Richiesta e Decreto di archiviazione
- 16.2.1991 – RAPPORTO R.O.S CARABINIERI 16.2.1991 (PDF) (testo)
- 2.7.1990 INFORMATIVA ROSÂ CARABINIERI
- 5.6.1998 – Relazione Procura di Palermo su Mafia-Appalti
- 20.4.2018 capitolo MAFIA e APPALTI della Setenza,primo grado processo Trattativa Stato-mafia
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11.6.2025 MAFIA e APPALTI di Claudia Aldi
11.6.2025 Borsellino, lâomicidio Ranieri e il fascicolo 5261/90 prelevato il giorno prima di morireâ Servizio tratto da RAI 2 LINEA di CONFINE  a cura di Coaudia Aldi  VIDEO
Mafia e appalti: le radici dei grandi affari che legano il colonnello di Provenzano Francesco Bonura al “ministro di Riina” Angelo Siino si trovano nella politica locale. Episodi come quanto avvenuto alle elezioni amministrative di Partinico nel 2005 suggeriscono oggi il metodo di trasformazione adottato da Cosa nostra, tra intercettazioni e confessioni che suggeriscono mire sempre piĂš ambiziose e affari insospettabili ancora in corso.
- 31.7.2025 FABIO TRIZZINO: â Il giudice naturale della strage di Via dâAmelio è Caltanissetta.â
- 25.7.2025 PerchÊ fu ucciso Paolo Borsellino, ora lo sappiamo ma non perchÊ non si indagò.
- 6.7.2025 BORSELLINO, ritrovate carte cruciali â La VeritĂ 6 luglio 2025
- 5.7.2025 Mafia e appalti, brogliacci delle intercettazioni ritrovati dopo 30 anni: GIOACCHINO NATOLI sentito per 12 ore
- 5.7.2025 Mafia e appalti, la Finanza ritrova i brogliacci delle intercettazioni scomparsi. Natoli si difende
- 27.6.2025 Dietro la morte di Paolo Borsellino spunta lâombra della massoneria
- 14.5.2025 INCHIESTA VIA DâAMELIO â E se il depistaggio fosse grillino ?Â
- 14.5.2025 COLOSIMO, câè chi vuole comandare fuori da norme Parlamento
- 30.4.2025 STRAGE VIA DâAMELIO â ATTILIO BOLZONI: la pista mafia-appalti? Un totem, un feticcio agitato per allontanarci dalla veritĂ e far perdere tempo.
- 9.2.2025 Carrara, ÂŤMafia alle cave negli anni 90 i dubbi sulla fine di GardiniÂť
- 9.2.2025 Strage di Via DâAmelio, tra Caltanissetta e Roma inquietanti sintonie
- 29.12.2024 âEcco lâindagine sugli appalti costata la vita a Borsellino e alla sua scortaâ
- 12 .12.2024 Mafia Appalti e i processi aggiustatiâŚ
- 6.12.2024 DI FRESCO telefonò a BONURA
- 10.11.2024 Carrara, lâomicidio Borsellino e il âfilone caveâ: parla il finanziere che fece le indagini
- 14.9.2024 Emergono sviluppi sul caso bobine
- Dopo 26 anni ritrovate le intercettazioni sugli interessi di cosa nostra al nord
- 29.9.2024 BOSS, MANAGER E POLITICI NELLE BOBINE RITROVATE
- 1.10.2024 MAFIA e APPALTI â Trovati i nastri della procura di Massa Carrara
- 20.8.2024 Filippo Salamone e il dossier Mafia-appalti. Il Vangelo (secondo qualcuno)
- 14.8.2024 Caro professor Fiandaca, sul dossier âMafia-appaltiâ la sua tesi è deludente
- 11.8.2024 Mafia e appalti, la soffiata sui Buscemi e âi telefoni divennero mutiâ
- Mafia e Appalti â PIERO FRANCO ANGELONI:ÂŤEcco cosa scoprĂŹ la nostra procuraÂť
- 9.8.2024 Legami fra mafia e Gruppo Ferruzzi
- 6.8.2024 Falcone, Borsellino e gli appalti di Cosa Nostra
- 4.8.2024 Le cortine fumogene dellâinchiesta Stato-mafia per eludere ogni chiarezza su politica e mafia-appalti
- 4.8.2024 Le cortine fumogene dellâinchiesta Stato-mafia per eludere ogni chiarezza su politica e mafia-appalti
- 4.8.2024 Mafia e appalti, il falso pentito e lâimbroglio del processo trattativa come diversivo: lâindagine su Pignatone apre uno squarcio
- 13.7.2024 Mafia e appalti â Dalla riunione di Enna agli attentati del â93
- 1 agosto 2024 Inchiesta MAFIA e APPALTI. I clamorosi sviluppi delle indagini condotte dalla Procura di Caltanissetta
- 9.7.2024 Mafia appalti, da Palermo qualcuno avvisò i vertici dei Ferruzzi Gardini
- 4.7.2024 – Luca Rossi in COMMISSIONE ANTIMAFIA: Borsellino mi disse: âSono convinto che lâeliminazione di Falcone sia legata a una questione di appalti e collegata anche con lâomicidio
- 27.3.2024 Stato-Mafia, appalti e gli attentati a Falcone e Borsellino. Mori: ÂŤI nemici ci hanno rovinatiÂť. De Donno: ÂŤChiediamo totale veritĂ Âť (Videointervista)
- 15.2.2024 CHIARA COLOSIMO.: âLâerrore di scartare la pista dei legami tra la strage e la sua ultima indagineâ
- 19.2.2024 Borsellino e i documenti della borsa finiti in Procura il giorno stesso della strage
- 16.2.2024 Torna il tormentone ? Quando titolo e articolo âŚ
- 15.2.2024 Lâultima notte di Borsellino e quellâappalto insanguinato
- 23.12.2023 Mafia-appalti. Punto dâarrivo o punto di partenza?
- 27.11.2023 La riunione sul dossier âMafia e Appaltiâ e i contrasti fra i pm
- Â 2.10.2023 MAFIA APPALTI e il geometra LI PERA
- 18.11.2023 Dossier Mafia-Appalti
- 11.11.2023 CriminalitĂ e cave, il mafioso Buscemi a Carrara per una riunione: lo dicono due testimoni
- 19.3.2023 âMafia e appaltiâ, confiscati beni milioni di euro al geometra Li Pera
- 23.12.2023 Mafia-appalti. Punto dâarrivo o punto di partenza?
- 28.10.2023 Salvatore Borsellino: âTesi âMafia e Appaltiâ deviante. Forse suggerita dal Rosâ
- 6.11.2022 Falcone, Borsellino e le indagini sui grandi appalti inquinati dalla mafia
- 30.7.2022 ÂŤDietro via DâAmelio il dossier mafia-appaltiÂť, riaperta lâinchiesta
- 15.5.2022 Mafia, appalti e lâintreccio per isolare Borsellino: âUn amico mi ha traditoâ
- 15.11.2021 Il dossier âmafia-appaltiâ, la guerra fra magistrati e carabinieri e versioni opposte su Borsellino
- 27.5.2021 Falcone e Borsellino hanno detto: Salvo Lima è stato ucciso per il dossier mafia-ay
- 25.10.2019 Mafia-appalti, sparito il pentito che parlò a Borsellino del coinvolgimento di Raul Gardini
- 26.11.2011 Processo strage Borsellino, Scarpinato âa insabbiare il dossier mafia-appalti fu il Rosâ
- 1.10.2009 â Gardini e Cosa nostra: quei legami che nessuno ricorda
- Totò Riina, i fratelli Buscemi e la Calcestruzzi di Raul Gardini
- Falcone, Borsellino e gli appalti di Cosa Nostra
- Lâeliminazione di BORSELLINO, il RAPPORTO MAFIA-APPALTI e il coinvolgimento delle imprese del Nord a FAR WEST
- Mafia-appalti, sparito il pentito che parlò a Borsellino del coinvolgimento di Raul Gardini
- ÂŤDietro via DâAmelio il dossier mafia-appaltiÂť, da oltre un anno riaperta lâinchiesta
- Falcone e Borsellino hanno detto: Salvo Lima è stato ucciso per il dossier mafia-appaltiBorsellino, 5 giorni prima della strage, ai colleghi: Approfondite mafia-appalti!
- Falcone e Borsellino hanno detto: Salvo Lima è stato ucciso per il dossier mafia-appalti
- Fiammetta Borsellino: sulla strage di via DâAmelio nientâaltro che la veritĂ
- ÂŤDietro via DâAmelio il dossier mafia-appaltiÂť, riaperta lâinchiesta
- Mafia, appalti e lâintreccio per isolare Borsellino: âUn amico mi ha traditoâ
- Processo strage Borsellino, Scarpinato âa insabbiare il dossier mafia-appalti fu il Rosâ
- Falcone, Borsellino e le indagini sui grandi appalti inquinati dalla mafia
- Lâincontro segreto di Borsellino con i ROS alla Caserma Carini
- La riunione sul dossier âMafia e Appaltiâ e i contrasti fra i pm
- Â MAFIA-APPALTI e il geometra LI PERA
- âMafia e appaltiâ, confiscati beni milioni di euro al geometra Li Pera
- ALFREDO GALASSO: la polemica con Falcone, mafia e appalti, via DâAmelio
- Totò Riina, i fratelli Buscemi e la Calcestruzzi di Raul Gardini
- Richiesta archiviazione mandanti occulti
1998 â MAFIA E APPALTI –  Giancarlo Caselli interroga Antonio Di Pietro e la signora Agnese BorsellinoâŚ
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10.2.1999 – Appalti, ecco perchĂŠ fu ucciso Borsellino
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âCosĂŹ il generale Screpanti âinsabbiòâ lâinchiesta Mafia-Appaltiâ, lâaccusa della procura di Caltanissetta
đ Avrebbe aiutato da capitano i boss mafiosi Francesco Bonura e Antonino Buscemi, questâultimo ex braccio destro di Totò Riina, ad eludere nel 1992 le indagini nei loro confronti. In particolare, Screpanti non avrebbe trascritto diverse intercettazioni telefoniche che dimostravano il coinvolgimento dei due boss corleonesi in un filone dellâinchiesta âMafia e appaltiâ condotta dai carabinieri del Ros comandati allâepoca dal colonnello Mario Mori. Screpanti, scrivono i pm di Caltanissetta, per âoccultareâ ogni rilevante esito dellâinchiesta avrebbe poi provveduto anche alla completa smagnetizzazione delle bobine, su indicazione dellâallora pm palermitano Gioacchino Natoli. Il coinvolgimento di Screpanti emerge dalla lettura del capo dâimputazione a carico di Natoli firmato la settimana scorsa dal procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca.
Indagato lâex PM Gioacchino Natoli per aver insabbiato lâinchiesta âmafia e appaltiâ non risponde ai magistrati
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đ Per aver insabbiato lâindagine avviata dalla procura di Massa Carrara Natoli agendo in concorso con lâex procuratore di Palermo Pietro Giammanco
đ Per aver  aiutato i mafiosi Antonino Buscemi e Francesco Bonura, lâimprenditore e politico Ernesto Di Fresco e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini (gli ultimi tre al vertice del Gruppo Ferruzzi) ad eludere le indagini
đ Per  aver svolto una âindagine apparenteâ, ârichiedendo, tra lâaltro, lâautorizzazione a disporre attivitĂ di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale (inferiore ai 40 giorni per la quasi totalitĂ dei target) e solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione, per assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indaginiâÂ
đ Per  aver disposto, âdâintesa con lâufficiale della Guardia di Finanza Screpanti che non venissero trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la âmessa a disposizioneâ di Di Fresco in favore di Bonura, nonchĂŠ una concreta ipotesi di âaggiustamentoâ, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte dâAssise di Appello di Palermo.
- NATOLI e gli attacchi di AD allâavocato Trizzino
- NATOLI audizione in Commissione Parlamentare Antimafia
- 6.7.2025 BORSELLINO, ritrovate carte cruciali â La VeritĂ 6 luglio 2025
- 5.7.2025 Mafia e appalti, brogliacci delle intercettazioni ritrovati dopo 30 anni: GIOACCHINO NATOLI sentito per 12 ore
- 5.7.2025 Mafia e appalti, la Finanza ritrova i brogliacci delle intercettazioni scomparsi. Natoli si difende
- 3.2.2025 Inchiesta Natoli, la difesa scopre 6 bobine che erano sfuggite ai pm
- 25.6.1992 – Provvedimento di Distruzione Intercettazioni
- 19.6.1992 – Richiesta e Decreto di Archiviazione
8.7.2024 GIOACCHINO NATOLI: âla calligrafia dellâaggiunta a mano non ĂŠ la miaâ
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Dossier mafia-appalti, Caltanissetta ritrova i nastri: Screpanti sarĂ interrogato
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Ă sempre piĂš avvolta nel mistero lâindagine che vede il coinvolgimento, con lâaccusa di aver favorito Cosa nostra, dellâallora pm del Pool di Palermo Gioacchino Natoli. Tutto ruota intorno alla dicitura âe la distruzione dei brogliacciâ, aggiunta a penna nel provvedimento a firma dalla stesso Natoli e con cui si disponeva la smagnetizzazione, per il loro successivo riutilizzo, delle bobine utilizzate nel procedimento nei confronti dei boss Antonino Buscemi e Francesco Bonura. I magistrati di Caltanissetta sono convinti che sia stato proprio Natoli ad apporre tale indicazione sul provvedimento, depositato in cancelleria il 26 giugno del 1992, con lo scopo di âoccultareâelementi che avrebbero provato la responsabilitĂ dei due boss mafiosi nellâinchiesta su uno dei filoni di âMafia e appaltiâ.
Natoli lo scorso gennaio a tal riguardo aveva mandato una nota a Caltanissetta nella quale puntava invece il dito su Domenico Galati,responsabile amministrativo dellâufficio intercettazioni della Procura di Palermo, negando di essere lui lâautore materiale di quella frase scritta a penna. Galati aveva però successivamente smentito le accuse mossegli da Natoli, affermando che quella non fosse la sua grafia. Il fascicolo, come ricordato la scorsa settimana sullâUnitĂ , era nato da una informativa trasmessa a Palermo dal pm di Massa Carrara Augusto Lama. Il magistrato aveva scoperto che due aziende, la Sam (SocietĂ apuana marmi) e la Imeg (Industria marmi e graniti) erano legate alla Calcestruzzi Ravenna Spa del gruppo Ferruzzi-Gardini, di cui amministratore unico era il geometra Girolamo Cimino, cognato di Antonino e Salvatore Buscemi, fedelissimi di Riina. Lama inviò dunque una nota alla Procura di Palermo affinchĂŠ approfondisse la circostanza, chiedendo anche di effettuare intercettazioni telefoniche ad iniziare proprio dalle utenze di Buscemi. Natoli, dopo poche settimane, terminati gli accertamenti aveva chiesto e ottenuto lâarchiviazione dal gip, disponendo successivamente la distruzione dei nastri, âperchĂŠ le intercettazioni avevano dato esito negativo ed era prassi che i supporti dovessero essere recuperati per altre indaginiâ.
Lâex pm, oltre allâaccusa di favoreggiamento alla mafia, è adesso accusato anche di calunnia nei confronti di Galati, in pensione dal 2014. Per uno strano scherzo del destino, comunque, le bobine in questione non sono mai state smagnetizzate e riutilizzate in altri procedimenti ma furono ritrovate nei mesi scorsi nellâarchivio della Procura di Palermo. Ciò che manca sono i brogliacci dove la pg ha annotato la cronistoria degli ascolti, indicando sinteticamente il contenuto delle telefonate: degli originali quattro, tre sono andati persi. Ma essendo state ritrovate le bobine, il problema della loro mancanza in qualche modo può dirsi superato. I pm nisseni, dopo aver fatto riascoltare tutte le bobine recuperate nellâarchivio della Procura di Palermo, avrebbero ora in mano tanti spunti dâinteresse investigativo. In questa vicenda ha un ruolo di primo piano lâallora capitano, poi promosso generale, Stefano Screpanti.
Furono i suoi uomini a svolgere le intercettazioni e a non trascrivere, sempre secondo la Procura di Caltanissetta, numerosi ascolti significativi sul ruolo di Buscemi e Bonura. Screpanti, ritenuto âcoesecutore materialeâ di Natoli, come questâultimo che però si è avvalso la scorsa settimana della facoltĂ di non rispondere, dovrĂ essere interrogato nei prossimi giorni a Caltanissetta. Lâistigatore delle condotte di Natoli e Screpanti sarebbe stato lâallora procuratore di Palermo Pietro Giammanco,morto ormai da tempo e che nessuno quando era in vita ha mai voluto interrogare su quanto accadde in quella drammatica estate del 1992 in cui persero la vita Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. La scorsa settimana a Natoli sono giunti comunicati di solidarietĂ dai parlamentari del Pd e del Movimento 5 stelle in commissione Antimafia, indicato quale âmagistrato integerrimo che ha speso tutta la vita servendo lealmente lo Statoâ e âpunto di riferimento di tutta la magistratura antimafiaâ, nonchĂŠ âpunta di diamante di alcune delle piĂš importanti indagini, non solo quelle nei confronti dellâala militare della mafia, ma anche quelle rivolte ai suoi potenti complici e protettori nel mondo delle istituzioni, della politica e dellâeconomiaâ.
