- 28 gennaio 1998 Inizia il processo “Borsellino Ter”. SEGUE
13 febbraio 1998 Con sette ergastoli per i componenti della Cupola, considerati mandanti della strage si conclude anche il primo grado del processo “Borsellino Bis”. Ancora in corso a Caltanissetta è invece ancora il processo “Borsellino Ter”.
13 febbraio 1998 Il “pentito” ANTONINO GALLIANO riferisce che qualche giorno prima della strage di via D’Amelio Raffaele Ganci gli disse di tenersi libero per pedinare il giudice Borsellino, ma per problemi di lavoro si fece sostituire dal cugino Stefano Ganci. Dichiara inoltre di aver appreso dal cugino Mimmo Ganci che sul luogo dell’attentato operavano Pietro Aglieri e i fratelli Graviano, mentre i mandamenti di Porta Nuova, Noce e la famiglia di San Lorenzo fungevano da punto di appoggio. Antonio Galliano fu combinato come “uomo d’onore riservato” con l’obbligo di obbedire solo a suo zio Raffaele Ganci, reggente del mandamento della Noce. Iniziò a collaborare il 19 luglio 1996. Galliano e dichiarò che che le stragi di Capaci e via D’Amelio furono il risultato della sentenze del Maxiprocesso. AUDIO DEPOSIZIONI AI PROCESSI
23 marzo 1998 GIUSEPPE CALASCIBETTA depone al “Borsellino Bis” AUDIO
23 marzo 1998 FRANCESCO MARINO MANNOIA depone al “Borsellino Bis” AUDIO
23 marzo 1998 «Borsellino morì da superprocuratore » CARMELO CANALE: il governo gli anticipò la decisione Paolo Borsellino era ad un passo dalla Procura nazionale antimafia. C’era forse già la «decisione politica» – incautamente anticipata dal governo di allora – di affidargli la poltrona che Giovanni Falcone non aveva fatto in tempo ad ottenere. Il procuratore aggiunto di Palermo, dunque, sarebbe stato assassinato quando si apprestava a ricoprire l’incarico che gli avrebbe permesso di avere una visione completa su tutti gli intrecci criminali. Diventava Procuratore nazionale nel momento in cui cercava di affondare il bisturi nella cancrena che aveva provocato in primo luogo la strage di Capaci. Passo dopo passo prende, così, corpo la terza inchiesta sulla strage di via D’Amelio, che i magistrati di Caltanissetta conducono con la segreta speranza di riuscire a togliere un velo che nasconde i cosiddetti mandanti occulti della terribile stagione stragista del ’92 a Palermo. La fonte che ha consentito di aggiungere particolari nuovi ed interessanti è il tenente del carabinieri Carmelo Canale, oggi al centro di una poco comprensibile storia che lo vede addirittura sospettato di aver tradito la fiducia di Paolo Borsellino, ma allora certamente amico e confidente del magistrato. Ha raccontato Canale ai magistrati: «Qualche tempo prima di morire, all’inizio di luglio, il capo della polizia, Parisi, aveva fatto ve¬ dere a Borsellino l’alloggio che avrebbe occupato una volta nominato Procuratore nazionale». Ciò avviene probabilmente il primo di luglio, giorno in cui sull’agenda del giudice (quella ritrovata, perché un’altra ben più interessante è misteriosamente scomparsa) è segnato un appuntamento con Parisi. Ma quando il capo della polizia fu sen¬ tito a proposito di quell’appuntamento, Canale non aveva ancora ricordato il particolare dell’appartamento, ragione per cui al capo della polizia non ne venne chiesta conferma. Aggiunge Canale: «Era una cosa che non aveva (Borsellino) detto a nessuno, ma penso che la signora Agnese