Una morte annunciata
i 57 giorni che cambiarono la storia d’Italia
27 marzo 1992 La STORIA di una foto passata alla STORIA SEGUE e scattata in occasione della tavola rotonda “Criminalita’, giustizia” tavola rotonda in vista delle elezioni politiche con Falcone e Borsellino AUDIO
14 aprile 1992 Il dibattito “Criminalità, Giustizia e Politica” con BORSELLINO, FALCONE e AYALA AUDIO
21 maggio 1992, due giorni prima della strage di Capaci e poco meno di due mesi prima di essere ucciso, PAOLO BORSELLINO rilasciò un’intervista ai giornalisti di Canal+ Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi. SEGUE
23 maggio 1992 La STRAGE di CAPACI SEGUE
23 maggio 1992 MANFREDI BORSELLINO: Gli istanti immediatamente successivi la Strage di Capaci «Ero a casa a studiare per l’università e mio padre era andato dal barbiere, a piedi, da solo, eludendo la sorveglianza della sua scorta. Lì ricevette una telefonata da un collega. Poco dopo sentii mio padre bussare alla porta, molto affannato, con delle tracce di schiuma da barba sul viso. Io guardavo la televisione impietrito. Non saprei descrivere l’espressione del suo viso. Si diresse nella sua stanza come se non mi avesse visto. Non gli chiesi nulla, lo vidi cambiarsi. In una situazione del genere non si sarebbe mai presentato vestito male, mi ricordo che indossò una giacca, una camicia, come se stesse andando al lavoro. Trovò soltanto il tempo di dirmi di non muovermi di casa. E uscì in fretta… Mia sorella Lucia lo raggiunse in lacrime al centro di medicina legale. Mio padre la prese fra le braccia: “Non piangere Lucia, non dobbiamo dare spettacolo davanti a tutti ora…”. Il giorno dopo fu aperta la camera ardente in un’aula del tribunale, ho trascorso gran parte della giornata con mio padre lì per vegliare i resti di Falcone, accanto a quelli della moglie e della sua scorta. Mi ricordo che non ho fatto altro che piangere. Vedevo mio padre allontanarsi da noi. La notte, poi, sognavo attentati, autostrade che saltavano in aria, edifici sventrati… La vittima era sempre sconosciuta, e mi svegliavo tutto sudato.
23 maggio 1992 Paolo Borsellino accorre all’ospedale civico di Palermo dove è stato portato, in coma, Giovanni Falcone SEGUE
23 maggio 1992 “Ho visto Paolo Borsellino davanti al corpo di Falcone” SEGUE
PAOLO e MANFREDI BORSELLINO
24 maggio 1992: Al pianterreno del tribunale di Palermo é allestita la camera ardente. Borsellino alle 9 entra al Palazzo di Giustizia insieme alla moglie e ai figli. Una forte contestazione, al Palazzo di giustizia di Palermo, investe il presidente della Repubblica supplente Giovanni Spadolini ed i due ministri che lo accompagnano: Scotti e Martelli. Quando il corteo entra nel vasto atrio del palazzo, dalle transenne dietro alle quali e´ ammassato un folto pubblico partono fischi e grida: “vergogna”, “fuori”, “andatevene via”, “tornatevene a Roma”. Spadolini ed i ministri riescono comunque a raggiungere la camera ardente dove sono esposte le salme del giudice Falcone e della moglie e dei tre agenti della scorta. Nel pomeriggio BORSELLINO torna in procura.
24 maggio-19 luglio 1992 I 57 giorni da CAPACI a VIA D’AMELIO SEGUE
25 maggio 1992 Paolo Borsellino porta in spalla la bara di Giovanni Falcone, gli restano ancora cinquantacinque giorni. Una pioggia violenta lava Palermo, il carro funebre è già scomparso fra i vicoli che scendono verso il mare. Anche il becchino ha fretta di seppellire il morto. SEGUE
25 maggio 1992 Mentre a Roma viene eletto a OSCAR LUIGI SCALFARO come Presidente della Repubblica, a Palermo la folla, arrabbiata e disperata, sotto una pioggia battente invade via Roma e la piazza di San Domenico, sede dell’omonima chiesa barocca dove si celebrano i funerali: è la chiesa che celebra gli uomini illustri, importanti per la storia della Sicilia. Borsellino passa a prendere la madre di Francesca Morvillo per portarla al funerale. Per lui Francesca era una di famiglia, è naturale comportarsi con sua madre quasi come un figlio. I politici non entrano dall’ingresso principale della Chiesa per evitare i fischi e le urla. I colleghi degli agenti di scorta rifiutano di entrare in chiesa: è un gesto di contestazione nei confronti di chi dovrebbe proteggerli, per non mescolarsi “alle solite facce di ministri e governanti”, “ai responsabili di quello che è accaduto”, dicono i poliziotti della Squadra Mobile di Palermo. Borsellino ha un tale senso di rispetto delle istituzioni che rimane turbato dalla protesta dei poliziotti. Le cinque bare, poste davanti all’altare, sono avvolte dal tricolore: su quelle di Falcone e della moglie sono piegate le loro toghe, su quelle degli agenti ci sono i cappelli della polizia. Borsellino fa parte del picchetto d’onore che si pone davanti ai feretri e resta lì per tutta la cerimonia. Insieme a Caponnetto, è davanti alla bara di Falcone, pallido e sconvolto. Quando la giovane vedova dell’agente Schifani, Rosaria, pronuncia un discorso di perdono e allo stesso tempo di accusa tra le lacrime, Paolo la abbraccia e le promette che farà giustizia a suo marito e a tutte le vittime della strage. Finita la messa, Borsellino esce dalla chiesa e cerca sotto il temporale la sua auto blindata per riaccompagnare a casa la madre di Francesca. Intanto i politici escono dalla sacrestia e il corteo funebre è accompagnato da due ali di folla immense. La rabbia degli agenti esplode: “Siamo carne da macello”. Dopo il funerale Borsellino ospita a casa Caponnetto, poi la sera lo accompagna all’aeroporto. Il loro saluto è carico di emozione: “Nino, sei sicuro che ci rivediamo?”, “O a Firenze o qui, ci rivediamo senz’altri. Tesi
25 maggio 1992 La sera, tornando a casa dopo il funerale BORSELLINO é sconvolto, affranto, rifiuta persino di parlare a suo figlio di quello che ha visto a San Domenico. Ricorda MANFREDI: “Mio padre rimase sotto choc per quello che aveva visto in chiesa quella mattina. La contestazione dei palermitani, le urla, il lancio di monetine contro gli esponenti di governo, la rabbia trattenuta a stento dai cittadini, lo avevano turbato profondamente, a tal punto che la sera, tornando a casa, non volle neanche rispondere alle mie domande.”
26 maggio 1992 SCALFARO incontra gli agenti delle scorte di Palermo durante una visita nel capoluogo siciliano e si impegna in prima persona nel sostenerli nella lotta alla criminalità organizzata.
26 maggio 1992 (ANSA) – PALERMO – Il procuratore aggiunto di Palermo, Paolo Borsellino, collega nel ”pool” antimafia e amico fraterno di Giovanni Falcone, ha riferito ai giornalisti alcune ”piccole cose” sulle quali ha fondato le sue valutazioni sull’ attentato di Capaci. Nell’ escludere la collaborazione dei narcotrafficanti colombiani, Borsellino ha osservato che ”la mafia siciliana e’ perfettamente in grado di organizzare un attentato di questo livello”. Alla domanda sulle ragioni per cui la strage sia stata compiuta a Palermo e non altrove, il magistrato ha risposto: ”La spiegazione e’ elementare. Si tratta di un delitto di mafia e, come tutti i delitti eccellenti, viene compiuto a Palermo non perche’ altrove sia proibito ma perche’ a Palermo la mafia comanda e controlla il territorio”.
26 maggio 1992 Paolo Borsellino rilascia un’intervista al quotidiano La Repubblica in cui indica la coincidenza tra l’omicidio di Falcone e la notizia appresa a Napoli pochi giorni prima da alcuni colleghi del CSM che si era formata la maggioranza per approvare la candidatura di Falcone alla guida della DNA. Borsellino sostiene inoltre che le puntate a Palermo di Falcone si sarebbero presto diradate perché la moglie aveva ottenuto la nomina a commissario esaminatore per i concorsi in Magistratura presso il ministero di Grazia e Giustizia a Roma. La notizia era ampiamente nota al Palazzo di giustizia di Palermo. L’omicidio viene fatto a Palermo perché è un omicidio di mafia e come tale va fatto dove la mafia controlla il territorio. Il controllo totale del territorio assicura al mafioso l’impunità. Borsellino afferma tra l’altro che “non si può affrontare la potenza mafiosa quando le si fa un regalo come quello che le è stato fatto con i nuovi strumenti processuali adatti ad un paese che non è l’Italia e certamente non la Sicilia. Il nuovo codice, nel suo aspetto dibattimentale, è uno strumento spuntato nelle mani di chi lo deve usare. Ogni volta, ad esempio, si deve ricominciare da capo e dimostrare che Cosa Nostra esiste”.