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- 9.7.2025 Insabbiamento indagine su mafia e appalti, Pignatone interrogato a Caltanissetta
- 7.7.2025 Riappaiono carte e nastri di Borsellino. Accuse di insabbiamento, trema PIGNATONE
- Lâex procuratore Pignatone indagato per favoreggiamento alla mafia si dichiara innocente ma non risponde alle domande dei PM
- 4.8.2024 Veleni e sospetti nelle carte su Pignatone. Quegli intrecci tra mafia, Gardini e toghe
Lâinsabbiamento del caso mafia e appalti, una perizia del Ris sul documento del mistero: âNon si esclude che sia la calligrafia di Pignatoneâ
Il mistero dellâinsabbiamento dellâinchiesta mafia e appalti è tutto in un foglio di carta riemerso dallâarchivio della procura di Palermo. ÂŤSi ordina la smagnetizzazione dei nastri relativi alle intercettazioni telefoniche e/o ambientali disposte con i decreti numeroâŚÂť, è scritto al computer. Sotto, la firma del sostituto procuratore Gioacchino Natoli. “Poi, câè unâaggiunta a penna dopo ÂŤordina la smagnetizzazione dei nastriÂť, questa: ÂŤE la distruzione dei brogliacciÂť. Natoli ha detto SEGUE
đ Insieme allâex procuratore di Palermo Pietro Giammanco avrebbe ÂŤistigatoÂť lâallora pm Gioacchino Natoli e il capitano, ora generale della Finanza, Stefano Screpanti, a condurre ÂŤunâindagine apparenteÂť sulle presunte infiltrazioni mafiose nelle cave toscane limitando temporalmente la durata delle intercettazioni e il numero dei soggetti da tenere sotto controllo.
đ Aver istigato Natoli a chiedere lâarchiviazione del procedimento sulle cave ÂŤsenza curarsi di effettuare ulteriori indagini con particolare riguardo alle intercettazioni telefonicheÂť.
đ Lâinquinamento dellâindagine e la successiva archiviazione sarebbe stata finalizzata, secondo lâaccusa, ad aiutare imprenditori mafiosi come Antonino Buscemi e Francesco Bonura a eludere gli accertamenti degli investigatori.
đ Occultamento di ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche istigava Natoli a disporre la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci (con le intercettazioni)Âť.
đ Perizia grafica sullâordine di distruzione e di smagnetizzazione, in una prima fase attribuito a Natoli. Lâex pm ha negato che la grafia fosse la sua, da qui la perizia che, secondo quanto si apprende, sarebbe giunta a conclusioni non decisive sullâautore, sostenendo che non possa escludersi che si tratti della scrittura di Pignatone.
Lâinerzia della Procura di Palermo potrebbe trovare una spiegazione logica nelle perplessitĂ espresse dalla stessa dr.ssa Gilda Lo Forti circa lâopportunitĂ che ad occuparsi delle indagini vi fosse anche il dott. Giuseppe Pignatone, il cui padre era presidente della societĂ regionale E.S.P.I. ente azionista, unitamente alla FI.ME., della societĂ SIRAP che aveva o avrebbe bandito le venti gare per la realizzazione delle aree attrezzate per il complessivo importo di mille miliardi, gare sulle quali si erano concentrati gli interessi illeciti, anche di natura mafiosa, volti alla loro manipolazione.
Conseguentemente âAvuto riguardo, quindi, alla qualitĂ del di lui padre, Presidente dellâESPI, una piĂš attenta valutazione di opportunitĂ avrebbe, forse, potuto suggerire al dott. Pignatone, pur in assenza di un evidente obbligo di astensione tenuto conto che, almeno formalmente, la societĂ oggetto di indagine era diversa dallâESPI, di evitare di occuparsi delle vicende in questione, fin dal momento in cui si trattò di richiedere le autorizzazioni alle intercettazioni telefoniche proprio sulle utenze della SIRAP o le proroghe delle stesse. Infatti, tale rapporto di filiazione, in uno al fatto che, da un lato, il dott. Pignatone si occupò delle richieste di intercettazione e di loro proroga prima menzionate, dellâesame della informativa del febbraio del 1991, contenente espressi riferimenti alla SIRAP ed alla sua gestione di taluni pubblici appalti, nonchĂŠ della redazione della richiesta di cattura che tanta eco, in termini sicuramente non positivi, ebbe sulla stampa dellâepoca, può avere obiettivamente ingenerato il convincimento che le strategie processuali seguite, allâepoca, dalla Procura di Palermo fossero state, sia pure indirettamente e prescindendosi dalla loro valutazione di carattere prettamente tecnico, influenzate dal fatto che il Presidente di uno dei due unici soci azionisti della SIRAP fosse, per lâappunto, il padre del dott. Pignatone.â Fonte: La Valle dei Templi
Borsellino e âmafia e appaltiâ: ascoltato anche Scarpinato
đ Lâinvito a comparire destinato a Scarpinato si inquadra nel contesto della piĂš ampia inchiesta promossa dalla Procura nissena che vede indagato un altro componente del pool antimafia degli anni 90, Gioacchino Natoli ed accusato dei reati di favoreggiamento alla mafia e calunnia.
- 26.11.2021 Processo strage Borsellino, Scarpinato âa insabbiare il dossier mafia-appalti fu il Rosâ
- Scarpinato: âMafia appalti? Indegna falsitĂ dire che lâinchiesta fu chiusaâ
- âCosĂŹ il generale Screpanti âinsabbiòâ lâinchiesta Mafia-Appaltiâ, lâaccusa della procura di Caltanissett
- PerchĂŠ Scarpinato affossò lâinchiesta mafia- appalti?
- 26.10.2023 BORSELLINO: SCARPINATO querela SANSONETTI
- 3.9.2023 SCARPINATO: âPIGNATONE si era occupato in modo inopportuno dellâinchiesta mafia e appaltiâ
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AUDIO DEPOSIZIONE – Depistaggio Borsellino Scarpinato: ”Mafia appalti? Indegna falsitĂ dire che lâinchiesta fu chiusa’‘Â
- 30 luglio 2024 Borsellino e âmafia e appaltiâ: ascoltati anche SCARPINATO e altri magistrati  SEGUE
13.7.1992 RICHIESTA DI ARCHIVIAZIONE DEI PM GUIDO LO FORTE E ROBERTO SCARPINATO
… A partire dal 1989, i Carabinieri del Raggruppamento Operativo
Speciale, Reparto CriminalitĂ Organizzata, iniziavano indagini volte a verificare la sussistenza di infiltrazioni mafiose nel sistema degli appalti nel territorio della provincia di Palermo.
… dette intercettazioni, che si attuavano nel periodo compreso fra il 20/12/1988 e il 5/6/1989, sebbene non utilizzabili ai fini processuali, offrivano spunti concreti per ulteriori indagini giudiziarie, poichĂŠ ponevano in luce una fitta sequenza di contatti del Siino con imprenditori, tale da far sorgere fondati indizi di una attivitĂ di costui, finalizzata ad interferire nello svolgimento di gare di appalto indette sia da enti pubblici, sia, particolarmente dalla SIRAP. s.p.a. (una societĂ a capitale misto che aveva, o avrebbe indetto con fondi pubblici gare di appalto per la realizzazione di 20 aree attrezzate per importi di circa 50 miliardi ciascuna)
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- 26 novembre 2021 Udienza a Caltanissetta: Scarpinato, Lo Forte, Pignatone e le loro veritĂ
- 21 novembre 2021 Lo Forte nascose a Borsellino lâarchiviazione dossier mafia-appaltiÂť
- 11 ottobre 2022 âMAFIA E APPALTIâ / LE AMNESIE DEL GIUDICE GUIDO LO FORTE
- 26.11.2021 Processo strage Borsellino, Scarpinato âa insabbiare il dossier mafia-appalti fu il Rosâ
 LE AMNESIE DEL GIUDICE GUIDO LO FORTE
Tre mesi fa un colpo di scena: la procura di Caltanissetta, dopo oltre trentâanni, decide di riaprire quellâinchiesta che con ogni probabilità è costata la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Sono giĂ stati ascoltati i primi testi, tra cui lâallora capitano Giuseppe De Donno, il braccio destro di Mario Mori, il comandante del ROS dei carabinieri che confezionarono quelle 890 pagine bollenti in cui veniva dettagliata, per filo e per segno, la grande rete di collusioni tra imprese-mafia-politica.
Una autentica Tangentopoli ante-litteram, visto che coinvolgeva grandi imprese del Nord (un esempio per tutti, il gruppo Ferruzzi), pezzi da novanta di Cosa nostra e grossi politici di livello regionale e nazionale.
Emblematiche le parole dette da Borsellino alla moglie Agnese pochi giorni prima della strage di via DâAmelio: âHo capito tutto della morte di Giovanni. Se mi fanno arrivare fino in fondoâŚâ.
QUELLA INFUOCATA RIUNIONE DEL 14 LUGLIO
Il 14 luglio 1992, cinque giorni prima del tritolo di via DâAmelio, si svolse a Palermo â convocata dallâallora procuratore capo Pietro Giammanco â una infuocata riunione.
Solo poche settimane fa il CSM ha reso noti i verbali di quella riunione (che pure non erano secretati), con gli interventi di tutti i magistrati che vi presero parte.Vi si trova la conferma di un fatto gravissimo: era stata appena chiesta, il giorno prima, dai pm Guido Lo Forte e Roberto Scarpinato, lâarchiviazione di quellâinchiesta bollente, che per Borsellino rappresentava il vero movente della strage di Capaci. Â Â Â Ma â fatto ancor piĂš grave â la notizia di quella richiesta era stata tenuta ânascostaâ a Borsellino perfino nel corso di quella riunione. Ed il sigillo ufficiale dellâarchiviazione avverrĂ addirittura il giorno prima di ferragosto, il 14 agosto, firmata dal gip Sergio La Commare.
Ai confini della realtĂ
Significativa, tra le altre, lâaudizione avvenuta il 29 luglio 1992 davanti al CSM di un pm in servizio allâepoca alla procura di Palermo, Domenico Gozzo. In essa emerge quel âclima avvelenatoâ di cui spesso ha parlato Borsellino.
Sul nodo âMafia e Appaltiâ cosĂŹ verbalizzò Gozzo proprio a proposito di quella riunione alla procura di Palermo.
âSu âmafia e appaltiâ câera il collega Pignatone (se non ricordo male) e doveva esserci anche il collega Scarpinato che però non potè venire per problemi di famiglia. Ho visto proprio questo contrasto piĂš che latente, perchĂŠ proprio Borsellino chiese e ottenne che fosse rinviata, perchĂŠ al momento aveva dei problemi, la discussione su questo processo e fece degli appunti molto precisi: come mai non fossero state inserite allâinterno del processo determinate carte che erano state mandate. Fece queste affermazioni: come mai non fossero contenute queste carte allâinterno del processo⌠si trattava di carte che erano state inviate alla procura di Marsala â e nella fattispecie al collega Ingroia, che adesso è anche lui alla Procura di Palermo â che era lo stesso processo però a Marsalaâ. Continua Gozzo: âCâerano degli sviluppi e, quindi, erano stati mandati a Palermo e lui si chiedeva come mai non fosse stata seguita la stessa linea e, poi, diceva che câerano dei nuovi sviluppi (in particolare un pentito che ultimamente aveva parlato), e sono rimasto sorpreso perchĂŠ dallâaltra parte si rispose: âma vedremoâ. Cioè, di fronte ad una affermazione cosĂŹ importante la risposta è âma vedremo, se è possibileâŚââ.
LA âCOSTOLAâ DI âMAFIA E APPALTIâ, PANTELLERIAÂ Â
Il riferimento è ad una significativa âcostolaâ dellâinchiesta âMafia e Appaltiâ e che riguarda grossi lavori e commesse pubbliche nellâisola di Pantelleria. La stava portando avanti lo stesso Borsellino, in quei mesi ancora impegnato fifty fifty tra la procura di Marsala (dove aveva lavorato fino a quel momento) e quella di Palermo (alla quale si stava trasferendo). E seguiva, quindi, ancora quellâinchiesta di Pantelleria, per la quale aveva proceduto a ben 15 arresti di pezzi grossi della politica e dellâimprenditoria. Tra i papaveri coinvolti, il grosso imprenditore Giuseppe Bulgarella. Scrive Attilio Bolzoni in unâinchieste per Repubblica di luglio 1991: âDa domani cominceranno gli interrogatori degli indagati, 15 tra amministratori di Pantelleria e imprenditori specializzati in opera marittime. Davanti al magistrato sfileranno subito il sindaco Aldo DâAietti e altri tre ex primi cittadini: tutti dovranno chiarire il loro ruolo nella vicenda del porto e in quelle per altri appalti di strade, fogne, di reti idriche, di invasi in fase di costruzione nellâisola. Lavori in cantiere dal 1984, lavori in molti casi mai finiti. Ma nella storia del racket câè anche un filone che porta alla mafia palermitana, che conduce ad Angelo Siino, uno degli imprenditori arrestati qualche giorno fa dai carabinieri in unâoperazione su âappalti sporchiâ a Palermo e che aveva anche interessi nellâisola. Altri appalti che sono entrati nel mirino del procuratore Paolo Borsellino, altre indagini che si sviluppano sullâasse Palermo-Trapani-Pantelleriaâ.
LA DOPPIA âAMNESIAâ
Facciamo un salto al processo per il Depistaggio sulla strage di via DâAmelio che si è svolto a Caltanissetta. Ecco cosa ha scritto per lâAdn Kronos Elvira Terranova: âCinque giorni prima della strage di via DâAmelio, il giudice Paolo Borsellino partecipò a un incontro alla Procura di Palermo. In quella occasione si parlò anche dellâinchiesta âMafia e Appaltiâ, di cui il magistrato si era occupato a lungo. âMa in quellâincontro il pm Guido Lo Forte nascose al giudice di avere firmato, appena il giorno prima, lâarchiviazione dellâinchiestaâ. La denuncia arriva nellâaula B del tribunale di Caltanissetta dallâavvocato Fabio Trizzino, legale di parte civile della famiglia Borsellinoâ.  E Terranova poi aggiunge: âDalle successive dichiarazioni al CSM da parte di magistrati presenti a quella riunione, emerse che nessuno disse a Borsellino che era stata giĂ firmata la proposta di archiviazione. E Guido Lo Forte, che la firmò, era tra i presentiâ.
Lo stesso copione si ripete per la âcostolaâ dâinchiesta sugli appalti di Pantelleria. Un altro ceffone assestato a Borsellino. PerchĂŠ la richiesta di archiviazione riguardava anche quegli appalti nellâisola siciliana.Â
Incalzato sulla questione âPantelleriaâ dallâavvocato Trizzino durante il controesame al processo per il âDepistaggioâ, Lo Forte, incredibilmente, ha affermato che Borsellino gli chiese notizie solo sulle indagini di Marsala e non su quelle di Palermo.Â
Risposta assolutamente non calzante, tenuto conto che il filone di reati da 416 bis (come la posizione di Giuseppe Bulgarella), in base alla legge istitutiva della Direzione Distrettuale Antimafia, rientrava per competenza a Palermo; mentre il filone dei reati âminoriâ rimaneva a Marsala.
La conferma dello âspacchettamentoâ si ritrova anche in una missiva inviata il 18 febbraio 1992 âal Sig. Procuratore della Repubblica di Palermoâ (ossia Lo Forte) dallâallora sostituto procuratore di Marsala, Antonio Ingroia.Â
In sostanza: per quale motivo mai Borsellino avrebbe chiesto informazioni a Lo Forte su quanto ben conosceva, avendo prestato servizio a Marsala, istruito e seguito il caso, curato personalmente le indagini che portarono a quei 15 arresti?Â
PerchĂŠ, in poche parole, negare lâevidenza dei fatti, non solo sullâarchiviazione di âMafia e Appaltiâ, ma anche di una sua costola dâindagine?Â
Ancora una volta calpestata la memoria del giudice ammazzato dal tritolo di via DâAmelio.
11 Ottobre 2022Â di:Â Andrea Cinquegrani LA VOCE DELLE VOCI
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Le cave, la mafia e Borsellino. Lâinchiesta torna dâattualitĂ . La ricostruzione dellâindagine dellâavvocato Trizzino
âIl 14 luglio 1992 câè stata una riunione alla Direzione Distrettuale di Palermo e Borsellino chiese conto e ragione a Lo Forte ha affermato lâavvocato FabioTrizzino, legale dei figli di Borsellino,â perchè tra lâaltro Giammanco è nella storia della Repubblica, primo e unico procuratore costretto a dimettersi per un ammutinamento dei suoi sostituti: io credo che non ci siano precedenti del genere.Â
Borsellino voleva sapere a che punto fosse quel rapporto Mafia e Appalti e non gli dicono che il 13, il giorno prima, era stata fatta una richiesta di archiviazione, che venne ratificata il 14 agosto 1992â.
âLo Stato deve sapere che è stato lasciato solo da molti suoi colleghi, da qualcuno che voleva prendere delle iniziative senza consultarsi e quindi uccidendolo Riina ebbe la formidabile occasione di potere dar conto a quella parte di Cosa Nostra fatte da strane commistioni di massoni e imprenditori e dallâaltra proseguire con la sua strategia stragista condivisa con Messina Denaroâ
- Estratto dalla memoria dellâAvv. Trizzino al processo MMD. âBorsellino gli disse che stava seguendo delle indagini sullâomicidio di Falcone e che aveva unâipotesi. Quale? ÂŤPensava che potesse esistere una connessione tra lâomicidio di Salvo Lima e quello di Falcone, e che il trait dâunion fosse una questione di appalti, in cui Lima era stato in qualche modo coinvolto e che Falcone stava studiandoÂť.