potrà testimoniarlo, perché lui vide l’appartamento». Ma su quali fatti la «Superprocura» gli avrebbe consentito di indagare a fondo? Il tenente Canale non ha dubbi nel sostenere che «Borsellino indagava sulla morte del suo amico Giovanni Falcone». Aveva una pista che gli sembrava più convincente delle altre? Una serie di testimonianze raccolte dai magistrati di Caltanissetta consentono di ricostruire un quadro abbastanza completo di ciò che stava facendo Borsellino tra giugno e luglio del 1992. Il magistrato aveva studiato gli appunti lasciati da Giovanni Falcone. La sua attenzione si era concentrata su una certa annotazione che faceva riferimento a «Mafia e appalti». Già nel 1991 Falcone aveva avuto tra le mani il famoso dossier dei carabinieri del Ros, una sorta di mappa degli affari illeciti portati avanti da Cosa nostra insieme con settori corrotti della politica e dell’amministrazione pubblica. Era, quello, il «rapportone» che il col. Mori e il cap. De Donno avevano scritto servendosi delle «soffiate» che gli venivano da personaggi come il costruttore Li Pera, o Angelo Siino, oggi collaboratore di giustizia ma allora soltanto confidente. Malìa e appalti, già. Borsellino sapeva, ma voleva andare a fondo. Specialmente dopo un colloquio col collaboratore Leonardo Messina che gli aveva detto (giugno 1992): «Totò Riina è il re degli appalti in Italia. Riina è il padrone della Calcestruzzi». La rivelazione del pentito venne accolta con qualche sorriso di sufficienza. Subito dopo, però, il Servizio centrale operativo trovò il nesso tra la Calcestruzzi di Gardini e la omonima impresa palermitana intestata al mafioso Buscemi. Sarà per questo che Borsellino si rivolse immediatamente al col. Mario Mori e al cap. De Donno per comunicare loro la decisione di recuperare i vecchi rapporti su mafia e appalti ed approntare una squadra investigativa che indagasse sulla strage di Capaci? Gli ufficiali hanno confermato: «Borsellino ci convocò a Palermo. Volle vederci in un posto che non fosse la Procura. La sua volontà era quella di riprendere l’inchiesta su mafia e Tangentopoli», «Da Roma contava di avere una visione intera sugli intrecci tra mafia e appalti» LA STAMPA
24 marzo 1998 Il tenente CARMELO CANALE, già stretto collaboratore del dottor Borsellino, depone al “Borsellino Bis” AUDIO
24 marzo 1998 ANDREA TORZANI, Ufficiale dei Carabinieri depone al “Borsellino Bis” AUDIO
24 marzo 1998 SIGISMONDO CALDERARI, Maresciallo dei Carabinieri depone al “Borsellino Bis” AUDIO
14 aprile 1998 al “Borsellino Bis” PIETRO AGLIERI, imputato non intende sottoporsi all’esame e rinuncia all’udienza
14 aprile 1998 BALDASSARRE DI MAGGIO, collaboratore di giustizia depone al “Borsellino Bis” AUDIO
14 aprile 1998 BO MARIO, Polizia di Stato depone al “Borsellino Bis” AUDIO
17 aprile 1998 ARNALDO LA BARBERA depone al processo del “Borsellino Bis” AUDIO
17 aprile 1998 GAETANO MURANA, ingiustamente imputato per la strage Via D’Amelio depone al “Borsellino Bis” AUDIO
28 maggio 1998 Al “Borsellino Ter” inizia l’istruttoria dibattimentale: alla sbarra ci sono 26 imputati, cioè i mandanti della commissione regionale e provinciale di Cosa Nostra e ad un gruppo di componenti del commando che organizzò la strage di via D’Amelio. Per concludersi il 9 dicembre 1999, con la lettura in udienza del dispositivo della sentenza.