26 maggio 1992 Tutti adesso sono consapevoli del pericolo che corre Borsellino. Sotto la casa di via Cilea torna la ronda dei carabinieri e la zona di rimozione delle auto, come durante il maxiprocesso. La famiglia gioisce di ogni rientro a casa del magistrato. Lui ammette la paura per la morte ma la affronta con coraggio: “Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succederà nell’aldilà. Ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento”. La sua più grande sofferenza deriva dal distacco dai suoi cari: “Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno”. La prefettura studia i movimenti del magistrato e i suoi appuntamenti fissi: Palazzo di Giustizia, la chiesa di Santa Luisa di Marillac e la casa della madre in via D’Amelio. Gli agenti di scorta sollecitano una zona di rimozione sia davanti alla chiesa che in via D’Amelio, ma la ottengono solo per la chiesa.
Borsellino vorrebbe prendere parte alle indagini sulla strage di Capaci e chiede addirittura di essere trasferito a Caltanissetta, sede preposta all’indagine in questione, ma riceve un rifiuto perché coinvolto emotivamente nella faccenda. In un’intervista dichiara: “Confesso che non ho avuto molto tempo per riflettere come avrei voluto su
Capaci. Ciò che è accaduto mi ha toccato personalmente. Ho conosciuto Giovanni che aveva i pantaloni corti. Siamo entrati insieme in magistratura. Per tutta la vita, o quasi, abbiamo lavorato gomito a gomito. Conoscevo sua moglie, Francesca, che era una ragazzina. Ho imparato a fare il magistrato nell’ufficio del padre e ricordo che, dopo il lavoro, l’andavamo a prendere a scuola. […] Purtroppo la procura di Palermo non è titolare delle indagini. Dico ‘purtroppo’ perché se avessi avuto la possibilità di seguire questa indagine avrei trovato un sollievo al mio dolore. […] In ogni caso andrò a Caltanissetta come testimone. Per raccontare piccole cose che possono aiutare l’inchiesta […] Va osservato che c’è una coincidenza tra l’omicidio e una notizia che io avevo appreso qualche giorno fa: Giovanni Falcone aveva ormai nel Csm la maggioranza per essere nominato procuratore nazionale antimafia. […] Nonostante la fortissima opposizione alla sua candidatura, dunque, Giovanni ce l’aveva fatta. Era una sensazione ormai diffusa in questo palazzo. Voglio dire che non so se la notizia che Falcone sarebbe stato il nuovo procuratore antimafia fosse a conoscenza fuori…”. È titolare dell’inchiesta il Procuratore di Caltanissetta Celesti, aiutato dai sostituti Polino, Petralia e Vaccara. Vaccara si stabilisce inizialmente in una stanza del Palazzo di Giustizia di Palermo per seguire da vicino gli accertamenti e Borsellino lo va a trovare quotidianamente, lo invita a cena, insomma, cerca di contribuire. Privatamente indaga, si informa, legge dossier, cerca indizi, tracce. Giura a se stesso di trovare il colpevole della strage.Tesi
26 maggio 1992 Paolo Borsellino rilascia un´intervista anche al Corriere della Sera in cui sottolinea come il nome di Giovanni Falcone fosse circolato nei giorni immediatamente precedenti alla strage di Capaci come possibile candidato per il ministero dell´interno in un governo tecnico. “Ma Giovanni Falcone ne aveva nemici? SEGUE
26 maggio 1992 Conferenza Stampa del Procuratore di Palermo PIETRO GIAMMANCO su indagini Capaci AUDIO
28 maggio 1992 Il centro SISDE di Palermo trasmette alla Direzione centrale l’Informativa (protocollo 1495/z. 3068) avente per oggetto: “Progetto di attentato in persona del dottor Paolo Borsellino”. Sono passati solo cinque giorni dalla Strage di Capaci e il Servizio segreto aveva già la notizia, da “fonte confidenziale” ben informata, che Cosa Nostra aveva in programma di uccidere il procuratore. Fu mai comunicata questa notizia all’autorità giudiziaria?
28 maggio 1992 CALOGERO PULCI, collaboratore di giustizia, ha testimoniato che la sera di quello stesso giorno era a tavola con altri associati all’organizzazione Cosa Nostra quando il TG3 trasmise le immagini di una conferenza stampa in cui Scotti e Martelli esposero la richiesta al CSM di riaprire il concorso per la Superprocura facendo esplicitamente il nome di Paolo Borsellino. All’udire queste parole Madonia esclamò: ”E murì Bursellinu”. La proposta di Scotti e Martelli di riaprire i termini per il concorso alla carica di superprocuratore (ufficializzata da una lettera inviata dal ministro Martelli al vice-presidente del CSM Galloni e sostenuta dai repubblicani) è peraltro destinata a morire prima di nascere. Infatti la legge prevede che i termini del concorso possano essere riaperti solo nel caso in cui i candidati proposti dalla commissione per gli incarichi direttivi del CSM siano bocciati dal plenum. Sono pesantemente rafforzate le misure di sicurezza attorno al PM milanese Antonio Di Pietro in seguito ad alcune attendibili minacce ricevute da lui e dalla sua famiglia.
28 maggio 1992 Alla presentazione a Roma del libro “Gli uomini del disonore” di Pino Arlacchi al tavolo siedono Vincenzo Parisi, Pino Arlacchi, Vincenzo Scotti, Paolo Borsellino e Leonardo Mondadori. Al termine della presentazione del libro si parla di Falcone e della superprocura, dal pubblico viene una domanda: “Dottor Borsellino, prenderebbe il posto di Falcone?” Borsellino esita alcuni secondi poi replica: … SEGUE NEWS e AUDIO
28 maggio 1992 Quel giorno con Paolo Borsellino SEGUE
28 maggio 1992 CALOGERO PULCI, collaboratore di giustizia, ha testimoniato che la sera di quello stesso giorno era a tavola con altri associati all’organizzazione Cosa Nostra quando il TG3 trasmise le immagini di una conferenza stampa in cui Scotti e Martelli esposero la richiesta al CSM di riaprire il concorso per la Superprocura facendo esplicitamente il nome di Paolo Borsellino. All’udire queste parole Madonia esclamò: ”E murì Bursellinu”. La proposta di Scotti e Martelli di riaprire i termini per il concorso alla carica di superprocuratore (ufficializzata da una lettera inviata dal ministro Martelli al vice-presidente del CSM Galloni e sostenuta dai repubblicani) è peraltro destinata a morire prima di nascere. Infatti la legge prevede che i termini del concorso possano essere riaperti solo nel caso in cui i candidati proposti dalla commissione per gli incarichi direttivi del CSM siano bocciati dal plenum. Sono pesantemente rafforzate le misure di sicurezza attorno al PM milanese Antonio Di Pietro in seguito ad alcune attendibili minacce ricevute da lui e dalla sua famiglia.
28 maggio 1992 Il CSM nomina Procuratore Capo di Caltanissetta il magistrato GIOVANNI TINEBRA.
29 maggio 1992 BORSELLINO riguardo alla sua possibile candidatura alla guida della DNA dichiara: ”Nessuno ha chiesto la mia disponibilità.”I colleghi della Procura di Palermo che gli sono più vicini invitano Borsellino a respingere l’offerta fattagli dal ministro perché SEGUE
30 maggio 1992 In un comunicato diffuso dagli uffici di Via Arenula si afferma che “il Ministro Martelli non ha mai avanzato la candidatura del procuratore Borsellino a capo della DNA. Il guardasigilli ha solo chiesto la riapertura dei termini per il concorso a quell’incarico e si rifiuta categoricamente di fare candidature.” La Commissione incarichi direttivi del CSM boccia la proposta Scotti-Martelli di riaprire i termini per il concorso alla carica di superprocuratore della DNA. La decisione verrá trasmessa al plenum del CSM che delibererá in maniera definitiva.