- 19.11.2021 â TRIZZINO: âLo Forte nascose a Borsellino lâarchiviazione dossier mafia-appaltiâÂ
- 12.8.2022 FABIO TRIZZINO:â le archiviazioni anomale da parte della Procura di Giammanco, nel Giugno 1992, furono due.â
- 18.8.2022 No Bolzoni, sul dossier âmafia-appaltiâ non hai ragione
- 23.11.2023 FABIO TRIZZINO: disinformazione imperante. Occorre un chiarimento
- 28.10.2023 Salvatore Borsellino: âTesi âMafia e Appaltiâ deviante. Forse suggerita dal Rosâ
- 28.10.2023 Trizzino ĂŠ condizionato dai ROS
- 1.8.2024 Mafia, appalti e stragi: magistrati, finanzieri e la famiglia Borsellino
- Audizioni in Commissione Parlamentare Antimafia di Lucia Borsellino e Fabio Trizzino
12.8.2022 FABIO TRIZZINO legale di Fiammetta, Lucia e Manfredi Borsellino
- La replica di Fabio Trizzino ad Attilio Bolzoni
- FABIO TRIZZINO: il movente mafia appalti ipotesi azzardata e priva di riscontri? Non so se ridere o piangere!
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LA VERITĂ SUL DOSSIER MAFIA E APPALTI
Audizione in Commissione Parlamentare Antimafia di Mori e De Donno
- 13.5.2025 VIA DâAMELIO â DE DONNO e MORI: ostacoli a inchiesta Ros su mafia e appalti
- 9.5.2023 MORI: Istituire Commissione su dossier mafia e appaltI
- 25.11.2023 MARIO MORI: âLa veritĂ sul dossier Mafia e Appalti? Si deve preoccupare chi ha steso un giudizio facendosi precedere dallâideologia, e un magistrato questo non lo può fareâ
- 18.11.2023 Dossier Mafia-Appalti â MARIO MORI e GIUSEPPE DE DONNO intervistati da Radio Radicale
- 11.11.2023 Lâincontro segreto di Borsellino con i ROS alla Caserma Carini
- Audizione del dottor AUGUSTO LAMA in Commissione Parlamentare AntimafiaÂ
- Cosa Nostra e le cave. AUGUSTO LAMA: âLâindagine meritava piĂš attenzione dai colleghi di Palermoâ
- AUGUSTO LAMA: ÂŤIndagai sulla mafia ma poi mi ritrovai messo sotto accusaÂť. Mafia-appalti, quel fascicolo archiviato su Gardini
- 26.4.2024 Parla lâex Pm di Massa Carrara AUGUSTO LAMA: âCosa nostra era entrata in borsaâ
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- 4.11.2019 Mafia: Violante, ‘per Procuratore Giammanco rapporto mafia e appalti era inconsistente‘ (Adnkronos) – Il rapporto tra mafia e appalti del Ros dei Carabinieri del 1991 “era inconsistente”. CosĂŹ lo avrebbe definito, nel corso di un incontro, l’ex Procuratore capo di Palermo Pietro Giammanco con Luciano Violante, che non era ancora stato nominato Presidente della Commissione antimafia. A raccontarlo in aula, per la prima volta, è lo stesso ex Presidente della Camera Violante, nel corso della sua deposizione nel processo d’appello sulla trattativa Stato-mafia. SEGUE
Le rivelazioni del dottor Ingroia
- âANTONIO INGROIA: âDopo una riunione Borsellino disse a Pignatone e Lo Forte: sul rapporto mafia e appalti non me la raccontate giustaâ
- Rapporto Mafia e Appalti: ANTONIO INGROIA, Borsellino aveva la sensazione che a Palermo lo stessero insabbiando.
- Il jâaccue di Ingroia: âBorsellino non si fidava di molti pmâ
- Ingroia: âBorsellino perseguitato dalle vipere della Procuraâ
- Ora anche INGROIA accusa PIGNATONE: âEra in rapporti con i boss della mafiaâ
- âPignatone in contatto con i boss di Cosa nostraâ
- AMURRI/INGROIA e le versioni opposte sullâincontro del dottor Borsellino con i ROS – VIDEO
- MAFIA e APPALTI â Antonio Ingroia: lâarchiviazione si poteva âauspicabilmenteâ evitare
Dalla deposizione del dr Ingroia al processo Mario Bo (depistaggio via d’Amelio).Udienza del 15 dicembre 2021. Il tema era la riunione del 14 luglio 92.
Comunque io ricordo che câè stato o che si sono state le richieste di chiarimenti di Borsellino. Ricordo, e ho giĂ riferito in qualche circostanza, mi ha colpito di piĂš la battuta che fece Borsellino fuori dalla riunione, e anche se non ricordo bene a chi la fece, ma lâho giĂ dichiarato, credo che fosse la Commissione Regionale, o la fece al dottore Lo Forte o la fece al dottor Pignatone, una cosa del tipo.
Voi non me la state raccontando beneâ, una cosa simile.
Borsellino, nel raccontare a Ingroia â come da questâultimo dichiarato nella sua audizione del 31 luglio 1992 davanti al CSM â âche vi era un grosso pentito che si stava per apprestare a collaborare mi disse anche che con questo grosso pentito aveva giĂ avuto dei rapporti Giovanni FALCONE precedentemente nel periodo in cui Giovanni FALCONE era al Ministero mi disse successivamente tornò sullâargomento e mi fece il nome di questo pentito mi spiegò il grosso spessore di questo pentito in quanto io sinceramente non lo conoscevo, perchĂŠ io sono in magistratura da poco sono quasi sempre alla provincia di Trapani per cui me lo spiegò lui chi era Gaspare MUTOLO mi disse che era un boss di grosso rilievo che era stato autista di Totò RIINA e mi disse anche che a suo parere poteva fare luce forse anche su legami tra Cosa Nostra e quindi insomma lo riteneva un personaggio molto importante del valore di un BUSCETTA, di un MANNOIA ecc.- mi disse anche che non vi so dire cronologicamente quando se ne parlò tre quattro volte e questo si mi disse non dirlo a nessuno infatti io a nessuno lo avevo detto mi disse non lo dire neppure a Roberto SCARPINATO perchĂŠ sapeva che io con Roberto parlavo e infatti io a Roberto nulla dissiâŚâ.
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Borsellino, 5 giorni prima della strage, ai colleghi: ÂŤApprofondite mafia-appalti!Âť
- 29.7.2022 AUDIZIONE DOMENICO GOZZO AL CSM
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Il verbale del dr Gozzo è molto esplicativo sulla famosa riunione del 14 luglio 92 in procura.
Una riunione in cui Borsellino chiede notizie sullâindagine prodotta dal dossier mafia appalti presentato dai Carabinieri del ROS nel febbraio â91. “C’è stata questa riunione il 14 luglio (che è stata l’ultima a cui ha partecipato Paolo BORSELLINO, era seduto due sedie dopo di me)..â Su “mafia e appalti”, quindi, c’era il collega PIGNATONE (se non ricordo male) e doveva esserci anche il collega SCARPINATO che però non potè venire per problemi di famiglia.
Ho visto proprio questo contrasto piĂš che latente, visibile, perchè proprio BORSELLINO chiese e ottenne che fosse rinviata, perchĂŠ al momento aveva dei problemi, la discussione su questo processo e fece degli appunti molto precisi: come mai non fossero inserite all’interno del processo determinate carte che erano state mandate …- SANTORO: Quale processo?
- GOZZO: “Mafia-appalti”, quello- SINO per intenderci. Fece queste affermazione: come mai non fossero contenute queste carte all’interno del processo e, poi, disse anche che c’era..
- RUGGIERO: Di che carte si trattava?
- GOZZO: Si trattava di carte che erano state inviate (quello che ho sentito lĂ , chiaramente, posso riferire) alla Procura di Marsala – e nella fattispecie dal collega INGROIA, che adesso è anche lui alla Procura di Palermo – che era lo stesso processo però a Marsala. Câerano degli sviluppi e, quindi, erano stati mandati a Palermo e lui si chiedeva come mai non fosse stata seguita la stessa linea (insomma credo di aver capito dal …) e, poi, diceva che c’erano dei nuovi sviluppi (in particolare un pentito di questi che ultimamente aveva parlato), e sono rimasto sorpreso perchĂŠ dall’altra parte si rispose: “ma vedremo”. Cioè, di fronte ad un offerta cosĂŹ importante (io riferisco i fatti): “Ma vedremo, se è possibile, ma è il caso di acquisirlo”.
- RUGGIERO…
- GOZZO: Cioè da parte del relatore …Dott….Il collega PIGNATONE era il relatore.
- SANTORO :Relatore e anche titolare del processo?
- GOZZO: Titolare del processo insieme a SCARPINATO dovrebbe essere se non ricordo male (però, ripeto, SCARPINATO non era presente alla riunione).”
CSM – Lâaudizione di Maria  Falcone
fa comprendere lo stato di isolamento del fratello e i motivi per cui decise di andare via ma, soprattutto, vi sono le parole di BORSELLINO quando raccomanda alla signora Maria di evitare dichiarazioni pubbliche e aspettare perchĂŠ ” lui potesse acquisire quelle prove…acquisire tutte quelle prove, tutti quei documenti che.. sa come vanno da voi le cose, è chiaro tutti i magistrati non fanno illazioni, non si basano…ma è chiaro che quando si vogliono fare riferimenti a determinate cose ci vogliono delle prove.
BORSELLINO sapeva che doveva competere con un leone, e quindi doveva portare delle prove, delle cose inconfutabili, verso la fine mi ha anche detto, nel trigesimo della morte di Giovanni, durante la messa, che era molto vicino a scoprire delle cose tremende, delle cose terribili, che avrebbero fatto saltare parecchie cose.”
ÂŤCon Giovanni passavamo qui interi pomeriggiÂť mi racconta. Poi si fa serio, mi abbraccia e a bassa voce mi fa una promessa: ÂŤDevi credere in me, Maria, perchĂŠ io alla veritĂ ci arrivoÂť. Resto senza parole, sorpresa dal tono grave: ÂŤSto scoprendo cose che non puoi immaginareÂť mi sussurra. ÂŤAltro che Tangentopoli.Âť Capisco in quel momento che ciò che ha intuito indagando sulla morte di mio fratello in quella manciata di giorni lo ha sconvolto. Conosco Paolo, ha sempre pesato le parole e rifuggito lâenfasi. E, come Giovanni, non ha mai parlato delle indagini cui stava lavorando. Perciò non faccio domande, ma il dubbio sul significato di quelle rivelazioni solo accennate non mi ha mai lasciato. Tante volte negli anni mi sono chiesta a quali scenari alludesse, a quali sconvolgenti veritĂ si fosse avvicinato, dove sarebbe potuto arrivare se non lo avessero fermato.” Estratto dal libro di Maria Falcone e Lara Sirignano “L’ereditĂ di un giudice”
Solo per ricordare cosa pensava Falcone di come la procura di Palermo gestiva il rapporto mafia appalti dei Ros. Qui il verbale. Ă la giornalista LILIANA MILELLA a riferirlo. Il dottor Caselli, prima di minimizzare l’argomentazione di Fabio Trizzino, senza nemmeno nominarlo, dovrebbe come minimo approfondire cosa accadde prima del suo insediamento in Procura. DAMIANO ALIPRANDI 3.10.2023Â
Nel 2006 il boss pentito Antonino Giuffrè dichiarava a verbale:
(âŚ) âUn motivo è da ricercarsi, per quanto io so, nel discorso degli appalti.
Perchè si sono resi conto che il dottor Borsellino era molto addentrato in questa branca, cioè in questo discorso mafia, politica e appalti. E forse alla pari del dottor Falconeâ.
âIl dottor Borsellino stava diventando piĂš pericoloso di quello che addirittura si era pensato, in particolare per quanto riguarda il discorso degli appaltiâ.
Nelle motivazioni  del Borsellino quater:âLâinquietante scenario descritto dal collaboratore (Giuffrè, ndr) trova precisi riscontri negli elementi di prova emersi nellâambito del presente procedimento, che evidenziano lâisolamento creatosi intorno a Borsellino e la sua convinzione che la sua esecuzione sarebbe stata resa possibile dal comportamento stesso della magistraturaâ.
âFalcone e Borsellino erano pericolosi nemici di Cosa Nostra per la loro persistente azione giudiziaria svolta contro lâorganizzazione mafiosa e in particolare con riguardo al disturbo che recavano ai potentati economici sulla spartizione degli appaltiâ
- ANTONIO  DI PIETRO: ÂŤPaolo Borsellino ucciso perchĂŠ avrebbe voluto indagare su mafia- appaltiÂťÂ
- DI PIETRO: âEro ai funerali di Giovanni Falcone. Paolo Borsellino mi si  avvicinòâŚ
- DI PIETRO: Falcone, Borsellino e il dossier appalti
- Nel mirino di Cosa nostra anche Di Pietro?
- Antonio Di Pietro: âMani Pulite? Tutto è nato dalle indagini di Giovanni FalconeâŚâ
- 16 luglio 1992 Confidente rivela che Borsellino e Di Pietro sono nel mirino
- Di Pietro a Palermo: âFalcone mi disse di controllare gli appalti in Sicilia
- Falcone, Borsellino e gli appalti di Cosa Nostra
DI PIETRO: Falcone, Borsellino e il dossier appalti âFalcone mi disse di controllare gli appalti in Siciliaâ âBorsellino fu ucciso perchĂŠ indagava sulle commistioni tra la mafia e la gestione degli appalti. Lâindagine mafia-appalti fu fermata. Come accadde con Mani puliteâ. Lo ha detto Antonio Di Pietro al processo dâappello sulla trattativa Stato-mafia davanti alla corte dâassise dâappello…
âIl Ros mi informò 2 giorni prima: stanno ammazzando Borsellinoâ Dopo la strage di Capaci e pochi giorni prima della strage di via DâAmelio, nellâestate del 1992, lâex pm Antonio Di Pietro, fu informato âche doveva essere uccisoâ. Lo ha detto lo stesso ex magistrato deponendo al processo sulla trattativa tra Stato e mafiaa Palermo. âDue giorni prima dellâomicidio di Borsellino il Ros mi informò: âguardate che stanno ammazzando Borsellinoâ e anche io dovevo essere ammazzatoâ.
âBorsellino ucciso per indagini su appaltiâ âSono convinto che Paolo Borsellino fu ucciso perchĂŠ indagava sulle commistioni tra la mafia e la gestione degli appalti. Lâindagine mafia-appalti fu fermata. E dopo fu fermata âmani puliteâ attraverso una campagna di delegittimazione e di dossieraggio ai miei danni ordita su input di politici specifici che poi mi spinse a dimettermi dalla magistraturaâ
ANTONIO DI PIETRO âEro ai funerali di Giovanni Falcone. Paolo Borsellino mi si avvicinò e mi disse: TonĂŹ, facciamo presto, abbiamo poco tempo.â
In aula lâex pm Antonio Di Pietro: âFalcone mi disse, controlla gli appalti in Sicilia. Borsellino mi confidò: bisogna fare prestoâ. Un pezzo della tangente Enimont arrivata in Sicilia, a Salvo Lima
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VIDEO
- DI PIETRO: Falcone, Borsellino e il dossier appalti
- Nel mirino di Cosa nostra anche Di Pietro?
