11-12-16 gennaio 1996 SALVATORE PROFETA depone al “Borsellino Uno” AUDIO
11 gennaio 1996 Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca e Giovanni Scaduto sono condannati all’ergastolo per l’omicidio di Ignazio Salvo
12 gennaio 1996 PIETRO SCOTTO depone al “Borsellino Uno” AUDIO
26 gennaio 1996 Viene confermata in appello la condanna all’ergastolo per LEOLUCA BAGARELLA accusato dell’omicidio del capo della squadra mobile Boris Giuliano
27 gennaio 1996 SENTENZA “Borsellino Uno” Iniziato il 4 ottobre 1994, dopo 65 ore di camera di consiglio, la Corte di Assise di Caltanissetta, sulla scorta delle false confessioni di VINCENZO SCARANTINO condanna:
- Giuseppe Orofino alla pena dell’ergastolo per essersi procurato le disponibilità delle targhe e dei documenti di circolazione e assicurativi falsi che avevano permesso alla circolazione Fiat 126 di circolare e di essere parcheggiata in via D’Amelio;
- Vincenzo Scarantino alla pena di 18 anni di reclusione e 4,5 milioni di multa per aver rubato, riempito di esplosivo e collocato in Via d’Amelio la Fiat 126, insieme a Salvatore Profeta, condannato all’ergastolo.
- Pietro Scotto alla pena dell’ergastolo per aver manomesso l’impianto telefonico del palazzo di via d’Amelio per sapere, grazie alle telefonate alla madre di Paolo Borsellino, gli spostamenti del magistrato.
Alla lettura della sentenza, GIUSEPPE OROFINO sbatte violentemente e ripetutamente la testa contro le sbarre della prigione urlando “La vita m’arrubasti!” e venne fermato sanguinante dai carabinieri. Nell’impassibilità di Scotto e Profeta, le familiari dei condannati scoppiano in grida e pianti. L’aula viene sgomberata e gli avvocati di parte civile scortati all’uscita. Sarà scarcerato molti anni dopo perché estraneo alla strage e la sua famiglia indennizzata per l’ingiusta detenzione SEGUE
27 gennaio 1996 Dalla SENTENZA PRIMO GRADO “Borsellino Bis” ANALISI DEGLI ACCERTAMENTI MEDICO LEGALI, DEI RILIEVI TECNICI ESEGUITI E DEGLI SVILUPPI INVESTIGATIVI SEGUE
27 gennaio 1996 PAOLO BORSELLINO: Consuetudini di vita e misure di protezione – dalla Sentenza “BorsellinoUno” SEGUE
27 gennaio 1996 Gli ultimi spostamenti del dottor Borsellino SEGUE
27 gennaio 1996 La collaborazione di ANDRIOTTA e SCARANTINO SEGUE
28 gennaio 1996 Tre ergastoli per via D’Amelio SEGUE
1 febbraio 1996 NON VOLLERO ELIMINARE BORSELLINO PER QUESTO I DUE BOSS FURONO UCCISI Paolo Borsellino doveva essere ucciso con un’ autobomba a Marsala, dove dirigeva la procura della Repubblica, tra la fine del ‘ 91 ed i primi del ‘ 92. Prima ancora di uccidere Giovanni Falcone, Cosa Nostra aveva progettato l’ eliminazione “eclatante” di Borsellino, affidando l’ esecuzione alla “famiglia” di Marsala, i cui capi, Francesco D’ Amico e Francesco Craparotta, incaricati da Mariano Agate e Totò Riina di predisporre l’ attentato, si rifiutarono e per questo furono uccisi. Lo hanno rivelato i pentiti Antonino Patti e Carlo Zichittella, che hanno consentito alla procura distrettuale di Palermo di emettere ottanta ordini di custodia cautelare. Antonino Patti, 37 anni, che si è autoaccusato di quaranta omicidi, ha raccontato che “a D’ Amico e Craparotta era stato chiesto se volessero cooperare all’ omicidio di Borsellino, con modalità eclatanti, in particolare con un’ autobomba. Craparotta e D’ Amico fecero sapere che non volevano organizzare un attentato ‘ di tale gravità’ a Marsala. Da quel giorno furono protetti da due guardiaspalle”. Craparotta e D’ Amico scomparvero il 12 gennaio del ‘ 92. I loro corpi non sono stati mai ritrovati. LA REPUBBLICA