30 maggio 1992 E BORSELLINO ora attende SEGUE
31 maggio 1992 BORSELLINO, dopo essersi consultato con il suocero ANGELO PIRAINO LETO, ex presidente del tribunale, con fama di insigne giurista, scrive una lettera privata al Ministro Scotti in cui rifiuta in modo cortese ma fermo la candidatura a superprocuratore nazionale antimafia. Lascia poi al Ministro la decisione se divulgare oppure no la notizia ed i contenuti della missiva: Onorevole signor ministro SEGUE
4 giugno 1992 Dopo l’uccisione dell’eurodeputato SALVO LIMA, per “capire”, per esplorare le informazioni di coloro che all´interno di Cosa Nostra hanno vissuto per anni, la Procura della repubblica di Palermo decide di interrogare negli Stati Uniti i pentiti SEGUE
5 giugno 1992 Sono giorni plumbei, BORSELLINO li trascorre con il cuore in pena, sempre alla ricerca di tracce che possano portarlo sulla pista più vicina alla verità della strage di Capaci. SEGUE
5 giugno 1992 IL PIANTO DEL CUOCO Borsellino si trova a una cena in un ristorante di Terrasini organizzata dai carabinieri. Una cena che Borsellino ricorderà come ‘la cena degli onesti’. Ingroia ricorda: “Si parlava di Falcone, delle indagini su Capaci, dei nuovi equilibri dentro Cosa Nostra. Terminiamo di cenare, ed il proprietario del locale si avvicina a Paolo, gli sussurra in un orecchio che il cuoco vorrebbe conoscerlo, nulla di più. Paolo mi sembra imbarazzato dalla insolita richiesta, ma dice di si. Si alza, va incontro al cuoco, un uomo anziano, dal viso buono. Appena gli stringe la mano, questi si mette a piangere come un bambino. Paolo resta pietrificato per pochi secondi. Poi, commosso, lo abbraccia. I due escono dal ristorante, cominciano a passeggiare parlando fitto fitto, come vecchi amici, in palermitano stretto. ‘Sai Antonio’, mi racconta in auto mentre rientriamo a Palermo, ‘stavo per mettermi a piangere anch’io. Ha voluto dirmi che i palermitani onesti, i padri di famiglia, sono al nostro fianco’. SEGUE
8 giugno 1992 Il Consiglio dei ministri approva il Decreto antimafia Scotti-Martelli che prevede SEGUE
8 giugno 1992 Si insedia a Caltanissetta il pool di magistrati che collaborera’ alle indagini sulla strage di Capaci. Si tratta dei sostituti Paolo Giordano e Carmelo Petralia, provenienti dalla Procura della Repubblica di Catania, e di Pietro Vaccaro, che prestava servizio in quella di Messina: affiancheranno il collega Francesco Polino, unico sostituto rimasto a Caltanissetta, sotto le direttive del Procuratore Salvatore Celesti, titolare dell’ inchiesta. Uno dei sostituti sara’ inviato a Palermo per seguire da vicino gli sviluppi dell’ indagine.
9 giugno 1992 BORSELLINO vola a Roma per incontri alla DIA e con Alto Commissario
10 giugno 1992 BORSELLINO alla AGESCI
12 giugno 1992 BORSELLINO incontra il collega VITTORIO ALIQUÒ, anche lui procuratore aggiunto a Palermo, fuori dall´orario di lavoro, alle 20.30, e soprattutto fuori dall´ufficio SEGUE
13 giugno 1992 Ore 17 (Cossiga) AGNESE BORSELLINO non ricorda bene cosa accadde quel pomeriggio di sabato. SEGUE
17 giugno 1992 – ANTONINO CAPONNETTO: “Salvai Falcone e Borsellino mandandoli all’Asinara SEGUE
19 giugno 1992 Il generale dei carabinieri ANTONIO SUBRANNI, comandante del ROS, invia un rapporto al comando generale dei carabinieri in cui si riporta che numerose fonti, mafiose e non, hanno parlato di una decisione di Cosa Nostra di eliminare fisicamente Paolo Borsellino. SEGUE
20 giugno 1992 Gli appunti integrali di BORSELLINO che hanno dato origine al celebre discorso “La bellezza del Fresco Profumo di Libertà”, pronunciato nella Chiesa di San Domenico il 20 giugno 1992, a Palermo. SEGUE
20 giugno 1992 “FALCONE È VIVO! di PAOLO BORSELLINO SEGUE
20 giugno 1992 Il discorso di PAOLO BORSELLINO alla Veglia per GIOVANNI FALCONE – VIDEO INTEGRALE
◽️Copia dall’AGENDA GRIGIA del dottor Borsellino
20 giugno 1992 BORSELLINO partecipa alla veglia in ricordo di Giovanni Falcone SEGUE
22 giugno 1992 quando Borsellino pianse: “Un amico mi ha tradito” La deposizione di Alessandra Camassa (20 maggio 2014 – AUDIO) al processo di Caltanissetta: “Era molto turbato, voleva indagare su Capaci” Paolo Borsellino non riuscì a trattenere le lacrime quando, davanti a due colleghi, disse “non posso credere che un amico mi abbia potuto tradire”. Il magistrato ucciso in via D’Amelio si sfogò così con i suoi colleghi Alessandra Camassa e Massimo Russo. L’episodio, noto, è stato ancora una volta confermato dalla Camassa, che ha deposto a Caltanissetta oggi nel processo Borsellino quater. “Ricordo che il giudice Borsellino si alzò dalla sedia si distese sul divano manifestando stanchezza e avvilimento, iniziò a lacrimare in modo evidente. E ci disse: ‘Non posso credere, non posso credere che un amico mi abbia potuto tradire’. Io e il collega Massimo Russo siamo rimasti sorpresi. Questo pianto all’epoca mi impressionò, non avevo mai visto Borsellino piangere. Paolo era particolarmente turbato in quel periodo. Questo avvenne prima del 4 luglio 92. Solo anni dopo capii che quel particolare poteva avere un interesse investigativo”. SEGUE
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23 giugno 1992 – PAOLO BORSELLINO: il mio ricordo di Giovanni Falcone SEGUE
23 giugno 1992 È il trigesimo dalla strage di Capaci. Viene organizzata una catena umana che alle 17.30 porta migliaia di persone a percorrere il tratto di strada che unisce il Palazzo di Giustizia alla casa di Falcone in via Notarbartolo. Alle 17.56 il minuto di silenzio, alla fine del quale si leva un grido: “Falcone vive!”. Le comunità parrocchiali del solidum hanno preparato per la sera una veglia di preghiera nella Chiesa palermitana di S. Ernesto. Borsellino gradisce e appoggia l’iniziativa e ne prende parte. Si presentano migliaia di
persone, la chiesa non riesce a contenerle tutte e molte restano fuori. Quando arriva il momento di parlare, Borsellino viene accolto da un applauso interminabile di sette minuti.
24 giugno 1992 La penultima intervista di Paolo Borsellino SEGUE
24 giugno 1992 Il Sole 24 Ore pubblica un articolo a firma di Liana Milella in cui viene riportato il contenuto di alcune pagine del diario di GIOVANNI FALCONE SEGUE
25 giugno 1992 BORSELLINO incontra in in via riservata presso la caserma dei Carabinieri il capitano GIUSEPPE DE DONNO ed il colonnello MARIO MORI, autori di un voluminoso rapporto sul tema mafia-appalti in Sicilia. Questo rapporto essi lo avevano già consegnato al procuratore GIAMMANCO il 20 febbraio 1991, ma gli sviluppi investigativi erano stati scarsi. “La convocazione segreta – ricorda il PM LUCA TESCAROLI – era dovuta al fatto che il magistrato voleva mantenere il massimo riserbo, ad ulteriore dimostrazione della situazione di disagio e tensione che già caratterizzava i suoi rapporti con GIAMMANCO. Ai due ufficiali Borsellino propose la costituzione presso il ROS di un gruppo coordinato da De Donno, che avrebbe dovuto riferire unicamente a lui. L´incontro alla caserma Carini di Palermo verrá descritto dagli ufficiali Mori e De Donno il 27 marzo 1999 durante un´udienza del processo “Borsellino Ter”. SEGUE
◽️Copia dall’AGENDA GRIGIA del dottor Borsellino
25 giugno 1992 Carabinieri di Palermo apprendono che “negli ambienti carcerari si dà il dottor Borsellino per morto”. Informano il giudice che risponde di esserne a conoscenza ma che preferisce concentrare su di sé tutti i rischi per evitare che si diffondano anche alla sua famiglia.