- Antonio Di Pietro: âMani Pulite? Tutto è nato dalle indagini di Giovanni FalconeâŚâ
- 16 luglio 1992 Confidente rivela che Borsellino e Di Pietro sono nel mirino
FIAMMETTA BORSELLINO E IL RAPPORTO MAFIA E APPALTI
- 1.5.2021 Fiammetta Borsellino: sulla strage di via DâAmelio nientâaltro che la veritĂ
- 28.4.2021 MAFIA E APPALTI e la denuncia di FIAMMETTA BORSELLINO
- 22.1.2021 Falcone e Borsellino hanno detto: Salvo Lima è stato ucciso per il dossier mafia-appalti
MAFIA â APPALTI e i âMemoriali Nicolosiâ
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- 3.7.2024 Mafia e appalti, si indaga anche sull’ex procuratore Giammanco
- Tanti anni fa, era il 2011, il tenente Carmelo Canale raccontò: Dopo la strage Falcone, Paolo Borsellino mi disse che voleva arrestare il procuratore Giammanco. SEGUE
- 12 maggio 2021 Claudio Martelli rivela: âLâex procuratore GIAMMANCO mi inviò lâinchiesta sugli appalti: una folliaâSEGUE
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Il funzionamento della gestione degli affari della S.I. R.A. P., è ben spiegato dalle dichiarazioni rese da Li Pera nel verbale del 14 giugno 1992:
âLa gestione di tutti gli affari della S.I. R.A. P. è avvenuta e avviene secondo un meccanismo operativo complesso e articolato, ben collaudato, che ha consentito e consente di pilotare opportunamente tutti appalti in questione, assicurando la tutela degli interessi di lucro privato di tutti i protagonisti di queste operazioni. Questo meccanismo cli gestione si fonda su un triplice asse di rapporti. Su un triangolo (per usare unâespressione figurata) i cui tre vertici sono costituiti dai politici interessati, dagli imprenditori e dai funzionari dei vari enti appaltanti e finanziatori. Quanto al ruolo dei referenti politici, va detto innanzitutto che la S. I. R.A.P. è un ente voluto da alcuni personaggi politici al fine di gestire una certa fetta cospicua dei finanziamenti derivanti dalla legge 64/1986. Proprio per perseguire tale fine, i politici hanno fatto in modo che la S. I. R.A. P. abbia di fatto lâesclusiva e il monopolio nella gestione di tutti appalti dello specifico settore relativo agli insediamenti artigianali in Sicilia. Il ruolo dei politici è consistito, innanzitutto, nel creare la S.I.R.A.P. Ă consistito e consiste, poi, nellâ adoperarsi perchĂŠ un determinato progetto di opera pubblica possa superare i vari passaggi dellâiter amministrativo-burocratico necessari e fare approvare il progetto, approvare e stanziare il Finanziamento e fare accreditare le relative somme alla S. I. R.A. P. che poi le gestisce secondo una logica corrispondenteâ alla composizione delle aspettative dei tre centri interessi di cui ho detto con I âesempio del triangolo. La storia di qualunque opera pubblica fra quelle rientranti nellâ ampissimo programma S.I R.A. P. inizia con la scelta, da parte di uno dei politici che partecipano allââoperazioneâ, di un progettista di loro fiducia, al quale la S.I.R.A.P. affida lâincarico di redigere un progetto di insediamento artigianale da realizzare in un determinato paese, La legge 64/1986 prevede per ciascun anno una serie di finanziamenti suddivisi per destinazione. Ogni anno, quindi, vi è una certa somma di denaro destinata per legge a certi tipi di investimenti pubblici. Quando è stata promulgata la legge 64/1986, un certo gruppo di politici si è interessato alla âgestione âdelle somme che sarebbero state destinate alla realizzazione degli di insediamenti artigianali. Questi politici hanno fatto costituire la S.I. R.A. P. e hanno invitato gli amministratori di molti Comuni della Sicilia (nellâambiente si parlava di circa 120 Comuni) a presentare alla S. I. R.A. P. stessa domanda per lâammissione al finanziamento per la realizzazione di unâarea artigianale nel proprio territorio. Alcuni Comuni che non lo avevano previsto sono stati invitati a modificare loro strumenti urbanistici, prevedendo in essi la costituzione di unâarea destinata specificamente a insediamenti artigianali. La S. I. R.A. P., poi, provvedeva a scegliere i Comuni dove realizzare questi insediamenti e ad affidare relativi incarichi per la progettazione degli insediamenti medesimi. La scelta del professionista da incaricare della redazione del progetto relativo a ciascun insediamento costituisce per diverse ragioni uno dei passaggi piĂš importanti (per certi decisivo) dellâintera operazione.  Il progettista, infatti, è colui che, successivamente, compiuto lâiter burocratico della pratica e passati alla realizzazione dellâopera, assume lâincarico di direttore dei lavori. Ho giĂ detto sopra come sia essenziale il ruolo del direttore dei lavori, che gestisce dal punto di vista tecnico-esecutivo lâappalto dallâinizio alla fine e la cui complicitĂ , quindi, è indispensabile per pilotare la gestione dellâaffare da parte della o delle imprese che si accordano con i politici e i funzionari responsabili dellâappalto stesso. Il progettista-direttore dei lavori è, nei fatti, il âgaranteâ dei politici nella gestione dellââoperazioneâ sotto un duplice profilo. Sotto un primo profilo. infatti, la certezza preventiva della ComplicitĂ del direttore dei lavori consente a chi deve aggiudicare lâappalto e allâ Impresa che lo deve vincere di accordarsi fra loro per assicurare un determinato esito alla gara dâ appalto medesima. Ciò perchĂŠ solo la certezza preventiva della complicitĂ del direttore dei lavori consente ad unâimpresa di fare delle offerte vincenti nelle quali (come è avvenuto per i COSTANZO a Trecastagni) si impegna a cose che sona tecnicamente e/o commercialmente insostenibili alle quali si sa preventivamente che ci si riuscirĂ a sottrarre con strumenti per cosĂŹ dire di recupero successivo, quali, nella vicenda di Trecastagni, le perizie di variante. Le imprese che sono estranee allâaccordo trilaterale politici -imprese-funzionari e che, quindi, non possono contare sulla compiacenza certa a priori del direttore dei lavori possono fare, invece, solo offerte tecnicamente e commercialmente praticabili, perchĂŠ, diversamente, il direttore dei lavori non complice esigerebbe da loro il rispetto degli impegni assunti , non consentendo loro nĂŠ varianti nĂŠ altro e costringendole a subire, quindi, i danni di unâ offerta temeraria perchĂŠ non remunerativa (nella vicenda di Trecastagni, senza la complicitĂ del direttore dei lavori l â impresa dei COSTANZO non riuscirebbe ad onorare I â impegno assunto a proposito dei termini di consegna dellâopera). Al direttore dei lavori compete, come ho giĂ detto la redazione delle perizie di variante. Sotto un secondo profilo, il progettista-direttore dei lavori garantisce i politici perchĂŠ compete a lui l âapprovazione del lavoro fatto dalle Imprese e la redazione degli stati di avanzamento dei Lavori, grazie ai quali le imprese possono materialmente riscuotere i compensi per il loro lavoro. Ed egli firma gli stati di avanzamento dei lavori solo quando ha la certezza che lâimpresa ha versato le tangenti pretese dai politici. Diversamente, blocca gli stati di avanzamento e trova una serie di cavilli da contestare allâimpresa stessa. A riprova della importanza âstrategicaâ della scelta del progettista-direttore dei lavori, segnalo che la progettazione e la direzione dei lavori di tutti i lavori della S. I. R.A. P. sono state assegnate sempre alle stesse persone. In particolare, la progettazione allo studio professionale âSASI PROGETTIâ e la direzione dei lavori sempre allâ ing. Gaspare BARBARO, che è uno dei titolari dello stesso studio âSASI PROGETTIâ, Non so se formalmente, nella progettazione, a âSASI PROGETTI venissero affiancati altri. Ciò che certo è che BARBARO câè sempre. Il BARBARO è stato scelto con tutta evidenza per il prestigio che gli deriva dallâessere figlio del prof. Domenico BARBARO (noto e affermatissimo docente universitario e progettista di fama) e per il fatto dj essere contitolare dello studio del quale è consocio anche lâing. Giuseppe ZITO. Questâultimo, cioè, opera accanto al BARBARO, in maniera ancora piĂš decisiva, anche se apparentemente (e solo apparentemente) meno rilevante. Lo ZITO è il principale referente e protagonista di tutto il sistema di accordi di cui sto parlando. Ă lui il principale mediatore fra le imprese e i politici. E a riprova di ciò sta il fatto che era interlocutore e mediatore fra le imprese â per quanto i riguarda, la RIZZANT DE ECCEER â e la S.I.R.A.P. Con lui negoziavamo e concordavamo tutte le iniziative e soluzioni da adottare nella gestione degli affari che avevamo con la S.I.R.A.P. Altro momento strategico importante è anche la nomina dellâingegnere capo e dei collaudatori dellâopera. Il primo avrebbe per legge il compito di controllare il direttore dei lavori e il secondo di verificare che lâopera sia stata costruita nel rispetto dei parametri tecnici e amministrativi stabiliti contrattualmente. Anche costoro, dei quali pure si deve avere la previa certezza della complicitĂ , sono scelti dai politici. Nel caso dei lavori di S. Cipirello lâingegnere capo era lâing. Giovanni CRIMAUDO, che mi risulta avere avuto lo stesso incarico anche in altri appalti della S.I.R.A.P. Quanto ai collaudatori, ciascuno di essi faceva capo ad una corrente politica. Questo emergeva addirittura in maniera palese quando capitava di assistere a delle discussioni fra loro. Essi, infatti, parlavano come portatori degli interessi dei partiti dei quali erano espressione. Ciascuno di essi era espressione di un determinato partito e tutti i partiti dei politici interessati erano ârappresentatiâ nella commissione di collaudo. Fra tanti, ricordo il prof. COSTA, che era democristiano, e un architetto che allâepoca aveva i baffi e del quale non ricordo il nome che era socialista. Quanto fin qui ho detto, illustra, sia pure in estrema sintesi, il ruolo dei politici, nel âtriangoloâ a cui ho fatto riferimento. A riprova della artificiositĂ del sistema (o di una parte cospicua del sistema) con cui opera la S.I. R.A. P., voglio segnalare che i criteri di scelta del Comuni nei quali realizzare gli insediamenti artigianali non sono ispirati a esigenze effettive del territorio, ma sono connessi soltanto alla possibilitĂ di realizzare con riferimento ai singoli progetti lâaccordo trilaterale di interessi di cui ho parlato. A riprova di questo, si pensi che fino a quando io sono stato arrestato non câera ancora una legge che stabilisse i criteri per lâassegnazione delle installazioni agli artigiani e alle piccole industrie nĂŠ una legge che individuasse i soggetti deputati alla gestione di queste installazioni e dettasse i criteri di tale gestione. Mentre noi della RIZZANI DE ECCHER stavamo costruendo lâinsediamento relativo al Comune di S. Cipirello (PA) lâingegnere capo dellâufficio tecnico della S. I.R.A.P. Maurizio MOSCOLONI, mi disse, tra serio e il faceto, che lâamministratore delegato della S. I.R.A. P. stessa, Nino CIARAVINO, gli aveva detto di raccomandarmi di non correre troppo nella realizzazione del lavoro, perchĂŠ ancora non sapevano a chi e come assegnare le strutture che noi stavamo realizzando. Domanda: Chi erano i politici protagonisti di queste vicende? Rrisposta: Per quello che mi consta, Claudio DE ECCHER si rivolse allâ on. Salvo LIMA, al quale si fece presentare dallâ on. Vito BONSIGNORE, per entrare a far parte del gruppo di imprese che faceva parte del âcomitato di affariâ che ho descritto con lâimmagine del triangolo. Era notorio a tutti nellâ ambiente che il referente politico principale del ââsistemaâ S. I R. A.P. era lâon. Salvo LIMA. Claudio DE ECCHER ne parlò con me e convenimmo sul fatto che non potevo essere io a prendere contatti con lâon. LIMA. Claudio, allora, chiese allâ on. Vito BONSIGNORE, deputato al Parlamento e capo della corrente andreottiana in Piemonte, di prendergli un appuntamento con lâon. LIMA. Claudio DE ECCHER conosceva lâon. BONSIGNORE perchĂŠ 1a RIZZANI DE ECCHER opera a Torino (dove il BONSIGNORE vive) da molti anni. Il BONSIGNORE è presidente del Consorzio deli â autostrada Torino-Savona e di unâaltra che adesso non ricordo. Il BONSIGNORE ottenne effettivamente a Claudio DE ECCHER lâappuntamento con lâon. Salvo LIMA. Claudio mi disse di avere chiesto a LIMA di entrare a fare parte del gruppo di imprese che partecipavano ai lavori S. I. R.A. P. e alle grandi opere pubbliche che sarebbero state appaltate in Sicilia, e, in particolare, ai lavori relativi alla sopraelevata di Palermo. Per avere un lavoro della S. I. R.A. P. le imprese dovevano pagare una tangente pari allâa 8 % circa del valore deli appalto. Queste somme servivano a pagare politici e i funzionari coinvolti nellââaffare. D.R. Non ero io ad occuparmi del pagamento di queste tangenti. Questi pagamenti avvenivano ad un livello superiore a quello nel quale operavo io. Le trattavano direttamente i titolari â Claudio e Marco DE ECCHER â oppure, talvolta, lâingegner DEFENDI. Ciò so perchĂŠ quando nella gestione di un affare veniva fuori questo problema i DE ECCHER o il DEFENDI (quando toccava a lui) mi dicevano âNon ti preoccupare, che di questo problema ci occupiamo noiâ Da costoro ho saputo che lâammontare della tangente era di circa lâ8%, ma, comunque si trattava di fatto noto a tutte le imprese che operavano nel settore e del quale si parlava fra noi come di cosa notoria. Quello che mi risulta con certezza, perchĂŠ aveva risvolti che riguardavano anche il mio lavoro di responsabile dei cantieri, è che il denaro necessario a pagare queste tangenti veniva recuperato dalle imprese anche con un sistema di fatturazioni maggiorate. Si trattava delle fatture relative allâ acquisto dei materiali impiegati per la realizzazione delle opere appaltate.â
29.7.2022 ÂŤDietro via DâAmelio il dossier mafia-appaltiÂť, riaperta lâinchiesta
La procura di Caltanissetta indaga sullâinteressamento di Borsellino al dossier mafia-appalti come causa della sua eliminazione. Sentiti giĂ dei testi, tra cui lâex Ros De Donno Dal 2018 â Il Dubbioâ ha condotto una inchiesta giornalistica sulla vicenda
Da qualche settimana la procura di Caltanissetta guidata dal Procuratore capo Salvatore De Luca ha riaperto lâinchiesta sul filone âmafia appaltiâ come causa scatenante che portò allâaccelerazione della strage di Via DâAmelio dove perse la vita Paolo Borsellino e la sua scorta. A rivelarlo è lâagenzia Adnkronos a firma di Elvira Terranova.
Le bocche in procura sono cucite, l’indagine è top secret, ma come apprende l’Adnkronos, il pool stragi da qualche settimana sta scandagliando le vicende legate al procedimento del dossier mafia-appalti redatti dai Ros Mario Mori e Giuseppe De Donno sotto il coordinamento di Giovanni Falcone.
Tutte le sentenze hanno accertato l’interessamento di Falcone e Borsellino a mafia-appalti
I magistrati che coordinano l’inchiesta, tra cui la pm Claudia Pasciuti, guidati dal Procuratore capo Salvatore De Luca, di recente â come rivela lâAdnkronos – hanno anche fatto i primi interrogatori.
Compresi quelli top secret. Tra le persone sentite, spicca in particolare il nome del colonnello Giuseppe De Donno. Cioè, colui che allora giovane capitano, condusse l’inchiesta su mafia-appalti con il suo diretto superiore al Ros, l’allora colonnello Mario Mori.
Che lâinteressamento dei giudici Falcone e Borsellino riguardante il dossier mafia-appalti sia stata una concausa delle stragi, questo è accertato da tutte le sentenze. Questâultime hanno individuato un movente ben preciso. Sono diversi i passaggi cristallizzati nelle motivazioni.Â
Câè quello di Giovanni Brusca che, nelle udienze degli anni passati, disse che, in seno a Cosa nostra, sussisteva la preoccupazione che Falcone, divenendo Procuratore Nazionale Antimafia, potesse imprimere un impulso alle investigazioni nel settore inerente la gestione illecita degli appalti.
Falcone aveva compreso la rilevanza strategica del settore appalti
Câè quello del pentito Angelo Siino, che sosteneva che le cause della sua eliminazione andavano cercate nelle indagini promosse dal magistrato nel settore della gestione illecita degli appalti, verso cui aveva mostrato un âcrescendo di interessiâ. Difatti â si legge nelle sentenze – in Cosa nostra, e, in particolare, da parte di Pino Lipari e Antonino Buscemi, era cresciuta la consapevolezza che Falcone avesse compreso la rilevanza strategica del settore appalti e che intendesse approfondirne gli aspetti: ÂŤquesto sa tutte cose, questo ci vuole consumareÂť (pag. 74, ud. del 17 novembre 1999).Ed è proprio quellâAntonino Buscemi, il colletto bianco mafioso, che era entrato in societĂ con la calcestruzzi della Ferruzzi Gardini a lanciare lâallarme anche per quanto riguarda le esternazioni di Falcone durante un convegno pubblico proprio su criminalitĂ e appalti. Un convegno, marzo 1991, dove evocò chiaramente lâinchiesta mafia-appalti che era ancora in corso. Il dossier fu depositato in procura su volere di Falcone stesso il 20 febbraio 1991. Peraltro, anche Giuseppe Madonia aveva manifestato il convincimento che Falcone aveva compreso i legami tra mafia, politica e settori imprenditoriali. Siino, con riferimento allâeliminazione di Borsellino, ha inoltre aggiunto che Salvatore Montalto, durante la comune detenzione nel carcere di Termini Imerese, facendo riferimento agli appalti, gli aveva detto: ÂŤma a chistu cu cĂŹu purtava a parlare di determinate coseÂť.
Borsellino aveva detto a varie persone che quella degli appalti era una pista da seguire
Borsellino, infatti, nel periodo immediatamente successivo alla strage di Capaci, aveva esternato a diverse persone, oltre allâintervista del giornalista Luca Rossi, che una pista da seguire era quella degli appalti. A distanza di 30 anni, però non si è mai fatto chiarezza su un punto. Diversi pentiti hanno affermato che sia Pino Lipari che Antonino Buscemi avevano un canale aperto con un magistrato della procura di Palermo. Alla sentenza d’appello del 2000 sulla strage di Capaci, tra gli altri, vengono riportate le testimonianze di due pentiti. Una è quella di Siino: ÂŤSul punto, Angelo Siino, il quale, pur non rivestendo il ruolo di uomo dâonore, ha impostato la propria esistenza criminale, allâinterno dellâambiente imprenditoriale-politico-mafioso, ha evidenziato di avere appreso che Pino Lipari aveva contattato lâonorevole Mario DâAcquisto affinchĂŠ intervenisse nei confronti dellâallora Procuratore della Repubblica di Palermo, al fine di neutralizzare le indagini trasfuse nel rapporto c.d. âmafia-appaltiâ e in quelle che si potevano stimolare in esito a tali risultanzeÂť.