29 gennaio 1996 Viene arrestato TOTUCCIO CONTORNO, collaboratore di giustizia. È accusato di traffico di droga
20 maggio 1996 Vengono arrestati i fratelli ENZO e GIOVANNI BRUSCA. Cannatello, Agrigento, sono da poco passate le 9 di sera, davanti a un villino affacciato sul mare sfreccia una moto rumorosa: è il segnale atteso dagli uomini della Squadra mobile di Palermo, che riecheggia nell’intercettazione della telefonata di Giovanni Brusca confermando la presenza dell’uomo nella casa tenuta sotto tiro dagli agenti. Finisce così in manette il latitante che ha innescato le bombe di Chinnici e Falcone, l’aguzzino che ha strozzato con le sue mani il piccolo Giuseppe di Matteo, il killer spietato che per sua stessa ammissione ha sulla coscienza più di 150 altri delitti. La sua cattura è stata preparata a lungo, a partire dal ritrovamento di un’agenda con codici e numeri di telefono, a cui seguono indagini serrate, intercettazioni, appostamenti e l’obbligo di massima segretezza. Lui, il boia di Cosa Nostra, proprio non se l’aspettava l’agguato della polizia, e alla vista degli agenti tenta perfino la fuga dal retro, per poi rimanere muto e immobile fino a Palermo, una volta caricato nell’auto blindata, stretto tra due agenti a volto coperto. E rimarrà muto anche quando, in segno di vendetta, scortato insieme al fratello Enzo davanti alla questura ed esposto come un trofeo, un sottufficiale lo farà sostare davanti all’albero dedicato a Falcone, dicendogli: «Vedi Brusca, quell’uomo, Giovanni Falcone, vive ancora. Tu invece sei una persona finita» SEGUE
23 maggio 1996 GIOVANNI BRUSCA, a soli tre giorni dal suo arresto, dichiara di voler collaborare con la giustizia. SEGUE
29 maggio 1996 Durante l’interrogatorio SCARANTINO accenna alla grave situazione in cui si è trovato a seguito del ritorno della moglie a Palermo con i bambini, della sua istanza di affidamento di questi ultimi, avanzata al Tribunale dei minorenni di Palermo, della rottura di ogni rapporto anche telefonico con lui da parte della moglie, e di una finta ritrattazione da lui registrata. Invero le indicazioni provenienti dagli ultimi tre interrogatori, poste in correlazione con altri fatti e comportamenti attuati dallo Scarantino e di cui è traccia negli atti del presente procedimento, consentono di cogliere la gravità delle pressioni cui lo Scarantino è stato sottoposto da parte dell’intero nucleo familiare a seguito della sua decisione di collaborare con la giustizia rendendo dichiarazioni circa la preparazione e l’esecuzione della strage di via D’Amelio. (Dalla Sentenza “Borsellino Bis”)
7 giugno 1996 Inizia la collaborazione di CALOGERO GANCI figlio di Raffaele Ganci, appartenente al mandamento della Noce, iniziò a collaborare perché colpito dall’omicidio del piccolo Santino Di Matteo.
19 giugno 1996 Viene arrestato SALVATORE GRIGOLI, killer di Padre Pino Puglisi. Poco tempo dopo l’arresto collaborerà con la giustizia
4 luglio 1996 Inizia la collaborazione di FRANCESCO PAOLO ANZELMO. Affiliato nel 1980, Anzelmo fa parte della famiglia della Noce prima aggregata al mandamento di Porta Nuova, poi divenuta un mandamento autonomo. Inizia a collaborare perché non condivide più le regole di Cosa Nostra. Anzelmo dichiara fin da subito di non aver partecipato alla strage e di non conoscerne i fatti specifici. Specifica tuttavia, l’importanza della Commissione e ne indica la composizione.
