A questo punto lo Spatuzza redige uno schizzo relativo ai luoghi ove venne rubata la fiat 126 che precisa essere di colore rosso sangue di bue. Tale schizzo viene sottoscritto dai presenti ed allegato al presente verbale.
Il Tutino rubò materialmente la macchina con l’attrezzatura da scasso (tenaglione) poiché doveva rompere il bloccasterzo che tutte le fiat 126 hanno e con un cacciavite per forzare la serratura (anche se, non avendo notato segni di effrazione in seguito, probabilmente non venne utilizzato), mentre io rimasi in macchina per controllare la situazione. Vedendo che perdeva tempo, scesi dalla macchina e mi avvicinai per vedere cosa stesse facendo ed il Tutino mi disse che aveva problemi per rompere il bloccasterzo. Una volta riuscito nell’intento, non riuscimmo però a mettere in moto la vettura e la facemmo, pertanto, uscire dalla stradina a spinta; una volta fuori dalla stradina proseguimmo il tragitto per dirigeresi ni via Fichi d’india spingendo la 126, alla cui guida rimase Tutino, con l’autovettura di mio fratello da me guidata e ci dirigemmo poi verso Brancaccio nel magazzino ubicato nella omonima via che era nella mia disponibilità. Tutto ciò avvenne sicuramente prima della mezzanotte. Ricordo che la macchina aveva la frizione bruciata sicché pensai che appartenesse ad una donna. La macchina venne da me custodita in tale magazzino e diedi poi notizia a Cannella che la macchina era stata reperita. Incontrai quindi Giuseppe Graviano a Falsomiele nella casa del cognato di Cesare Lupo, il quale Graviano mi chiese notizie sul furto, nonché se dai documenti della stessa si potesse evincere se appartenesse a qualcuno da noi conosciuto o se qualcuno avesse reclamato la restituzione dell’autovettura. Rappresentai a Graviano che la macchina aveva problemi di frenatura e di frizione e questi mi disse di ripulirla di ciò che era custodito al suo interno e che avrebbe potuto essere riconosciuto dal proprietario, cosa che feci riponendo gli oggetti all’interno di un sacco. Tali effetti li bruciai successivamente, unitamente ai documenti della vettura ed ad un ombrello che non riesco a rammentare però se fosse custodito o meno all’interno della 126, posto che, in tale magazzino, vi era “il parco macchine” a disposizione della famiglia per commettere reati. Feci poi rimettere a posto i freni della 126, dando incarico a Costa Maurizio (il quale insieme a Trombetta Agostino, oggi collaboratore, aveva un’ autofficina) di rimetterla a posto, specificando, però che il lavoro doveva essere fatto nel luogo ove era ricoverata la macchina. Comprammo l’occorrente con i miei soldi e la macchina fu riparata dal Costa in un magazzino in Corso dé Mille (quasi alla fine, nella zona di Roccella) che io avevo in affitto (tramite Diego Alaimo) ed il cui proprietario era mio cugino Gioacchino Alfano, almeno credo così si chiami di cognome, coniugato con Taormina Rosetta (cugina di mia moglie), magazzino dove, nel frattempo, avevo spostato la macchina essendo riuscito a metterla in moto collegando i fili dell’accensione.
Il bloccasterzo lo rimisi a posto io stesso, rendendo pienamente efficiente la macchina. Una volta rimesso in funzione il bloccasterzo la macchina si rimetteva perfettamente in moto con la chiave. Giuseppe Graviano, nell’incontro di cui ho detto, mi chiese anche se avevamo un punto d’appoggio nella zona “Fiera”. Gli risposi che in quel periodo mio cugino Sanseverino Domenico, aveva da poco finito di realizzare dei box ni via Juvara, ove potevamo quindi avere, ove servisse, la disponibilità di una cantina o di un box. Il Graviano mi disse che mi avrebbe fatto sapere. Sabato 18 luglio 1992 avvengono, almeno credo, i seguenti episodi: vengo contattato da Vittorio Tutino che mi doveva consegnare delle batterie; prima di tale fatto ebbi un colloquio con Giuseppe Graviano il quale mi incaricò di rubare delle targhe proprio il sabato 18 alla chiusura degli esercizi commerciali affinché la relativa denuncia
fosse sporta il più tardi possibile; col Graviano concordammo che il sabato mi avrebbe aspettato al maneggio dei Vitale ove gli avrei dovuto consegnare le targhe. Insieme al Tutino andai in un elettrauto che ricordo chiamarsi Settimo, prima delle ore 13, in Corso dé Mille ove ritirammo due batterie accertandoci che fossero efficienti; il Tutino mi consegnò anche un antenna e portai il tutto nel magazzino ove era la 126 collocandoli al suo interno (ove già vi era l’occorrente per montare le targhe che io in precedenza avevo acquistato); vengo poi contattato da Cannella Cristoforo per spostare la macchina dal magazzino (cosa che avviene in un arco temporale compreso tra le ore 13 alle ore 15); io mi misi alla guida della 126 seguendo il Cannella che era a bordo della sua autovettura e non sapendo dove ci dovevamo recare; uscendo dal magazzino notai che vi era anche Nino Mangano con la sua autovettura, il quale si uni a noi