25 giugno 1992 Alla biblioteca comunale di Palermo si svolge in serata un pubblico dibattito organizzato dalla rivista MICROMEGA a cui partecipa anche BORSELLINO. La sera torna stanchissimo a casa, si cambia e stremato finalmente si mette a tavola. Squilla il telefono: è Alfredo Galasso, ex membro del Csm e caro amico di Paolo. Galasso gli ricorda l’appuntamento che si sarebbe tenuto dopo poco: un pubblico dibattito organizzato dalla rivista MicroMega a cui Borsellino aveva promesso di partecipare. Se ne era dimenticato, ma non vuole deludere l’amico e, dopo aver chiesto scusa ai famigliari, si veste ed esce. Arriva nell’atrio dell’ex convento dei Gesuiti, ora Biblioteca Comunale di Casa Professa, che il dibattito è già iniziato. Lo spazio è gremito, c’è gente seduta anche in terra. Tutti accolgono l’arrivo di Borsellino con un grande applauso. Quando Borsellino inizia a parlare le sue parole sono stanche e sofferenti. Il volto non nasconde la tensione e la fatica di quei giorni. Non ha preparato un discorso, parla di getto. È il suo ultimo discorso pronunciato in pubblico. SEGUE TESTO AUDIO E VIDEO INTEGRALI
25 giugno 1992 Il maggiore UMBERTO SINICO e il maresciallo ANTONIO LOMBARDO si recano nel carcere di Fossombrone per ascoltare GEROLMO D’ANNA, capomafia di Terrasini, storico contatto del maresciallo, suo concittadino e capostazione dei carabinieri locali. Questi, che è “in confidenza” con il maresciallo, gli annuncia che “è arrivato il tritolo per Borsellino”.SEGUE
26 giugno 1992 Dopo la denuncia della biblioteca, BORSELLINO si rituffa nelle indagini che per l’area ristretta delle sue competenze sono quelle delle cosche di Trapani ed Agrigento. “In quei giorni accade una cosa mai verificatasi a casa nostra – racconta la signora AGNESE BORSELLINO – Paolo non riesce a trovare il tempo per occuparsi della famiglia. “Carte, solo. carte. Finisce in ufficio e torna a casa con la borsa piena di documenti da leggere, telefonate SEGUE
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26 e sabato 27 giugno 1992 Borsellino si trova a Giovinazzo, in provincia di Bari, per un convegno di Magistratura indipendente. Alcuni giornalisti chiedono a Borsellino un parere sui diari di Falcone. Il giudice conferma l’esistenza di questi scritti ma esclude che siano diari simili a quello di Chinnici. Il 27 viene pubblicato un’intervista a Borsellino su “Il Mattino” intitolata Sono nel mirino come Falcone: “Con la paura ormai ci convivo. È inutile nascondere le apprensioni quotidiane per la mia incolumità e la sopravvivenza fisica. Il problema è quello di far convivere la paura con il coraggio”.
26 giugno 1992 La corsa contro il tempo di PAOLO BORSELLINO SEGUE
27 giugno 1992 Palermo chiama Italia. Una grande manifestazione unitaria “Italia parte civile” vedrà sfilare a Palermo, per la prima volta, oltre 150 mila persone contro la mafia e per la legalità SEGUE A Palermo si svolge una grande manifestazione antimafia alla quale partecipano centomila persone. La manifestazione é promossa dai sindacati Cgil, Cisl e Uil. Nella sua cronaca dalla manifestazione Corrado Stajano scrive: É una giornata di sole e sembra persino bella, Palermo, un tempo chiamata Felicissima. Ma guardando e mirando con attenzione il mare e Monte Pellegrino ci si rende conto della gigantesca colata di cemento della speculazione edilizia e della mafia che dalla fine degli anni Cinquanta in avanti ha calcificato e sconciato la citta’ , basta guardare i blocchi delle case oltre via Liberta’ , dalla parte di viale Lazio e giu’ giu’ verso l’ aeroporto. Un cemento impastato di sangue. A ogni nome, a ogni targa stradale corrisponde infatti un morto ammazzato. Non solo morti qualunque – quelli sono centinaia ogni anno – ma morti di rango. Perche’ non c’ e’ citta’ in Europa, neppure nel mondo, forse in Colombia, dove in pochi anni sono stati assassinati tutti, proprio tutti gli uomini dello Stato, il presidente della Regione, il capo dell’opposizione, il consigliere istruttore, il procuratore della Repubblica, il prefetto, il capo della mobile, i magistrati, i commissari, i medici legali, i poliziotti, i carabinieri. Ecco, l’elicottero che lascia la sua ombra proprio sulla via Carini dove dieci anni fa furono uccisi il generale Dalla Chiesa, sua moglie, l’agente di scorta. Ecco l’elicottero che lascia la sua ombra sulla via Cavour dove davanti alla bancarella di libri fu assassinato il procuratore della Repubblica Costa.
28 giugno 1992 BORSELLINO scopre casualmente che é arrivato il tritolo destinato a lui SEGUE
28 giugno 1992 Di ritorno da Bari, a Fiumicino, BORSELLINO con la moglie AGNESE e LILIANA FERRARO aspettano di imabarcarsi per Palermo. Ad un tratto, arriva il ministro della difesa SALVO ANDÓ, socialista, che lo saluta, gli si avvicina e gli dice che deve parlargli. BORSELLINO si allontana e si apparta con ANDÒ , che subito gli racconta preoccupato dell´informativa del ROS, stavolta spedita alla procura di Palermo, che li indica entrambi come possibili bersagli di un attentato mafioso. Un terzo obiettivo indicato dal Ros é il pm di Milano Antonio Di Pietro. Andó gli chiede informazioni ulteriori, pareri, consigli. Borsellino é imbarazzato e confessa ad Andó di essere totalmente all´oscuro dell´informativa. Il procuratore Pietro Giammanco, destinatario ufficiale della nota riservata del Ros, non gli ha comunicato niente
29 giugno 1992 Appena arrivato a Palermo, BORSELLINO si precipita nell´ufficio di GIAMMANCO, e protesta: “Lo so bene che da una minaccia ci si puó difendere poco, ma é mio conoscere tutte le notizie che mi riguardano.” Urla, si indigna. SEGUE
30 giugno 1992 In un appartamento segreto a Roma Paolo Borsellino, Vittorio Aliquò ed Antonio Manganelli iniziano a stilare un verbale delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Leonardo Messina. Questi illustra la centralità degli appalti pubblici nel sistema che lega in Sicilia i mafiosi, i politici e gli imprenditori. In questo settore un ruolo chiave è rivestito da Angelo Siino, detto “il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra”. Inoltre Messina cita esplicitamente il gruppo Ferruzzi come uno dei punti referenti imprenditoriali di Cosa Nostra: “Riina è interessato alla Calcestruzzi spa, che agisce in campo nazionale.”
30 giugno 1992 BORSELLINO concede al giornalista LAMBERTO SPOSINI l’ultima intervista filmata della sua vita. Afferma tra le altre cose che le misure di sicurezza per lui e per la sua famiglia sono state notevolmente appesantite a causa del grave pericolo che lui corre. o ritrovato la rabbia per continuarlo a fare. Posso chiederle se lei si sente un sopravvissuto? Guardi, io ricordo ciò che mi disse Ninnì Cassarà allorché ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985, credo. Mi disse: “Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano”. Nonostante tutto Borsellino conferma la sua determinazione nel proseguire il proprio lavoro, anche se ha la certezza che il prezzo da pagare sarà molto alto. VIDEO e NEWS
30 giugno /2-3-6-7-8-9-10-11 luglio 1992 BORSELLINO si reca ripetutamente a Roma per interrogare il collaboratore LEONARDO MESSINA SEGUE
◽️Copia dall’AGENDA GRIGIA del dottor Borsellino
1 luglio 1992 VITTORIO ALIQUÓ e PAOLO BORSELLINO, entrambi procuratori aggiunti a Palermo, si recano a Roma per interrogare GASPERO MUTOLO .NEWS e VERBALE
2 luglio 1992 BORSELLINO incontra in via informale nella sua casa di via Cilea il giornalista del Corriere della Sera LUCA ROSSI che, passando da Palermo, decide di fare visita al magistrato. SEGUE
4 luglio 1992 BORSELLINO si reca al Palazzo di Giustizia di Marsala per la cerimonia di saluto che era già stata rinviata altre volte dopo il trasferimento a Palermo.
