8 gennaio 1993 Barcellona Pozzo di Gotto Viene assassinato GIUSEPPE ALFANO, giornalista del quotidiano La Sicilia
10 gennaio 1993 L’aeroporto di Palermo viene intitolato ai giudici Falcone e Borsellino. SEGUE
12 gennaio 1993 AUDIZIONE in Commissione Parlamentare Antimafia del Capo Servizi Segreti Sisde ANGELO FINOCCHIARO
15 gennaio 1993 Insieme a TOTÒ RIINA viene arrestato SALVATORE BIONDINO che verrà poi condannato all’ergastolo per la strage di Capaci e quella di via D’Amelio e a 26 anni di reclusione per il fallito attentato dell’Addaura. SEGUE
16 gennaio 1993 L’ARRESTO DI TOTÓ RIINA «Ma per mio padre è troppo tardi» L’amara soddisfazione di MANFREDI BORSELLINO hanno accolto la notizia dell’arresto con un animo diverso da quello di tanti altri? Tutti coloro che, come in un lungo calvario, hanno dovuto seguire bare, piangere parenti ed amici, assistere a funzioni e a discorsi ufficiali in tutti questi anni. E tra di essi è Manfredi Borsellino, figlio del giudice che fu vittima di uno degli ultimi feroci attentati messi a segno in Sicilia. «Certo siamo entusiasti per questo risultato. Anche se dentro di noi c’è tanta rabbia: l’arresto è arrivato tardi e soltanto ora che nostro padre non c’e più». Sentimenti contrastanti oscillano tra la soddisfazione per una vittoria della giustizia e il dolore impotente per una vita che, forse, poteva essere salvata. «E’ comunque un risultato importante un risultato che papà ha atteso per tanto tempo. Anche se, scherzosamente, in famiglia ci diceva sempre: soltanto dopo la mia morte si riuscirà a rendere concreto il lavoro fatto». Il figlio del magistrato, ucciso con gli agenti della scorta da un’autobomba in via D’Amelio, ha seguito, di ora in ora, gli sviluppi dell’arresto di Totò Riina in casa, davanti al televisore, accanto alla madre Agnese ed alle due sorelle, Lucia e Fiammetta. E non ha potuto tacere un’ultima, penosa, riflessione: «E’ tremendo pensare che forse troppe persone hanno impedito che questo arresto avvenisse prima. Oggi è tardi, almeno per mio padre. Chissà quante vite andranno ancora perse prima di giungere ad altri risultati analoghi».
6 febbraio 1993 Viene arrestato GIUSEPPE MONTALTO, boss della famiglia di Villabate, latitante da 10 anni
9 febbraio 1993 AUDIZIONE di GASPARE MUTOLO in Commissione parlamentare Antimafia. Cronaca dell’ultimo interrogatorio di Paolo Borsellino
16 febbraio 1993 – COMO Sottoscrizione per famiglie poliziotti vittime Capaci e Via D’Amelio SEGUE
1 marzo 1993 Lettera indirizzata dai familiari dei boss mafiosi condannati al carcere duro indirizzata alle massime autorità dello Stato dopo le stragi del ’92, con cui si chiede la revoca del carcere duro.TESTO
17 marzo 1993 La procura di Palermo interroga VITO CIANCIMINO VERBALE
27 marzo 1993 A Catania viene arrestato SALVATORE PULVIRENTI, considerato il capo della struttura militare di Cosa Nostra a Catania
6 aprile 1993 La Commissione parlamentare antimafia approva la relazione sui rapporti tra mafia e politica. È la prima nella storia delle Commissioni d’inchiesta sulla mafia
17 aprile 1993 L’intervista alla mamma MARIA PIA LEPANTO VIDEO
5 Maggio 1993 – La LETTERA di AGNESE BORSELLINO a GIOVANNI PAOLO II. Gli appelli al papa affinché la Chiesa, in particolare quella siciliana, assuma una posizione chiara contro la mafia e tronchi l’intreccio di alcuni suoi rappresentanti con esponenti mafiosi, si moltiplicano provocando reazioni e polemiche proprio alla vigilia della visita di Giovanni Paolo II in Sicilia. SEGUE
6 maggio 1993 AGNESE BORSELLINO e il perdono… Scrive a Papa Giovanni Paolo II SEGUE
9 maggio 1993 Agrigento Giovanni Paolo II, pronuncia una dura omelia contro la mafia, invitando i mafiosi a pentirsi e a cessare ogni violenza SEGUE
14 maggio 1993 Fallisce a Roma l’attentato al giornalista MAURIZIO COSTANZO SEGUE
18 maggio 1993 Catania Arresto di Nitto Santapaola, capo di Cosa Nostra catanese
21 maggio 1993 AGNESE BORSELLINO diffonde un messaggio attraverso i telegiornali in occasione dell’anniversario della strage di Capaci. «Tra le innumerevoli sensazioni che provo in questi giorni – quella che più mi conforta è constatare che quegli uomini che sono stati uccisi perché soli, oggi non sono più soli: la gente fa il tifo per loro. Mi conforta altresì vedere come tutti coloro che dal sacrificio di queste vittime hanno trovato la forza di andare avanti, continuando la loro opera, oggi trovano ampi consensi e adeguati mezzi a disposizione». Ricordando gli uccisi nelle due stragi dello scorso anno a Palermo, la vedova di Paolo Borsellino li ha ringraziati «per il coraggio che non li ha fatti mai fermare dinanzi agli ostacoli e al pericolo della morte: erano uomini consapevoli che la forza dello Stato di diritto sta nella difesa estrema dei propri servitori». ANSA
