I ragazzi delle scorte

Gli angeli custodi di

PAOLO BORSELLINO

 

GIOVANNI FALCONE



TESTIMONIANZE

 

 

 

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“I ragazzi delle scorte”, il film sugli agenti che morirono con i giudici Falcone e Borsellino

 

È stato presentato ieri, 5 dicembre, in anteprima alle 18 presso la sala cinema Anica di Roma, il film della serie “Memories” “I ragazzi delle scorte” che, a trent’anni di distanza, racconta la storia degli otto agenti di polizia che morirono insieme a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Francesca Morvillo negli attentati mafiosi del 1992.
Prima della proiezione il presidente della Repubblica ha ricevuto al Quirinale il capo della Polizia, direttore generale della Pubblica sicurezza prefetto Lamberto Giannini e i familiari delle vittime delle stragi.
“Io sono rimasta intrappolata, io non ne esco più da questa storia”. Inizia così il film Memories “I ragazzi delle scorte”, coprodotto dal ministero dell’Interno – Dipartimento pubblica sicurezza e dalla Presidenza del Consiglio dei ministri – Struttura di missione per gli anniversari nazionali con 42° Parallelo.
La voce è quella di Rosaria Costa, vedova dell’agente della Polizia di Stato Vito Schifani morto a Capaci, e sintetizza in maniera profonda e intima il sentimento di un intero Paese. Il senso di colpa che prepotentemente ci riporta a quei giorni, a Capaci, a via D’Amelio
Il film “I ragazzi delle scorte”, che nei prossimi giorni sarà pubblicato su RaiPlay ed andrà in onda su RaiUno il 30 dicembre in seconda serata, mette al centro del racconto le vite spezzate di Antonio Montinaro (nel settembre scorso omaggiato a Calimera, il suo comune natale, nel giorno in cui avrebbe compiuto 60 anni), Vito Schifani, Rocco Dicillo, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Eddie Walter Cosina ed Emanuela Loi, gli otto poliziotti che facevano parte della scorta di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino.
Insieme a Rosaria Costa nel film la testimonianza del vice sovrintendete della Polizia di Stato Salvatore Lopresti, membro del reparto scorte della Questura di Palermo, che racconta come la ferita personale per la perdita di otto colleghi sia di fatto anche una ferita più grande, che tocca tutti gli italiani.
“Per 27 anni non sono riuscito a ritornare in via D’Amelio – racconta Lopresti nel film – perché mi ritornava sempre addosso quella puzza di polvere mista a tritolo e carne bruciata. Ogni tanto quell’odore ancora riaffiora, ora sono passati 30 anni, io credo nelle istituzioni e spero che prima o poi si possa affermare tutta la verità e che quella verità riesca a far finalmente scomparire quella puzza di tritolo e carne bruciata”. LECCE PRIMA 6.12.2022

 

 

 

 

 

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