Dai suoi colleghi e collaboratori riceverà una lettera che il magistrato incornicerà e conserverà nello studio della sua abitazione palermitana. SEGUE
Un giorno della seconda settimana di luglio 1992 ROSARIA SCHIFANI, vedova dell´agente di scorta Vito Schifani ucciso nella strage di Capaci, visita in serata Paolo Borsellino e la sua famiglia. Nel corso dell´incontro il magistrato dice a Rosaria: “Ti staremo vicini Rosaria cara, avrai il nostro affetto e faremo giustizia per il tuo Vito”. All´incontro sono presenti la moglie di Paolo, Agnese, e i tre figli Manfredi, Fiammetta e Lucia. Rosaria é piena di dubbi e chiede a Borsellino: “Giudice io sono utile?” “Rosaria, tu sei molto utile” risponde il magistrato. E la signora Agnese la ringrazia. “Di che cosa?”, chiede Rosaria. “Del coraggio che ci dai…”, é la risposta. Rosaria é molto turbata dal dubbio se partire e lasciare la Sicilia o se rimanere a Palermo. Borsellino la incoraggia: “Non bisogna abbandonare la Sicilia perche’ questa terra diventera’ bellissima”. Nello studio del giudice quella sera parlano delle speranze, del perdono e dei pentiti. Borsellino le descrive la conversione di Vincenzo Sinagra: “É cambiato. Era una belva ed e’ diventato un essere umano”. Quando per un po’ si trovano soli, Rosaria chiede: “Ha paura?”. Ed il magistrato, fumando nervoso, risponde: “Non ho paura”. Poi, fermandosi un attimo, aggiunge: “Ma ho paura per mia moglie, per i miei figli”.
6 luglio 1992 L’ultima foto di Borsellino:”Sapeva che sarebbe morto” SEGUE
6 luglio 1992 SICUREZZA ZERO LA VISITA ISTITUZIONALE LASCIA UNA CODA IN PROCURA. PARISI FA IL GIRO DEGLI UFFICI E SCOPRE la vulnerabilità di Borsellino. Persino il capo della polizia ne resta sconvolto. Ecco il ricordo della signora AGNESE, nella sua testimonianza al processo “Borsellino Ter” «Dieci giorni prima che mio marito morisse, il capo della polizia è arrivato a Palermo, ha fatto un giro in procura e si è accorto che alle spalle di mio marito c’era un vetro normale e allora lui si è lamentato come mai nessuno si fosse accorto che c’era questo vetro, enorme ma un vetro normale, e allora subito ha fatto mettere il vetro blindato nella stanza di mio marito. C’era la scrivania con la poltrona che dava le spalle a questo vetro, dunque era anche quello un punto vulnerabile. E poi, che io sappia, gli addetti ai lavori, il Comitato di sicurezza non lo so che cosa abbiano deciso, questo sarà scritto nei verbali, sotto i miei occhi non ho visto niente di particolare, insomma non si sono prese delle precauzioni e dei provvedimenti che potessero ostacolare il preannunciato progetto criminale. A me non risulta nient’altro, ecco. Soltanto ricordo che mio marito era più sicuro o si sentiva più sicuro quando era fuori la città di Palermo che quando si trovava in città. Era molto preoccupato per la sua incolumità e la nostra. Ed era anche disposto a sottoporsi a qualsiasi sacrificio pur di salvarsi, pur di salvare gli uomini della sua scorta, pur di salvare la nostra famiglia».
7 e 8 luglio 1992 Paolo Borsellino, il tenente Carmelo Canale ed il sostituto Teresa Principato si recano a Manheim in Germania per interrogare Gioacchino Schembri SEGUE
8 luglio 1992 In via Bartolomeo Sirillo GASPARE SPATUZZA e VITTORIO TUTINO rubano la Fiat 126 che sarà imbottita di esplosivo SEGUE
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9 luglio 1992 BORSELLINO rientra dalla Germania insieme al maresciallo Canale ed al sostituto Teresa Principato. Sotto la scaletta dell’aereo c’è una sola auto di scorta. Quando Borsellino rientra dalla Germania dovrebbe incontrare la figlia FIAMMETTA all’aeroporto di Fiumicino. Infatti Fiammetta è in partenza per Bangkok insieme ad alcuni cari amici di famiglia: il ginecologo Alfio Lo Presti, la moglie Donatella Falzone, i figli Giorgia e Salvatore, compagni inseparabili di Fiammetta. Purtroppo l’aereo del magistrato atterra a Ciampino per una variazione di programma. Borsellino e la figlia non si vedranno più.
9 luglio 1992 Nel pomeriggio BORSELLINO va alla sede dell’Alto Commissariato per la lotta alla mafia per interrogare LEONARDO MESSINA, il pentito di San Cataldo (Caltanissetta), che sa tutto della mafia nissena, che aprirá uno squarcio di luce sulle trame segrete della massoneria in combutta con la mafia e l´alta finanza di riciclatori. Messina parla di guerre sanguinarie tra i clan, descrive omicidi e sparatorie, agguati e massacri, poi chiede: “Dottore, una cortesia, me lo fa un autografo?”. Borsellino resta di stucco: “Un autografo?”. “Si – risponde il pentito – é per i miei figli, me l´hanno chiesto loro, la conoscono, la vedono in tv.” Borsellino, al successivo incontro, si presenta con una cartolina: “In ricordo delle lunghe giornate trascorse con vostro padre. Paolo Borsellino.” In quei giorni Borsellino e Messina si incontreranno almeno un’altra volta. “Il decreto antimafia va bene cosí com´é, se modifiche ci saranno esse dovrebbero riguardare solo le norme processuali”: cosí Martelli risponde ai giornalisti, lasciando la commissione giustizia del senato, dove si sta esaminando il decreto anticriminalitá, varato l´8 giugno scorso, che dovrebbe andare in aula mercoledí 15 luglio. Anche se appare ormai improbabile che il decreto possa essere trasformato in legge in tempo utile. Scadra’ l’8 agosto e il governo sara’ costretto a ripresentarlo.
10 luglio 1992 L´interrogatorio di LEONARDO MESSINA é appena concluso, Borsellino e Canale decidono di andare a cena, da soli. Scelgono una trattoria all´aperto, si siedono. Borsellino ordina “olive e sarde salate per antipasto”. E parla, parla tutta la sera. Parla dei suoi figli. Gli é dispiaciuto non incontrare FIAMMETTA all´aeroporto, spera che si diverta in vacanza. É felice che LUCIA abbia deciso di laurearsi in Farmacia. “Ho sempre avuto nelle narici l´odore dei medicinali di un tempo, mio padre li teneva nei contenitori di ceramica poggiati sugli scaffali del retrobottega della farmacia. Chissá come sarebbe stata la mia vita, se avessi fatto quel mestiere.” É orgoglioso di MANFREDI, dei suoi studi di Giurisprudenza. “Quando lo guardo mi rivedo ragazzo.” E infine la piccola di casa, Fiammetta, che ama leggere libri su libri, proprio come il padre. Poi ricorda tutti i dispiaceri e le amarezze che il suo mestiere gli ha portato. Canale ricorda che Borsellino, quella sera, “era felice.” Scherzando gli confida persino che, se potesse rinascere, vorrebbe fare il portiere di un palazzo. In divisa. “Potrei vendere l´uovo fresco agli inquilini, ritirare al posta, pagare le bollette della luce e del telefono.” E perché? Per potersi permettere tanti, tantissimi rapporti umani, senza dover sempre considerare il rischio di trovarsi coinvolti in amicizie imbarazzanti. Non sa, allora, Borsellino, che anche il suo fidato maresciallo Canale, anni dopo, sará coinvolto in un processo per collusioni con Cosa Nostra dal quale uscirá assolto con il dubbio.