22 maggio 1993 MANFREDI BORSELLINO: «Ogni giorno rivedo mio padre morire» SEGUE
22 maggio 1993 Falcone e suo padre erano rimasti sempre in contatto, anche negli ultimi tempi? «Certamente sì. Falcone, lo ripeto, era una persona cara, ma anche un estraneo: nel senso che apparteneva al mondo del lavoro di mio padre e soltanto marginalmente a quello della vita di tutti i giorni». Ma loro due, per quanto lei poteva vedere, mantenevano un rapporto anche di affetto oltre che di semplice cordialità? «Moltissimo. Falcone e Borselhno si amavano profondamente ma non avevano un tempo di concedere margini alla loro amicizia: si vedevano, per lavoro, si parlavano per lavoro, si telefonavano concitatamente e affettuosamente. Ma sempre per parlare di lavoro. Poi promettevano di vedersi, rinviavano il giorno in cui finalmente avrebbero cenato insieme, il giorno in cui Giovanni Falcone sarebbe tornato di nuovo a casa nostra con quel suo sorriso che mi ricordava il periodo strano e felice dei mesi dell’Asinara. Di qui un certo senso di rimpianto, di rinvio continuo in vista di un’epoca migliore in cui avrebbero potuto finalmente vedersi e parlare di cose diverse, di se stessi magari, di noi, del loro passato, dei loro affetti. Tutto ciò è ora impossibile». LA STAMPA
27 maggio 1993 A Firenze la Strage Via dei Georgofili SEGUE
27 maggio 1993. Il clan di NITTO SANTAPAOLA ha perso un’altra importante pedinaSEGUE
28 maggio 1993 Viene annunciato che sarebbe stato individuato il responsabile della manomissione della centralina collegata alla casa dei familiari del giudice residenti in via D’Amelio per avvertire i boss dei movimenti del magistrato. Si tratta di un Tecnico di una società che si occupa di impianti telefonici, fratello di un presunto mafioso: l’ideale per dare via libera ai mafiosi incaricati della strage in via D’Amelio a Palermo. Sarebbe PIETRO SCOTTO, 43 anni, fermato su ordine dei giudici di Caltanissetta per concorso nella strage. SEGUE Era lui a spiare BORSELLINO SEGUE
28 maggio 1993 PIETRO SCOTTO ‘ ERA LUI A SPIARE BORSELLINO…’ articolo di Attilio Bolzoni SEGUE
28 maggio 1993 VIA D’AMELIO: presa la spia SEGUE
3 giugno 1993 La cella contigua a quella dello SCARANTINO é occupata da FRANCESCO ANDRIOTTA, il quale rimane nel medesimo reparto del carcere di Busto Arsizio fino al 23 agosto successivo. Il 14 settembre 1993, ANDRIOTTA inizia la propria “collaborazione” con l’Autorità Giudiziaria. Nell’interrogatorio reso al Pubblico Ministero, Ilda Boccassini, l’Andriotta inizia a riferire rispetto ad serie di confidenze che lo Scarantino gli avrebbe fatto durante il periodo di comune detenzione. Secondo il racconto di ANDRIOTTA, lo SCARANTINO gli avrebbe confidato di avere effettivamente commissionato al Candura, su richiesta di un proprio parente (un cognato o fratello), il furto della Fiat 126 poi utilizzata nella strage di Via D’Amelio. L’autovettura da sottrarre doveva essere di colore bordeaux, perché anche sua sorella, Ignazia Scarantino, ne possedeva una dello stesso colore, e quindi, se qualcuno lo avesse visto durante gli spostamenti della vettura, non avrebbe nutrito alcun sospetto. Il Candura avrebbe sottratto la Fiat 126 di proprietà della sorella di Luciano Valenti, il quale la aveva portata nel posto stabilito, dove lo Scarantino la aveva presa in consegna, provvedendo a ricoverarla in un garage, diverso da quello dove la stessa era stata, successivamente, imbottita d’esplosivo. Infine, lo Scarantino avrebbe portato il veicolo dal garage alla via D’Amelio. A dire dell’Andriotta, lo Scarantino gli avrebbe riferito inoltre «che l’auto non funzionava e che venne trainata fino al garage», che «l’auto venne quindi riparata così da renderla funzionante», che «furono cambiate le targhe con quelle di un altro 126», e che «avevano tardato a denunciare il furto dell’auto o delle targhe al lunedì successivo all’esplosione giustificando tale ritardo con il fatto che il garage era rimasto chiuso».