I Buscemi avevano ceduto fittiziamente le imprese al gruppo Ferruzzi
Le motivazioni riportano anche la versione di Brusca: ÂŤQuanto ai rapporti tra i fratelli Buscemi, il gruppo Ferruzzi-Gardini e lâing. Bini, Brusca ha evidenziato di avere appreso da Salvatore Riina che, a seguito della legge Rognoni-La Torre, i Buscemi avevano ceduto fittiziamente le imprese (la cava Bigliemi e una Soc. Calcestruzzi) al gruppo Ferruzzi; che Antonino Buscemi era rimasto allâinterno della struttura societaria come impiegato; che lâing. Bini rappresentava il gruppo in Sicilia e la Calcestruzzi S.p.A.; che i fratelli Buscemi si âtenevano in manoâŚâŚ questo gruppo imprenditoriale in maniera molto forteâ e potevano contare sulla disponibilitĂ di un magistrato appartenente alla Procura di Palermo, di cui non ha voluto rivelare il nome; che Salvatore Riina, in epoca precedente allâinteresse per lâimpresa Reale, si era lamentato del fatto che i Buscemi non mettevano a disposizione dellâintera organizzazione i loro referentiÂť.
Dal 2018 Il Dubbio si interessa alla vicenda del dossier mafia-appalti
Il Dubbio, fin dal 2018, ha condotto una inchiesta giornalistica sulla questione del dossier mafia-appalti. âMandanti occulti bisâ dei primi anni 2000 a parte, in questi lunghissimi anni non sono mai state riaperte le indagini nonostante siano venuti fuori nuovi elementi come le audizioni al Csm di fine luglio 1992 doveemerge con chiarezza che cinque giorni prima della strage, il giudice Borsellino partecipò a una assemblea straordinaria indetta dallâallora capo procuratore capo Pietro Giammanco. Una assemblea, come dirĂ il magistrato Vincenza Sabatino, inusuale e mai accaduta prima. Dalle audizioni di alcuni magistrati emerge che Borsellino avrebbe fatto dei rilievi su come i suoi colleghi, titolari dellâindagine, avrebbero condotto il procedimento. Addirittura, come dirĂ il magistrato Nico Gozzo, si sarebbe respirata aria di tensione.
Gli omicidi di Salvo Lima e del maresciallo Guazzelli per Borsellino sono legati a mafia-appalti
Ed è lo stesso Borsellino, come si evince dalle parole dellâallora pm Vittorio Teresi nel verbale di sommarie informazioni del 7 dicembre 1992, a dire che a suo parere sia lâomicidio su ordine di Totò Riina dellâeuroparlamentare Salvo Lima che quello del maresciallo Guazzelli sono legati alla questione del dossier mafia-appalti perchĂŠ si sarebbero rifiutati di intervenire per cauterizzare il procedimento mafia appalti. Da tempo sia Fiammetta Borsellino che il legale della famiglia Fabio Trizzino, chiedono di sviscerare cosa sia accaduto nel biennio del 91-92 allâinterno del ânido di vipereâ(definizione di Borsellino riferendosi alla procura di Palermo) e soprattutto quando fu depositata la richiesta di archiviazione del dossier mafia-appalti mentre – come ha detto l’avvocato Trizzino al processo depistaggi â ÂŤstavano ancora chiudendo la bara di Paolo Borsellino e dei suoi angeli custodiÂť. Damiano Aliprandi IL DUBBIO
30.7.2022 Riaperta inchiesta su mafia e appalti su cui indagarono Falcone e Borsellino
Quel dossier del Ros è finito prepotentemente in processi importanti, come quello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, ma anche nel piĂš recente processo sul depistaggio sulla strage Borsellino A 30 anni esatti dallâarchiviazione del dossier ÂŤMafia e appaltiÂť a Palermo, su cui aveva indagato il giudice Giovanni Falcone, lâinchiesta viene riaperta. Ma stavolta ad occuparsene non sono piĂš i magistrati palermitani bensĂŹ i cugini di Caltanissetta.
Le bocche in procura sono cucite, lâindagine è top secret, ma come apprende lâAdnkronos, il pool stragi da qualche settimana sta indagando su quel dossier dei carabinieri del Ros, finito prepotentemente in processi importanti, come quello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, ma anche nel piĂš recente processo sul depistaggio sulla strage Borsellino, terminato con la prescrizione per due imputati e lâassoluzione del terzo.
Tutti poliziotti del Gruppo âFalcone e Borsellinoâ.
I magistrati che coordinano lâinchiesta, tra cui Claudia Pasciuti, guidati dal Procuratore capo Salvatore De Luca, di recente hanno anche fatto i primi interrogatori. Anche quelli top secret. Tra le persone sentite dai pm Claudia Pasciuti e Pasquale Pacifico, anche se questâultimo non è nel pool sullâinchiesta mafia e appalti, spicca in particolare il nome del colonnello Giuseppe De Donno. Cioè, colui che allora giovane capitano, condusse lâinchiesta su mafia e appalti con il suo diretto superiore al Ros, lâallora colonnello Mario Mori.
Ma cosa conteneva il primo dossier su mafia e appalti?
Tutto nasceda una delega conferita nel 1989 dalla Procura di Palermo ai Ros dei carabinieri che aveva come obiettivo principale quello di accertare ÂŤla sussistenza, lâentitĂ e le modalitĂ di condizionamenti mafiosi nel settore degli appalti pubblici nel territorio della provincia di PalermoÂť. Dunque, per la prima volta, si metteva nero su bianco che câerano dei ÂŤcondizionamentiÂť di Cosa nostra negli appalti pubblici.
Un triangolo formato da mafia, imprenditori e politica. ÂŤDal contesto della presente informativaÂť si evidenzia ÂŤuna trama occulta, sostanziata da intrecci, relazioni ed intese, volta al fine di prevaricare norme e regole e, allo stesso tempo, di giungere allâaccaparramento del denaro pubblico con unâaviditĂ mai esausta e comune sia ai malfattori mafiosi che agli imprenditori a loro collegati i quali poi, tramite i primi, finiscono per esercitare anchâessi e con gusto il potere mafiosoÂť. Eccola, nero su bianco, lâinformativa sul dossier mafia e appalti.
Quella informativa era lâinizio dellâindagine.
ÂŤCâera un gruppo di potere fatto da imprenditori, politici e mafiosi che decidevano gli appalti e si spartivano i proventiÂť.
Su quella indagine Mori, con lâallora giovane capitano Giuseppe De Donno, tra il 1990 e lâinizio del 1991, lavorò per mesi.
Eâ il 20 febbraio del 1991 quando lâallora tenente colonnello Mario Mori e il capitano Giuseppe De Donno, ufficiali del Ros dei carabinieri, consegnano alla Procura di Palermo, nelle mani di Giovanni Falcone, lâinformativa che racconta, per la prima volta, tutti i rapporti tra Cosa nostra e il mondo degli affari.
Durante la requisitoria del processo dâappello sulla trattativa tra Stato e mafia la Procura generale, rappresentata da Giuseppe Fici e Sergio Barbiera, lâaccusa disse che ÂŤcâerano due dossier su mafia e appaltiÂť dei carabinieri del Ros, tra il 1991 e il 1992, e che ÂŤnella prima informativa erano stati omessi i nomi dei politici, potentiÂť.
La seconda informativa con i nomi dei politici, sarebbe stata consegnata 19 mesi dopo, il 5 settembre del 1992, cioè solo dopo le stragi mafiose.
ÂŤNella informativa âmafia-appaltiâ consegnata nelle mani di Falcone il 20 febbraio 1991 non erano inseriti i nomi dei cosiddetti politici di pesoÂť. Ma la teoria della doppia informativa è stata smentita dallâordinanza dellâallora gip di Caltanissetta Gilda Loforti.
BORSELLINO/ E filone mafia-appalti: dove cercare chi ha voluto la morte del giudice
Nellâattesa di poter leggere le motivazioni della sentenza del tribunale di Caltanissetta che ha condannato per calunnia due dei poliziotti accusati di aver gestito la finta collaborazione del falso pentito della strage di via DâAmelio, arriva dalla procura della Repubblica nissena una importante novitĂ . Come riportato da una nota agenzia di stampa, da qualche settimana sono riprese le indagini sulla morte di Borsellino, ipotizzandosi che quel filone âmafia-appaltiâ, come predicato nel vuoto da anni dalla figlia del giudice, sia la vera causa scatenante che portò allâaccelerazione della strage. Lâindagine, come è giusto che sia, è avvolta dal piĂš stretto riserbo ma pare che siano stati svolti i primi interrogatori, fra cui spiccherebbe quello a carico del colonnello Giuseppe De Donno, ovvero di colui che allora giovane capitano, condusse lâinchiesta su mafia-appalti con il suo diretto superiore al Ros, lâallora colonnello Mario Mori. Quellâinformativa di reato, per la quale Falcone fu biecamente accusato di conservare le carte nel cassetto, prende corpo da una delega conferita nel 1989 dalla Procura di Palermo ai Ros dei carabinieri e aveva come obiettivo principale quello di accertare âla sussistenza, lâentitĂ e le modalitĂ di condizionamenti mafiosi nel settore degli appalti pubblici nel territorio della provincia di Palermoâ. Contestualizzando il tutto a oltre 30 anni fa, lâindagine ha non scarso rilievo in considerazione del fatto che, per la prima volta, si metteva nero su bianco che câerano dei âcondizionamentiâ di Cosa nostra negli appalti pubblici. Un triangolo formato da mafia, imprenditori e politica. Dal contesto dellâinformativa, si evidenziava âuna trama occulta, sostanziata da intrecci, relazioni ed intese, volta al fine di prevaricare norme e regole e, allo stesso tempo, di giungere allâaccaparramento del denaro pubblico con unâaviditĂ mai esausta e comune sia ai malfattori mafiosi che agli imprenditori a loro collegati i quali poi, tramite i primi, finiscono per esercitare anchâessi e con gusto il potere mafiosoâ. Come dire che, dopo le conferme delle condanne del maxi-processo, si accendeva per la prima volta un faro sugli affari mafiosi che riguardavano direttamente il coinvolgimento tanto della classe politica quanto di quella imprenditoriale. Lâesito di quella indagine, nero su bianco, affermava che esisteva âun gruppo di potere fatto da imprenditori, politici e mafiosi che decidevano gli appalti e si spartivano i proventiâ.
Che sia questo il filone giusto per il pieno disvelamento della veritĂ in merito alle stragi del 1992 saranno i prossimi anni a stabilirlo, tuttavia che lâinteressamento dei giudici Falcone e Borsellino a quel dossier redatto dai carabinieri abbia rappresentato almeno una concausa delle stragi è stato giĂ accertato da tutte le sentenze che in questi anni si sono susseguite, recependo le affermazioni di diversi collaboratori di giustizia.
Giovanni Brusca, ad esempio, ha piĂš volte ribadito come in seno a Cosa nostra sussisteva la forte preoccupazione che Falcone, divenendo Procuratore nazionale antimafia, potesse imprimere un impulso alle investigazioni nel settore inerente alla gestione illecita degli appalti, specificando che di avere appreso da Salvatore Riina che, a seguito della legge Rognoni-La Torre, i Buscemi avevano ceduto fittiziamente le imprese al gruppo Ferruzzi e che Antonino Buscemi era rimasto allâinterno della struttura societaria come impiegato.
Angelo Siino, soprannominato âil ministro dei lavori pubblici di Cosa nostraâ, ha a sua volta sostenuto che le cause dellâeliminazione di Falcone andavano cercate nelle indagini promosse dal magistrato nel settore della gestione illecita degli appalti, verso cui aveva mostrato un âcrescendo di interesseâ. Era infatti noto che in quel periodo si fosse consolidata la consapevolezza da parte dei boss che Falcone avesse compreso la rilevanza strategica del settore appalti e che intendesse approfondirne gli aspetti.
Dâaltronde, aspetto spesso poco evidenziato nelle ricostruzioni giornalistiche, un personaggio di primo piano come Antonino Buscemi, che rappresentava il tipico colletto bianco mafioso e che non a caso era entrato in societĂ con la Calcestruzzi della Ferruzzi Gardini, fu fra coloro che lanciarono lâallarme in conseguenza delle esternazioni di Falcone formulate durante un convegno pubblico proprio su criminalitĂ e appalti. Peraltro, ha riferito sempre il Siino di avere appreso che Pino Lipari aveva contattato lâonorevole Mario DâAcquisto affinchĂŠ intervenisse nei confronti dellâallora procuratore della Repubblica di Palermo, al fine di neutralizzare le indagini trasfuse nel rapporto cosiddetto âmafia-appaltiâ e in quelle che si potevano stimolare in esito a tali risultanze. Borsellino, dal canto suo, nel periodo immediatamente successivo alla strage di Capaci, aveva esternato a diverse persone che una pista da seguire era quella degli appalti, come confermato da quanto emerse nel corso delle audizioni al Csm di fine luglio 1992. Cinque giorni prima della strage, Borsellino partecipò infatti a unâassemblea straordinaria indetta dallâallora procuratore capo, Pietro Giammanco; unâassemblea, come dirĂ il magistrato Vincenza Sabatino, inusuale e mai accaduta prima. In quellâoccasione Borsellino avrebbe fatto dei rilievi su come i suoi colleghi, titolari dellâindagine, avrebbero condotto il procedimento. Come dirĂ inoltre il magistrato Nico Gozzo, si respirava in quella riunione aria di tensione. Certo, resta alquanto sconcertante che la richiesta di archiviazione del dossier mafia-appalti fu depositata, come riferito dallâavvocato Trizzino, legale della famiglia Borsellino, al processo sul depistaggio Scarantino a carico dei poliziotti, mentre stavano ancora chiudendo la bara del giudice e dei suoi angeli custodi. Molte ombre sullâoperato di uffici giudiziari e apparati dello Stato permangono nella ricostruzione di quella stagione cosĂŹ cruenta e tragica per la storia del nostro Paese oltre che delle famiglie colpite negli affetti piĂš cari. Possiamo solo confidare che dopo cosĂŹ tanto tempo inizi a filtrare qualche raggio di sole e con esso un barlume di veritĂ . IL SUSSIDIARIO 4.8.2022
29.7.2022 â Procura Caltanissetta riapre inchiesta âMafia e appaltiâ
A 30 anni esatti dallâarchiviazione del dossier âMafia e appaltiâ a Palermo, su cui aveva indagato il giudice Giovanni Falcone, lâinchiesta viene riaperta. Ma stavolta ad occuparsene non sono piĂš i magistrati palermitani bensĂŹ i âcuginiâ di Caltanissetta. Le bocche in procura sono cucite, lâindagine è top secret, ma come apprende lâAdnkronos, il pool stragi da qualche settimana sta indagando su quel dossier dei Carabinieri del Ros, finito prepotentemente in processi importanti, come quello sulla cosiddetta trattativa tra Stato e mafia, ma anche nel piĂš recente processo sul depistaggio sulla strage Borsellino, terminato con la prescrizione per due imputati e lâassoluzione del terzo. Tutti poliziotti del Gruppo âFalcone e Borsellinoâ. I magistrati che coordinano lâinchiesta, tra cui Claudia Pasciuti, guidati dal Procuratore capo Salvatore De Luca, di recente hanno anche fatto i primi interrogatori. Anche quelli top secret. Tra le persone sentite dai pm Claudia Pasciuti e Pasquale Pacifico, anche se questâultimo non è nel pool sullâinchiesta mafia e appalti, spicca in particolare il nome del colonnello Giuseppe De Donno. Cioè, colui che allora giovane capitano, condusse lâinchiesta su mafia e appalti con il suo diretto superiore al Ros, lâallora colonnello Mario Mori.
Ma cosa conteneva il primo dossier su mafia e appalti? Tutto nasce da una delega conferita nel 1989 dalla Procura di Palermo ai Ros dei Carabinieri che aveva come obiettivo principale quello di accertare âla sussistenza, lâentitĂ e le modalitĂ di condizionamenti mafiosi nel settore degli appalti pubblici nel territorio della provincia di Palermoâ. Dunque, per la prima volta, si metteva nero su bianco che câerano dei âcondizionamentiâ di Cosa nostra negli appalti pubblici. Un triangolo formato da mafia, imprenditori e politica.
âDal contesto della presente informativaâ si evidenzia âuna trama occulta, sostanziata da intrecci, relazioni ed intese, volta al fine di prevaricare norme e regole e, allo stesso tempo, di giungere allâaccaparramento del denaro pubblico con unâaviditĂ mai esausta e comune sia ai malfattori mafiosi che agli imprenditori a loro collegati i quali poi, tramite i primi, finiscono per esercitare anchâessi e con gusto il potere mafiosoâ. Eccola, nero su bianco, lâinformativa sul dossier mafia e appalti. Quella informativa era lâinizio dellâindagine. Câera un gruppo di potere fatto da imprenditori, politici e mafiosi che decidevano gli appalti e si spartivano i proventiâ. Su quella indagine Mori, con lâallora giovane capitano Giuseppe De Donno, tra il 1990 e lâinizio del 1991, lavorò per mesi.