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11 luglio 1992 Iniziano i preparativi dell’attentato al dottor Borsellino. Salvatore Biondino ed i suoi uomini (Giovan Battista Ferrante ed i due Salvatore Biondo, “il lungo” ed “il corto”), effettuavano la prova del telecomando alle Case Ferreri. Nei giorni successivi SEGUE I PREPARATIVI della STRAGE attraverso i racconti dei pentiti FABIO TRANCHINA e GASPARE SPATUZZA SEGUE
12 luglio 1992 “Sono le sei del mattino, quando mi sveglio” ricorda il tenente CARMELO CANALE. “Nella camera d´albergo che condividiamo, il procuratore é giá al lavoro. Lo vedo scrivere su questa agenda rossa. Gli chiedo: ma che fa? Vuol diventare pentito pure lei? Non stará prendendo nota su cosa abbia mangiato ieri sera a cena e chi c´era con noi?” La sera precedente, a cena, erano in quattro: con Borsellino e Canale, c´erano DIEGO CAVALIERO ed il sostituto procuratore Alfredo Greco. “Carmelo – risponde gelido Borsellino – per me é finito il tempo di parlare. Sono successi troppi fatti in questi mesi, anch´io ho le mie cose da scrivere. E qua dentro ce n´é anche per lei.” “Il mio problema è il tempo”. Sente scivolare via i giorni, le 24 ore di un giorno sono troppo poche per la mole di lavoro enorme che vuole portare avanti. Intanto aspetta di essere sentito in merito alla strage di Capaci a Caltanissetta ma la chiamata non arriva. CAPONNETTO lo chiama spesso ed è preoccupato: lo sente stanco e insoddisfatto a causa delle molte difficoltà che sta trovando. “Mi ritrovo più o meno nella stessa situazione in cui si trovava Giovanni”, gli dice. Condizioni di lavoro difficili, ostacoli all’interno della Procura. Caponnetto chiede ad Ayala di controllare Borsellino, è veramente preoccupato. Borsellino, davanti alle richieste di lavorare meno formulate da Ayala, risponde: “Giuseppe, non posso lavorare meno. Mi resta poco tempo”. Ad essere preoccupato per lui è anche uno dei suoi più cari amici, Alfio Lo Presti, che un giorno gli propone di essere prudente, di lasciare perdere e andare via da Palermo, il pericolo è troppo alto. “Allora tu pensi che col mio lavoro non ho concluso niente, che i miei anni da magistrato sono stati inutili. Certo, il male è sempre diffuso, ma come sarebbe stato se io non avessi dato il mio contributo, se io ogni volta fossi fuggito? Non hai rispetto per i miei sentimenti, per tutte le mie scelte di questi anni, non mi sei amico se mi consigli così”, Borsellino si offende e si arrabbia terribilmente e a fatica l’amico riesce a fargli capire quanto la sua sia solo una supplica all’attenzione. Tesi
12 luglio 1992 PAOLO BORSELLINO a Salerno al battesimo del figlio dell’amico e collega, DIEGO CAVALIERO. Cavaliero desidera che Borsellino faccia da padrino di battesimo al suo bambino, Massimo. La risposta è immediata: «Ne sono felice, così tolgo questo bambino dalle mani di un miscredente come te». Il battesimo è fissato a Salerno per il 12 luglio, domenica. «Ma non è Paolo quello che ho di fronte è completamente assente». Tranne per un momento, quando prende il suo nuovo figlioccio sulle gambe e sorride. Probabilmente è l’ultima fotografia, appena sette giorni prima della strage. SEGUE
13 luglio 1992 RAFFAELE GANCI sonda la disponibilità di suo nipote, ANTONINO GALLIANO ad effettuare, per la domenica successiva, il pedinamento del dott. Borsellino;
– in un arco di tempo compreso tra il martedì 14 luglio ed il successivo giovedì 16 luglio, Gaspare Spatuzza viene convocato da Giuseppe Graviano, per ricevere le sue direttive sul furto delle targhe da apporre all’autobomba. Nell’occasione, il capo mandamento raccomandava espressamente di rubare le targhe il sabato pomeriggio, in orario di chiusura degli autosaloni e delle officine, senza operare alcuna effrazione.
13 luglio 1992 Il ROS di Palermo comunica ai vertici della Procura e delle forze dell’ordine che è stato segnalato da attendibili fonti confidenziali l’arrivo di un carico di esplosivo in città. SEGUE
13 luglio 1992 Disse all’amico: “E’ arrivato il tritolo per me “ SEGUE
14 luglio 1992 GIACOMO UBALDO LAURO, calabrese già appartenente alla ‘ndrangheta rifugiatosi in un paese del Nord Europa, avverte il console italiano del luogo che si sta tramando un attentato a Palermo contro BORSELLINO. Comunicata a Roma l’informazione il giorno stesso, essa verrà trasmessa a Palermo solo il 25 luglio, cinque giorni dopo la strage di Via D’Amelio. Nel giro di 24 ore scompaiono nei dintorni di Alcamo in provincia di Trapani Vincenzo Milazzo e la sua compagna Antonella Bonomo. Il Milazzo era ritenuto un uomo di vertice del mandamento alcamese di Cosa Nostra (solo nel 1996 grazie alla collaborazione di Gioacchino La Barbera si saprá che il Milazzo e la Bonomo vengono uccisi da un commando di Cosa Nostra quello stesso giorno a poche ore di distanza uno dall’altro).
14 luglio 1992 Borsellino non fa vita, lavora anche nei giorni della festa di santa Rosalia, la patrona di Palermo, in un Palazzo di Giustizia deserto. Allontana completamente la famiglia, con grande sofferenza. La moglie racconta che Borsellino non vuole essere baciato né da lei né dai figli. Si isola, per proteggerli e per prepararli al distacco. Al collega Ingroia chiede di non andare in ferie per lavorare insieme a lui, c’è molto da fare. Quando Ingroia rifiuta, legge sul volto di Borsellino un misto di rabbia e delusione. Il giorno seguente Ingroia ritorna nel Palazzo semideserto per informare Borsellino che sarebbe stato fuori soltanto il fine settimana, il lunedì sarebbe stato di nuovo con lui a lavoro. Il giudice torna sereno e lo abbraccia. Tesi
15 luglio 1992, AGNESE BORSELLINO “Verso sera, conversando con mio marito in balcone lo vidi sconvolto», «Mi disse testualmente: “Ho visto la mafia in diretta, perché mi hanno detto che il generale Subranni era punciutu (affiliato a Cosa Nostra, ndr)”. Tre giorni dopo, durante una passeggiata sul lungomare di Carini, mi disse che a ucciderlo non sarebbe stata la mafia, della quale non aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere».
15 luglio 1992 CARLA DEL PONTE, giudice svizzero e collaboratrice di Falcone, rilascia un’intervista in cui afferma di sentirsi minacciata e di non SEGUE
Un giorno fra il 15 ed il 19 luglio 1992 BORSELLINO incarica il tenente CANALE di ripescare dall’archivio della sezione anticrimine un rapporto sulla Duomo Connection, inchiesta sui tentacoli della mafia a Milano. Paolo Borsellino confida al maresciallo Canale che entro l’estate avrebbe arrestato il Procuratore GIAMMANCO, perché doveva raccontare quanto di sua conoscenza sull’omicidio LIMA.
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16 luglio 1992 SALVATORE BIONDINO (in compagnia di Giuseppe Graviano e di Carlo Greco) dice a Giovanni Brusca che erano “sotto lavoro” e che non avevano bisogno di alcun aiuto, da parte sua (confermando che, in quel preciso momento, la macchina organizzativa della strage era già ben definita);
– lo stesso giovedì 16 luglio oppure l’indomani, Salvatore Biondino avvisa Giovan Battista Ferrante di non andare in barca la domenica successiva e di tenersi a disposizione, perché ci sarebbe stato “del daffare”;
– nello stesso arco di tempo, fra il 16 giovedì ed il venerdì 17 luglio, Raffaele Ganci informa Salvatore Cancemi che la domenica ci sarebbe stato l’attentato con l’esplosivo, contro Paolo Borsellino, durante una visita del Magistrato alla madre e che Salvatore Biondino aveva già messo a punto ogni dettaglio per l’esecuzione.
16 e 17 luglio 1992 BORSELLINO si reca a Roma per interrogare il pentito GASPARE MUTOLO ed altri collaboratori. L’interrogatorio dura parecchie ore. Il pentito accetta di verbalizzare le accuse su Contrada e Signorino. Ma non si fa in tempo, se ne riparlerá lunedí prossimo. É tardi. Borsellino chiude il verbale senza neppure una parola, sempre piú incupito. Saluta Mutolo, ed é l´ultima volta che lo vede.Un confidente dei carabinieri di Milano rivela che si sta preparando un attentato ad Antonio Di Pietro e a Paolo Borsellino. La fonte è ritenuta altamente attendibile ed il raggruppamento ROS di Milano invia un rapporto alla Procura di Milano ed a quella di Palermo. L’informativa è inviata per posta ordinaria ed arriverà a Palermo dopo la strage di Via D’Amelio. In seguito a questa notizia viene pesantemente rafforzata la scorta a Di Pietro ed alla sua famiglia, il PM milanese non dorme neppure a casa sua. Il maresciallo Cava del ROS di Milano tenta anche di mettersi in contatto diretto con la Procura palermitana ma senza risultato.