4 giugno 1993 SANTINO DI MATTEO viene arrestato. É accusato di 10 omicidi e decide di collaborare con la giustizia. Il 23 novembre dello stesso anno suo figlio Giuseppe viene rapito a causa delle rivelazioni del padre sulla strage di Capaci e sull’uccisione dell’esattore IGNAZIO SALVO SEGUE.
25 giugno 1993 Il maresciallo CARMELO CANALE, stretto collaboratore di Borsellino, per la terza volta viene interrogato dai PM Ilda Boccassini e Fausto Cardella SEGUE
19 luglio 1993 Lettera aperta della famiglia Borsellino «Anche per noi è giunto così il momento di ricordare che è trascorso un anno, da quando nostro marito e padre è stato crudelmente sottratto da questa vita, solo per essere stato un uomo onesto e leale anche con coloro che egli sapeva non avessero fatto la sua stessa scelta. SEGUE
19 luglio 1993 L’ulivo di Via D’Amelio nella buca lasciata dall’esplosione ad un anno dall’eccidio mafioso, per iniziativa della signora MARIA PIA LEPANTO, mamma del giudice Borsellino, venne piantumata una piantina di olivo proveniente da Betlemme. Un simbolo di rigenerazione, di solidarietà, di pace, d’impegno civile, di giustizia per tutti i popoli. SEGUE WEB CAM
19 luglio 1993 La “LEZIONE DI PAOLO BORSELLINO” di Antonino Caponnetto SEGUE
22 luglio 1993 Il boss SALVATORE CANCEMI, coinvolto nelle stragi di Capaci e Via D’Amelio si consegna ai Carabinieri SEGUE
27 luglio 1993 A Milano la Strage di Via Palestro SEGUE
28 luglio 1993 A Roma autobomba a San Giovanni in Laterano SEGUE
28 luglio 1993 A Roma autobomba a San Giorgio in Velabro SEGUE
29 luglio 1993 Il boss mafioso NINO GIOÈ viene ritrovato morto nel carcere di Rebibbia. La versione ufficiale parla di suicidio, ma negli anni gli interrogativi si sono moltiplicati. SEGUE
30 luglio 1993 Per via D’Amelio fermato un sospettato. Una persona sarebbe stata fermata ieri nell’ambito dell’inchiesta sulla strage del 19 luglio SEGUE
Luglio 1993 Palermo Si consegna spontamente alle forze dell’ordine SALVATORE CANCEMI, capofamiglia di Porta Nuova
Luglio 1993 Catania Viene arrestato di Giuseppe Pulvirenti, detto “U Malpassotu”, boss mafioso, latitante da 10 anni. Diventerà collaboratore di giustizia
1 agosto 1993 Viene arrestato il carrozziere indicato come il «fornitore» delle targhe false. SEGUE
Settembre 1993 SCARANTINO viene trasferito presso la Casa Circondariale di Pianosa dove avvennero una serie di colloqui investigativi: rispettivamente, il 20 dicembre 1993 con il Dott. Mario Bo’ (funzionario di polizia inserito nel gruppo “Falcone-Borsellino”), il 22 dicembre 1993 con il Dott. Arnaldo La Barbera, il 2 febbraio 1994 con il Dott. Mario Bo’ e il 24 giugno 1994 con il Dott. Arnaldo La Barbera. In quest’ultima data lo Scarantino (il quale fino all’interrogatorio reso il 28 febbraio 1994 alla Dott.ssa Boccassini aveva protestato la propria innocenza) iniziò la propria “collaborazione” con l’autorità giudiziaria, con le modalità già indicate, confermando largamente il falso contenuto delle dichiarazioni precedentemente rese dal Candura e dall’Andriotta, ed aggiungendo ulteriori tasselli al mosaico. A sua volta, ANDRIOTTA, negli interrogatori resi il 16 settembre ed il 28 ottobre 1994 nel carcere di Paliano (dove risultano documentati, nelle medesime date, altrettanti accessi del Dott. Mario Bo’), adeguandosi in gran parte alle dichiarazioni rese dallo Scarantino dopo la scelta “collaborativa”, per la prima volta riferisce sulle confidenze fattegli da quest’ultimo sulla riunione di Villa Calascibetta, asseritamente taciute per timore sino ad allora.
