Luca Palamara ricorda la lettera-denuncia fatta dai tre figli di Borsellino, in occasione dei 25 anni dalla strage, al Consiglio superiore della magistratura.
“Una lettera nella quale Fiammetta– scrive Palamara – ci chiede di fare chiarezza anche all’interno della magistratura. In altre parole ci chiede di prendere l’iniziativa”. Ma come spiega lo stesso ex magistrato, oggi radiato dall’ordine giudiziario, pur avendo acquisito gli atti del processo ‘Borsellino quater‘ e avere aperto “una discussione in prima commissione, quella che si occupa dei procedimenti disciplinari”, si fece solo “ammuina, come si dice a Napoli”. “Fu una discussione molto accesa ma detto in onestà non ci fu mai l’intenzione di andare fino in fondo”.
“Abbiamo fatto ammuina, come si dice a Napoli. Non abbiamo neppure convocato, almeno per dare un segnale alla famiglia Borsellino e al Paese, i magistrati che gestirono quel depistaggio. Tantomeno Antonino Di Matteo che, ascoltato come testimone al processo di Caltanissetta contro i tre poliziotti coinvolti, confermò che in un primo tempo aveva creduto alle dichiarazioni di Scarantino e che solo dopo gli vennero dei dubbi. Versione che non spiega come mai il processo non venne fermato”.
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L’accusa di Fiammetta Borsellino: “Su stragi Csm omissivo”
“Sarebbe stato auspicabile che a questo lavoro, tuttavia, fosse seguita un’attività di indagine investigativa e di approfondimento da parte del Consiglio superiore della magistratura. Ma il comportamento omissivo di questo organo è un dato di fatto e non certo una mia opinione”.
Una denuncia che arriva nel corso del convegno ‘Ripensare la mafia, ricostruire l’Antimafia’, organizzata da Claudio Fava alla presenza di Rosy Bindi, di Armando Spataro e di monsignor Michele Pennisi, arcivescovo di Monreale. Presente anche il neo Procuratore di Roma Francesco Lo Voi, alla sua ultima uscita pubblica da capo del pool di Palermo.
“Io ritengo che Antimafia voglia dire sicuramente qualsiasi forma di attività di denuncia del rapporto tra mafia e potere – aggiunge Fiammetta Borsellino -io credo fermamente che antimafia voglia dire disvelamento di tutte le connivenze in ordine a tutti i poteri costituzionali, compresa la magistratura”. “Io credo che proprio l’alta funzione che l’Antimafia è chiamata a svolgere, non può non essere disinteressata. L’Antimafia non può mirare al potere e non può diventare essa stessa potere, perché abbiamo visto che quando ciò è avvenuto l’Antimafia è stata fortemente condizionata nel suo campo di azione da un altissimo conflitto di interessi”.
“Quando l’antimafia diventa potere il suo campo di azione viene fortemente vincolato e circoscritto – ha detto ancora Fiammetta Borsellino – e questo non deve assolutamente accadere”. “L’antimafia non può sicuramente essere, come hanno dimostrato il caso Saguto e Montante che sono i casi più eclatanti, il trampolino di lancio per facili carriere. Non può essere orientata sicuramente ad abusi o a rendite di posizione”.
Poi, parlando della strage di via D’Amelio, ha detto che è ancora “una ferita aperta che sanguina”. “Credo che un’altra funzione fondamentale dell’Antimafia – aggiunge -sia la ricerca della verità. In questo l’Antimafia ha una funzione fondamentale”. Ricorda anche il clima vissuto dal padre prima della strage. “Venne da lui definita un ‘nido di vipere’ – dice – Credo che bisognava soffermarsi su questa frase, perché mio padre è sempre stata una persona molto rispettosa delle istituzioni e dei colleghi e questo era un campo di indagine che andava approfondito”. “L’esistenza di un conflitto di interessi ha costantemente spostato l’attenzione di preminenti esponenti dell’Antimafia verso determinati campi di indagine – aggiunge – al fine – di allontanare i riflettori su precisi contesti operativi in cui essi stessi hanno operato. Di questo siamo fermamente convinti, tanto è vero che tutti conoscono il processo Stato-mafia”.
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