GASPARE MUTOLO: “Nell’ultimo interrogatorio Borsellino era molto preoccupato” VERBALE e NEWS
17 luglio 1992, alle ore 17.58, GASPARE SPATUZZA telefona all’utenza intestata a Cristofaro Cannella […];
17 luglio 1992 LEONARDO MESSINA, collaboratore di giustizia: “ SEGUE
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17 luglio 1992 In mattinata BORSELLINO incontra a Roma il capo della polizia VINCENZO PARISI per rivolgergli SEGUE
17 luglio 1992 Don CESARE ROTTOBALLI: «Mi disse: confessami, mi sto preparando». Il venerdì precedente il suo eccidio, due giorni prima andai alla procura del Tribunale di Palermo, nel suo ufficio. Parlammo della situazione che si era creata dopo la strage di Capaci, della testimonianza che portavo assieme alla moglie di mio cugino, la signora Rosaria Costa SEGUE
17-19 luglio 1992 Le ore che precedettero la sua morte di BORSELLINO dalla SENTENZA del “BORSELLINO BIS” SEGUE
17 luglio 1992 BORSELLINO rientra a Palermo. Nel pomeriggio è in Procura. Prima del rientro a casa, compie un gesto insolito. Saluta uno ad uno i colleghi che incontra, abbracciandoli. Tra questi ci sono Vittorio Teresi, Teresa Principato e Ignazio de Francisci. Stupiti gli chiedono il motivo di questo saluto. Borsellino, sorridendo appena e nascondendo la preoccupazione, dice: “E perché vi stupite? Non vi posso salutare?”. Torna a casa nel tardo pomeriggio. Manfredi racconta: “Mio padre è teso, nervosissimo. In troppi, e di questo ne è amareggiato, sanno che Mutolo ha deciso di collaborare; qualcuno ha violato un segreto che dovrebbe essere mantenuto, soprattutto nella fase iniziale di un pentimento”; “Papà riesce a trovare spazio per l’ottimismo anche in quell’occasione:
‘Sento che il cerchio attorno a Riina sta per chiudersi, stavolta lo prendiamo’, commenta a casa, confidandoci che c’è un nuovo boss che s’è pentito. Non ci fa il suo nome: ‘Vi dico solo che è un uomo d’onore vicinissimo per anni a Totò u curtu, gli ha fatto persino da autista’”. Poi Borsellino si rivolge alla moglie: “Andiamo a Villagrazia, ho bisogno di un po’ di aria di mare. Ma senza scorta, da soli”. La signora Agnese ha paura, è pericoloso senza scorta, ma il marito non accetta contestazioni. La sua decisione è ferma. In macchina Borsellino resta silenzioso. La moglie ricorda: “Riesco a fatica a fargli ammettere qualcosa: un pentito, un mafioso, ha lanciato accuse contro un magistrato, lo ha definito colluso. Ora capisco. Paolo non ha mai avuto una diffidenza gratuita verso i colleghi. Li disapprova se si accorge che lavorano senza passione, se sono pavidi, se usano la toga solo per far carriera e assecondare la voglia di protagonismo delle mogli e degli amici. Ma non è disposto ad accettare l’idea che qualcuno possa essere corrotto. “Quel pomeriggio a Villagrazia incontrammo un amico, che ci offrì una birra. Poi Paolo volle fare una passeggiata in riva al mare. Il cielo era di un colore bellissimo. Mi prese per mano, come la nostra prima volta al Foro Italico, quella mattina che c’eravamo incontrati per caso in via Maqueda. Ma a Villagrazia le sue mani erano sudate. E non c’erano sorrisi sul volto di Paolo, solo tanta amarezza. Mi disse: ‘Per me è finita’. Io gli sussurravo: ‘Paolo, restiamo a Villagrazia’. Ma lui ripeteva: ‘Agnese, non facciamo programmi. Viviamo alla giornata’. Mi disse soprattutto che non sarebbe stata la mafia a decidere la sua uccisione, la mafia che non gli faceva paura, ma sarebbero stati alcuni suoi colleghi e altri a permettere che ciò potesse accadere”. Ma c’è di più SEGUE
18 luglio 1992 BORSELLINO lavora in procura la mattina in procura. Prima di rincasare BORSELLINO si ferma all´hotel Astoria Palace, in via Monte Pellegrino. Lí incontra DAVIDE CONTI il Pm di Aosta in vacanza in cittá che gli aveva telefonato per incontrarlo e salutarlo. Monti é il magistrato che condurrá a metá degli anni novanta l´inchiesta Phoney Money, su un giro di miliardi riciclati nel quale sono coinvolti faccendieri italiani in rapporti molto stretti con i servizi segreti americani. Tornando a casa, Borsellino saluta il suo portiere, don Ciccio, lo abbraccia e lo bacia. Anche in questo caso sono effusioni insolite, atipiche, mai manifestate prima. Il portinaio del palazzone di via Cilea le riferirá, commosso, ai familiari del giudice, nei giorni successivi alla strage.
18 luglio 1992, nella tarda mattina, GASPARE SPATUZZA e VITTORIO TUTINO recuperano da un elettrauto di Corso dei Mille, due batterie per autovettura, necessarie, assieme all’antennino procurato dall’imputato, a far esplodere l’autobomba; successivamente, Spatuzza porta la Fiat 126 in un garage seminterrato, a meno di un chilometro di distanza dalla via D’Amelio, scortato da Nino Mangano e Fifetto Cannella; nello stesso pomeriggio, Spatuzza e Tutino rubano anche le targhe da un’altra Fiat 126, nella carrozzeria di Giuseppe Orofino e, successivamente, Spatuzza consegna dette targhe a Giuseppe Graviano, presso il maneggio dei fratelli Vitale (come da precedenti accordi); Giovan Battista Ferrante incontra Salvatore Biondino, che – dandogli appuntamento per le sette dell’indomani mattina – gli consegna un biglietto con scritto il numero di un’utenza mobile (quella intestata a Cristofaro Cannella) che doveva chiamare, l’indomani, appena avvistato il convoglio di automobili della scorta di Paolo Borsellino;
18 luglio 1992 AGNESE BORSELLINO “Ricordo perfettamente che il sabato 18 luglio 1992 andai a fare una passeggiata con mio marito sul lungomare di Carini senza essere seguiti dalla scorta. In tale circostanza, Paolo mi disse che non sarebbe stata la mafia ad ucciderlo, della quale non \ aveva paura, ma sarebbero stati i suoi colleghi ed altri a permettere che ciò potesse accadere.”
Estratto dal VERBALE del 18 agosto 2009 della deposizione signora AGNESE PIRAINO BORSELLINO presso la Procura della Repubblica di Caltanisetta.18 luglio 1992 Il dottor BORSELLINO preleva dall’archivio del tribunale di Palermo il “Il fascicolo n. 5261-90 riguardante l’omicidio dell’imprenditore LUIGI RANIERI (avvenuto il 14 dicembre 1988) lasciando al suo posto una sua annotazione di prelievo. Il movente dell’omicidio é da ricondursi al diniego del Ranieri di scendere a patti con Cosa nostra rispetto alla gestione degli appalti che lo riguardano. Nel verbale del primo luglio 1992, LEONARDO MESSINA parla a Borsellino dell’omicidio Ranieri aggiungendo che “Riina era il maggior interessato alla Calcestruzzi Spa”. Il Rapporto MAFIA e APPALTI di Mori e De Donno del ’91 riportava inoltre un altro passo del rapporto di Polizia del 1990 sull’omicidio Ranieri, ove “si legge che questi ‘era stato in rapporti sufficientemente continui con i Greco di Ciaculli’.
18 luglio 1992 LEONARDO GUARNOTTA “Perché sei venuto a trovarmi, Paolo? Era solo una visita di cortesia oppure volevi mettermi al corrente di qualcosa di importante?” SEGUE
18 luglio 1992 BORSELLINO chiama al telefono il cardiologo della madre: Il teste PIETRO DI PASQUALE il 18 gennaio 1995 riferisce di essere stato amico di Paolo BORSELLINO e anche il cardiologo di fiducia di sua madre, la signora Maria LEPANTO. Egli soleva visitarla quando era necessario, alcune volte a casa propria, più spesso in via D’Amelio o nell’abitazione della figlia Adele. Riferisce inoltre che alle 13.00 di sabato 18 luglio BORSELLINO lo chiamò all’ospedale – dopo avere telefonato a casa e parlato con sua moglie e gli disse che la madre non si sentiva bene e che vi era bisogno che la visitasse. DI PASQUALE gli propose di visitare la signora LEPANTO il lunedì successivo, 20 luglio, ma il magistrato gli rispose che per quel giorno aveva già un impegno fuori Palermo; rimasero d’accordo che si sarebbero risentiti telefonicamente quello stesso pomeriggio, per mettersi d’accordo. Il teste ha proseguito riferendo che, quel pomeriggio, andò al mare e che poi fece rientro a casa più tardi del previsto, perché la sua auto ebbe un guasto. Allora, chiamò il dott. BORSELLINO a casa sua intorno alle 19.30: questi gli disse che stava per uscire da casa, perché aveva un appuntamento alle 20.00 all’hotel “Astoria” e che forse sarebbe passato a prenderlo a casa sua per portarlo da sua madre; in caso contrario, poiché il teste per la domenica mattina aveva già programmato una gita al mare con la famiglia, BORSELLINO gli disse che sarebbe venuto da lui domenica pomeriggio. Dopo quella telefonata, non vide e non sentì più l’amico BORSELLINO.
