LAMA: “La nostra inchiesta meritava più attenzione”. Le accuse dell’avvocato Trizzino in Antimafia.

 

L’ex pm Augusto Lama sostiene che un’indagine più approfondita avrebbe permesso di avviare prima l’inchiesta sulla mafia e gli appalti. L’indagine coinvolge anche il collega Gioacchino Natoli e l’avvocato Fabio Trizzino (in foto) genero di Borsellino. La Procura di Caltanissetta sta indagando sui legami mafia-appalti in relazione alle stragi di Capaci e via D’Amelio.

L’accusa, specie per un magistrato, è tra le più infamanti: favoreggiamento aggravato alla mafia. È questo il reato (oltre alla calunnia) che la Procura di Caltanissetta, a oltre 30 anni dalle presunte condotte che sarebbero ampiamente prescritte, contesta all’ex pm Gioacchino Natoli, una vita nell’antimafia, per anni componente del pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, pubblica accusa al processo Andreotti. In sintesi, secondo i colleghi che gli hanno notificato un invito a comparire per rendere interrogatorio, Natoli per aiutare imprenditori mafiosi come Francesco Bonura e Antonio Buscemi avrebbe cercato di insabbiare un filone della cosiddetta inchiesta mafia-appalti, una indagine che, ritengono i familiari del giudice Borsellino, sarebbe poi stata la causa dell’attentato di Via D’Amelio. “Su di me gravissime insinuazioni e accuse false. Ma sono stato e sono un uomo delle istituzioni e ho piena fiducia nella giustizia. Darò senz’altro il mio contributo nell’accertamento della verità”, ha replicato l’ex magistrato che questa mattina sarà interrogato dalla Procura di Caltanissetta.

Ma in che modo Natoli, nel tempo arrivato a ricoprire ruoli di vertice nella magistratura, avrebbe favorito Cosa Nostra? Nell’invito a comparire la Procura elenca una serie di condotte che ruotano tutte attorno a un procedimento a carico di ignoti, che ipotizzava a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 infiltrazioni mafiose nelle cave di Carrara, aperto dalla Procura di Massa Carrara e trasmesso a Natoli, allora pm a Palermo. Per i colleghi di Caltanissetta, su istigazione dell’ex procuratore di Palermo Pietro Giammanco, nel frattempo deceduto, e con l’allora capitano della Guardia di Finanza Stefano Screpanti, Natoli avrebbe finto di indagare disponendo intercettazioni lampo e “solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione”, scrivono i pm, evitando così che fossero trascritte invece conversazioni “particolarmente rilevanti dalle quali sarebbe emerso, ad esempio, il legame tra l’ex politico Ernesto Di Fresco e l’imprenditore mafioso Francesco Bonura. L’ex pm inoltre avrebbe omesso di indagare due imprenditori a disposizione di Bonura e poi chiesto l’archiviazione del fascicolo toscano “senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla Procura della Repubblica di Massa”. Come se non bastasse, “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche, avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”.

Sulla vicenda Natoli si era già difeso davanti alla Commissione Antimafia a cui aveva chiesto di essere sentito, stigmatizzando le accuse del genero di Borsellino, l’avvocato Fabio Trizzino, che l’aveva indicato come il responsabile dell’insabbiamento di una inchiesta che, a suo dire, il suocero avrebbe invece certamente approfondito. Davanti all’Antimafia era stato ascoltato anche il giudice Augusto Lama che condusse da procuratore, in maniera brillante, l’inchiesta sulle infiltrazioni mafiose nelle cave insieme all’ex maresciallo della Guardia di Finanza Piero Franco Angeloni. Un’inchiesta che dimostrava il tentativo di Cosa Nostra, alla fine degli anni ’80, di ripulire gli enormi proventi della droga investendo in attività lecite, come l’ingresso nelle cave apuane e penetrando negli appalti pubblici siciliani tramite società… al di sopra di ogni sospetto. La Nazione 5 luglio 2024

3.7.2024 MAFIA e APPALTI: ex pm Natoli indagato per favoreggiamento