5 giugno 1998 Su richiesta del Procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, i PM Croce, Lo Forte, Scarpinato, Insacco, Ingroia, De Lucia e Sturzo redigono la “Relazione sulle modalità di svolgimento delle indagini mafìa-appalti negli anni 1989 e seguenti” depositata da Caselli il 3 febbraio 1999 in occasione dell’audizione presso la commissione Parlamentare Antimafia. SEGUE
9 giugno 1998 Ex poliziotto VINCENZO RICCIARDI interrogato al “Borsellino Bis” AUDIO
10 giugno 1998 SALVATORE CONTORNO, FRANCESCO ANDRIOTTA, MICHELANGELO CAMARDA depongono al”Borsellino Bis” SEGUE
19 giugno 1998 FRANCESCO DI CARLO depone al “Borsellino Ter” AUDIO
26 giugno 1998 Storia di un incontro segreto. Il contenuto del colloquio del 1998 tra VIGNA, GRASSO e SPATUZZA, diviene noto grazie ad un “disguido”. VERBALE dell’incontro. Quando SPATUZZA parlò di via D’Amelio, e non successe niente per dieci anni SEGUE
- Grasso: Ah, così è. E quindi quelli che l’hanno avuta rubata non sanno niente?
- Spatuzza: Non sanno niente poi, altri ladri l’hanno rubata a loro. Orofino (il carrozziere accusato dal falso pentito Vincenzo Scarantino di avere ospitato nella sua officina la preparzione dell’auto, ndr) non esiste questo.
- Grasso: In che senso non esiste?
- Spatuzza: Non esiste. Perché chi l’ha rubata, l’ha messa dentro e l’hanno preparata. (…) Lui è estraneo a tutto. Aveva subito un furto.
- Grasso: Lei allora dice che Orofino non sa?
- Spatuzza: Non esiste. Loro hanno questa situazione all’officina, e prendono per dire una macchina mia?
- Grasso: E allora come è andata?
- Spatuzza: Praticamente stu disgraziato di Orofino fu coinvolto pirchi c’iru a rubari i targhi a notti stissu.
- Grasso: Anche le targhe hanno rubato? Ma allora non si è fatta nell’officina di Orofino la preparazione?
- Spatuzza: Nru nru. (verosimilmente lo Spatuzza annuisce come per dire di no, ndr).
- Grasso: E queste targhe di macchine a loro volta rubate?
- Spatuzza: No, erano di macchine che Orofino aveva nell’officina.
- Grasso: Orofino aveva le macchine, vanno a rubare nell’officina di Orofino la targa che lui aveva dentro in riparazione. Dopo la usano per metterla nella macchina dell’autobomba, cosi è?
- Spatuzza: Si
- Grasso: Che viene preparata in un altro luogo, e non nell’officina di Orofino. E Scarantino in questa cosa che cosa che c’entra?
- Spatuzza: Non esiste completamente .
- Grasso: Non partecipa completamente?
Spatuzza: Non esiste. - Grasso: E scusi, com’è che allora le cose che lui ha detto che sa?
- Spatuzza: Lui era a Pianosa, ha ammazzato un cristiano che doveva ammazzare, e ci ficiru diri chiddu ca nu avia adiri. Toto La Barbera.
26 giugno 1998 Il collaboratore di giustizia PAOLO ANZELMO depone al “Borsellino Ter” SEGUE
1 luglio 1998 ANTONINO GALLIANO, imputato interrogato al “Borsellino Ter” AUDIO
2 luglio 1998 GIUSEPPE AYALA, ex magistrato, depone al “Borsellino Ter” AUDIO Le molteplici versioni del dottor AYALA SEGUE
2 luglio 1998 ANTONIO VULLO, agente di polizia superstite in Via D’Amelio depone al “Borsellino Ter” AUDIO e NEWS
21 luglio 1998 depongono al “Borsellino Bis” ROSA VITALE, VINCENZO GUERCIO e MARGHERITA DI NICOLAO AUDIO
24 luglio 1998 Al “Borsellino bis” depone ROSARIO SCARANTINO, fratello di Vincenzo. Rosario riferisce che il fratello si è inventato tutto perché, dopo essere stato arrestato e sottoposto al carcere duro, per ingraziarsi i magistrati ha accusato gli altri imputati del processo. Lo scopo, secondo il fratello del “pentito”, era quello di ottenere – come poi è avvenuto – delle agevolazioni e quindi la libertà.