18 luglio 1992 Le ultime 24 ore del dottor Borsellino e le telefonate a madre e sorella SEGUE
19 luglio 1992 La LETTERA testamento di PAOLO BORSELLINO al Liceo di Padova SEGUE
19 luglio 1992 Alle 5 di mattina Borsellino riceve una telefonata dall’altra parte del mondo, sono Fiammetta e l’amico Alfio Lo Presti che gli telefonano per sentire come sta e per parlare con lui.
19 luglio 1992 Alle 7.00, squilla nuovamente il telefono. A quell’ora, é una chiamata insolita. Agnese si preoccupa, si alza dal letto, raggiunge lo studio, ascolta. La conversazione dura pochi minuti. Agnese sente Paolo replicare infuriato: “No, la partita é aperta.” Poi il rumore della cornetta sbattuta sul telefono. “Che succede?” Borsellino alza gli occhi, si accorge di averla svegliata, ma é troppo arrabbiato persino per scusarsi: “Lo sai chi era? Quel… Era GIAMMANCO” Poi, congestionato per la rabbia, le racconta che il procuratore l´ha chiamato dicendogli che per tutta la notte non ha chiuso occhio, al pensiero di quella delega sulle indagini di mafia a Palermo, al pensiero delle polemiche sugli interrogatori di Mutolo. I tempi sono maturi, gli annuncia Giammanco, perché finalmente questa delega gli venga conferita. Il capo la firmerá domani mattina, in ufficio, e gliela conferirá prima della sua partenza per la Germania. Si, ma perché lo chiama di domenica? A quell´ora? “Ma perché tanta fretta?” chiede Agnese. Quella delega la aspetta da mesi. Eppure Borsellino, piuttosto che contento é turbato, arrabbiato. Passeggia, si agita, fa su e giú per il corridoio di casa. Riferisce alla moglie: “Lo sai che mi ha detto? Cosí la partita é chiusa.” “La partita? E tu?” Borsellino alza ancora la voce: “E io? Non l´hai sentito? Gli ho urlato: la partita é aperta.” Altro che chiusa, sono comportamenti di cui Giammanco dovrá rendere conto al momento e nella sede piú opportuna, spiega Borsellino alla moglie. Poi si accorge che nello studio é arrivata pure Lucia. “Oh Lucia, pure tu ti sei svegliata? Mi dispiace… Senti, gioia, vuoi venire con noi a Villagrazia? Magari riusciró a vederti un po´abbronzata.” Borsellino ora sorride, programma all´istante la giornata: subito a Villagrazia a prendere il sole, poi insieme a Lucia a prendere la nonna per portarla dal cardiologo, infine ritorno a casa: la ragazza a studiare, lui a lavorare. Ma Lucia é irremovibile. “Non posso, mi dispiace, lo sai che domani ho un esame.” Neanche Manfredi, quella domenica, accetta di accompagnare papá al mare, nel villino estivo, in un orario cosí mattiniero. “La sera prima – ricorda Manfredi – avevo fatto tardi, volevo prendermela comoda, cosí gli dissi: vai avanti, papá, poi ti raggiungo.” Né Lucia né Manfredi lo accompagnano. Borsellino é un po´ seccato, ma non cambia i suoi programmi. Agnese esce di casa per prima, quella mattina, si avvia a Villagrazia con un cugino, il marito la raggiungerá verso le dieci. Quando piú tardi anche Manfredi arriva a Villagrazia, sono giá le undici, ed il ragazzo trova davanti al villino gli agenti della scorta. Lo informano: “Suo padre é uscito in barca, con l´amico Vincenzo Barone, é andato a fare un bagno al largo.” Dopo il bagno, con il motoscafo i due amici vanno a Marina Longa, si intrufolano in un condominio privato in cui si entra dal mare. Lí c´é un ristrante dove Agnese é andata a comprare del pesce, con un´amica. Il giudice spera di incontrarla per tornare in barca, insieme a lei. Ma non la vede. La moglie, infatti, é appena rincasata a piedi. Quando torna a casa, Borsellino si affretta verso il villino di Pippo e Mirella Tricoli, vecchi amici di famiglia, per pranzare con loro. C´é un vassoio di panelle e crocchette, il pesce, i dolci. Il pranzo é disteso, sereno. Eppure Pippo Tricoli, testimonierá che quel giorno, senza farsi sentire dai familiari, Borsellino, preoccupatissimo, gli confida i suoi timori: “É arrivato il tritolo per me.” É l´ultimo segnale di allarme lanciato da un uomo ormai consapevole di essere rimasto solo. All´improvviso squilla il cellulare: é Antonio Manganelli, dirigente del servizio centrale operativo della polizia. Gli comunica i dettagli sulla partenza per la Germania, e Borsellino tira subito fuori l´agenda rossa, per annotare gli spostamenti previsti.
Quando il pranzo si conclude Borsellino si sposta davanti alla tv per seguire la sua antica passione, il ciclismo. Quel giorno c´é un´altra tappa del tour de France. Poi saluta gli amici, per un piccolo riposo pomeridiano. “Vado a dormire un po´”, dice, e torna al suo villino, da solo. Si distende sul letto, ma non chiude occhio. Agnese troverá sul comodino il posacenere pieno di cicche di sigarette. Ne ha fumate cinque in poco piú di un´ora. Quando Borsellino torna in giardino, Lacoste azzurra, jeans, mocassini leggeri Tod’s, regalo di Lucia, sono le 16.30. Ha con sé la borsa portadocumenti dove ha la sciato scivolare le sue carte, l´inseparabile pacchetto di Dunhill, il costume bianco, ancora un poco umido. E dove ha riposto la sua agenda rossa, fresca degli ultimi appunti della giornata. Passa dal villino degli amici, affianco al suo, saluta tutti, abbraccia e bacia Pippo Tricoli, con uno slancio inusuale, che lascia stupito l´amico, poi Manfredi e Vincenzo Barone lo accompagnano allo slargo davanti al cancello, dove sostano le auto blindate. “Ciao a tutti” si congeda. “Vado a prendere mia madre, devo portarla dal dottore.” Apre lo sportello posteriore della Croma blindata, e lí posa la sua borsa. Un ultimo saluto. L´auto parte sgommando verso l´autostrada che conduce a Palermo. Comincia il viaggio, l´ultimo viaggio di Paolo Borsellino. Manfredi Borsellino ha ricordato il commiato del padre con queste parole: “Il ricordo che piú mi é rimasto impresso di mio padre é quando il 19 luglio ci ha salutati al villino al mare e si é allontanato per andare in via D´Amelio. Mi ricordo che ci ha salutati come se veramente fosse un po´ l´ultimo saluto. Mi ricordo che comunque, nonostante tutto, abbia sorriso fino all´ultimo.” Il corteo composto da tre auto si dirige rapidamente verso Palermo ed arriva in Via D’Amelio dove abita la madre del magistrato. Borsellino scende insieme a 5 agenti di scorta, suona il campanello. 19luglio1992.it
19 luglio 1992 Il mistero di quella telefonata di GIAMMANCO SEGUE
19 luglio 1992 LUCIA BORSELLINO: quella telefonata a mio padre dal Procuratore GIAMMANCO alle sette di mattina del 19 luglio…SEGUE
19 luglio 1992 MANFREDI BORSELLINO: “La mattina del 19 luglio, complice il fatto… che si trattava di una domenica ed ero oramai libero da impegni universitari, mi alzai abbastanza tardi, perlomeno rispetto all’orario in cui solitamente si alzava mio padre che amava dire che si alzava ogni giorno (compresa la domenica) alle 5 del mattino per “fottere” il mondo con due ore di anticipo. SEGUE
19 luglio 2024 L’ordine di servizio alla “QUARTO SAVONA 21” per il servizio di scorta al dottor Borsellino
Fonti: agenda grigia del dottor Borsellino, rassegne stampa, verbali, sentenze, L’Agenda Rossa di Paolo Borsellino (Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza), sito 19luglio1992.com, testimonianze.
19 luglio 1992 L’appuntamento mancato con il cardiologo SEGUE