facendo da battistrada e precedendo Cannella; arrivammo a via Messina Marine e all’altezza dell’Ucciardone incontrammo un posto di blocco della Finanza di cui venni avvertito da Mangano, il quale aveva invertito la direzione di marcia venendomi incontro e facendomi segno che c’era il posto di blocco. A quel punto cambiai strada invertendo la marcia e mi fermai all’altezza di un chiosco al Borgo Vecchio ove attesi gli altri. Una volta ricompattati ci rimettemmo in moto sino a giungere il luogo in cui doveva essere lasciata l’autovettura. Si dà atto che viene mostrata allo Spatuzza una cartina topografica raffigurante i luoghi di cui lo stesso fa menzione. Lo Spatuzza indica il percorso fatto ed il luogo ove giunsero che provvede ad indicare con una X. Lo Spatuzza poi indica con due X il luogo ove insiste un bar ove si recò dopo aver lasciato la macchina per vedere cosa dovessero fare. Li incontrò Cannella il quale gli disse di spostare la macchina all’interno di una strada che lo Spatuzza indica sulla cartina e che corrisponde a via villa Seglavies ove venne ricoverata l’autovettura (tale luogo viene indicato sulla cartina coin una freccia). In tale luogo notai la presenza di due persone: il primo aveva intorno ai 50 anni ed era soggetto da me non conosciuto, il secondo era Renzino Tinnirello il quale mi diede indicazioni circa il magazzino ove doveva essere parcheggiata la vettura; il Tinnirello si avvicinò poi a me e gli mostrai tutto ciò che vi era all’interno della 126 e di cui ho dettoprima (batteria ed occorrente per sostituire le targhe). Ricordo che dissi al Tinnirello che si doveva pulire lo sterzo e le altre parti all’interno della vettura che avevo toccato, ed egli si prese tale incarico. Mentre stavo uscendo dalla stradina incontrai Ciccio Tagliavia che stava entrando lungo ol scivolo: ni quel momento era latitante sicché lo ignorai. lo e il Cannella ci siamo poi diretti verso casa con l’auto di quest’ultimo. Non sono in grado di riconoscere l’uomo di 50 anni da me visto nel garage non evndo prestato al medesimo particolare attenzione.Quello stesso pomeriggio andai con Vittorio Tutino, utilizzando la Renault Clio di questi, a rubare le targhe, per il quale avevo ricevuto la possibilità, anche in tal caso, di operare in qualsiasi zona di Palermo. Ci mettemmo in moto intorno alle 15.00 ed i nostri giri durarono fino alle 18.00 circa. Dopo due tentativi andati a vuoto, in via Messina Marine, all’altezza del Buccheri La Ferla lato mare, notammo dei capannoni in fondo ad una traversa posta sulla sinistra per chi procede verso Messina. Giunti in fondo a tale stradina ci determinammo a scavalcare un portone che aveva una fessura tra la sommità del cancello ed il tetto che ci consentiva di accedere agevolmente all’interno, ove notammo, proprio di fronte, una fiat 126 di colore bianco e di modello più antico rispetto a quella di colore rosso sangue di bue che avevamo già rubato. Non ricordo come era fatto all’interno il capannone. Svitammo le targhe e ce ne andammo. Successivamente commentammo col Tutino l’errore che avevamo fatto nel non pulire le impronte che sicuramente avevamo lasciato. Ricordo che la macchina era aperta, era verniciata di fresco ma non era “definita” (anche se non riesco a ricordare cosa mancasse di preciso affinché potesse essere consegnata), ma non riesco a rammentare se prendemmo o meno i documenti della vettura anche se posso escluderlo poiché il nostro obiettivo erano le targhe e non i documenti. Le targhe vennero poi da me consegnate a Giuseppe Graviano al maneggio dei fratelli Vitale. In quella occasione mi raccomandò che il giorno seguente dovevo stare lontano da Palermo. In effetti mi recai a Campofelice di Roccella in una casa a mare che avevo presso in affitto. Il Lunedì mi venne fissato un appuntamento, credo dal cognato di Cesare Lupo, tale Fabio, con Giuseppe Graviano all’interno di un immobile nei pressi di via Lincoln di proprietà di Peppe Farana. Il Graviano, in tale occasione, si mostrò soddisfatto per il buon esito dell’attentato e perché avevamo dimostrato di poter colpire dove e quando volevamo. Mi invitò poi a mettere da parte i malumori nel gruppo poiché “c’erano altre cose da portare avanti”. Lo Spatuzza mostra poi sulla cartina prima indicata il luogo in cui aveva la disponibilita del magazzino costruito dal cugino Sanseverino di cui ha prima riferito, Tale luogo viene contrassegnato con “XXX” INTERROGATORIO SPATUZZA
7-8 luglio 2008 GASPARE SPATUZZA viene interrogato dalla DDA di Caltanisetta.
15 ottobre 2008 Diventa ufficiale il “pentimento” di GASPARE SPATUZZA, killer del gruppo di fuoco dei fratelli GRAVIANO, boss di Brancaccio. SPATUZZA fa una rivelazione che sbugiarda definitivamente Scarantino. SEGUE
18 settembre 2008 Viene emessa la SENTENZA Cassazione del Processo Capaci/Via D’Amelio.
17 novembre 2008 GASPARE SPATUZZA Viene interrogato dalla DDA di Caltanisetta.