Il 15 settembre Scarantino si “pente” nuovamente di essersi “pentito” e annuncia una nuova ritrattazione. La ritrattazione avviene davanti ai giudici della corte d’Assise di Caltanissetta nel corso dell’udienza del processo bis in trasferta a Como. SEGUE
2 settembre 1998…era in corso l’interrogatorio del collaboratore di giustizia SCARANTINO, che io assistevo, quando a un certo punto il mio assistito ritrattò tutte le dichiarazioni fatte precedentemente” sulla strage di via D’Amelio, “dicendo di essere stato costretto a fare quelle dichiarazioni”. “Le sue parole sconcertarono un po’ tutti. Soprattutto i magistrati. Dopo un po’, nel corso dello stesso interrogatorio ritrattò la sua stessa ritrattazione e confermò quanto detto in precedenza ai magistrati”. A raccontarlo, in aula, deponendo al processo sul depistaggio sulla strage di via D’Amelio è l’avvocato Santino Foresta, ex legale del falso pentito Vincenzo Scarantino, l’ex collaboratore che con le sue dichiarazioni depistò le prime indagini sulla strage di via d’Amelio facendo condannare degli innocenti. (Adnkronos)
14 settembre 1998 VICENZO SCARANTINO all’udienza di Como ritratta: ‘Su Borsellino ho mentito‘
– SCARANTINO si “pente” di essersi “pentito” e annuncia una nuova ritrattazione.
15 settembre 1998 – A COMO in Corte d’Assise Scarantino ritratta: “Su via D’Amelio inventai tutto.”SEGUE
15 settembre 1998 SCARANTINO si “pente” nuovamente di essersi “pentito” SEGUE
15 settembre 1998 presso l’aula bunker di Como il confronto fra VINCENZO SCARANTINO e il fratello ROSARIO AUDIO
16 settembre 1998, presso l’aula bunker di COMO avviene il confronto tra GIOVANNI BRUSCA e VINCENZO SCARANTINO
2 ottobre 1998 GIUSEPPE MARCHESE, testimone, depone al “Borsellino Ter” AUDIO
13 e 14 ottobre 1998 SCARANTINO depone al “Borsellino Bis” AUDIO Nel corso dell’esame svoltosi nelle udienze del 13 e del 14 ottobre 1998 Scarantino Vincenzo ha palesemente tradito quest’ultima dichiarazione di intenti, poiché si è limitato a riproporre le dichiarazioni precedentemente rese e ad accusare di piccoli traffici di stupefacenti persone decedute, preoccupandosi semplicemente di ridimensionare il suo ruolo all’interno della criminalità operante nel quartiere della Guadagna attraverso una sorta di patetica autoironia su alcuni episodi precedentemente riferiti, quali quello della sua iniziazione presso la sala Boomerang e quello del confronto con i collaboratori di giustizia che aveva accusato di avere partecipato alla riunione preparatoria presso la villa di Calascibetta, nell’intento evidente di dare di sè una immagine di piccolo delinquente di borgata, ben lontana dalla figura di personaggio emergente nell’ambito della famiglia mafiosa della Guadagna derivante dai suoi legami di parentela con un esponente di primo piano come Salvatore Profeta, marito della sorella, da rapporti di particolare confidenza avuti con i vertici della suddetta organizzazione mafiosa come Pietro Aglieri, Carlo Greco, Peppuccio Calascibetta ed, infine, dall’ampiezza dei traffici illeciti gestiti e dalla abilità dimostrata nel portare a termine le più efferate azioni delittuose come lo strangolamento di persone sciolte nell’acido proprio nella villa di Calascibetta o la orrenda sgozzatura dei fratelli Lucera all’interno di un casolare dopo una riunione conviviale. (Dalla Sentenza “Borsellino Bis”)
16 ottobre 1998 CALOGERO GANCI, imputato interrogato al “Borsellino Ter” AUDIO
19 ottobre 1998, al processo d’appello per la strage di via D’Amelio, SCARANTINO torna a ribadire la sua ritrattazione. “Negli ultimi anni telefonavo spesso alla dottoressa Palma”. SEGUE