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Gli investigatori si imbatterono nel nome di Angelo Siino
Gli investigatori si imbatterono, dunque, nel nome di Angelo Siino, colui che poi diventerĂ , su sua stessa ammissione, il âministro dei lavori pubblici di Cosa nostraâ. A fare il suo nome è un esposto anonimo. Ufficialmente vendeva auto ma ben presto i Carabinieri si resero conto che câera ben altro. Come emergeva dalle intercettazioni. âMentre padre e fratello gravitano costantemente presso gli uffici ed i cantieri della societĂ edile attendendo a tempo pieno alle esigenze tecniche dâesecuzione e gestione dellâazienda, Angelo appariva proiettato verso unâattivitĂ che gli imponeva frequentissimi contatti con altri imprenditori senza che ciò potesse trovare una comprensibile e convincente spiegazione, diversa dalla contraria e seria congettura di una sua piena e diretta partecipazione nella manomissione e nel pilotaggio di appalti per la realizzazione di opere pubblicheâ.
Siino avrebbe avuto la funzione di stabilire e riscuotere le tangenti imposte agli impresari edili, nonchĂŠ decretare lâassegnazione dei lavori pubblici in gara alle imprese predestinate, âsecondo un ordine funzione degli interessi generali delle famiglie di Cosa Nostra e degli operatori economici ad esse legatiâ, come dicevano i carabinieri del Ros.
Cinque giorni prima della strage di Via DâAmelio, il giudice Paolo Borsellino partecipò a un incontro alla Procura di Palermo. In quellâoccasione si parlò anche dellâinchiesta âmafia e appaltiâ, di cui il magistrato si era occupato a lungo. âMa in quellâincontro il pm Guido Lo Forte nascose al giudice di avere firmato, appena il giorno prima, lâarchiviazione dellâinchiestaâ, ha denunciato recentemente, nel corso dellâarringa del processo sul depistaggio sulla strage di Via DâAmelio, lâavvocato Fabio Trizzino, legale di parte civile della famiglia Borsellino, ma anche marito di Lucia Borsellino, la figlia maggiore del giudice ucciso nellâattentato del 19 luglio del 1992. Sullâarchiviazione è stato ascoltato in aula anche lâex Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato, insieme con Guido Lo Forte. âLâinchiesta mafia-appalti del febbraio 1991 è unâindagine in progresso con vari atti. Dire che lâinchiesta è stata archiviata è una falsitĂ indegnaâ, ha detto Scarpinato in aula a Caltanissetta.
Il 14 luglio ci fu una riunione infuocata in Procura
âLâindagine ebbe vari momenti. Prima fu assegnato a tutti i membri del pool antimafia. Poi si fece il rinvio a giudizio dei sette che erano stati arrestati, i primi a giugno 1991 ed i secondi a gennaio 1992. Il rinvio a giudizio è di maggio 1992. Dopo vi fu uno stralcio sulla parte piĂš importante dellâinchiesta: appalti di mille miliardi di lire, gestiti dalla Sirap. Lo stralcio è del giugno 1992. Restava una parte residuale con alcuni personaggi nei cui confronti non erano ancora stati acquisiti sufficienti elementi per un rinvio a giudizioâ, disse ancora lâex Procuratore generale di Palermo. Per Scarpinato âquella archiviazione non riguardava mafia-appalti, come spesso nella stampa si legge impropriamente, ma riguardava soltanto la posizione di alcuni soggetti per cui non erano stati aggiunti sufficienti elementi anche a causa di una grave anomalia istituzionaleâ.
Ma cosa accadde in quella riunione del 14 luglio del 1992, cioè cinque giorni prima della strage di Via DâAmelio, di cui parla lâavvocato della famiglia Borsellino? Era un briefing dei magistrati della Procura di Palermo, e in quella occasione Paolo Borsellino chiese notizie sullâinchiesta. Dalle successive dichiarazioni al Csm da parte dei magistrati presenti a quella riunione, emerse che nessuno disse a Borsellino che era giĂ stata firmata la proposta dellâarchiviazione.
Pochi giorni fa il dossier su âmafia e appaltiâ è finito anche agli onori della cronaca dopo la pubblicazione degli atti del Csm delle audizioni di alcuni magistrati della Procura di Palermo subito dopo la strage di via DâAmelio. I magistrati 30 anni fa parlarono proprio di quella riunione del 14 luglio convocata dallâallora Procuratore Pietro Giammanco. A parlarne fu, ad esempio, il magistrato Vincenza Sabatino. âMai era stata convocata unâassemblea di questo genere per i saluti in occasione delle ferie estiveâ, disse al Csm. E spiegò che Giammanco scrisse nella convocazione âvi prego di intervenire allâassemblea dâufficio che avrĂ luogo martedĂŹ 14 alle ore 17 nel corso del quale verranno altresĂŹ trattate problematiche di interesse generale attinenti alle seguenti rilevanti indagini che hanno avuto anche larga eco nellâopinione pubblicaâ. âĂ il procuratore che scrive, e lui giĂ si rende conto alla data dellâ11 luglio, quando la convoca, che câè da tempo una situazione di questo tipo, non è soltanto il lancio delle monetine e sputi che avverrĂ il 19 sera, ma è una situazione che esiste da tempoâ.
La tensione al Palazzo di giustizia di Palermo era palpabile, e non da poco tempo. Borsellino vi partecipò ed è anche il magistrato Luigi Patronaggio, da pochi mesi in Procura. Eâ lui a raccontare che il giudice chiese delucidazioni sul dossier mafia-appalti. Borsellino âdisse espressamente che i carabinieriâ, cioè Mori e De Donno âsi aspettavano da questa informativaâ su mafia e appalti, âdei risultati giudiziari di maggiore respiroâ. Alla domanda se si riferisse alla posizione dei politici, Patronaggio ha precisato: âIn realtĂ no, non è solo nei confronti dei politici, ma anche nei confronti degli imprenditori, perchĂŠ il nodo era valutare a fondo la loro posizione e su questo punto il collega Lo Forte si dilungò spiegando il delicato meccanismo e la delicata posizione degli imprenditoriâ.
Borsellino, in altre parole, in quella occasione, si fece portavoce delle lamentele dei Ros. Proprio mentre il giorno prima i pm titolari di quellâindagine avanzarono giĂ richiesta di archiviazione proprio sulle posizioni degli imprenditori. Ma i titolari di quellâinchiesta, Lo Forte e Scarpinato, sentiti come testimoni al recente processo sul depistaggio Borsellino hanno detto che mai Borsellino fece quei rilievi durante la riunione. Anche il magistrato Nico Gozzo, oggi alla Procura nazionale antimafia, sentito dal Csm, parlò dei rilievi che Borsellino fece su mafia-appalti, aggiungendo altri elementi importanti.
Adesso sarĂ la Procura di Caltanissetta a provare a fare luce su quanto accadde in una calda estate di 30 anni fa, quando il dossier mafia e appalti venne archiviato, come ha detto lâavvocato Trizzino al processo depistaggio âmentre stavano ancora chiudendo la bara di Paolo Borsellino e dei suoi angeli custodiâ. (di Elvira Terranova ADNKRONOS)
Falcone, Borsellino e le indagini sui grandi appalti in odor di mafia
Questo era dunque la reale dimensione e natura degli interessi in gioco, sullo sfondo delle due stragi siciliane, e di quella di via DâAmelio in particolare. Ma lâobiezione piĂš calzante e meritevole di attenzione che la sentenza qui impugnata muove alla tesi difensiva (secondo cui sarebbe stato il timore di un approfondimento dellâindagine mafia appalti a causare unâaccelerazione dellâiter esecutivo della strage di via DâAmelio: ammesso che tale accelerazione vi sia mai stata) è che non vi sarebbe prova che Cosa nostra sapesse dellâinteresse nutrito dal dott. Borsellino per quel tema dâindagine; e del suo proposito di riprendere e approfondire lâindagine a suo tempo curata dal Ros, mettendo a frutto le conoscenze acquisite e sviluppando le intuizioni e le indicazioni che gli erano state trasmesse dal collega e grande amico Falcone. Che vi sia stato una sorta di passaggio del testimone da Falcone a Borsellinoquanto allâimpegno di seguire e approfondire questo filone dâindagine è pacifico e la dott. Ferraro ebbe modo di constatano personalmente, avendo assistito ad una telefonata con la quale Falcone rammentava allâamico Paolo che adesso toccava a lui seguire gli sviluppi dellâindagine compendiata nel rapporto âmafia e appaltiâ del Ros
Ă anche vero che Borsellino ne aveva parlato ripetutamente, e non solo come tema di dibattito conviviale (come in occasione della cena romana, tre giorni prima che il magistrato venisse ucciso, di cui hanno parlato il dott. Natoli e lâon Vizzini), ma come programma di lavoro (con Antonio Di Pietro, con il quale, in occasione dei funerali di Falcone, si incontrarono ed ebbero uno scambio di idee sul tema, ripromettendosi di vedersi proprio per mettere a punto un piano di coordinamento delle rispettive indagini), e come oggetto di una futura delega dâindagine riservata della quale i carabinieri del Ros avrebbero dovuto riferire soltanto a lui. E decine e decine di volte, come ricorda lâallora procuratore Aggiunto Aliquò, avevano discusso in procura della rilevanza di questo tema dâindagine, ossia lâintreccio tra le attivitĂ delle cosche mafiose e il sistema di gestione illecita degli appalti, e dellâipotesi che vi potesse essere un nesso con la causale della strage di Capaci (e poco importa che, a dire dello stesso Aliquò, non si fossero trovati elementi concreti che la suffragassero, poichĂŠ ciò che si ricava dalla sua testimonianza è che il dott. Borsellino fosse seriamente interessato a quellâipotesi investigativa e a verificarne lâattendibilitĂ tale ipotesi).
E come si vedrĂ in prosieguo, in occasione di una tesa riunione tra tutti i magistrati della procura della Repubblica di Palermo, tenutasi â per volere del procuratore Giammanco â il 14 luglio â92 per fare il punto sulle indagini piĂš delicate (e per tentare di sopire le polemiche esplose a seguito di velenose campagne di stampa su presunti insabbiamenti: v. infra), il dott. Borsellino non è chiaro se giĂ al corrente o ancora ignaro che il giorno prima il procuratore Giammanco aveva apposto il proprio visto alla richiesta di archiviazione per le posizioni che restavano da definire nellâambito dellâoriginario procedimento n. 2789/90 N.C. a carico di âSiino Angelo+43â (quello oggetto del rapporto âmafia e appaltiâ esitato dal Ros Nel febbraio 1991) chiese chiarimenti e ottenne di aggiornare la discussione sulle determinazioni che lâUfficio avrebbe dovuto adottare in merito, a riprova del suo concreto interesse per tale indagine.
Ma che il dott. Borsellino fosse in procinto di dedicarsi a questo tema dâindagine, partendo dal dossier mafia e appalti, e che vi annettesse una rilevanza strategica, nella convinzione che avrebbe potuto condurre fino ai santuari del potere mafioso e forse anche a fare luce sulla strage di Capaci, non erano certo notizie di pubblico dominio, nĂŠ trapelavano in modo esplicito dalle pur frequenti esternazioni pubbliche alle quali lo stesso Borsellino si lasciò andare nei giorni e nelle settimane successive al 23 maggio â92.
E sarebbe un rimestare nel torbido se si indugiasse sui sospetti di collusione dellâallora maresciallo Canaleâ che certamente era a conoscenza dellâinteresse di Borsellino per quel terna dâindagine cosĂŹ come del fatto che avesse voluto un incontro riservato con Mori e De Donno per ragioni inerenti a quellâindagine â dopo che lo stesso Canale è uscito assolto dallâaccusa di concorso esterno in associazione mafiosa, nonostante le infamanti propalazioni di Siino (che da lui, o anche da lui sarebbe stato informato delle indagini a suo carico e avrebbe avuto poi una copia dellâinformativa del febbraio 1991, secondo quanto Brusca dice di avere saputo appreso dallo stesso Siino).
Le dichiarazioni dei pentiti
Dal versante interno a Cosa nostra, ovvero dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia piĂš addentro agli arcana imperii dellâorganizzazione mafiosa, sono venute indicazioni non sempre chiare e univoche.
Antonino Giuffrè, interrogato sulle ragioni dellâuccisione di Borsellino, dopo avere ribadito il discorso stragistico della resa dei conti contro i nemici giurati di Cosa nostra, sia nel dottore Falcone, che il dottore Borsellino, che risaliva sempre allâormai nota riunione di Commissione del dicembre â91, ha aggiunto che nella decisione di uccidere Borsellino ha pesato moltissimo, assieme al discorso della sentenza del Maxi, anche questo discorso su mafia e appalti: ÂŤse il discorso del Maxi processo è un discorso dove troviamo principalmente dei mafiosi, nel contesto mafia e appalti troviamo altri discorsi di una cera gravitĂ , cioè che vengono fuori quei legami appositamente extra dal inondo mafioso, con alti-e entitĂ , quali imprenditori… Quindi è un discorso abbastanza destabilizzante perchĂŠ se è vero come è vero che ho detto è una delle attivitĂ piĂš importanti di Cosa nostra da un punto di vista economico, ma non solo, non solo, perchĂŠ permette di creare degli agganci con personaggi che io ho sempre sottolineato questo discorso, importanti della vita italiana anche da un punto di vista politico, cioè, si sfruttano anche il contesto imprenditoriale per creare degli agganci in altri settori dello StatoÂť.
Ed a specifica domanda (le risulta che in Cosa nostra si ebbe notizia che il dottore Borsellino forse stava diventando piĂš pericoloso pure del dottore Falcone, specificamente in questo campo degli appalti?) ha confermato che in effetti ÂŤlâunica persona che era in grado, o una delle poche, per meglio dire, che era in grado di leggere il capitolo sullâuccisione del dottore Falcone, era il dottore Borsellino. Quindi (….) sono stati messi tutti e due candidati ad essere uccisi, appositamente giĂ si sapeva che erano, come ho detto in precedenza, dei nemici giurati di Cosa nostra, e non vado oltreÂť.
In altri termini, prima di Borsellino giĂ Falcone era stato ucciso non soltanto perchĂŠ nemico giurato di Cosa nostra ma anche per una ragione piĂš recondita, legata al suo impegno nei portare avanti le indagini in materia di mafia e appalti. E di riflesso, anche Borsellino doveva essere ucciso non solo per vendetta, ma perchĂŠ nessuno meglio di lui avrebbe saputo individuare la giusta chiave di lettura della strage di Capaci, che andava oltre le finalitĂ dichiarata di vendicarsi.
Alla domanda se risultasse, allâinterno di Cosa nostra, che il dott. Borsellino volesse fare indagini in terna di appalti, dopo la morte di Falcone, Giovanni Brusca, allâudienza del 12.12.2013, ha dato una risposta evasiva, limitandosi a dire che ÂŤera uno dei temi che piĂš si dibatteva, però notizie cosĂŹ, generiche, dettagliatamente non ne conoscoÂť. Gli è stato contestato quanto aveva risposto alla stessa domanda fattagli allâudienza del 23.01.1999, nel proc. Borsellino ter; ma il collaborante, implicitamente confermando le pregresse dichiarazioni, non ha ritenuto di aggiungere nulla a chiarimento. Resta quindi confermato che, a suo dire, si seppe allâinterno di Cosa nostra che il dott. Borsellino ÂŤdopo la morte del dott. Falcone voleva vedere sia perchĂŠ era stato ucciso e voleva continuare quello che il dottore Falcone stava facendo (…) Tra Capaci e via D’Amelio credo che è saputo e risaputo da tutti che il dottore Borsellino vuole sapere, vuole scoprire clv ha ucciso, perchĂŠ ha ucciso il dottore Falcone e riuscire a capirlo attraverso indagini che stava facendo, su cosa stava lavorandoÂť.[âŚ] Da queste tormentate acrobazie verbali sembrerebbe evincersi che solo attraverso conoscenze acquisite nei vari processi successivi si comprese che le ragioni per cui furono uccisi Falcone e Borsellino, a parte il fine di vendetta, avevano a che vedere anche con gli appalti o comunque con le attivitĂ giudiziarie che i due magistrati uccisi stavano portando avanti. Ma sollecitato a chiarire le sue affermazioni, Brusca, in quella sede, puntualizzava che chi lo aveva interrogava nel precedente processo (il Borsellino ter) cercava una conferma allâipotesi che Falcone e Borsellino fossero stati uccisi per lâattivitĂ dâindagine su mafia e appalti, ÂŤcosa che per me non esiste, può darsi magari per altri siÂť.
In realtĂ , ciò che vuole dire Brusca non è dissimile da quanto ha dichiarato GiuffrĂŠ: câera una veritĂ ufficiale, allâinterno di Cosa nostra, secondo la quale Borsellino doveva morire, cosĂŹ come Falcone, perchĂŠ entrambi nemici giurati dellâorganizzazione mafiosa e artefici del mai processo che tanto danno aveva provocato per gli interessi mafiosi, a cominciare dalla demolizione del mito dellâimpunitĂ . Ma câera anche una ragione non dichiarata e piĂš profonda, che rimandava proprio al rilievo strategico che il settore degli appalti aveva per gli interessi mafiosi.