11 settembre 1993 Gravina (Ct) Viene collocata un’autobomba davanti alla caserma dei Carabinieri. Feriti gravi due militari
14 settembre 1993 La “collaborazione” di FRANCESCO ANDRIOTTA per la strage di via Mariano D’Amelio, apre la strada in maniera determinante a quella successiva di SCARANTINO SEGUE
15 settembre 1993 Viene assassinato Padre PINO PUGLISI, parroco del quartiere Brancaccio a Palermo
4 ottobre 1993 Nell’interrogatorio reso nel carcere di Milano Opera al Pubblico Ministero, Ilda Boccassini, ANDRIOTTA sostiene di avere appreso dallo Scarantino che colui che gli aveva commissionato il furto dell’automobile da utilizzare per la strage era Salvatore Profeta, motivò l’iniziale reticenza, a tale riguardo, con la paura di menzionare un personaggio d’elevato spessore criminale, e specificò che il ritardo nella denuncia di furto al lunedì successivo la strage riguardava le targhe apposte alla Fiat 126.
9 ottobre 1993 Preso l’uomo della strage SEGUE (?)
19 ottobre 1993 La Procura della Repubblica di Caltanissetta invia avvisi di garanzia ad alcuni alti magistrati della Procura della Repubblica di Palermo per collusione con la mafia (tra i cui il Presidente della Corte d’assise d’appello Pasquale Barreca, il Presidente della Corte d’appello Carmelo Conte e il Procuratore Capo della Repubblica di Palermo Pietro Giammanco) SEGUE
31 ottobre 1993 Roma Fallisce l’attentato con autobomba allo stadio Olimpico da parte di Cosa Nostra SEGUE
3 novembre 1993 SCARANTINO viene processato per detenzione e spaccio di droga assieme al fratello Umberto. Venti giorni dopo viene condannato a nove anni di detenzione.
23 novembre 1993 “AVEVA 13 ANNI, DOPO 779 GIORNI DI PRIGIONIA L’ABBIAMO STRANGOLATO E SCIOLTO NELL’ACIDO Era il Viene rapito Giuseppe Di Matteo, figlio del collaborante Santino. Il 28 Luglio 1998 Vincenzo Chiodo racconta in aula, durante il processo Bagarella, l’esecuzione dell’omicidio. Un racconto dell’orrore. Il 15 luglio 2002 la Corte di Cassazione conferma la sentenza di primo grado di condanna di esecutori e mandanti. 11 anni, tenuto in ostaggio fino all’11 Gennaio 1996, strangolato ed il corpo sciolto nell’acido. Giovanni Brusca Ordinò: “allibertativi du cagnuleddu”
25 novembre 1993 In occasione dell’interrogatorio, FRANCESCO ANDRIOTTA rende ulteriori dichiarazioni. Afferma che nel momento in cui arrivava l’esplosivo o quando lo stesso veniva trasferito sulla Fiat 126 era presente anche Salvatore Profeta. In occasione dell’interrogatorio del 17 gennaio 1994, l’Andriotta aggiunse che, dopo la strage di via D’Amelio, il Candura aveva cercato, più volte, lo Scarantino, per sapere se l’autovettura utilizzata per l’attentato era proprio quella rubata da lui; ma lo Scarantino lo aveva trattato in malo modo, intimandogli di non fargli più domande sul punto, e facendogli fare anche una telefonata minatoria, vista l’insistenza del Candura. SEGUE
20 dicembre 1993: la lettera di elogio del pm FAUSTO CARDELLA ai poliziotti. “A conclusione del mio periodo di applicazione a questa Dda sento di evidenziare gli eccezionali meriti del dottor Arnaldo La Barbera nelle indagini sulle stragi di Capaci e via D’Amelio”. Il “dottor La Barbera ha seguito costantemente tali indagini, prima come dirigente della Mobile di Palermo, poi come responsabile dello speciale gruppo investigativo, costituito ad hoc”. “L’impulso positivo alle indagini dal dottor La Barbera inizia fin dai primissimi atti”. E lo definisce “sagace, paziente, incisivo, acuto, ricco di fiuto nel proporre nuovi temi investigativi”. “Tenace nel seguire le piste che ritiene interessanti, onesto e pronto nel riconoscere quelle rivelatesi infondate” SEGUE
20-22 dicembre 1993 Colloquio investigativo LA BARBERA/SCARANTINO