22 ottobre 1998 SALVATORE COCUZZA, testimone, depone al “Borsellino Ter” AUDIO
22 ottobre 1998 I penalisti di Palermo fanno quadrato attorno ai colleghi Paolo Petronio e Giuseppe Scozzola, accusati dai pm del processo “Borsellino bis” di avere pianificato la ritrattazione di Scarantino. SEGUE
23 ottobre 1998 SCARANTINO depone al “Borsellino Bis” AUDIO
23 ottobre 1998 SCARANTINO Torna ad accusare i PM di averlo manovrato SEGUE
27 ottobre 1998 FRANCESCO LA MARCA, testimone, depone al “Borsellino Ter” AUDIO
29 ottobre 1998 Nel corso di un’udienza del processo d’appello sulla strage, l’avv. SCOZZOLA, difensore di PIETRO SCOTTO, chiede la trascrizione del primo interrogatorio da “pentito” di Scarantino e la trascrizione delle bobine del confronto tra lo stesso ex “pentito” e il collaborante SALVATORE CANCEMI. Il legale ha ipotizzato una manomissione dei verbali redatti dal gruppo investigativo che indaga sulle stragi. La presunta manipolazione riguarderebbe alcune dichiarazioni rese da Scarantino il 24 giugno del 1994 e la “cancellazione misteriosa” di 40 secondi di registrazione del confronto con Cancemi. Nell’interrogatorio Scarantino, parlando di Gaetano Scotto, lo indica come un “picciotto”. L’ex “pentito” chiarisce poi che intendeva indicare un “picciotto di 40 anni che era anche atletico, ma in effetti volevo dire un cristiano”. La difesa, invece, sostiene che nel verbale è stata lasciata appositamente la definizione “picciotto” che in dialetto indicherebbe una persona di non più di 25 anni. MISTERI ITALIANI
11 novembre 1998« CARMELO CANALE informava i boss. GIOVANNI BRUSCA: riferiva in tempo reale gli interrogatori di Paolo Borsellino interrogava i pentiti Rosario Spatola e Vincenzo Calcara, il fidato Carmelo Canale verbalizzava «battendo a macchina» e poi informava i boss «prontamente, quasi in tempo reale». Scene da brivido, l’azione antimafia di Paolo Borsellino, martire sei anni fa in via D’Amelio» ostacolata, vanificata, dissolta. Doppio gioco del maresciallo fedele. Accuse pesanti, e non le sole, chiuse nelle parole di Giovanni Brusca, e allegate agli atti della richiesta di rinvio a giudizio del tenente Carmelo Canale, ex ufficiale del Ros, ex collaboratore strettissimo del giudice Paolo Borsellino, accusato di concorso in associazione mafiosa. Contro di lui le parole di undici pentiti, che lo descrivono «corrotto», «disponibile nei confronti dei boss», pronto a rivelare notizie sulle indagini, a coprire responsabilità fornendo testimonianze false, persino a scortare «con le auto di servizio» le autobotti di «acqua e zucchero» che, negli Anni 80, solcavano le strade di Partinico per rifornire i sofisticatoli di vino.I pentiti Pietro Bono, Gaspare Barraco, Giovanni Brusca, Leonardo Canino, Francesco Di Carlo, Giovanni Ingrasciotta, Francesco Messina, Antonio Patti, Angelo Siino, Vincenzo Sinacori e Carlo Zicchitella hanno riempito decine di pagine di verbali accusando Canale di disponibilità verso Cosa Nostra in tempi e luoghi diversi della sua carriera di carabiniere, da Partinico a Marsala, a Castelvetrano, a Mazara, a Palermo. Giovanni Brusca sostiene di avere appreso da Matteo Messina Denaro che Canale forniva notizie riservate in cambio di «dieci milioni alla volta». E ha raccontato anche un aspetto pietoso delle presunte richieste dell’ufficiale: «Ci chiedeva soldi per la malattia di sua figlia – ha detto Brusca citando come fonte Messina Denaro – ma era noto che lui faceva la bella vita». In realtà la figlia di Canale è morta a causa di un male inguaribile. Carmelo Canale ha sempre negato ogni accusa, così continuerà a difendersi il prossimo 30 novembre, data della prima udienza preliminare. LA STAMPA