E posto che la strage di Capaci aveva come finalitĂ recondita anche quella di bloccare le indagini sul sistema di spartizione degli appalti, o sviarle, il fatto stesso che Borsellino fosse assolutamente determinato a venire a capo non solo dellâidentitĂ dei responsabili della strage di Capaci, ma anche della sua vera causale (segno che riteneva che la finalitĂ ritorsiva non fosse lâunica ragione), come andava dicendo pubblicamente, sicchĂŠ Cosa nostra ne era a conoscenza senza bisogno di ricorrere a talpe o infiltrati, ne faceva un obbiettivo primario da colpire, non meno di Falcone.
E in tal senso al âBorsellino Ter lo stesso Brusca era stato molto chiaro: ÂŤtra Capaci e via dâAmelio, credo che è saputo e risaputo da tutti che il dottor Borsellino vuole sapere… vuole sapere, vuole scoprire chi ha ucciso, perchĂŠ ha ucciso il dottor… il dottor Giovanni Falcone e riuscire a capirlo attraverso le indagini che stava facendo, su che cosa stava lavorando (…) io con Salvatore Riina di questo qua non ne ho piĂš parlato, io lo apprendo dal.. come un normale cittadino, come tutti gli altri, che lui vuole andare avanti, lo dice pubblicamente, lo grida, cioè lo esterna… dottor Di Matteo, non è che câè bisogno che te lo devono venire a dire a confida… in confidenzaÂť.
E sempre in questo senso si può convenire che lâinteresse che il dott. Borsellino nutriva per lâintreccio mafia e appalti come tema dâindagine da approfondire era motivo di allarme per Cosa nostra non perchĂŠ ne fosse venuta direttamente a conoscenza, ma giĂ per il fatto che egli intendesse scoprire la vera causale della strage di Capaci (non solo chi ha ucciso, ma perchĂŠ ha ucciso),e intendeva comunque ripartire dalle ultime indagini che lâamico Giovanni aveva curato prima di trasferirsi al Ministero (tra cui proprio quella su mafia e appalti): e questo proposito era ormai notorio.
La strategia di Riina: guerra allo stato e nuove protezioni politiche
Il ruolo âstoricoâ di Buscemi Antonino, quale imprenditore mafioso protagonista della penetrazione di Cosa nostra nei salotti buoni della finanza e dellâimprenditoria nazionale sarĂ messo a frioco nel procedimento – anche questo richiamato nella Relazione cit. su mafia e appalti â a carico dello stesso Buscemi Antonino+5 in relazione allâesistenza di un comitato dâaffari sovraordinato a quello facente capo ad Angelo Siino, e che sovrintendeva alla spartizione degli appalti di maggiore importo. Ne facevano parte, insieme al Buscemi, anche Bini Giovanni, che curava gli interessi del Gruppo Ferruzzi e si interfacciava con gli ambienti dellâimprenditoria nazionale; Salamone Filippo, che curava invece i rapporti con gli imprenditori locali e i referenti politici ai quali veicolare le relative tangenti. Il nome di Buscemi Antonino peraltro era stato segnalato come possibile socio del Gruppo Ferruzzi giĂ nel primo rapporto del Ros su mafia e appalti. Ivi, il Buscemi veniva segnalato come imprenditore ramante, inserito nella Calcestruzzi Palermo, nella LA.SER.s.r.l. e nella FINSAVI s.r.l., societĂ questâultima compartecipata al 50 per cento dalla Calcestruzzi di Ravenna, holding del Gruppo Ferruzzi. Lo stesso nominativo era segnalato per una vicenda di partecipazioni incrociate e sospette compravendite di pacchetti azionari in unâinformativa trasmessa per competenza dal sost. Proc. di Massa Carrara, dott. Lama, alla procura di Palermo nellâagosto del â91, in relazione a indagini sulla societĂ I.M.E.G., riconducibile ai fratelli BUSCEMI. Ma il procedimento incardinato per 416 bis si concluderĂ con decreto di archiviazione, non essendo emersi indizi di reitĂ per il reato di associazione mafiosa, al di lĂ della certezza di cointeressenze societarie tra la Calcestruzzi del Gruppo Ferruzzi, e quindi tra Raul Gardini e un imprenditore allâepoca âin odor di mafiaâ, come Buscemi Antonino, fatto salvo il sospetto di reati fiscali finalizzati alla creazione di provviste occulte da destinare al pagamento di tangenti. La Calcestruzzi di Ravenna sarĂ peraltro indicata dal pentito Messina Leonardo, in uno dei primi interrogatori resi al dott. Borsellino, come societĂ in qualche modo entrata in rapporti con Riina. Quanto alla Reale costruzioni, sarebbe stato il passepartout voluto da Riina per entrare nel Gotha dellâimprenditoria nazionale, ne erano soci Reale Antonino, Benedetto DâAgostino e Agostino Catalano, questâultimo consuocero di Vito Ciancimino. Ma socio occulto era proprio Buscemi Antonino. A dire di Brusca, uno dei personaggi piĂš importanti era però proprio Agostino Catalano. Nelle intenzioni di Riina, in sostanza, la Reale costruzioni avrebbe dovuto scalzare la Impresem di Filippo Salamone nel ruolo di cerniera con i grandi gruppi imprenditoriali nazionali, aggiudicandosi, anche mediante A.T.I., gli appalti di maggiore importo. Questo progetto in effetti non si arenò con la cattura di Riina, ma proseguĂŹ, evidentemente con altri registi, almeno fino al 1997, quando le rivelazioni di Brusca e poi la collaborazione formalizzata da Siino consentirono di squarciare il velo sul ruolo di imprenditori insospettabili come Benny DâAgostino e Benedetto Catalano.Di un sorprendente esito delle indagini patrimoniali espletate in procedimenti apparentemente non collegati tra loro (come quelli aventi ad oggetto, rispettivamente, vicende di corruzione/concussione e traffico di droga) vâè traccia nella richiesta di archiviazione del procedimento mandanti bis e nella testimonianza del senatore Di Pietro e nelle sentenze di merito del processo sullâattentato allâAddaura.
La pista elvetica
Si accertò infatti che erano stati accesi presso istituti di credito e banche elvetiche dei conti âdi servizioâ nella disponibilitĂ di finanzieri e faccendieri su cui confluivano i flussi di denaro provenienti dal traffico di droga. Ad occuparsene, secondo il pentito Vito Lo Forte erano Gaetano Scotto e Vincenzo Galatolo, della famiglia mafiosa dellâAcquasanta. Gli inquirenti ipotizzarono che qui potesse risiedere il movente dellâattentato allâAddaura: colpire i magistrati svizzeri che cooperavano con Falcone nellâinchiesta su quel riciclaggio. Ma si adombrò pure lâipotesi (v. pag. 236 della sentenza emessa il 27.03.2000 nel processo di primo grado per lâattentato allâAddaura e fg. 35-36 della richiesta 9 giugno 2003 e successivo decreto di archiviazione in data 19 settembre 2003 del procedimento istruito dalla procura distrettuale di Caltanissetta a carico dei presunti mandanti occulti delle stragi, c.d. âmandanti occulti bisâ) che quei conti svizzeri non fossero soltanto terminali del riciclaggio di capitali mafiosi, ma servissero altresĂŹ a costituire fondi neri da destinare come provvista delle imprese interessate al pagamento delle tangenti ai politici.
Ă plausibile allora anche sotto questo aspetto che lâinteresse manifestato da Paolo Borsellino per le indagini sullâintreccio mafia/appalti si saldasse alla sua determinazione a fare luce sulla vera causale della strage di Capaci, avendo egli ripreso lâintuizione che giĂ era stata di Giovanni Falcone circa un possibile link tra i due movimenti di denaro illecito: riciclaggio di capitali sporchi e pagamento delle tangenti. In sostanza, chi gestiva quei conti, era al centro di un crocevia di traffici illeciti e quindi partecipava di entrambi. Ma ciò voleva dire che i capitali mafiosi, almeno in parte, servivano anche ad ungere i rapporti con la politica, anche se tale compito era affidato ad appositi faccendieri. E il senatore Di Pietro ha confermato che Borsellino era convinto che esistesse un sistema nazionale di spartizione degli appalti, cui si uniformavano le cordate di imprenditori operanti nei vari territori e li si trovava anche la chiave della formazione delle tangenti (che era lâaspetto che piĂš premeva allâallora sost. proc. Di Pietro approfondire: scoprire il luogo e il meccanismo di formazione delle provviste da destinare).
Peraltro, lâacquisita compartecipazione di Cosa nostra al sistema di spartizione degli appalti, ovvero un sistema di potere radicato in Sicilia ma con propaggini sul territorio nazionale (come sarebbe dimostrato dallâinchiesta della procura di Massa Carrara sulle cointeressenze societarie di un imprenditore che solo successivamente si accerterĂ essere organico a Cosa nostra come Buscemi Antonino e societĂ del Gruppo Ferruzzi) capace di intercettare e redistribuire ingentissime somme di denaro pubblico, come i mille miliardi di lire per la realizzazione di insediamenti produttivi prevista dai finanziamenti in favore della Sirap, farebbe pensare alla ricucitura di un patto occulto di scellerata alleanza o di proficua coabitazione tra organizzazione mafiosa e mondo politico.
Ma ciò non è affatto in contraddizione con la guerra allo Stato, cioè con lâoffensiva scatenata dai corleonesi contro le Istituzioni.
Ă chiaro infatti che la guerra dichiarata da Riina era diretta contro lo Stato e le sue leggi, mentre il sistema di potere incentrato sulla cogestione illecita degli appalti si fondava su una sotterranea intesa con pezzi infedeli dello Stato e delle istituzioni politiche ed economiche, e cioè politici corrotti, amministratori e funzionari infedeli, imprenditori collusi. NĂŠ la strategia stragista era in contraddizione con lâesigenza di trovare nuovi referenti politici e riallacciare canali che permettessero di tornare a fruire di una protezione âpoliticaâ dei propri interessi. Da un lato, infatti, essa ne creava le premesse indispensabili, quali lâannientamento dei nemici giurati di Cosa nostra, che avrebbero impedito lâapertura di nuovi canali di dialogo con la politica; e lâeliminazione dei vecchi referenti che avevano voltato le spalle allâorganizzazione mafiosa, che servisse anche da monito per quanti fossero stato risparmiati o per quanti si fossero prestati a ricucire rapporti con Cosa nostra.
Ma dallâaltro – ed è questa lâindicazione che proviene, sia pure con accenti diversi, dalla maggior parte dei collaboratori di giustizia che hanno saputo riferirne: Brusca, Cancemi, GiuffĂŠ, Sinacori, Malvagna, Messina, Pulvirenti, Avola: cui si sono aggiunti in questo processo Palmeri Armando e alcuni collaboratori di giustizia provenienti dalle fila della ândrangheta calabrese â essa doveva costituire, nelle intenzioni dei suoi artefici, lo strumento piĂš efficace per propiziare lâapertura di nuovi canali di dialogo con la politica.
Ă stato il processo che ha violentemente diviso lâantimafia giudiziaria e non solo quella. Un processo che ha sfiorato alte cariche dello stato e persino un presidente della Repubblica, che ha portato sul banco degli imputati ministri, alti ufficiali dei carabinieri e capimafia tutti insieme.
La sentenza di primo grado, nellâaprile del 2018, è stata clamorosamente di condanna per il boss Leoluca Bagarella per il medico di Cosa Nostra Antonino CinĂ , per il colonnello Giuseppe De Donno e per i generali Mario Mori e Antonino Subranni, per il senatore di Forza Italia Marcello DellâUtri.
La sentenza di appello è stata clamorosamente di assoluzione per tutti. Tranne che per i mafiosi.
E, ancora prima, assolto anche lâex ministro Calogero Mannino â che aveva scelto il rito abbreviato â dallâaccusa di avere partecipato alla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Di piĂš: di essere stato lui stesso lâorigine del patto perchĂŠ terrorizzato, diventato bersaglio di Cosa Nostra dopo lâomicidio di Salvo Lima, lâuomo di Giulio Andreotti in Sicilia. Assolto ÂŤper non aver commesso il fattoÂť.
In questa lunga serie del Blog Mafie pubblichiamo ampi stralci delle motivazioni della sentenza di secondo grado (presidente Angelo Pellino, giudice a latere Vittorio Anania), quasi tremila pagine che demoliscono alcuni passaggi chiave della sentenza della Corte dâAssise ma confermano che quella trattativa ci fu. Fu fatta non per favorire la mafia ma per ÂŤevitare altre stragiÂť e salvare lâItalia.
Ă una sentenza dove lo stato assolve sĂŠ stesso e che parla di ÂŤpalesi aporie o forzatureÂť nel primo grado, che sottolinea come nellâestate del â92 Cosa Nostra non giocasse in difesa ma in attacco: ÂŤLâobiettivo finale era costringere lo stato, a forza di bombe, a prendere atto che inasprire le misure repressive contro la mafia sarebbe servito solo a provocare ritorsioni sempre piĂš violente da parte di Cosa NostraÂť.
Gli approcci di alti ufficiali dei carabinieri con lâex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino vengono definite “un’improvvida iniziativaâ, la strage di via dâAmelio non fu un fattore di accelerazione dellâuccisione di Paolo Borsellino ma nelle motivazioni viene rilanciata piuttosto la pista del dossier âmafia-appalti. Ipotesi molto azzardata e priva di un qualunque riscontro: questa comunque la convinzione dei giudici.
Un verdetto che capovolge il precedente e che ha aperto altre polemiche all’interno della magistratura, filosofie giudiziarie differenti che si scontrano ormai da quel lontano 1992.
A trentâanni dalle stragi di Capaci e di via DâAmelio, di sicuro c’è solo che Falcone e Borsellino sono saltati in aria e non si conoscono i âmandanti altriâ che ne hanno ordinato la morte.Â
Sentenza della Corte d’Appello 6-Â 7 novembre 2022 Â EDITORIALEDOMANI.IT La serie sulla trattativa stato-mafia

Palermo, 22 giugno 1990 Commissione Parlamentare Antimafia â Mafia e appalti. Audizione Dottor Giovanni FalconeÂ
Dichiarazioni del dottor Giovanni Falcone in audizione, illustra gli elementi che lo inducevano a riscontrare lâesistenza di una centrale unica per il controllo illecito sulle procedure di appalto in Sicilia con cui Cosa Nostra si assicurava unâingente mole di proventi finanziari. â XI_Leg_miss_PA_22 giu. 1990_parte Falcone e magistrati
Da pag. 81 – Falcone: “A me sembra che cercare di stabilire se questo comitato d’affare sia isolano o nazionale urti contro i presupposti del ragionamento, cioè la TERRITORIALITA’ dell’organizzazione mafiosa, che controlla le opere pubbliche eseguite nella zona.
Alcune opere vengono aggiudicate altrove. Il problema sarĂ ampiamente chiarito, ma non posso farlo completamente in questo momento perchĂŠ non credo sia opportuno. Ma il punto è sempre lo stesso: il presupposto dell’intervento dell’organizzazione mafiosa sta nel controllo del territorio: altrimenti non vi sarebbe alcuna possibilitĂ di intervenire.
Qualsiasi impresa, italiana o anche straniera, che operi in queste zone è sicuramente soggetta agli stessi problemi: questo è sicuro. Per quanto riguarda quello che diceva il senatore Calvi, io credo che noi non dovremmo dire altro se non che a nostro giudizio – confortato dalle decisioni del giudice per le indagini preliminari – sono emersi elementi di responsabilitĂ a carico di certi funzionari dell’amministrazione pubblica e di certi imprenditori. Tutto il resto, a mio avviso, NON deve essere oggetto di valutazione da parte del magistrato.“LA VALUTAZIONE POLITICA SPETTA A VOI, non a noi, come non spetta a noi, se non come privati cittadini, stabilire se e in quale misura debba essere accettata la proposta dell’onorevole Nicolosi su una centralitĂ dell’intervento dello Stato. Ed è anche verissimo – come ha ricordato tra l’altro l’onorevole Mancini- che vi è tutta una serie di appalti per i quali esiste una specifica normativa di aggiudicazione che prescinde dalla legislazione di carattere generale in cui si annidano le possibilitĂ – che quasi sempre vengono attuate – di un pesante condizionamento soprattutto in sede locale. Se cosĂŹ è, chiaramente tutto questo riguarda qualsiasi imprenditore che operi in determinate zone, sia esso persona fisica, che cooperativa o ente a partecipazione statale. “
“Adesso ci troviamo di fronte ad una situazione che genericamente possiamo dire è di grave allarme, ma in concreto ignoriamo nei suoi esatti termini la portata dellâinfiltrazione mafiosa nel tessuto economico e in particolare nel settore dei pubblici appalti.  Debbo dire, che fino a quando sono stato alla Procura di Palermo, il tipo di indagini di cui mi sono occupato induce a ritenere che la situazione sia ancora piĂš grave, ma molto piÚ  grave di quello che appare allâesterno. Abbiamo soprattutto, è questo in futuro verrĂ fuori chiaramente, una indistinzione fra imprese meridionali e imprese di altre zone dâItalia per  quanto attiene al condizionamento e allâinserimento in certe tematiche di schietta matrice mafiosa. Sono state acquisite intercettazioni telefoniche con chiarissime indicazioni di ben precise scelte operative delle organizzazioni mafiose a cui tutti sottostanno, pena conseguenze gravissime e pena lâautoespulsione dal mercatoâ.  Giovanni Falcone 15 maggio 1991
L’audio inedito di Borsellino: âLa sera, senza scorta, libero di essere ammazzatoâ.Â
27.11.2022 – La riunione sul dossier âMafia e Appaltiâ e i (presunti) contrasti fra i pm
I) i sostituti Teresi, Morvillo e De Francisci dovevano relazionare sulle indagini scaturite dal rinvenimento del c.d. libro mastro dei Madonia e sul racket delle estorsioni, indagini per le quali era stato avanzato il sospetto, tra lâaltro, di una colpevole inerzia che avrebbe propiziato lâomicidio di Libero Grassi;
2) il sostituto Pignatone era chiamato a relazionare sulle indagini per la cattura di grossi latitanti (avuto riguardo alle notizie di stampa che parlavano di occasioni sfumate per la cattura di Riina;
3) i sostituti Lo Forte e Scarpinato avrebbero invece dovuto relazionare sullâindagine mafia e appalti.