26 luglio 1996 Palermo. Arrestato, a Buonfornello, CARLO GRECO 41anni, indicato dai pentiti come il co-reggente insieme conPIETRO AGLIERI del mandamento di Santa Maria del Gesu’ che fu di STEFANO BONTADE. Greco, latitante da sette anni, imputato per la strage di Capaci, e’ accusato di aver condiviso con AGLIERI le decisioni criminali piu’ rilevanti.
1 agosto 1996 «Mandanti esterni per le stragi» Il pm Tinebra: c’è un terzo livello Brusca voci di dissociazione Dopo Salvatore Cucuzza, Giovanni Brusca? SEGUE
7 agosto 1996 Entra in scena un altro “pentito”, GIOVANBATTISTA FERRANTE dichiara che tra i motivi che lo hanno indotto a collaborare c’è anche il desiderio di scagionare una persona da lui ritenuta innocente: PIETRO SCOTTO, il tecnico dell’Elte (impiantistica telefonica) condannato all’ergastolo con l’accusa di avere intercettato l’utenza della madre del giudice Paolo Borsellino per raccogliere informazioni, indispensabili al commando omicida, sugli ultimi spostamenti del procuratore aggiunto. FERRANTE esclude che l’utenza fu intercettata ed avrebbe spiegato il modo in cui Cosa Nostra apprese che il magistrato si sarebbe recato a casa della madre. Secondo il pm Anna Maria Palma, Ferrante ha partecipato solo alla fase finale dell’attentato: “Il collaboratore di giustizia non conosce le fasi precedenti e quindi non sa del ruolo di Scotto che è stato ampiamente provato”. Così “ampiamente provato” che lo Scotto sarà assolto nel processo d’Appello SEGUE
1 ottobre 1996 Il Parlamento approva la legge n. 509 istitutiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari
11 ottobre 1996 GIOVANNI BRUSCA, la belva dal cuore fragile – Intervista ad Arnaldo La Barbera SEGUE
14 ottobre 1996 Viene arrestato BALDUCCIO DI MAGGIO, collaboratore di giustizia. Aveva riorganizzato il suo clan in Sicilia e ordinato alcuni omicidi
21 ottobre 1996 Inizia il processo “Borsellino Bis” L’accusa è rappresentata dai pm ANNAMARIA PALMA e ANTONINO DI MATTEO. Gli imputati sono diciotto: Mandanti: Salvatore Riina, Carlo Greco, Salvatore Biondino, Pietro Aglieri, Giuseppe Graviano. Esecutori materiali: Gaetano Scotto e Francesco Tagliavia. Altri imputati: Giuseppe Calascibetta, Natale Gambino, Giuseppe La Mattina, Cosimo Vernengo, Lorenzo Tinnirrello, Giuseppe Urso, Salvatore Vitale, Gaetano Murana, Antonio Gambino, Salvatore Tommaselli e Giuseppe Romano. L’accusa si basa sulle dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, Salvatore Cancemi, Giovanbattista Ferrante, Calogero Ganci e Francesco Paolo Anselmo.
12 novembre 1996 I mandanti e gli organizzatori della strage di Via D’Amelio Conferenza stampa della Procura della Repubblica di Caltanissetta con GIOVANNI TINEBRA, CARMELO PETRALIA, ANNAMARIA PALMA ANTONINO DI MATTEO E FRANCESCO PAOLO GIORDANO AUDIO I ringraziamenti ai poliziotti del Gruppo Falcone Borsellino del dottor DI MATTEO AUDIO
28 dicembre 1996 ANTONIO VULLO, agente di polizia superstite in Via D’Amelio depone al “Borsellino Bis” AUDIO e NEWS
28 dicembre 1996 MARGHERITA PULCHINO depone al “Borsellino Bis” AUDIO