13 novembre 1998 nel corso di un’udienza del processo d’Appello per la strage l’avv. Fabio Passalacqua, nuovo difensore di Scarantino, deposita alcuni documenti che erano in possesso del suo cliente. I legali Giuseppe Scozzola e Paolo Petronio, difensori degli imputati Pietro Scotto e Salvatore Profeta, diramano una nota nella quale sostengono che il processo avrebbe assunto “connotazioni a dir poco sconvolgenti”. Tra i documenti prodotti dal legale, secondo Scozzola e Petronio, ci sarebbero “numerose annotazioni su verbali da correggere, vari appunti su discrasie da sanare, foto di imputati e verbali diversi o nuovi rispetto a quelli depositati ed in possesso delle difese nei due tronconi del processo. Le annotazioni sono scritte in stampatello e non pare proprio possano attribuirsi allo Scarantino, in quanto pressoché analfabeta”. MISTERI ITALIANI
24 novembre 1998 SCARANTINO parla di “bigliettini” posti come segnalibro tra le pagine di atti processuali che lo riguardavano. Il processo si conclude il 23 gennaio 1999: due tre imputati del primo processo per la strage, Scotto e Orofino, vengono assolti in Appello. E’ evidente che la corte ha creduto Scarantino “credibile” ma solo per un terzo, visto che l’ergastolo è stato confermato solo a Profeta. Ciononostante la procura di Caltanissetta non molla e per bocca del sostituto procuratore Luca Tescaroli afferma: “Per il nostro ufficio le dichiarazioni di Vincenzo Scarantino, se riscontrate, continueranno ad essere utilizzate”. “Nonostante questa sentenza noi crediamo ancora al pentito”. L’ostinazione giudiziaria della procura anche di fronte alla più palese delle evidenze viene confermata dal procuratore di Caltanissetta, Giovanni Tinebra: “La sentenza della Corte d’ Assise d’Appello non rappresenta una sconfitta per la procura il cui impianto accusatorio ha retto”. Lo stesso giorno, in una nota, l’avv. Giuseppe Scozzola definisce “incomprensibile l’assenza dello Stato nella gestione di questo processo”. Perché, si chiede il legale, “non è stata mai disposta alcuna ispezione alla procura di Caltanissetta per appurare come Scarantino abbia potuto avere la copia degli interrogatori, quasi tutti annotati, mentre la difesa ancor oggi ha copie parziali degli stessi”. Scozzola afferma ancora che “la sentenza di oggi dimostra come, laddove le regole del processo vengono rispettate nella loro interezza, è possibile che lo stato di diritto abbia una sua piena esplicazione”. SEGUE
27 novembre 1998 FRANCESCO GERACI interrogato al “Borsellino Ter” AUDIO
2 dicembre 1998 VITTORIO ALIQUÓ, magistrato, depone al “Borsellino Bis” AUDIO
15 dicembre 1998 Dalla requisitoria del pm ANTONINO DI MATTEO. Al “Borsellino Bis” sulla credibilità del “pentito” SCARANTINO SEGUE
18 dicembre 1998 ANTONIO CALVARUSSO depone al “Borsellino Ter” AUDIO
18 dicembre 1998 Il P.M. svolge la sua requisitoria, chiedendo per gli imputati: Aglieri Pietro, Riina Salvatore, Greco Carlo, Graviano Giuseppe, Tagliavia Francesco, Tinnirello Lorenzo, Biondino Salvatore, Scotto Gaetano, Urso Giuseppe, Gambino Natale, Cosimo e La Mattina Giuseppe la pena dell’ergastolo con isolamento diurno per mesi 18 e il pagamento di lire 15 milioni di multa; per gli imputati Giuseppe Calascibetta, Francesco, Murana, Gaetano e Gambino Antonino condanna per il capo 1º ad anni 10 di reclusione ed assoluzione per gli altri reati; per l’imputato Tomaselli condanna ad anni 9 di reclusione ed 8 milioni di multa; per l’imputato Vitale condanna ad anni 10 di reclusione; per l’imputato Romano assoluzione per non avere commesso il fatto.