Questâultima era giunta in effetti ad uno stadio conclusivo, poichĂŠ da un lato era alle viste lâinizio del dibattimento, fissato per ottobre, nellâambito del procedimento stralcio a carico di Siino Angelo e altri; dallâaltro era giĂ pronta, ma non ancora depositata, la richiesta di archiviazione per le posizioni residue dellâoriginario procedimento nr. 2789/90 N.R. (Il dott. Pignatone ricorda che i colleghi Lo Forte e Scarpinato lâavessero giĂ completata e depositata, e in effetti è cosĂŹ, poichĂŠ la richiesta è datata 13 luglio; ma prima della trasmissione al GIP doveva essere vistata dal procuratore Capo che appose la sua firma solo in data 22 luglio 1992). Nel corso della riunione effettivamente tenutasi alla data prefissata, sullâindagine mafia e appalti relazionò solo il dott. Lo Forte, essendo il dott. Scarpinato assente per sopravvenuti impedimenti familiari.
I ricordi del pm Gozzo
A memoria del dott. Gozzo, fu subito evidente un certo dissenso da parte del dott. Borsellino (âHo visto questo contrasto piĂš che latente, visibileâ), che formulò dei rilievi specifici e in particolare lamentò che non fossero stati acquisiti alcuni atti che erano stati trasmessi o dovevano essere trasmessi dalla procura di Marsala, e che non si rinvenivano allâinterno del fascicolo (âFece questa affermazione: come mai non fossero contenute questa carte allâinterno del processo si trattava di carte che erano state inviate.. alla procura di Marsala â e nella fattispecie dal collega Ingroia, che adesso è anche lui alla procura di Palermo â che era lo stesso processo però a Marsala. Câerano degli sviluppi e quindi erano stati mandati a Palermo e lui si chiedeva come mai non fosse stata seguita la stessa lineaâ).
Sosteneva poi che si profilavano nuovi sviluppi, in relazione alle dichiarazioni di un nuovo pentito, e chiese quindi di rinviare la discussione (in sostanza, per quanto sembra di capire, chiese di differire ogni determinazione finale in ordine a quel procedimento, nelle more di possibili nuove risultanze: e in effetti, la richiesta di archiviazione, giĂ alla firma del procuratore Giammanco, rimase in stand by fino al 22 luglio).
Non è chiaro se il nuovo pentito di cui fece cenno il dott. Borsellino fosse proprio Gaspare Mutolo, oppure Leonardo Messina, al cui primo interrogatorio Borsellino aveva proceduto lo stesso giorno dellâinterrogatorio di Mutolo, e cioè lâ1 luglio 1992, e che in effetti avrebbe fatto ulteriori rivelazioni sul sistema degli appalti e relative ingerenze mafiose, ma anche sul coinvolgimento di politici e le connivenze che facevano prosperare quel sistema.
Ma anche la dott.ssa Sabbatino ricorda che, durante quella riunione, alla domanda che gli fece se fosse in procinto di andare in ferie, Paolo rispose che doveva prima risolvere il problema di un nuovo pentito. Non sapeva se avrebbe potuto andare a interrogarlo, e se sentirlo da solo o insieme ad altri colleghi: una situazione che richiama le incertezze e le ambasce che affliggevano il dott. Borsellino in relazione al caso Mutolo, posto che non era cambiata la formale assegnazione (ad altri) del relativo fascicolo, e che si manifestarono nel corso dellâinterrogatorio di Mutolo effettivamente assunto due giorni dopo quella riunione dal dott. Borsellino, insieme ai colleghi Lo Forte e Natoli, come confermato da entrambi.
Ed entrambi confermano di avere sostenuto unâinterpretazione della disposizione impartita da Giammanco di coordinarsi con Borsellino per le attivitĂ relative agli interrogatori di Mutolo assolutamente rassicurante quanto alla sua piena legittimazione a coordinare altresĂŹ le indagini che ne fossero scaturite.
La dott.ssa Consiglio, presente pure lei alla riunione del 14 luglio, ha dichiarato che a svolgere la relazione sullâindagine mafia e appalti furono i colleghi che se ne erano occupati (e fa i nomi del dott. Lo Forte e del dott. Pignatone), i quali illustrarono le ragioni che li avevano condotti a richiedere i provvedimenti cautelari che erano stati accolti.
Ha confermato altresĂŹ che il dott. Borsellino si era lamentato del fatto che non fossero state inserite talune carte nel fascicolo del procedimento a carico di Siino Angelo e altri. Ma non può essere piĂš precisa perchĂŠ non conosceva i fatti cui Paolo si riferiva; tuttavia, notò che lâunico a prendere parte attiva a quella discussione a cui noi eravamo solo dei meri spettatori era Paolo Borsellino.
NĂŠ poteva essere altrimenti perchĂŠ si parlava di unâinformativa di 800 pagine sconosciuta a quasi tutti loro (non a lei, però, avendo studiato quel rapporto per la sua connessione con i fatti oggetto di un grosso procedimento per associazione mafiosa, istruito al Tribunale di Termini Imerese, e avente ad oggetto varie vicende e reati di c.o. tra cui anche illeciti relativi ad appalti nei territori di Termini Imerese e Madonie: territori che rientravano appunto nella zona dâinfluenza di Angelo Siino e nella sua giurisdizione quale ministro dei LL.PP. di Cosa nostra).
Sulle osservazioni formulate dal dott. Borsellino in relazione alla mancata acquisizione al fascicolo del procedimento a carico di Siino e altri di alcuni atti, una spiegazione dettagliata è stata fornita dal dott. Pignatone nel corso della sua audizione.
Era accaduto che i carabinieri, prima ancora che venissero emessi i provvedimenti restrittivi a carico di Siino e altri, avevano informato i magistrati di Palermo titolari dellâindagine (allâepoca, se ne occupava anche il dott. Pignatone) che il dott. Borsellino, n.q. di procuratore a Marsala, aveva indagini in corso su presunti illeciti commessi nella gare di aggiudicazione di alcuni appalti di opere pubbliche da realizzare in Pantelleria, che rientrava nella giurisdizione del Tribunale e quindi della procura di Marsala.
Borsellino disse loro di rivolgersi al dott. Ingroia, che era stata assegnatario di quel fascicolo, per avere le carte che chiedevano. Ma il dott. Ingroia replicò che in quel momento quelle carte non potevano essere rese pubbliche perchĂŠ – in quel di Marsala – stavano per emettere ordinanze di custodia cautelare in carcere nei riguardi tra gli altri anche del Sindaco di Pantelleria.
Alla fine, non ravvisando elementi specifici di connessione con lâipotesi di reato di associazione mafiosa per cui si stava procedendo a carico del Siino, fu la procura di Palermo, ovvero i sostituti Lo Forte e Scarpinato, rimasti titolari del procedimento, a trasmettere gli atti in proprio possesso in ordine a quelle gare dâappalto (che erano costituiti essenzialmente da intercettazioni telefoniche tra soggetti cointeressati allâaggiudicazione di quelle gare) allâomologo Ufficio di Marsala, dove si procede(va) per il reato di associazione a delinquere semplice.
Di tale vicenda vâè traccia anche nellâaudizione del dott. Borsellino dinanzi alla Commissione Antimafia (in visita agli uffici giudiziari di Trapani), nella seduta del 24 settembre 1991. Ă lo stesso Borsellino a richiamare lâinchiesta sfociata nellâarresto del Sindaco di Pantelleria e nello scioglimento del consiglio comunale, annoverandola come una delle indagini di maggiore successo condotte dal suo ufficio â e lo dice senza vanagloria personale, ascrivendone il merito ad un mio giovanissimo sostituto â in materia di reati amministrativi di notevole spessore che riguardano gli appalti o lâattribuzione di incarichi professionali; e sottolinea che al riguardo che ÂŤtutte queste non sono attivitĂ di mafia a sono attivitĂ attraverso le quali la mafia usufruisce di facili veicoli di profittoÂť. Il dott. Pignatone ha precisato invero che Borsellino non formulò rilievi specifici, ma si limitò a chiedere chiarimenti; e poi prese atto della spiegazione fornita da Lo Forte.
Un âdiversoâ metro di valutazione
Tuttavia, avuto riguardo a quanto dichiarato dal dott. Gozzo sulla perplessitĂ espressa dal dott. Borsellino per il fatto che non si fosse seguita la stessa linea, è lecito ipotizzare che persistesse il dissenso del procuratore Aggiunto per avere â i colleghi che si erano occupati dellâinchiesta â adottato un diverso metro di valutazione, ovvero una linea interpretativa e di qualificazione dei fatti ascrivibili ai vari soggetti indagati per le medesime vicende che rimandavano al contesto criminoso in cui era emerso il ruolo di Siino quale artefice degli accordi collusivi tra cordate di imprenditori, esponenti politici e cosche mafiose per la spartizione degli appalti.
E da qui la richiesta di aggiornare la discussione, ovvero di differire le determinazioni finali da adottare, prospettandosi la possibilitĂ di ulteriori sviluppi in relazione alle rivelazioni di un nuovo pentito.
In effetti, tale lettura sembra trovare conforto nelle dichiarazioni del dott. Patronaggio.
Questi, infatti, rammenta che il dott. Borsellino, facendosi portavoce di lamentele da parte dei carabinieri che avevano condotto lâindagine mafia e appalti per lâesiguitĂ dei risultati raggiunti sul piano giudiziario rispetto alle loro aspettative (in assemblea lo disse espressamente che i carabinieri si aspettavano da questa informativa dei risultati di maggiore respiroâ), chiese spiegazioni in ordine al procedimento a carico di Siino e altri: ÂŤperchĂŠ lui aveva percepito che vi erano delle lamentele da parte dei carabinieri: verosimilmente, e chiese delle spiegazioni che non erano tanto di carattere tecnico, cioè e era stata fatto o non era stata fatta una cosa, ma piĂš che altro era il contesto generale del procedimento, chi câera e chi non câera, perchĂŠ poi in buona sostanza la relazione sul processo Siino fu fatta, sinceramente, esclusivamente per dire che non vi erano nomi di politici rilevanti allâinterno del processo, o se vi erano nomi di politici di un certo peso, vi entravano solo per mero accidenteÂť.
In altri termini, le spiegazioni chieste da Borsellino non riguardavano singoli fatti o singoli atti istruttori ma lâimpostazione generale dellâindagine e le sue direttrici. Il dott. Lo Forte, però, sempre a dire del dott. Patronaggio, si sforzò di spiegare che il vero nodo dellâindagine, semmai, concerneva il ruolo specifico degli imprenditori.
E anche le doglianze dei carabinieri traevano origine dallâaspettativa, andata delusa, di esiti piĂš cospicui, non si riferivano tanto alle posizioni di uomini politici che entravano nellâindagine solo incidentalmente, bensĂŹ alle posizioni degli imprenditori coinvolti (o di taluno di loro): ÂŤIn realtĂ no, non è solo nei confronti dei (politici), anche nei confronti degli imprenditori, perchĂŠ lĂŹ il nodo era, il nodo era valutare a fondo la posizione degli imprenditori, e su questo punto peraltro il collega Lo Forte si dilungò spiegando il delicato meccanismo e la delicata posizione dellâimprenditore in questo contesto, queste furono le spiegazioni date, chieste e date ecc.Âť (cfr. verbale n. 46, pag. 81).
Ciò posto, non vâè chi non veda che il âdissensoâ del dott. Borsellino rispecchiava e denotava il convincimento da tempo maturato che lâindagine su mafia e appalti costituisse un filone investigativo âaureoâ nel quadro dellâazione di contrasto alla criminalitĂ organizzata perchĂŠ puntava – e poteva condurre – ai piĂš inaccessibili santuari del potere mafioso che aveva il suo cuore pulsante nella creazione e nel consolidamento di legami sinergici con pezzi dellâimprenditoria e della politica, oltre a ricavare dalla partecipazione attiva al sistema di spartizione degli appalti un formidabile strumento di controllo dei flussi di ricchezza.
Tale intuizione è il connotato saliente, ed anche il principale merito ascrivibile allâipotesi investigativa alla base del dossier mafia e appalti, che, come si legge testualmente nella âRelazione sulle modalitĂ di svolgimento delle indagini mafia e appalti negli anni 1989 e seguentiâ, ÂŤsegnava un salto di qualitĂ nelle conoscenze sino ad allora acquisite sui rapporti tra Cosa nostra e il mondo imprenditoriale. Ed infatti emergeva che lâassociazione mafiosa non si limitava piĂš a svolgere un ruolo di sfruttamento meramente parassitario delle attivitĂ economico-imprenditoriali, concretantesi nellâimposizione di tangenti, di subappalti, di assunzione di manodopera, ma mirava a realizzare un controllo integrale e un pesante condizionamento interno del modo imprenditoriale e del settore dei lavori pubblici in Sicilia, mediante complesse ed articolate metodologie che nel loro insieme costituivano lâespressione piĂš sofisticata e moderna di una strategia di assoggettamento degli operatori economici al prepotere delle organizzazioni facenti capo a Cosa nostraÂť. Sentenza della Corte d’Appello 27 novembre 2022 ⢠La serie sulla trattativa stato-mafia EITORIALE DOMNI.IT
22.8.2020 PerchÊ fu ucciso Paolo Borsellino, ora lo sappiamo ma non perchÊ non si indagò
Si tiene lâassemblea dei Pm nella quale Borsellino parla di mafia-appalti senza evidentemente sapere che è stata giĂ avanzata la richiesta di archiviazione. 19 luglio. Borsellino viene ucciso insieme alla scorta.
La richiesta di archiviazione del dossier mafia-appalti viene depositata formalmente. 14 agosto. Mafia-appalti è archiviata e non se ne parlerĂ piĂš. Nel dossier erano indicate tutte le aziende dellâItalia continentale che trattavano con la mafia.
2020 -CLAUDIO MARTELLI: “L’ex procuratore Giammanco mi inviò l’inchiesta sugli appalti: una follia”
“Ricordo che ricevetti al ministero della Giustizia un plico che conteneva la sintesi dell’indagine del Ros di Palermo sugli appalti, inviato dal procuratore Giammanco, per sapere come doveva comportarsi. E Falcone, con cui ci davamo del tu, mi disse: ‘Non aprirlo neanche, ti metti nei guai’. Conteneva l’indagine su cui Falcone aveva chiesto come proseguire al procuratore capo. Era una follia che un procuratore inviasse al ministro gli atti di un’indagine per sapere come comportarsi”. L’ex ministro della Giustizia Claudio Martelli ripercorre i mesi convulsi del 1992 durante l’audizione alla commissione antimafia della Regione Siciliana sulla strage di via D’Amelio.
“Sono ancora turbato oggi se penso a ciò che è stato omesso di fare da tutte le autoritĂ dello Stato in quel di Palermo nonostante le segnalazioni ricevute ripetutamente da me e dai miei uffici, in ordine a una particolare tutela e sorveglianza che doveva essere messa in atto a protezione del dottore Borsellino“. Martelli dice senza mezzi termini: “Ritenevamo che Borsellino fosse certamente il nuovo bersaglio della mafia dopo l’assassinio di Falcone, che io non ho mai smesso di imputare all’ottenimento delle sentenze di condanna a numerosi ergastoli per la la cupola mafiosa, ma anche all’imminenza molto probabile della sua nomina a procuratore nazionale antimafia nonostante l’opinione diversa del Csm che peraltro avevo respinto”.
L’ex ministro della Giustizia ribadisce che la mancata sorveglianza davanti casa dell’abitazione della madre di Borsellino, in via D’Amelio “fu inammissibile e inaccettabile, prova di colpevole incuria o di qualcosa di peggio”. Martelli non vede però una “trattativa fra Sto e mafia” dietro le bombe del 1992. “Credo che le iniziative stragiste di Cosa nostra non rientrino in un piano di destabilizzazione politica dello Stato, ma come tutti i piani della mafia riguardano interessi privati”. E ancora: “Conso, a chi gli domandava del perchè avesse revocato il 41 bis per centinaia di mafiosi, rispondeva ‘volevamo dare un segnale di disponibilitĂ all’ala moderata di Cosa nostra ai fini di evitare ulteriori stragĂŹ’. Io non capisco allora perchè poi ci sia arrovellati su processi quando la veritĂ era lĂŹ spiattellata: si è pensato di dare una segnale di disponibilitĂ , di fare delle concessioni. Ho sempre pensato a un cedimento dello Stato, ma non a una trattativa”.
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16.12.2022 CONSIGLIO DEI MINISTRI APPROVA NUOVO CODICE DEGLI APPALTIÂ
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